ALCUNE PRESE DI POSIZIONE DI MEDICI, PSICHIATRI E

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ALCUNE PRESE DI POSIZIONE DI MEDICI, PSICHIATRI E
ALCUNE PRESE DI POSIZIONE DI MEDICI, PSICHIATRI E
CRIMINOLOGI DELL’EPOCA
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Di seguito vengono riportate cronache, saggi o documenti dell’epoca, che evidenziano il contesto in cui si
verificò il tragico attentato. I giudizi e le convinzioni degli scienziati che allora si interessarono al fenomeno
degli attentati anarchici e sui quali scrissero dei saggi, oggi possono anche farci sorridere.
Significativa è la teoria lombrosiana per cui a determinate caratteristiche fisiche corrisponderebbero
comportamenti depravati o criminali, teoria che sembra essere stata messa in discussione proprio dall’aspetto
fisico di Santo Caserio. Di ciò trattò Lombroso nel suo scritto “Gli anarchici” del 1894.
Marco Ezechia Lombroso,
che successivamente cambiò nome in Cesare (Verona, 6 novembre 1835
– Torino, 19 ottobre 1909), è stato un medico, antropologo, criminologo
e giurista italiano. Seguace del Positivismo, fu uno dei pionieri degli studi
sulla criminalità, fondando l'antropologia criminale. Il suo lavoro fu
fortemente influenzato dalla fisiognomica, disciplina pseudoscientifica di
antichissime origini, e da idee provenienti dalla teoria del darwinismo
sociale, piuttosto diffusa a quei tempi. La teoria lombrosiana, che accosta
caratteristiche fisiche a difetti mentali e comportamentali ereditari, fu
usata come piattaforma ideologica dal razzismo scientifico fascista e
nazista, e ciò ha nuociuto molto alla sua immagine. In seguito fu
dimostrato che sia l'ambiente sia i geni influivano sull'aspetto, ma
quest'ultimo non influiva sul comportamento (semmai influenzato
anch'esso dai geni o dall'ambiente). Sebbene molte idee di Lombroso
come il "criminale per nascita" siano destituite di fondamento, a
Lombroso va riconosciuto il merito di aver iniziato gli studi criminologici
moderni; ad alcune sue ricerche, inoltre ispirarono Sigmund Freud e Carl
Gustav Jung per alcune teorie della psicoanalisi applicata alla società.
Da : http://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Lombroso
Da “L’anarchiste et son juge”, P. Truche, Ed. Fayard 1994
Il celebre Lombroso, ha studiato le lettere di Caserio, non lo ha mai incontrato, ma non può mancare di
interrogarsi sul suo caso con i suoi studi dedicati agli anarchici [“Gli Anarchici",1894. 2009 La vita felice –
Milano”, n.d.r.]. Egli li schiera nella categoria dei criminali per passione che “sono, per la loro rettitudine, l’opposto,
l’antitesi dei criminali-nati da cui differiscono non solo per l’assenza totale delle caratteristiche del criminale, ma per una
fisionomia molto regolare, direi quasi anti criminale, per la larghezza della fronte, la barba folta e lo sguardo dolce e tranquillo.”
Questo stato ammette l’importanza dell’ambiente nel passaggio all’atto criminale, e non il determinismo
biologico che fondava le basi della teoria lombrosiana.
Esaminando una fotografia stampata da l’Illustrazione Italiana del giugno 1894, che differisce dalle foto scattate
a Lione, Lombroso nota: “La sua fisionomia non ha nulla del criminale, salvo la barba rada, l’orecchio leggermente ad ansa
e le arcate sopraciliari molto pronunciate; l’occhio è dolce, pacifico, le forme del cranio regolari; il corpo non presenta anomalie,
salvo un neo sul braccio.”
Lombroso insiste sull’epilessia del padre, apparsa quando lui aveva dodici anni ma che “doveva avere una
predisposizione ereditaria e forse la pellagra come origine. Due dei sei fratelli furono affetti da mania pellagrosa. Ora, essi,
tuttavia stanno bene.1”
Lombroso rileva inoltre nelle lettere di Caserio una macrografia (scrittura enorme quando egli parla
dell’anarchia e altrove), caratteristica degli isterici e degli epilettici. Secondo lo scienziato, l’eredità epilettica gli
ha prodotto, evidentemente, una irritazione anormale del cervello che si è espressa con il fanatismo, all’inizio
religioso e politico in seguito. Lombroso prosegue: “Il fanatismo unito all’epilessia lo rende cieco, folle, indomabile. Il
monoideismo (preoccupazione assoluta d’una sola idea), favorito da un’istruzione troppo insufficiente, che non gli permette di dare
la critica delle idee nelle quali si è impegnato.”
Lombroso parla anche di “epilessia politica, impulso a commettere delitti politici.”
Trattasi di un equivoco indotto nei giorni successivi all’attentato da un giornale che pubblicò la notizia di due fratelli di Caserio ricoverati
per problemi psichici. Di fatto si trattava di due Caserio che non erano neanche parenti di Santo.
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Diagnostica questo temperamento epilettico partendo dal contrasto fra la sua dolcezza e la parte violenta che
si manifesta all’improvviso. Come quando egli descrisse, durante l’istruzione del processo, la pugnalata
portata, “egli si animò, i suoi occhi si iniettarono di sangue, i suoi gesti si fecero convulsi, tremando in tutte le membra. Ma,
cinque minuti dopo, egli cade in una sorta di abbattimento psichico e morale, si lascia andare sul suo letto, addormentandosi
profondamente.”
Secondo Lombroso, il carattere principale dei criminali per passione, è “l’onestà e una ipersensibilità ai propri dolori
ed a quelli altrui.”
Guglielmo Ferrero (Portici, 21 luglio 1871 – Mont Pelerin sur Vevey, 3 agosto 1942) è stato uno
storico e scrittore italiano. Studiò giurisprudenza a Pisa e a Torino, dove conseguì la laurea nel 1891.
Successivamente, nel 1893, si laureò presso l'Università di Bologna, dove era stato allievo di Giosuè Carducci.
A Torino entrò a far parte della cerchia di Cesare Lombroso, di cui sposò la figlia Gina nel 1901.
“L’anarchiste et son juge”, P. Truche, Ed. Fayard 1994, riporta questa presa di posizione di
Guglielmo Ferrero apparsa su Le Figaro che lo definisce psicologo:
“Per Le Figaro, lo psicologo italiano Guglielmo Ferrero, tenta, partendo da otto lettere di Caserio, inviate a dei compagni
anarchici, di “svelare il mistero di questo singolare personaggio”. Per lui, Caserio “non è certo un folle; la sua
intelligenza è limitata, ma integra; il suo punto di vista è falso, ma i suoi ragionamenti discendono da queste
falsità con logica”. É dotato peraltro da un’energia reale. Ma non si interessa d’altro che di anarchia. Ferrero deplora
principalmente l’assenza della donna nella sua posta. “Si vede bene che la donna non esiste per l’assassino di Lione.
[…] Nelle otto lettere scritte da questo giovane di ventidue anni agli amici che sono pressappoco giovani
come lui, non ha alluso una sola volta alla donna e all’amore; non c’è una sola di quelle oscenità che
abbondano nelle lettere scritte da operai di questa età. Questo ci può, fino ad un certo punto, spiegare
l’intensità del suo fanatismo politico. L’amore è la causa di un dispendio enorme di energia fisica e morale;
ora, coloro che possono risparmiare queste energie hanno a disposizione una riserva di forza considerevole
che essi devono sfogare in altre direzioni; è increscioso, sicuramente, che lo sfogo di Caserio si sia indirizzato
in una così triste direzione.”
Alexandre Lacassagne
Medico, antropologo, criminologo, nato nel 1843 e morto nel 1924.
Occupò la cattedra di medicina legale della Facoltà di Lione. Fondatore
della prima rivista francese di criminologia (Les Archives de l’anthropologie
criminelle).
Avrebbe dovuto testimoniare all’udienza del 3 agosto, ma fu
impedito da un lutto familiare.
Al pari del suo collega Cesare Lombroso, anch’egli scrisse un trattato
sull’assassinio di Carnot:
«L'assassinat du président Carnot» (A. Storck, 1894)
http://www.bnf.fr/
http://gallica.bnf.fr/
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segnatamente del rispetto della menzione della sorgente.
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Lacassagne scrisse che: “L’Italia è la terra classica dei crimini di sangue, gli strumenti preferiti sono taglienti e appuntiti. Gli
italiani spesso hanno attraversato le Alpi immischiandosi nei nostri affari. L’omicidio improvviso degli italiani è un
articolo d’esportazione troppo spesso preparato per il nostro paese. É un riferimento alla legge termica, annunciata all’epoca,
secondo la quale i tipi d’infrazione varierebbero con il tipo dei climi, i crimini di sangue aumentano con i climi caldi.”
In merito alla giovane età di Caserio, scrisse: “che i vent’anni sono l’età delle passioni bollenti, delle idee generose e delle
chimere, dell’incastramento facile con delle frasi profonde e dei sofismi. É anche il periodo della vita durante la quale appaiono e
si sviluppano più o meno velocemente le psicologie dei degenerati.”
Riguardo al fisico di Caserio scrisse: “Caserio è uno di quegli uomini magri e pallidi che temevano Cesare.” Niente in
questo caso conferma quanto scritto da Lombroso.
Sullo stato mentale di Caserio: “Istruzione primaria; eccellente memoria, ricorda facilmente; intelligenza assai viva, ma poco
profonda; incapacità di riflessione, di comparazione, di giudizio; molto superficiale. Egli si infiamma per la dottrina anarchica,
eccessivamente semplicistica e che comprende interamente. La parte predominate è il carattere: è un energico dalla volontà forte,
coraggioso per intraprendere e perseverante.”
Per Lacassagne, il crimine di Caserio è il suicidio indiretto di un uomo stanco di vivere.
Quanto al suo lato affettivo: “egli aveva meno cuore che intelligenza”. Descrive Caserio come un itinerante, incapace
di radicarsi, soprattutto preoccupato –anche in prigione- di mangiare bene, di dormire lungamente e di
fumare a suo piacere. “É un frigido, insensibile all’amore platonico o volgare. Un taciturno, un solitario.”
A tutti questi elementi, ai quali s’aggiunge l’epilessia paterna, Lacassagne conclude (riferendosi ai criteri
dell’epoca) che la parte predominante del suo cervello non è né l’occipitale, né il frontale, ma che ci si trova a
confronto con un “vero tipo di parietale, ad un impulsivo di conseguenza. Questi individui, hanno muscoli d’acciaio e di
conseguenza non hanno paura degli ostacoli; insubordinati, agitati, il cui sangue è come della dinamite liquida, sono così pericolosi
come le bombe nelle mani dei capi anarchici.”
Caserio “non è dunque un folle, né un maniaco, né un vero regicida, ma un fanatico assassino, una bestia umana, difettosa già
dalle sue origini, soprattutto viziata dalle teorie del partito anarchico che ne ha fatto un essere antisociale. Il suo riso continuo,
contratto, come satanico, questa sorte di tic, produce un’impressione penosa, che non impedisce di provare un sentimento di pietà
per questo giovane uomo. Tuttavia Caserio era tuttavia responsabile. É stato giusto è necessario che egli venisse colpito dalla pena
che la nostra legge attuale riserva agli autori dei più grandi crimini. […] Mai, forse, la pena di morte ha trovato maggior
approvazione.”
Lacassagne, nei suoi discorsi, ebbe anche a sostenere che “le società hanno i criminali che si meritano.”
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