01 PAG ok copia - Avanti della domenica

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01 PAG ok copia - Avanti della domenica
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DELLA DOMENICA
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ANNO XV - N.10
DOMENICA 18 MArzO 2012
SPED. ABB. POST. - DL 353/2003
(Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA
TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY
EURO 1,50
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Dopo 60 anni identificate le spoglie del sindacalista assassinato dalla mafia
L’evoluzione del malaffare
Placido Rizzotto, un socialista
autentico che merita funerali di Stato
Lombardia, metastasi
della corruzione
“I
morti ammazzati per mafia sono
morti “eccellenti”. Placido Rizzotto lo è perché offri un’intera vita
per difendere la dignità di una città,
Corleone, che nel dopoguerra diventò
una realtà fatta di qualche padrone terriero, dei loro servi mafiosi e di lavoratori oppressi e contadini caduti in miseria”.
Lo ha detto diccardo Riccardo Nencini
commentando la notizia del riconoscimento dei resti del sindacalista rapito
dalla mafia il 10 marzo del 1948 e poi
ucciso. I resti ossei erano stati trovati
dagli agenti del commissariato di Corleone in una foiba della località Rocca
Busambra. Comparati a quelli - riesumati - di un congiunto di Rizzotto,
morto anni fa per cause naturali, è stato possibile risalire all'identità del partigiano e sindacalista.
“Fu ucciso - ha sottolineato ancora il segretario del PSI - per tenere alti i valori
della democrazia e di libertà, attirando
l’odio dei mafiosi ed entrando nel mirino dei delinquenti, che lo portarono alla
sua morte. Sostenne e guidò i contadini
nella lotta alle minacce e al terrore,con
coraggio e determinazione - si legge ancora- Fu un autentico socialista e un
grande uomo. Queste, ed altre, mi sembrano buone ragioni per concedergli i
funerali di Stato, per onorarlo e ricor-
A pagina 2, gli articoli di Ballistreri, Comini, Miccichè
F
darlo con il rispetto e i riconoscimenti
che sono dovuti ad uomini come lui”.
Esponente del partito socialista, Rizzotto fu rapito a 34 anni mentre stava andando a una riunione politica. Impegnato a fianco del movimento contadino,
che lottava contro la mafia e il latifondo, da segretario della Camera del lavosegue a pagina 2
atta salva la presunzione di innocenza per ciascun indagato e
al di là delle singole vicende giudiziarie, che hanno pesantemente interessato la Lombardia in queste
ultime settimane, ci sono questioni
di sistema da mettere al centro della nostra attenzione.
Il caso della Lombardia potrebbe
essere da manuale. Il sistema politico lombardo, e non solo quello milanese, fu devastato dalla tangentopoli del ’92-‘93. Quel sistema, responsabile sul piano giudiziario di reati
connessi soprattutto al finanziamento illecito dei partiti, fu sostituia pagina 2
che di questioni che hanno uno specifico ed evidente fattore politico.
In entrambi i casi non entrano in gioco la competenza e la capacità, che
sono fuori discussione, del nostro
corpo diplomatico quanto la qualità e
l’autorevolezza di un esecutivo come
il nostro che avendo un limitato mandato parlamentare ed essendo composto esclusivamente da personalità
volutamente non politiche si è presentato al cospetto delle nazioni incidentalmente coinvolte nel duplice caso privo dell’analoga energia che in
questi casi avrebbe potuto e saputo
esercitare un esecutivo tutto politico.
Che i detrattori del Governo Monti
abbiano preso la palla al balzo per
evidenziarne i limiti era cosa abbastanza scontata, che ad accompagnarne il coro fossero pure i grandi sostenitori della carta stampata (Corriere
della Sera e Repubblica) un po’ meno.
Di fronte ai casi de due marò e della
mancata comunicazione da parte dei
servizi militari inglesi al Governo italiano d’altronde le reazioni avrebbero
potuto essere di diverso segno. Nel
primo c’è una responsabilità indiretta
della politica che ha acconsentito le
scorte militari nell’Oceano Indiano ai
navigli commerciali introducendo regole d’ingaggio simili alle missioni
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- Stampa e Tv -
Quello che non
vi hanno detto di noi
Gay. Alfano nega
i diritti di uguaglianza
“Persona simpatica Alfano - ha detto Riccardo Nencini - che dice di
voler tutelare i diritti leciti e illeciti
di cui si fregia il suo Presidente e
non vorrebbe conferire i diritti fondamentali di uguaglianza e libertà di
ognuno. Dice che i socialisti spagnoli, non avendo una ricetta sulla
crisi, buttano fumo sugli occhi alla
società facendo matrimoni tra uomini? Con una tesi del genere sarebbe ancora alla ricerca della laurea”.
Voto estero. E’ ora di cambiare
la legge Tremaglia
“In vista delle elezioni è tempo di
riformare anche la legge sul voto
degli italiani all’estero, garantendo
una maggiore trasparenza e un voto
a prova di brogli”, ha dichiarato Angelo Sollazzo presentando il convegno nazionale su ‘Ius soli, ius sanguinis: un popolo di immigrati e di
emigrati, prospettive e soluzioni’,
che si è tenuto mercoledì 14 marzo
al Capranichetta di Roma.
“Garantire il voto dei nostri emigrati significa far finire lo scandalo del
voto per corrispondenza, e proporre
un sistema , simile a quello di altri
Paesi, con il voto controllato e certo
presso i consolati. Questa operazione di trasparenza deve avvenire in
parallelo con un ampliamento dei
diritti di cittadinanza per gli stranieri che vivono e pagano le tasse in
Italia, e che sono nati qui, secondo il
principio del diritto di suolo”.
Due crisi e due lezioni
La politica serve, eccome
e crisi che si sono aperte con India e Gran Bretagna non hanno
L
nascosto i limiti delle gestioni tecni-
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Roberto Biscardini
India e Nigeria, le vicende dei due marò e del fallito blitz inglese
Bobo Craxi
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militari all’estero agevolando di fatto
l’utilizzo della forza di intimidazione
con le armi di fronte ad un eventuale
diniego dei natanti di fornire le proprie generalità. Così pare sia andata
nel caso della Lexie ed è presumibile
che le perizie, di parte o meno, non
faranno che confermare l’andamento
dei fatti.
Dopo un primo tentativo di farsi riconsegnare i cittadini italiani in armi
e di chiederne il giudizio in Patria, il
Governo ha incominciato ad arretrare
scaricando le responsabilità su chi ha
portato la nave in acque non più territoriali consentendo il fermo dei nostri
militari, in barba a tutte le Convenzioni Internazionali in tempo di pace
che tutelano i cittadini in armi in situazioni di non conflitto fra Stati
(Convenzione di Montego).
Nel caso del blitz inglese e del suo
fallimento l’arrampicarsi sugli specchi del Governo è pari all’esito dell’azione delle forze armate britanniche: tragico.
Disinformati; e quando lo sono stati,
si sono otturate vie di comunicazione
fra i servizi militari e Palazzo Chigi
evidentemente a digiuno di questioni
concernenti la sicurezza interna ed
esterna.
Ad questo si aggiunge una certa debolezza nell’affrontare lo spiacevole
episodio con il Governo inglese dopo
che si era proprio con Londra avviato
un percorso virtuoso, sul terreno dell’economia, per isolare l’asse francosegue a pagina 4
Amministrative. PSI, liste
e candidati in tutti i comuni
SERVONO SCELTE CORAGGIOSE PER USCIRE DALLA CRISI GUARDANDO AL FUTURO
Parlando ad oltre 200 persone che
affollavano la Sala del Consiglio
Comunale di Città di Castello (Pg)
,sabato 10 marzo, per la locale conferenza programmatica, Riccardo
Nencini ha affermato tra l'altro che
"gli ottimi risultati ottenuti dal Psi
in Umbria e in particolare dai compagni della città tifernate, raggiunti
grazie alla qualità del lavoro di solidi gruppi dirigenti e al costante
impegno nel segno della tradizione
municipalista socialista, costituiscono un importante viatico per tutto il partito in vista delle prossime
scadenze elettorali amministrative
nelle quali saranno presentate ovunque liste e candidati socialisti, a
conferma non solo del buon stato di
salute del Psi, ma anche dell'impegno progettuale nei territori all'insegna della buona amministrazione,
della sobrietà e dell' impegno costante dei socialisti negli enti locali.
Nè con Vendola, né con Sacconi
Vogliamo un sindacato riformista
Strategia della disattenzione
Enzo Ceremigna*, Silvano Miniati*
opo la positiva collaborazione che portò alD
l’organizzazione di una giornata di riflessione
sui temi della previdenza e, più in generale, del Wel-
fare, in occasione della festa socialista di Bologna
(settembre 2011), abbiamo deciso, come dipartimento Welfare e sindacato del Psi, Fondazione B.
Buozzi e Network sinistra riformista di dare vita ad
una nuova iniziativa unitaria destinata a durare nel
tempo.
Riteniamo, infatti, necessario un impegno teso a riproporre all’attenzione di tutti una valutazione sul-
l’incidenza che le posizioni di ispirazione socialista
e laica hanno avuto nel movimento sindacale italiano dalla liberazione in avanti. Nel fare questo non
siamo mossi da nostalgia né da reducismo.
Ci anima, invece, la consapevolezza che la crisi che
investe attualmente il sindacato non sarà affatto
passeggera come non lo è e non lo sarà quella che
sta investendo da tempo tutti i soggetti della rappresentanza collettiva.
Quello che sta succedendo in Confindustria, ma per
certi versi anche in Rete imprese e nello stesso Terzo settore, dovrebbe farci riflettere.
Riflettere a partire dalla presa d’atto che ormai non
si fa più in tempo ad affermare che niente sarà più
come prima che basta guardarsi intorno per prendere atto che già molte cose sono radicalmente
cambiate.
Pensare di cavarsela come spesso avviene, individuando colpe soltanto all’esterno e quindi da attribuire ad altri non porta davvero lontano. La nostra
scelta nasce proprio dalla convinzione che nel sindacato pesi in modo sempre più forte l’assenza del
pensiero socialista riformista e di un’azione concreta ad esso ispirata.
Il vuoto creato da questa assenza rischia di favorire
l’acuirsi delle divisioni e quello che è peggio di offrire termini di confronto completamente falsati.
segue a pagina 3
Perché Hollande
non piace al PD
Alberto Benzoni a pag.3
83 seggi su 150 con oltre il 44%
Slovacchia
vittoria socialista
Ferdinando Leonzio a pag.3
DELLA DOMENICA
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www.partitosocialista.it
ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012
DOPO 60 ANNI IDENTIFICATE LE SPOGLIE DEL SINDACALISTA RAPITO E ASSASSINATO DALLA MAFIA
La damnatio
memoriae
Con i contadini
contro la mafia
Mariano Comini
Giuseppe Miccichè
Due Italie a confronto
quella di Rizzotto e quella di Lusi
Maurizio Ballistreri
questi giorni la stampa ha diffuso
inalmente si è avuta la conue recenti notizie danno l’immaIrinvenuti
la notizia che alcuni resti umani
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ferma: i miseri resti che nel
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gine della mutazione genetica
nelle campagne siciliane nel
2009 erano stati trovati a Rocca
della sinistra in Italia. La prima riguarn
2009, appartengono a Placido Rizzotto, sindacalista socialista di Corleone, assassinato dalla mafia di quel
paese, allora capeggiata da medico
Michele Navarra, per la sua attività a
favore dei contadini siciliani.
Sicuramente condividiamo l’intenzione della dirigenza nazionale del Partito socialista italiano di commemorare la figura del coraggioso sindacalista siciliano nell’ambito delle iniziative per il 120° della fondazione della
formazione politica socialista, mentre
non possiamo che vedere con rincrescimento e rammarico l’esitazione
con la quale si attribuisce al militante
siciliano la sua vera affiliazione politica.
S’iscrive Rizzotto in una lunga lista di
perseguitati e assassinati del socialismo italiano. A partire da coloro che
furono colpiti dalla repressione di
Crispi, di Rudinì e Pelloux alla fine
del XIX° secolo, ai capilega, contadini e braccianti ed amministratori socialisti vittime della barbarie delle
squadre fasciste. Per non parlare dei
combattenti e caduti nella guerra di
Spagna e nella Resistenza italiana.
Di questa lunga, democratica e gloriosa storia non si parla, se non sporadicamente, quasi con vergogna e
con reticenza.
Sandro Pertini, presidente della repubblica era un “riformista”, Turati
era un gentile signore avversario di
Gramsci, il quale però era molto più
ferrato nella dottrina marxista. Giuseppe Saragat era forse socialdemocratico, con l’accento sulla seconda
parte della parola, Pietro Nenni, più
volte ministro, vice-presidente del
consiglio, combattente di Spagna,
combattente nella Resistenza, più volte imprigionato ed al confino ,ispiratore di alcune delle riforme più importanti della prima Repubblica ,
semplicemente non esiste.
Mentre emerge la corruzione della seconda Repubblica, quantitativamente
dieci o venti volte più rilevante (per
ciò che fino ad ora si è scoperto) di
quello che si rivelò nei processi enfaticamente trasmessi in diretta TV, pare che nessuno si scandalizzi più di
tanto. Evidentemente si pensa che sia
ancora e solo Bettino Craxi il colpevole di tutto.
E intanto l’Italia a differenza del resto
dell’Europa è priva di una forza socialista , laica e libertaria che possa
contrastare la destra clerico reazionaria del nostro paese.
Le televisioni e le radio riscoprono,
Paolo Ferrero, Andrea Bonelli, magnificano Vendola, riesumano Fabio
Mussi, che pure sono fuori dal parlamento, abbiamo perfino rivisto Marco
Pannella, ostinatamente fermo a parlare degli anni ’70 e meritoriamente
delle carceri.
Il Partito socialista ha tutti i titoli per
far sapere la propria opinione sulle
cose italiane, non attraverso i suoi samizdat ma nelle testate giornalistiche
e nelle televisioni nazionali, che tra
l’altro sono presidiate da centinaia di
ex socialisti, che non solo ignorano,
ma contrastano la presenza di quella
che fu la propria forza politica di appartenenza.
Una situazione intollerabile e al limite della legalità costituzionale, alla
quale bisognerà rimediare con iniziative energiche e di lungo momento.
Busambra, contrada nel territorio di Corleone, sono inequivocabilmente del sindacalista corleonese Placidio Rizzotto.
Dopo 64 anni, l’arresto dei
responsabili Liggio e compagni
per opera dell’allora Capitano
Dalla Chiesa, un lungo e travagliato processo, finalmente la
comparazione col DNA del
padre ha confermato quanto da
tempo si pensava e temeva
fornendoci un nuovo dato certo.
Rizzotto era un giovane organizzatore sindacale della CGIL
espresso dalla componente
socialista.
Nato nel 1914, militare nella
Carnia, partigiano dopo l’8
settembre, al ritorno nella sua
città si era impegnato nel Partito Socialista e nel Sindacato al
servizio di quei contadini poveri che, volendosi liberare da
condizioni di secolare sfruttamento in un’area isolana gravata dal latifondo, chiedeva terra
e libertà.
Il movimento dei contadini era
iniziato nel ‘44 con l’obiettivo
della quotizzazione dei latifondi, secolare palla al piede della
economia isolana, e aveva
trovato in forti quadri del PSI e
del PCI sostenitori decisi e
appassionati.
A contrastarlo con tutti i mezzi
c’era la mafia dei feudi, in
quegli anni estremamente attiva al servizio degli agrari. A
Corleone la rappresentavano i
Navarra, i Riggio, i Riina.
Furono questi uomini che,
volendo fermare il movimento,
decisero di assassinare il coraggioso sindacalista, cosa che poi
fecero effettivamente il 10
marzo del ‘48.
Ben 36 dirigenti sindacali nel
palermitano, nell’agrigentino,
nel nisseno subirono in date
diverse la medesima sorte.
Non pertanto il movimento dei
contadini a Corleone, come in
tanti altri luoghi - Portella delle
Ginestre, Sciacca, Partinico,
San Giuseppe Jato etc. - interessati dalle lotte economiche si
fermò. Consegui, anzi, importanti successi e, indirizzando le
forze di progresso verso la
riforma agraria con l’assegnazione di oltre 500.000 ettari di
terra e le libere alienazioni
determinò il mutamento della
struttura fondiaria regionale.
Il sacrificio di Placido Rizzotto,
così come quello di tanti altri
valorosi sindacalisti e uomini di
base, non era stato vano.
INCONTRO PSI-PSB
Il vicepresidente del Partito Socialista Serbo, Dusan Bajatovic, si è incontrato venerdì 9 marzo a Milano
con Roberto Biscardini per uno
scambio di considerazioni sulla politica internazionale dei socialisti
europei. L’ obiettivo dei socialisti
serbi è il rafforzamento dell’integrazione europea.
Direttore Politico
della domenica
Organo ufficiale del
Partito Socialista Italiano
aderente
all’Internazionale Socialista
e al Partito Socialista Europeo
da il tesoriere della Margherita, il Partito che assieme agli eredi del Pci, i
Democratici di Sinistra, ha costruito il
Pd, il senatore Luigi Lusi, che, a quanto riferiscono le cronache giudiziarie,
avrebbe utilizzato decine di milioni di
euro per l’acquisto personale di case e
ville e speso i fondi di quel partito,
frutto dei rimborsi elettorali elargiti
dallo Stato, per lussuose vacanze e cene luculliane.
Lo stesso Lusi che, in un fuori onda di
un’intervista televisiva, ha minacciosamente affermato, “se parlo io salta il
centrosinistra!”.
E questo è uno spaccato della sinistra,
pardon del “centrosinistra” dei nostri
giorni. L’altra notizia riguarda Placido
Rizzotto, il sindacalista socialista rapito e ucciso dalla mafia a Corleone il
10 marzo del 1948, al quale sono stati
attribuiti in via definitiva dalla Polizia
scientifica di Palermo i resti di uno
scheletro, trovato nel settembre 2009
a Corleone: “Lo Stato ha il dovere di
tributare al sindacalista socialista gli
onori che si devono a chi dedica la
propria vita ai valori della libertà e
della giustizia e alla difesa dei più deboli”, ha detto giustamente Riccardo
Nencini. Non a caso si parla di funerali di Stato.
La storia di Placido Rizzotto è quella,
bella e tragica ad un tempo, delle sinistre, socialista e comunista, distinte
Lombardia. metastasi
della corruzione
Biscardini dalla prima
to da un altro che si è macchiato, come
ammettono oggi apertamente autorevoli esponenti del Pool di allora, di fenomeni estesi di corruzione personale
e di gruppo.
Ciò è avvenuto in pochissimo tempo, e
si è consolidato nel corso di questi ultimi vent’anni, da parte di quella classe politica di “riciclati” che, con più o
meno virulenza, cavalcò il bisogno di
cambiamento del “vecchio” per sostituirlo con il “nuovo”. Loro. Innanzitutto la Lega Nord, Forza Italia, nella sua
duplice veste berlusconiana e formigoniana, e l’Msi. Presero il potere e tra le
elezioni comunali del 1993 e le regionali del 1995 occuparono manu militari tutte le principali istituzioni della regione.
Per definizione meglio “di quelli di
prima”, costruirono in brevissimo tempo un sistema di potere pressoché perfetto, contando su due fatti che si sono
dimostrati veri. Non ci sarebbe stato di
lì a poco un altro Pool alle loro calcagna e una iniziativa come quella di tangentopoli non si sarebbe mai più ripetuta con la stessa forza. Quindi, ritenendosi impunibili, si sono messi ad
operare a testa bassa, impiantando un
sistema corruttivo diffuso. Quale?
Quello che si sa. Quello che si dice in
giro. Quello che, al di là delle responsabilità dei singoli, si è fondato sull’alleanza politica e di interessi tra Formigoni e la Lega Nord, tra PDL e Lega in
ogni comune e provincia, durata troppo a lungo e senza sostanziali alternanze. Il modello Compagnia delle Opere
nell’economia reale e di Comunione e
Liberazione nel sistema di potere dei
Riccardo Nencini
Segreteria di Redazione
Domenico Paciucci
Direttore Editoriale
Roberto Biscardini
Società Editrice
Nuova Editrice Mondoperaio srl
Direttore Responsabile
Dario Alberto Caprio
Presidente del Consiglio
di Amministrazione
Oreste Pastorelli
Redazione
Carlo Corrér, Emanuele Pecheux
Placido Rizzotto
un socialista autentico
dalla prima
“Sempre Avanti con le primarie
delle idee”. Con queste parole il segretario cittadino del PSI di Frosinone, Vincenzo Iacovissi, annuncia
la prosecuzione degli incontri con i
cittadini per la stesura del programma elettorale, iniziati lo scorso
24 febbraio e ripetutisi il 6 marzo.
“Siamo giunti al nostro 3° appuntamento”, ha detto Iacovissi.
ro di Corleone organizza la rivolta per
l’occupazione delle terre che erano in
mano ai mafiosi, sostenuti dal boss nascente Luciano Liggio, che farà sparire
il corpo di Rizzotto, ritrovato dopo alcuni mesi.
Liggio sarà assolto per insufficienza di
prove, mentre Giuseppe Letizia, un
bambino che faceva il pastore e che assistette all’assassinio, fu ucciso anche
lui. Delle indagini si occupa l’allora
giovane capitano dei carabinieri Carlo
Alberto Dalla Chiesa, che arresta due
mafiosi, Pasquale Criscione e Vincenzo Collura, che prima confessano l’omicidio e poi si rimangiarono tutto.
Anche per loro venne usata la formula
dell’assoluzione per insufficienza di
prove.
“Il ritrovamento delle ossa di Placido
Rizzotto, nel centoventesimo anniversario dalla nascita del Partito Socialista
Italiano, di cui è stato uno dei più illustri dirigenti, consente finalmente a noi
socialisti siciliani di celebrarlo davanti
ad una sepoltura”.
Con queste parole Antonio Matasso,
coordinatore della segreteria regionale
siciliana, ha accolto la notizia dell’identificazione dei resti del sindacalista
socialista corleonese, annunciando che
l’imminente manifestazione del Psi a
Palermo per celebrare i centoventi anni del partito sarà una “carrellata in cui
verranno celebrate le più belle pagine
della lotta antimafiosa promossa dai
socialisti isolani, a partire dai Fasci siciliani, passando per Luciano Nicoletti, Placido Rizzotto e Salvatore Carnevale fino a Carmelo Battaglia”.
servizi, nella sanità, nelle aziende partecipate della Regione e dei comuni,
Milano compreso. Una rete di connivenze che ha consentito a Formigoni
di strafare e alla Lega e agli ex fascisti
in ogni realtà locale di occupare posti e
il territorio.
Un sistema politico che, per il bene
dell’economia lombarda e dei suoi cittadini, dovrebbe farsi da parte prima
di essere travolto giorno dopo giorno
da una nuova ondata giudiziaria. Lo
chiede, ancora sottovoce, una parte
dell’opinione pubblica, preoccupata
che un’eventuale nuova tangentopoli
possa sfasciare tutto, danneggiando
come allora anche cittadini onesti e
imprese operose. Portandosi via, come allora, il bambino insieme all’acqua sporca. Un’opinione pubblica
che, nonostante tutto, spera ancora
che dalla politica possa nascere una
fase nuova. Affinché sia la politica e
non la magistratura a trovare una soluzione alternativa.
Prima che arrivino i Pm a massacrare
la città, quando decidessero di entrare
nella prateria degli appalti, degli intrecci tra urbanistica e affari, della sanità, della formazione professionale e
delle aziende pubbliche.
Lo chiedono i cittadini e le imprese
che hanno bisogno di riscoprire le regole della competizione, della libera
concorrenza, nelle professioni oggi
non più tanto libere, stufi delle cooperative di comodo che operano nel settore dei servizi e delle assunzioni fatte
con il voto di castità, povertà e obbedienza. Obbedienza soprattutto, sempre senza concorsi. Una questione di
libertà prima ancora che morale.
E come risponde a queste considerazioni il sistema di potere che oggi comanda in Lombardia? In modo semplice: “State zitti voi della sinistra, che
mangiate nel nostro piatto oltre che nel
vostro. Non c’è appalto che dipenda da
noi nel quale non ci siate anche voi, attraverso le vostre cooperative rosse.
Anche nel mondo dei servizi uno spazio per voi l’abbiamo sempre lasciato.
Eccetera, eccetera”.
Oppure: “E il sistema Sesto San Giovanni? O del Sud Milano? Non era mica roba nostra. Ma vi ricordate quando
avevate il collettivo architetti nella sede del PCI chiamato a fare tutti i piani
urbanistici dell’hinterland? Chi decideva della rendita nelle zone di espansione? Voi. Il PCI e le vostre cooperative. Oggi non stiamo facendo altro di
diverso da quello che avete fatto voi”.
Ma la frase più forte è quella che tocca
di più la pancia della politica: “Per fortuna che ha vinto Formigoni, perché se
avesse vinto Penati saremmo già tutti a
casa”. E ancora: “Noi centralisti? Noi
accusati di occupare tutti gli spazi di
potere fino all’ultimo infermiere? Non
è così. Noi abbiamo garantito la libertà
della persona, la difesa della famiglia,
contro una pericolosa visone statalista”.
Un bel clima. Come si vede. Con una
politica distrutta dal falso bipolarismo,
dal potere fuori controllo che l’elezione diretta assegna ai presidenti delle
giunte regionali, provinciali ed ai sindaci. Con uno schieramento riformista
da costruire in breve tempo intorno ai
valori del buon governo, con una nuova idea di sviluppo civile ed economico della Lombardia, delle cose da fare
e non degli spazi da occupare. Con una
sinistra assolutamente impreparata che
alla fine, come ai tempi di Occhetto,
cova il desiderio di poter vincere sulle
disgrazie altrui. Un sinistra che chiede
le dimissioni di tutti, per andare al voto anticipato, ma non si capisce con
quale progetto e quali uomini intende
candidarsi a sostituire vent’anni di
centrodestra.
sul piano ideologico, ma sempre legate a valori e ideali a fianco dei più deboli, i cui dirigenti erano pronti a morire sotto il fuoco della repressione politica o della criminalità mafiosa.
Come Rizzotto, nella Sicilia nel ‘900,
tanti furono i sindacalisti socialisti
delle locali Camere del lavoro ad essere uccisi dalla mano mafiosa: da Paolo
Mirmina e Giovanni Orcel negli anni
’20 a Epifanio Li Puma e Calogero
Cangelosi negli anni ’40, da Salvatore
Carnevale nel 1955 a Carmelo Battaglia nel 1966, per avere guidato le lotte contadine per i diritti dei lavoratori
e contro il latifondo e per la legalità
nelle istituzioni pubbliche, contro l’intreccio tra politica, affari e criminalità.
Quanta distanza tra queste mirabili
storie di impegno civile e di battaglie
sociali e la corruzione operata da certa
sedicente sinistra nella cosiddetta “Seconda Repubblica”.
Forse, per vedere una sinistra, ferma
nei principi anche quando gestisce risorse pubbliche, bisognerà aspettare la
“Terza Repubblica”.
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DELLA DOMENICA
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ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012
Per lo SMER-SD 83 seggi su 150 con oltre il 44% dei voti
Slovacchia, vittoria
dei socialisti oltre le attese
Ferdinando Leonzio
ratislava. - La vittoria ottenuta
dai socialisti slovacchi è stata
B
ancora piú larga e convincente di
quanto i vari sondaggi lasciassero
presagire.
La sinistra, grazie alla grande avanzata del partito socialdemocratico,
che di essa è qui la massima e piú autorevole espressione, probabilmente
si ritrova maggioritaria non solo nei
seggi ottenuti dallo SMER-SD in
Parlamento (83 su 150), ma anche
nel Paese, qualora si volessero considerare i voti, rimasti inutilizzati, di
alcuni piccoli raggruppamenti rimasti lontani dalla soglia del 5% imposta dalla legge elettorale.
Le votazioni in Slovacchia per l´elezione del nuovo Consiglio Nazionale,
il Parlamento unicamerale della giovane repubblica centroeuropea,
composto di 150 deputati, eletti ogni
quattro anni, si sono svolte pacificamente e senza incidenti.
La coalizione di centro-destra che
governava il Paese si era sfaldata
nello scorso mese di ottobre sul tema
dei contributi all´Europa, con ciò
provocando lo scioglimento del Parlamento da parte del presidente Ivan
Gasparovic.
Gli elettori chiamati alla consultazione erano 4.324.910, di cui solo il
59,11% si è recato alle urne. La svolta impressa alla Slovacchia dai risultati può considerarsi davvero epocale, in quanto per la prima volta nella
sua storia, in una competizione democratica, l´elettorato consegna ai
socialisti la maggioranza assoluta
dei seggi. Il loro leader Robert Fico
aveva piú volte dichiarato, ed anche
oggi appena conosciuti i risultati lo
ha riconfermato, che il suo partito è
aperto alla collaborazione con altre
formazioni sulla base di un accordo
programmatico. Nei prossimi giorni
sapremo se il nuovo governo sarà un
monocolore socialdemocratico o se
sarà espressione di una coalizione
piú larga.
Sei i partiti (su 26 liste presentate)
che hanno superato lo sbarramento
del 5% per entrare in Parlamento.
Questi i risultati (tra parentesi le percentuali e i seggi nel precedente
Consiglio Nazionale): SMER/SD
(Socialdemocratici) 1.134.280 voti
(44,41%) con 83 deputati (62), quindi maggioranza assoluta con notevole margine per governare tranquillamente per tutta la legislatura; KDH
(Movimento Democratico Cristiano)
voti 225.368 (8,82%) con 16 seggi
(15); OL (Gente Comune, movimento di nuova formazione) voti 218.537
(8,55%) con 16 seggi (-); MOST-HID
(Ponte, partito etnico ungherese) voti 170.000 (6,89%) seggi 13 (14);
SDKU-DS (Unione Cristiana e Democratica), il partito del premier
uscente Iveta Radicová, voti 155.744
(6,09%) con 11 seggi (28); SaS (Liberali) 150.306 (5,88%) con 11 deputati (22, di cui 4 in precedenza avevano
lasciato il partito).
Rimangono fuori del Parlamento,
tra gli altri, i nazionalisti del SNS
(4,55%) che avevano 9 seggi, il partito HZDS dell´ex premier Vladimir
Meciar (0,93%) e il Partito Comunista Slovacco (0,72%).
Un sindacato
riformista...
Ceremigna, Miniati dalla prima
Uscire dalla crisi richiede scelte coraggiose. Non c’è però niente di coraggioso nell’accettare o assecondare l’ipotesi che la scelta sia, per dirla
in modo schematico, tra Vendola e
Sacconi o, se si preferisce, tra Landini e Bonanni.
Far prevalere la logica dei muscoli è
molto pericoloso, perché permette a
Landini di rifugiarsi in Val di Susa, in
nome anche di una lotta per l’ambiente che viene immediatamente dimenticato quando si parla di Taranto o di
altri siti, che meriterebbero davvero
maggiore attenzione e, sul lato opposto, incoraggia Bonanni a proseguire
in una sterile polemica tutta puntata
sui limiti e le debolezze della Cgil.
Un ritorno in campo del pensiero socialista riformista servirebbe a rendere finalmente esplicito un dato che
non sempre emerge con chiarezza; la
stragrande maggioranza dei lavoratori vogliono un sindacato che sia capace di una sua proposta di società
per il futuro, che parta dalla lotta
contro le disuguaglianze e assuma il
lavoro come diritto di tutti, il che si-
gnifica che se il lavoro disponibile è
scarso va equamente ripartito e che
se c’è un eccesso di garanzie per
qualcuno, anche esse vanno ripartite
a vantaggio di tutti.
Significa prendere atto che quella del
sindacato indipendente è un’ipotesi
del tutto campata in aria e del tutto
impraticabile e che serve invece un
sindacato autonomo dai partiti e dai
governi capace di riscoprire il valore
della elaborazione e delle scelte collettive.
Solo con l’impegno collettivo è possibile evitare quella “solitudine dei leader” che porta poi a ritenere che sia
decisivo cercare validazione nelle
presenze in tv e come conseguenza favorire un confronto sempre e comunque sulle posizioni degli altri.
Serve impegno collettivo per affrontare il problema del rapporto tra sindacato e politica, che non può essere affrontato solo dal lato dei costi e nell’avere chiaro, essendo ormai scontato che il nostro destino si gioca sempre più a livello europeo, che dobbiamo finalmente chiederci se il sindacato europeo, la Ces, sia o no adeguato
per affrontare un decennio che sarà sì
di lacrime e sangue, ma sarà anche
decisivo per delineare i connotati dell’Europa del futuro.
Che non si possa discutere seriamen-
La strategia della disattenzione per le elezioni francesi
Perché Hollande non piace al PD
Alberto Benzoni
questa parte; partendo dalla Grande rivoluzione, per finire con Mitterrand
con la sua strategia di unità della sinistra sotto il segno socialista. E ha tifato,
cinque anni fa, per la stessa Royal, pur
assai discutibile e come personalità e
nel progetto che rappresentava.
Sarebbe stato, dunque, lecito attendersi
una eguale partecipazione, razionale
come emotiva, rispetto alla sfida rappresentata da Hollande. Dopo tutto il
leader socialista francese pone - a prescindere dalla qualità delle sue proposte
- due temi di fondo che, soprattutto per
una sinistra di governo, dovrebbero costituire un passaggio ineludibile: la ripartizione dei costi della crisi nell’ambito nazionale; e la rinegoziazione degli
accordi franco-tedeschi nel segno di
una nuova strategia europea che attribuisca valore prioritario ai temi della
crescita e dell’occupazione. Si aggiunga poi, a completare il quadro, che lo
stesso Hollande ha, secondo tutti i sondaggi, ottime possibilità di successo.
Attualmente siamo al 56% al secondo
turno; margine talmente ampio da reggere, salvo catastrofi del tutto improbabili, ai tentativi di recupero di Sarkozy.
E, invece, nulla di tutto questo con
un’attenzione alla persona e all’appuntamento che sta, almeno per ora, al minimo sindacale. Perché?
Nel caso dei veltroniani-nuovistimoderati del Pd, la freddezza è più che
comprensibile. Per loro il partito francese in generale e il suo leader in particolare sono l’incarnazione del “Vec-
chio”; insomma di una dottrina e di una
retorica politica, quella del socialismo e
del ruolo dello stato nazionale nel cambiamento della società, insieme superata, inutile e dannosa. E questo rifiuto
colpisce anche l’idea tradizionale di sinistra in quanto sinistra alternativa in
una società conflittuale. Perché la sinistra che hanno in mente l’ex sindaco di
Roma e i suoi amici è quella dell’“interesse generale”e delle soluzioni condivise. Il passo ulteriore sarà allora quello di considerare la condivisione come
punto pregiudiziale del processo di
scelta sino al punto di considerare questa scelta come oggettivamente obbligata. Di qui l’atteggiamento verso
Monti, il suo governo e le ricette proposte dall’Europa. Il primo non è da sostenere (e giustamente N.d.R.) soltanto
perché traghettatore attivo e positivo
verso equilibri più avanzati, ma piuttosto perché rappresenta e rappresenterà
nel futuro prevedibile un orizzonte in
cui identificarsi ‘senza se e senza ma’
come pure è necessario identificarsi,
ancora in modo pregiudiziale, con l’ortodossia economico-finanziaria incarnata dal duo Merkel-Sarkozy, una strategia, insieme, obbligata e corretta.
In quest’ottica, Hollande rappresenta
un fattore quanto meno di disordine e di
disturbo. E allora i nostri amici nuovisti
sarebbero tentati dall’esprimere il loro
sostegno a Bayrou, se non allo stesso
Sarkozy, ma non possono esporsi sino a
questo punto e si limitano quindi ad
esprimere, a mezza bocca, il loro disprezzo per il candidato socialista.
Diverso il caso di Bersani e dei suoi
amici. Questi sono dei cripto socialdemocratici, sostenitori critici del governo Monti, per nulla soddisfatti
dell’“Europa così com’è”, ma anche fiduciosi di poterne mutare orientamenti
ed equilibri. Tutto dovrebbe portarli allora ad investire sino in fondo su Hollande e il suo progetto. E, invece, almeno sino ad ora, di questo investimento
non c’è traccia. Perché?
A pesare negativamente, nel nostro caso, ci sono i vizi di fondo della pigrizia
intellettuale e della debolezza politica.
La prima è quella di un gruppo dirigente che si definisce internazionalista, ma
che rinuncia ad esserlo in modo attivo e
in una fase in cui la riduzione degli spazi di manovra e di partecipazione democratica a livello nazionale non sono
affatto compensati - al contrario - dalla
crescita della politica a livello sovranazionale. Non a caso, il movimento socialista europeo è, e rimane, il grande
assente nel confronto oggi in atto e a
chi, se non ai partiti nazionali e alle loro intese, politiche e progettuali, spetta
il compito di rianimarlo?
La seconda è quella di un gruppo dirigente del tutto incapace di avviare un
vero dibattito al proprio interno. Eravamo, e siamo, alle punture di spillo, alle
polemiche per interposta primaria, alle
reazioni stizzose di fronte alle prese di
posizione di questo o di quello, che
hanno come complessivo risultato di
bloccare sul nascere qualsiasi discussione sui temi di fondo. Tutti aspettano,
come i socialisti di una volta, di vincere, nel tempo, grazie a questo o a quel
soccorso esterno, che sia papa straniero
o circostanze rese miracolosamente favorevoli.
Il rischio è che si perda tutti. O, più
esattamente, che nell’impreparazione
complessiva di fronte agli avvenimenti,
questi siano gestiti da altri.
te del ‘dove andare’ se non si ha consapevolezza del ‘da dove veniamo’,
ne siamo da sempre convinti. Quello
che è mancato negli ultimi anni è stata la capacità di ripensare seriamente
alcuni momenti della nostra storia nel
sindacato e di quella del sindacato
stesso, sia per denunciarne gli errori
sia, però, anche per rivalutarne apertamente i meriti.
Riteniamo che a partire dal Piano del
lavoro della Cgil, per risalire via via
alla programmazione democratica
del primo centro sinistra, allo statuto
dei lavoratori, alla concertazione e
politica dei redditi, al referendum sulla scala mobile e alle battaglie sul fisco, in particolare quella della Uil,
una riflessione seria farebbe emergere l’originalità sia nell’approccio ai
problemi sia nelle proposte che caratterizzarono l’impegno dei socialisti e
dei laici.
Chiariamo, una volta per tutte, che
quando parliamo di socialisti e di laici ci riferiamo a persone e posizioni
interne a tutte e tre le confederazioni
e lo facciamo perché siamo convinti
che il nostro progetto per avere successo deve poter contare sul contributo di chi quelle esperienze le ha vissute direttamente e non solo dei tanti
giovani e meno giovani, che pur non
avendole vissute sono consapevoli
che discutendole in modo serio se ne
possano ricavare indicazioni utili per
il futuro.
Quando parliamo di socialisti e di
laici abbiamo ben presente la differenza esistente tra l’esperienza Uil,
dove socialisti, repubblicani, socialdemocratici si riconoscevano in correnti organizzate, quella Cgil, dove le
correnti erano due, quella comunista
e quella socialista, con l’aggiunta di
una etichetta “indipendenti” che ogni
tanto veniva usata da chi, anche con
intento polemico, intendeva chiarire
di non essere né del Psi né del Pci,
quella infine della Cisl, dove non sono mai esistite ufficialmente correnti
politiche, ma dove i socialisti, a partire da Pierre Carniti, per citarne uno
per tutti, hanno avuto un ruolo in certi momenti decisivo.
Oggi, il panorama sembra essersi abbastanza uniformato. Le correnti, come le abbiamo vissute in passato, non
esistono più e si procede teoricamente per aggregazioni, che si realizzano
sui contenuti e danno vita a maggioranze e minoranze. Il che ci pone il
problema di riflettere se le articolazioni attuali rendono il sindacato più
democratico o meno rispetto al passato e se, soprattutto nella scelta dei
gruppi dirigenti, si sia davvero superato o ridotto il metodo delle coopta-
zioni.
Nell’avviare questo nuovo progetto
abbiamo due punti fermi che riteniamo di rendere espliciti.
Noi siamo decisamente per l’unità
sindacale e non solo perché abbiamo
presenti i guasti prodotti dalle divisioni degli ultimi anni, che oltretutto
hanno fornito una prova lampante di
come un sindacato diviso sia molto
più permeabile alle influenze dei partiti e dei governi.
Abbiamo chiarissimo che la scelta dei
dirigenti compete esclusivamente agli
iscritti e che quindi la nostra azione
futura dovrà essere mirata soltanto a
ridare forza e valore al pensiero socialista nel sindacato, escludendo
ogni uso del ricorso a questa esigenza
per influenzare la scelta dei gruppi
dirigenti.
Sappiamo di intraprendere un cammino molto complicato e di essere portatori di tantissime speranze e di nessuna certezza, ma ripensare il sindacato, guardando davvero al futuro,
merita comunque questo rischio, nella speranza che chi condivide questa
esigenza e questa ipotesi di lavoro
trovi il modo di rispondere positivamente al nostro provocatorio “Noi ci
proviamo! E tu?”
*Responsabile Rapporti Sindacali
*Network “Sinistra Riformista”
a sinistra italiana ha da sempre
guardato alla Francia come sua
L
fonte di ispirazione. E da due secoli a
mondoperaio
rivista mensile fondata da pietro nenni
gennaio 2012
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editoriale Gianfranco Polillo La politica di Monti
taccuino Bruno Zanardi Restaurare una rovina Domenico Ambrosino L’isola dei fari sei
DELLA DOMENICA
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craxi Claudio Petruccioli La comune sconfitta
saggi e dibattiti Michele Salvati Il dire e il fare Piero Craveri Le voci bianche dell’impotenza Guido Martinotti Gabanelli e il Professore
Gianpiero Magnani Elogio del protezionismo possibile Domenico Argondizzo Elogio dello Stato fiscale Massimiliano Perrotta Lo spazio dell’utopia
dossier/diaspora socialista Andrea Marino In partibus infidelium Alberto Benzoni e Luigi Capogrossi Traversare il deserto
memoria Roberto Cassola La rivoluzione italiana e gli adoratori di Eolo
memorial di vagno Gianvito Mastroleo Una prospettiva di futuro Nichi Vendola La voce da ammutolire Leonardo Rapone La prima vittima
Cristiano Boccuzzi La pioggia del 25 settembre Gaetano Arfè Martirio senza giustizia
biblioteca/citazioni Giorgio Morales La Pira e i mozzaorecchi
biblioteca/schede di lettura Valentino Baldacci Il reazionario di sinistra Jacopo Perazzoli Gianni Bosio e le Edizioni Avanti!
le immagini di questo numero Fabio Gasparri L’emozione dello sguardo
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DELLA DOMENICA
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ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012
Esiste davvero in Italia un’egemonia culturale della Chiesa?
VISTO DALL’EUROPA
Tolleranza più facile
se lo Stato è laico
Gianfranco Sabattini
laudio Mancina in un articolo
comparso su Reset (10/2011) si
C
chiede se in Italia esiste un’egemonia
culturale della Chiesa.
Egli, pur non negando la “spesso ingombrante presenza della Chiesa cattolica nel dibattito pubblico del nostro Paese”, afferma che in realtà la
sua influenza, che sembra poter condizionare la vittoria elettorale dell’uno o dell’altro schieramento politico,
non è dovuta ad una sua presunta posizione egemonica culturale, ma alla
“debolezza del sistema politico italiano”. Tale debolezza produrrebbe un
clima politico confuso e incerto che
indurrebbe a pensare che la Chiesa riesca per que0sto motivo ad esercitare
un ruolo strategico. Si tratterebbe, per
Mancina, di una grande illusione ottica. E’ questa un’opinione personale
non supportata però da uno schema
argomentativo adeguato e, perciò,
non condivisibile.
Una discussione su una questione come quella affrontata da Mancina necessita, infatti, di un discorso utile ad
individuare in termini intersoggettivi
le ragioni reali del ruolo della religione nella vita pubblica di un sistema
sociale la cui struttura istituzionale si
ispiri, come avviene in Italia, ai principi del liberalismo politico. A tal fine, sarebbe necessario distinguere
due modelli contrapposti di organizzazione sociale cui riferire la presenza della religione. Inoltre, l’obiettività del discorso dovrebbe presumere la
disponibilità, da parte dei devoti e dei
laici, ad accettare uno “spazio pubblico”, separato da ogni forma di potere
religioso e temporale, per la ricerca di
un insieme di valori comuni da condividere.
Per la scelta del modello di organizzazione sociale più conveniente, quale dovrebbe essere il punto di partenza? Dovrebbe essere un sistema sociale religioso che tollera i non credenti? Oppure, dovrebbe essere un sistema sociale laico che tollera le religioni? I due ultimi interrogativi riflettono modelli organizzativi del sistema sociale ispirati a principi di moralità pubblica diametralmente opposti
e la diversità dei principi impone
chiarezza sul ruolo da assegnare alla
religione nello svolgimento della vita
pubblica.
In un sistema sociale religioso e tollerante nessuna delle fedi religiose dovrebbe essere religione di Stato, mentre in un sistema sociale laico e tollerante lo Stato dovrebbe essere permissivo nei confronti di tutte le religioni e dovrebbe essere propenso ad
essere critico nei confronti di tutte le
scelte politiche che potessero avvan-
Matrimoni gay, Rosy Bindi portavoce vaticana?
taggiare una particolare organizzazione religiosa. Entrambi i sistemi sociali considerati dovrebbero essere,
dunque, tolleranti nei confronti di
qualsiasi pratica religiosa, per cui si
dovrebbe poter anche pensare che essi debbano concordare sul ruolo della
pratica religiosa nella vita pubblica.
Non è però così, in quanto di fatto
dissentirebbero su ciò che tale libertà
presuppone.
Infatti, un sistema sociale religioso e
tollerante non presuppone la libertà
di ogni singolo soggetto di decidere
autonomamente sulle questioni etiche “sensibili”, quali possono essere,
ad esempio, l’aborto, l’omosessualità, la ricerca scientifica sulle cellule
staminali o la possibilità per un “malato terminale” di porre fine alle sue
sofferenze, in quanto l’esercizio della
libertà individuale rispetto a questi
problemi sarebbe impedito da motivi
esplicitamente religiosi. Un sistema
sociale laico tollerante, per contro,
non può accettare una simile restrizione all’esercizio della libertà personale, per cui la garanzia di una speciale tutela riservata ai devoti sarebbe
valutata come una ingiustificabile
discriminazione a loro favore. Tutto
ciò comporta, per un sistema sociale
laico e tollerante, che alla libertà religiosa sia riservato un ruolo che deve
originare da un diritto più generale all’esercizio della libertà, trascendente
la stessa libertà religiosa.
E’ questo il punto centrale del discorso pubblico che dovrebbe svolgersi in
seno alla società civile tra devoti e
laici: i laici dovrebbero dimostrare ai
devoti che la loro aspirazione a fondere religione e politica sarebbe un
errore che contraddirebbe, in termini
esiziali, il principio del rispetto della
dignità umana da loro stessi condiviso; i devoti, invece, dovrebbero dimostrare ai laici che la loro valutazione sarebbe sbagliata. Alla luce delle
considerazioni sin qui svolte ci si deve allora chiedere quale sia il modello di sistema sociale più proponibile:
quello religioso e tollerante, o quello
laico e tollerante? Poiché il “modello
religioso tollerante” presuppone una
concezione più ristretta della libertà
religiosa rispetto al “modello laico
tollerante”, parrebbe che il rispetto
del principio della dignità umana implichi uno Stato laico e tollerante
piuttosto che uno Stato religioso e
tollerante. E’ possibile, che le argomentazioni sin qui svolte non facciano cambiare idea a chi la pensa come
Mancina; è tuttavia sperabile che li
induca non a considerare una illusione ottica l’influenza della Chiesa sulla vita politica del Paese, ma a formulare, per negarla, argomentazioni più
convincenti.
ispiace che Rosy Bindi si eserciti in cavilli teologici. Cattolica progressista, la Bindi si è più volte espressa a favoD
re dei diritti delle persone omosessuali, ma quando si parla di matrimonio, ops, non ce la fa, e dichiara che no,
il matrimonio nella Costituzione è sicuramente eterosessuale.
Certamente, i padri costituenti non pensarono alla possibilità di un matrimonio omosessuale quando scrissero l’articolo 29, ma senza dubbio non c’è niente, nella lettera di quell’articolo, che lo impedisca. La Repubblica tutela la
famiglia, società naturale fondata sul matrimonio: questo dice la Carta, che ha, anche su questo punto, l’adeguata
flessibilità per interpretare i tempi moderni. Oggigiorno, alla luce del buon senso, della civiltà, e, si può aggiungere,
delle moderne scienze umane, mediche e biologiche, non c’è ragione di ritenere l’omosessualità “contro natura”.
La Chiesa purtroppo pare invece arroccata su quella vecchia distinzione: non si limita a sostenere che gay e lesbiche siano in peccato, cosa che certo rientra nelle sue competenze, ma addirittura che vivono un “disordine”, andando, a nostro avviso, su un terreno scivoloso, che di religioso ha ben poco. La curiosa conseguenza è che il matrimonio eterosessuale civile, sia pur peccaminoso, non suscita (non più) gli strali ecclesiastici: silenziosamente, lo hanno
digerito, il sesso eterosessuale anche come peccato deve fare poco punteggio. Invece, l’omosessualità sembra essere
considerata “disordinata” e insomma “contro natura”. Mah. Fior di cristiani, anglicani e di altre denominazioni
protestanti, non la vedono così. Ma torniamo alla politica: dicevamo che dispiace che la cattolica progressista Bindi,
al contrario di un altro cattolico, neoconvertito e progressista, Tony Blair, si mostri così sottomessa al magistero
ecclesiastico. Ci vediamo un vecchio errore dei democristiani “di sinistra”, tanto attenti al sociale, quanto integralisti per un altro versante: ci ricorda il buon vecchio Fanfani, storico sostenitore del centrosinistra, di politiche economiche e sociali progressiste, che poi si andò ad impiccare a un assurdo referendum contro il divorzio. (Di Alfano,
che agita lo spettro dei matrimoni gay per spaventare i bigotti, e dei socialisti immaginari nel Pdl, che gli vanno
dietro, invece non parliamo: troviamo secondo natura che la destra sia reazionaria).
I L P SI
NEL TER RITOR IO
A colloquio con Nino Oddo
PSI, nel trapanese ruolo da protagonisti
Barbara Conti
“L
a provincia di Trapani è tradizionalmente la realtà politicamente più forte del Psi in Sicilia. Anche nell’importante scadenza amministrativa del 6 e 7 maggio prossimi i socialisti puntano a mantenere un ruolo
di protagonisti sulla scena politica locale”. Così Nino Oddo, leader riconosciuto dei socialisti siciliani, membro
della segreteria nazionale ed ex parlamentare regionale. Egli non manca di
evidenziare come “punto di forza del
partito” sia il Comune di Erice, dove il
Psi parte dall’8% del consenso elettorale.
A Erice è l’editore Ignazio Grimaldi il
candidato sindaco sostenuto dal Psi,
che sta già tenendo vari incontri per
discutere delle tematiche che dovranno
essere al centro della campagna elettorale. Sicuramente problematica fondamentale è quella di costituire una
“Grande Erice” che veda la fusione
della città con quella di Trapani “per
creare un centro abitativo, polo di riferimento per l’intera Sicilia occidentale, su cui si è registrata la convergenza
Due crisi, due lezioni
La politica serve...
Craxi dalla prima
tedesco mettendo in campo un’ampia
alleanza di Paesi europei ‘minori’,
meno alleati con Berlino, preceduta
dall’avamposto anglo-italiano.
Monti su questo è stato sfortunato.
La morale di queste crisi internazio-
di un ampio schieramento politico di
tipo trasversale”. La sfida per il Psi è,
comunque, dura in quanto il voto in Sicilia, con lo sbarramento al 5% (il più
alto in Italia), pone “in una condizione
di grave difficoltà” i socialisti, come ci
spiega Oddo. “Imposto con una legge
nell’Ars, l’Assemblea Regionale Siciliana, e nata da un “inciucio”tra Pd e
Pdl – aggiunge – mira a schiacciare i
piccoli e medi partiti. A ciò si aggiunge
l’assenza di rappresentanze parlamentari nazionali e regionali”.
Tuttavia nel trapanese “Il Psi ha obiettivi ambiziosi: punta a confermarsi seconda forza della coalizione di centrosinistra dopo il Pd” precisa Oddo. Così
a Marsala il Partito, guidato dalla consigliera uscente Fanny Montalto, sta
lavorando alacremente per rientrare in
Consiglio ed a Trapani, all’interno di
un’alleanza con PD e Terzo Polo, i socialisti tenteranno di ribaltare una situazione politica che vede la destra al
potere da oltre 20 anni. Possibile la
candidatura alle primarie del segretario provinciale del PSI, Piero Spina.
Forte di 14 consiglieri comunali in tutta la Provincia, il Psi prosegue quindi
nel suo impegno per favorire lo sviluppo economico di una Provincia molto
provata dalla crisi economica, attraverso soprattutto un impulso del turismo
(tramite una valorizzazione dell’aeroporto di Birgi) e dell’agricoltura.
“Gli enti locali, per il Psi, devono favorire i processi di commercializzazione dei prodotti e l’avvicinamento ai
mercati potenziali nazionali ed europei”, commenta Oddo.
Altra battaglia portata avanti dal Partito è quella inerente i rapporti con le comunità straniere presenti in loco, il diritto di voto per gli immigrati di seconda generazione e la loro integrazione
culturale e sociale.
nali non risiede soltanto nell’ovvia
constatazione che viene pagato un
prezzo all’inesperienza ed alla fragilità complessiva del quadro politico
(che non ci fa tuttavia affermare, come qualche sciagurato, che “col Governo Berlusconi gli ostaggi arrivavano sani e salvi..”), ma che la trita
retorica costruita per sanzionare e
censurare la politica come professione ha subito da queste due esemplari
vicende un colpo abbastanza netto.
Finché si tratta di mettere a posto i
conti dello Stato, è scontato che servano competenze in materia, ma
quando i dossier da tecnici si trasformano in politici è sempre più inevitabile fare ricorso alle esperienze ed alle capacità che sono proprie di un ceto che deve ritrovare la fiducia in se
stesso e con essa ritroverà pure quella dei cittadini.
Lettere
Per il rilancio di una prospettiva socialista
Leggo sempre con molto interesse le analisi soprattutto in tema di
welfare e pensioni fatte da Silvano Miniati. Dettagliate le sue
critiche riguardo ai provvedimenti governativi d’altronde l’onestà
intellettuale di Silvano Miniati è fuori discussione ed il suo percorso politico poi parla da solo. Finalmente anche da codeste parti
c’è qualcuno che interpreta il riformismo come allargamento dei
diritti e non come restringimento degli stessi in nome, balla colossale, dell’interesse dei giovani e del loro futuro. Finalmente qualcuno che non si appiattisce, come fa gran parte della politica e
della stampa cosiddetta progressista in nome del non c’è niente di
meglio, sulle posizioni del governo Monti. Pur provenendo da un
altro percorso politico mi auguro che il lavoro di Miniati possa
produrre e servire al rilancio in Italia ed in Europa di una prospettiva socialista che è ben lungi dall’essere superata.
Dino Roccabianca
La corruzione ha precise responsabilità
In Italia la vera chiave del successo è la bustarella, non si tratta di
una pratica circoscritta che alimenta alcune sacche di illegalità, è
un vero e proprio modus operandi ramificato e diffuso esattamente
come una fatale metastasi. Se alcuni politici hanno ridotto la nostra
economia ed il debito pubblico in questo stato, è anche perché, oltre
alla pressione fiscale, scarica sui conti pubblici la più pesante delle
tasse: la corruzione, un’imposta occulta stimata in almeno 60
miliardi di euro l’anno. L’Italia è l’unico Paese europeo, considerato sotto la soglia minima di civiltà. Una situazione che dipende
di Luca Cefisi
[email protected]
essenzialmente da due fattori: la mancanza di strumenti di contrasto
adeguati e la percezione della corruzione come fenomeno inestirpabile. Ovviamente si tratta di una condizione, perché fin quando non
ci sarà una vera lotta senza quartiere contro questa piaga, la tangente sarà sempre considerata, con rassegnazione, un male inevitabile.
Chiaramente non è così: basti pensare che nel 2003 il Presidente
Lula ha avviato un programma di controllo a tutti i livelli di governo
locale che ha ridotto drasticamente il fenomeno, tanto che il Brasile
è diventato uno dei Paesi più virtuosi. Ricordo che il governo Berlusconi non è stato neanche capace di ratificare le convenzioni internazionali contro la corruzione.
Lo stesso spreco riguarda il Servizio Sanitario Nazionale che in certe
zone ha raggiunto costi esorbitanti oltre il doppio dei costi del libero mercato, altro che 60 miliardi di euro ho l’impressione che la cifra
vada ben oltre. Nonostante tutto ciò si presentano sugli schermi televisivi urlando contro l’evasione fiscale e la corruzione. Alla fine
dello spot televisivo contro l’evasione fiscale dovrebbe essere messa
a turno la faccia dei politici condannati per corruzione, e non quella di un anonimo cittadino.
Vincenzo Arlia
Ci vogliono scippare Placido Rizzotto
Sta infuriando su Facebook una corsa per accaparrarsi la figura
e la storia di Placido Rizzotto, che era un socialista e dirigente
della CGIL di Corleone. I più accaniti, su queste cose sono sempre
i comunisti, gli ex, i “lo ero ma non capivo”, “lo ero però...”
Vi prego, non facciamoci scippare la nostra storia!
Nino Cavaliere - Napoli
Tutti sotto la bandiera del PSE
Raccolgo e pongo una domanda ricorrente di militanti e simpatizzanti socialisti: perché i partiti socialisti europei non si presentano
tutti assieme con la sigla PSE? La sigla PSE avrebbe un significato
storico e simbolico poiché sono state le forze socialiste a volere per
prime l’Europa unita, contro i nazionalismi e i fascismi continentali.
Altiero Spinelli, Sandro Pertini e tutti gli altri socialisti hanno indicato la via, che spetta a noi cittadini dell’Europa portare a termine.
Adalberto Andreani - Rieti
Giuliano Ferrara e la RAI
Un cittadino normale che abbia sentito Giuliano Ferrara, venerdi
25 febbraio nella rubrica “Qui Radio Londra”, il minimo che
possa pensare è di vergognarsi di essere rappresentato da gente
così nella prima e più importante fonte nazionale di informazione
pubblica delPaese ironizza pesantemente contro quelle forze politiche che hanno praticato sino a qualche mese fa, l’opposizione al
Governo Berlusconi e sulle scelte impopolari del Governo Monti.
Chi scrive queste righe non intende difendere chi a praticato l’anti berlusconismo, ma da qui a dire che Berlusconi aveva le stesse
possibilità e capacità del Prof. Monti (se solo l’avessero lasciato
governare) ce ne passa…. Dico questo anche perché il noto giornalista, non si perde “poveretto”, a spiegare la condizione in cui
il suo buon Silvio ha lasciato l’Italia, cioè già sull’orlo del precipizio come e forse peggio della Grecia, date le proporzioni.
Luciano Lunghi - Milano