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@ DELLA DOMENICA [email protected] ANNO XV - N.10 DOMENICA 18 MArzO 2012 SPED. ABB. POST. - DL 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY EURO 1,50 S E T T I M A N A L E S O C I A Dopo 60 anni identificate le spoglie del sindacalista assassinato dalla mafia L’evoluzione del malaffare Placido Rizzotto, un socialista autentico che merita funerali di Stato Lombardia, metastasi della corruzione “I morti ammazzati per mafia sono morti “eccellenti”. Placido Rizzotto lo è perché offri un’intera vita per difendere la dignità di una città, Corleone, che nel dopoguerra diventò una realtà fatta di qualche padrone terriero, dei loro servi mafiosi e di lavoratori oppressi e contadini caduti in miseria”. Lo ha detto diccardo Riccardo Nencini commentando la notizia del riconoscimento dei resti del sindacalista rapito dalla mafia il 10 marzo del 1948 e poi ucciso. I resti ossei erano stati trovati dagli agenti del commissariato di Corleone in una foiba della località Rocca Busambra. Comparati a quelli - riesumati - di un congiunto di Rizzotto, morto anni fa per cause naturali, è stato possibile risalire all'identità del partigiano e sindacalista. “Fu ucciso - ha sottolineato ancora il segretario del PSI - per tenere alti i valori della democrazia e di libertà, attirando l’odio dei mafiosi ed entrando nel mirino dei delinquenti, che lo portarono alla sua morte. Sostenne e guidò i contadini nella lotta alle minacce e al terrore,con coraggio e determinazione - si legge ancora- Fu un autentico socialista e un grande uomo. Queste, ed altre, mi sembrano buone ragioni per concedergli i funerali di Stato, per onorarlo e ricor- A pagina 2, gli articoli di Ballistreri, Comini, Miccichè F darlo con il rispetto e i riconoscimenti che sono dovuti ad uomini come lui”. Esponente del partito socialista, Rizzotto fu rapito a 34 anni mentre stava andando a una riunione politica. Impegnato a fianco del movimento contadino, che lottava contro la mafia e il latifondo, da segretario della Camera del lavosegue a pagina 2 atta salva la presunzione di innocenza per ciascun indagato e al di là delle singole vicende giudiziarie, che hanno pesantemente interessato la Lombardia in queste ultime settimane, ci sono questioni di sistema da mettere al centro della nostra attenzione. Il caso della Lombardia potrebbe essere da manuale. Il sistema politico lombardo, e non solo quello milanese, fu devastato dalla tangentopoli del ’92-‘93. Quel sistema, responsabile sul piano giudiziario di reati connessi soprattutto al finanziamento illecito dei partiti, fu sostituia pagina 2 che di questioni che hanno uno specifico ed evidente fattore politico. In entrambi i casi non entrano in gioco la competenza e la capacità, che sono fuori discussione, del nostro corpo diplomatico quanto la qualità e l’autorevolezza di un esecutivo come il nostro che avendo un limitato mandato parlamentare ed essendo composto esclusivamente da personalità volutamente non politiche si è presentato al cospetto delle nazioni incidentalmente coinvolte nel duplice caso privo dell’analoga energia che in questi casi avrebbe potuto e saputo esercitare un esecutivo tutto politico. Che i detrattori del Governo Monti abbiano preso la palla al balzo per evidenziarne i limiti era cosa abbastanza scontata, che ad accompagnarne il coro fossero pure i grandi sostenitori della carta stampata (Corriere della Sera e Repubblica) un po’ meno. Di fronte ai casi de due marò e della mancata comunicazione da parte dei servizi militari inglesi al Governo italiano d’altronde le reazioni avrebbero potuto essere di diverso segno. Nel primo c’è una responsabilità indiretta della politica che ha acconsentito le scorte militari nell’Oceano Indiano ai navigli commerciali introducendo regole d’ingaggio simili alle missioni S T A - Stampa e Tv - Quello che non vi hanno detto di noi Gay. Alfano nega i diritti di uguaglianza “Persona simpatica Alfano - ha detto Riccardo Nencini - che dice di voler tutelare i diritti leciti e illeciti di cui si fregia il suo Presidente e non vorrebbe conferire i diritti fondamentali di uguaglianza e libertà di ognuno. Dice che i socialisti spagnoli, non avendo una ricetta sulla crisi, buttano fumo sugli occhi alla società facendo matrimoni tra uomini? Con una tesi del genere sarebbe ancora alla ricerca della laurea”. Voto estero. E’ ora di cambiare la legge Tremaglia “In vista delle elezioni è tempo di riformare anche la legge sul voto degli italiani all’estero, garantendo una maggiore trasparenza e un voto a prova di brogli”, ha dichiarato Angelo Sollazzo presentando il convegno nazionale su ‘Ius soli, ius sanguinis: un popolo di immigrati e di emigrati, prospettive e soluzioni’, che si è tenuto mercoledì 14 marzo al Capranichetta di Roma. “Garantire il voto dei nostri emigrati significa far finire lo scandalo del voto per corrispondenza, e proporre un sistema , simile a quello di altri Paesi, con il voto controllato e certo presso i consolati. Questa operazione di trasparenza deve avvenire in parallelo con un ampliamento dei diritti di cittadinanza per gli stranieri che vivono e pagano le tasse in Italia, e che sono nati qui, secondo il principio del diritto di suolo”. Due crisi e due lezioni La politica serve, eccome e crisi che si sono aperte con India e Gran Bretagna non hanno L nascosto i limiti delle gestioni tecni- I Roberto Biscardini India e Nigeria, le vicende dei due marò e del fallito blitz inglese Bobo Craxi L militari all’estero agevolando di fatto l’utilizzo della forza di intimidazione con le armi di fronte ad un eventuale diniego dei natanti di fornire le proprie generalità. Così pare sia andata nel caso della Lexie ed è presumibile che le perizie, di parte o meno, non faranno che confermare l’andamento dei fatti. Dopo un primo tentativo di farsi riconsegnare i cittadini italiani in armi e di chiederne il giudizio in Patria, il Governo ha incominciato ad arretrare scaricando le responsabilità su chi ha portato la nave in acque non più territoriali consentendo il fermo dei nostri militari, in barba a tutte le Convenzioni Internazionali in tempo di pace che tutelano i cittadini in armi in situazioni di non conflitto fra Stati (Convenzione di Montego). Nel caso del blitz inglese e del suo fallimento l’arrampicarsi sugli specchi del Governo è pari all’esito dell’azione delle forze armate britanniche: tragico. Disinformati; e quando lo sono stati, si sono otturate vie di comunicazione fra i servizi militari e Palazzo Chigi evidentemente a digiuno di questioni concernenti la sicurezza interna ed esterna. Ad questo si aggiunge una certa debolezza nell’affrontare lo spiacevole episodio con il Governo inglese dopo che si era proprio con Londra avviato un percorso virtuoso, sul terreno dell’economia, per isolare l’asse francosegue a pagina 4 Amministrative. PSI, liste e candidati in tutti i comuni SERVONO SCELTE CORAGGIOSE PER USCIRE DALLA CRISI GUARDANDO AL FUTURO Parlando ad oltre 200 persone che affollavano la Sala del Consiglio Comunale di Città di Castello (Pg) ,sabato 10 marzo, per la locale conferenza programmatica, Riccardo Nencini ha affermato tra l'altro che "gli ottimi risultati ottenuti dal Psi in Umbria e in particolare dai compagni della città tifernate, raggiunti grazie alla qualità del lavoro di solidi gruppi dirigenti e al costante impegno nel segno della tradizione municipalista socialista, costituiscono un importante viatico per tutto il partito in vista delle prossime scadenze elettorali amministrative nelle quali saranno presentate ovunque liste e candidati socialisti, a conferma non solo del buon stato di salute del Psi, ma anche dell'impegno progettuale nei territori all'insegna della buona amministrazione, della sobrietà e dell' impegno costante dei socialisti negli enti locali. Nè con Vendola, né con Sacconi Vogliamo un sindacato riformista Strategia della disattenzione Enzo Ceremigna*, Silvano Miniati* opo la positiva collaborazione che portò alD l’organizzazione di una giornata di riflessione sui temi della previdenza e, più in generale, del Wel- fare, in occasione della festa socialista di Bologna (settembre 2011), abbiamo deciso, come dipartimento Welfare e sindacato del Psi, Fondazione B. Buozzi e Network sinistra riformista di dare vita ad una nuova iniziativa unitaria destinata a durare nel tempo. Riteniamo, infatti, necessario un impegno teso a riproporre all’attenzione di tutti una valutazione sul- l’incidenza che le posizioni di ispirazione socialista e laica hanno avuto nel movimento sindacale italiano dalla liberazione in avanti. Nel fare questo non siamo mossi da nostalgia né da reducismo. Ci anima, invece, la consapevolezza che la crisi che investe attualmente il sindacato non sarà affatto passeggera come non lo è e non lo sarà quella che sta investendo da tempo tutti i soggetti della rappresentanza collettiva. Quello che sta succedendo in Confindustria, ma per certi versi anche in Rete imprese e nello stesso Terzo settore, dovrebbe farci riflettere. Riflettere a partire dalla presa d’atto che ormai non si fa più in tempo ad affermare che niente sarà più come prima che basta guardarsi intorno per prendere atto che già molte cose sono radicalmente cambiate. Pensare di cavarsela come spesso avviene, individuando colpe soltanto all’esterno e quindi da attribuire ad altri non porta davvero lontano. La nostra scelta nasce proprio dalla convinzione che nel sindacato pesi in modo sempre più forte l’assenza del pensiero socialista riformista e di un’azione concreta ad esso ispirata. Il vuoto creato da questa assenza rischia di favorire l’acuirsi delle divisioni e quello che è peggio di offrire termini di confronto completamente falsati. segue a pagina 3 Perché Hollande non piace al PD Alberto Benzoni a pag.3 83 seggi su 150 con oltre il 44% Slovacchia vittoria socialista Ferdinando Leonzio a pag.3 DELLA DOMENICA 2 www.partitosocialista.it ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012 DOPO 60 ANNI IDENTIFICATE LE SPOGLIE DEL SINDACALISTA RAPITO E ASSASSINATO DALLA MAFIA La damnatio memoriae Con i contadini contro la mafia Mariano Comini Giuseppe Miccichè Due Italie a confronto quella di Rizzotto e quella di Lusi Maurizio Ballistreri questi giorni la stampa ha diffuso inalmente si è avuta la conue recenti notizie danno l’immaIrinvenuti la notizia che alcuni resti umani F ferma: i miseri resti che nel D gine della mutazione genetica nelle campagne siciliane nel 2009 erano stati trovati a Rocca della sinistra in Italia. La prima riguarn 2009, appartengono a Placido Rizzotto, sindacalista socialista di Corleone, assassinato dalla mafia di quel paese, allora capeggiata da medico Michele Navarra, per la sua attività a favore dei contadini siciliani. Sicuramente condividiamo l’intenzione della dirigenza nazionale del Partito socialista italiano di commemorare la figura del coraggioso sindacalista siciliano nell’ambito delle iniziative per il 120° della fondazione della formazione politica socialista, mentre non possiamo che vedere con rincrescimento e rammarico l’esitazione con la quale si attribuisce al militante siciliano la sua vera affiliazione politica. S’iscrive Rizzotto in una lunga lista di perseguitati e assassinati del socialismo italiano. A partire da coloro che furono colpiti dalla repressione di Crispi, di Rudinì e Pelloux alla fine del XIX° secolo, ai capilega, contadini e braccianti ed amministratori socialisti vittime della barbarie delle squadre fasciste. Per non parlare dei combattenti e caduti nella guerra di Spagna e nella Resistenza italiana. Di questa lunga, democratica e gloriosa storia non si parla, se non sporadicamente, quasi con vergogna e con reticenza. Sandro Pertini, presidente della repubblica era un “riformista”, Turati era un gentile signore avversario di Gramsci, il quale però era molto più ferrato nella dottrina marxista. Giuseppe Saragat era forse socialdemocratico, con l’accento sulla seconda parte della parola, Pietro Nenni, più volte ministro, vice-presidente del consiglio, combattente di Spagna, combattente nella Resistenza, più volte imprigionato ed al confino ,ispiratore di alcune delle riforme più importanti della prima Repubblica , semplicemente non esiste. Mentre emerge la corruzione della seconda Repubblica, quantitativamente dieci o venti volte più rilevante (per ciò che fino ad ora si è scoperto) di quello che si rivelò nei processi enfaticamente trasmessi in diretta TV, pare che nessuno si scandalizzi più di tanto. Evidentemente si pensa che sia ancora e solo Bettino Craxi il colpevole di tutto. E intanto l’Italia a differenza del resto dell’Europa è priva di una forza socialista , laica e libertaria che possa contrastare la destra clerico reazionaria del nostro paese. Le televisioni e le radio riscoprono, Paolo Ferrero, Andrea Bonelli, magnificano Vendola, riesumano Fabio Mussi, che pure sono fuori dal parlamento, abbiamo perfino rivisto Marco Pannella, ostinatamente fermo a parlare degli anni ’70 e meritoriamente delle carceri. Il Partito socialista ha tutti i titoli per far sapere la propria opinione sulle cose italiane, non attraverso i suoi samizdat ma nelle testate giornalistiche e nelle televisioni nazionali, che tra l’altro sono presidiate da centinaia di ex socialisti, che non solo ignorano, ma contrastano la presenza di quella che fu la propria forza politica di appartenenza. Una situazione intollerabile e al limite della legalità costituzionale, alla quale bisognerà rimediare con iniziative energiche e di lungo momento. Busambra, contrada nel territorio di Corleone, sono inequivocabilmente del sindacalista corleonese Placidio Rizzotto. Dopo 64 anni, l’arresto dei responsabili Liggio e compagni per opera dell’allora Capitano Dalla Chiesa, un lungo e travagliato processo, finalmente la comparazione col DNA del padre ha confermato quanto da tempo si pensava e temeva fornendoci un nuovo dato certo. Rizzotto era un giovane organizzatore sindacale della CGIL espresso dalla componente socialista. Nato nel 1914, militare nella Carnia, partigiano dopo l’8 settembre, al ritorno nella sua città si era impegnato nel Partito Socialista e nel Sindacato al servizio di quei contadini poveri che, volendosi liberare da condizioni di secolare sfruttamento in un’area isolana gravata dal latifondo, chiedeva terra e libertà. Il movimento dei contadini era iniziato nel ‘44 con l’obiettivo della quotizzazione dei latifondi, secolare palla al piede della economia isolana, e aveva trovato in forti quadri del PSI e del PCI sostenitori decisi e appassionati. A contrastarlo con tutti i mezzi c’era la mafia dei feudi, in quegli anni estremamente attiva al servizio degli agrari. A Corleone la rappresentavano i Navarra, i Riggio, i Riina. Furono questi uomini che, volendo fermare il movimento, decisero di assassinare il coraggioso sindacalista, cosa che poi fecero effettivamente il 10 marzo del ‘48. Ben 36 dirigenti sindacali nel palermitano, nell’agrigentino, nel nisseno subirono in date diverse la medesima sorte. Non pertanto il movimento dei contadini a Corleone, come in tanti altri luoghi - Portella delle Ginestre, Sciacca, Partinico, San Giuseppe Jato etc. - interessati dalle lotte economiche si fermò. Consegui, anzi, importanti successi e, indirizzando le forze di progresso verso la riforma agraria con l’assegnazione di oltre 500.000 ettari di terra e le libere alienazioni determinò il mutamento della struttura fondiaria regionale. Il sacrificio di Placido Rizzotto, così come quello di tanti altri valorosi sindacalisti e uomini di base, non era stato vano. INCONTRO PSI-PSB Il vicepresidente del Partito Socialista Serbo, Dusan Bajatovic, si è incontrato venerdì 9 marzo a Milano con Roberto Biscardini per uno scambio di considerazioni sulla politica internazionale dei socialisti europei. L’ obiettivo dei socialisti serbi è il rafforzamento dell’integrazione europea. Direttore Politico della domenica Organo ufficiale del Partito Socialista Italiano aderente all’Internazionale Socialista e al Partito Socialista Europeo da il tesoriere della Margherita, il Partito che assieme agli eredi del Pci, i Democratici di Sinistra, ha costruito il Pd, il senatore Luigi Lusi, che, a quanto riferiscono le cronache giudiziarie, avrebbe utilizzato decine di milioni di euro per l’acquisto personale di case e ville e speso i fondi di quel partito, frutto dei rimborsi elettorali elargiti dallo Stato, per lussuose vacanze e cene luculliane. Lo stesso Lusi che, in un fuori onda di un’intervista televisiva, ha minacciosamente affermato, “se parlo io salta il centrosinistra!”. E questo è uno spaccato della sinistra, pardon del “centrosinistra” dei nostri giorni. L’altra notizia riguarda Placido Rizzotto, il sindacalista socialista rapito e ucciso dalla mafia a Corleone il 10 marzo del 1948, al quale sono stati attribuiti in via definitiva dalla Polizia scientifica di Palermo i resti di uno scheletro, trovato nel settembre 2009 a Corleone: “Lo Stato ha il dovere di tributare al sindacalista socialista gli onori che si devono a chi dedica la propria vita ai valori della libertà e della giustizia e alla difesa dei più deboli”, ha detto giustamente Riccardo Nencini. Non a caso si parla di funerali di Stato. La storia di Placido Rizzotto è quella, bella e tragica ad un tempo, delle sinistre, socialista e comunista, distinte Lombardia. metastasi della corruzione Biscardini dalla prima to da un altro che si è macchiato, come ammettono oggi apertamente autorevoli esponenti del Pool di allora, di fenomeni estesi di corruzione personale e di gruppo. Ciò è avvenuto in pochissimo tempo, e si è consolidato nel corso di questi ultimi vent’anni, da parte di quella classe politica di “riciclati” che, con più o meno virulenza, cavalcò il bisogno di cambiamento del “vecchio” per sostituirlo con il “nuovo”. Loro. Innanzitutto la Lega Nord, Forza Italia, nella sua duplice veste berlusconiana e formigoniana, e l’Msi. Presero il potere e tra le elezioni comunali del 1993 e le regionali del 1995 occuparono manu militari tutte le principali istituzioni della regione. Per definizione meglio “di quelli di prima”, costruirono in brevissimo tempo un sistema di potere pressoché perfetto, contando su due fatti che si sono dimostrati veri. Non ci sarebbe stato di lì a poco un altro Pool alle loro calcagna e una iniziativa come quella di tangentopoli non si sarebbe mai più ripetuta con la stessa forza. Quindi, ritenendosi impunibili, si sono messi ad operare a testa bassa, impiantando un sistema corruttivo diffuso. Quale? Quello che si sa. Quello che si dice in giro. Quello che, al di là delle responsabilità dei singoli, si è fondato sull’alleanza politica e di interessi tra Formigoni e la Lega Nord, tra PDL e Lega in ogni comune e provincia, durata troppo a lungo e senza sostanziali alternanze. Il modello Compagnia delle Opere nell’economia reale e di Comunione e Liberazione nel sistema di potere dei Riccardo Nencini Segreteria di Redazione Domenico Paciucci Direttore Editoriale Roberto Biscardini Società Editrice Nuova Editrice Mondoperaio srl Direttore Responsabile Dario Alberto Caprio Presidente del Consiglio di Amministrazione Oreste Pastorelli Redazione Carlo Corrér, Emanuele Pecheux Placido Rizzotto un socialista autentico dalla prima “Sempre Avanti con le primarie delle idee”. Con queste parole il segretario cittadino del PSI di Frosinone, Vincenzo Iacovissi, annuncia la prosecuzione degli incontri con i cittadini per la stesura del programma elettorale, iniziati lo scorso 24 febbraio e ripetutisi il 6 marzo. “Siamo giunti al nostro 3° appuntamento”, ha detto Iacovissi. ro di Corleone organizza la rivolta per l’occupazione delle terre che erano in mano ai mafiosi, sostenuti dal boss nascente Luciano Liggio, che farà sparire il corpo di Rizzotto, ritrovato dopo alcuni mesi. Liggio sarà assolto per insufficienza di prove, mentre Giuseppe Letizia, un bambino che faceva il pastore e che assistette all’assassinio, fu ucciso anche lui. Delle indagini si occupa l’allora giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che arresta due mafiosi, Pasquale Criscione e Vincenzo Collura, che prima confessano l’omicidio e poi si rimangiarono tutto. Anche per loro venne usata la formula dell’assoluzione per insufficienza di prove. “Il ritrovamento delle ossa di Placido Rizzotto, nel centoventesimo anniversario dalla nascita del Partito Socialista Italiano, di cui è stato uno dei più illustri dirigenti, consente finalmente a noi socialisti siciliani di celebrarlo davanti ad una sepoltura”. Con queste parole Antonio Matasso, coordinatore della segreteria regionale siciliana, ha accolto la notizia dell’identificazione dei resti del sindacalista socialista corleonese, annunciando che l’imminente manifestazione del Psi a Palermo per celebrare i centoventi anni del partito sarà una “carrellata in cui verranno celebrate le più belle pagine della lotta antimafiosa promossa dai socialisti isolani, a partire dai Fasci siciliani, passando per Luciano Nicoletti, Placido Rizzotto e Salvatore Carnevale fino a Carmelo Battaglia”. servizi, nella sanità, nelle aziende partecipate della Regione e dei comuni, Milano compreso. Una rete di connivenze che ha consentito a Formigoni di strafare e alla Lega e agli ex fascisti in ogni realtà locale di occupare posti e il territorio. Un sistema politico che, per il bene dell’economia lombarda e dei suoi cittadini, dovrebbe farsi da parte prima di essere travolto giorno dopo giorno da una nuova ondata giudiziaria. Lo chiede, ancora sottovoce, una parte dell’opinione pubblica, preoccupata che un’eventuale nuova tangentopoli possa sfasciare tutto, danneggiando come allora anche cittadini onesti e imprese operose. Portandosi via, come allora, il bambino insieme all’acqua sporca. Un’opinione pubblica che, nonostante tutto, spera ancora che dalla politica possa nascere una fase nuova. Affinché sia la politica e non la magistratura a trovare una soluzione alternativa. Prima che arrivino i Pm a massacrare la città, quando decidessero di entrare nella prateria degli appalti, degli intrecci tra urbanistica e affari, della sanità, della formazione professionale e delle aziende pubbliche. Lo chiedono i cittadini e le imprese che hanno bisogno di riscoprire le regole della competizione, della libera concorrenza, nelle professioni oggi non più tanto libere, stufi delle cooperative di comodo che operano nel settore dei servizi e delle assunzioni fatte con il voto di castità, povertà e obbedienza. Obbedienza soprattutto, sempre senza concorsi. Una questione di libertà prima ancora che morale. E come risponde a queste considerazioni il sistema di potere che oggi comanda in Lombardia? In modo semplice: “State zitti voi della sinistra, che mangiate nel nostro piatto oltre che nel vostro. Non c’è appalto che dipenda da noi nel quale non ci siate anche voi, attraverso le vostre cooperative rosse. Anche nel mondo dei servizi uno spazio per voi l’abbiamo sempre lasciato. Eccetera, eccetera”. Oppure: “E il sistema Sesto San Giovanni? O del Sud Milano? Non era mica roba nostra. Ma vi ricordate quando avevate il collettivo architetti nella sede del PCI chiamato a fare tutti i piani urbanistici dell’hinterland? Chi decideva della rendita nelle zone di espansione? Voi. Il PCI e le vostre cooperative. Oggi non stiamo facendo altro di diverso da quello che avete fatto voi”. Ma la frase più forte è quella che tocca di più la pancia della politica: “Per fortuna che ha vinto Formigoni, perché se avesse vinto Penati saremmo già tutti a casa”. E ancora: “Noi centralisti? Noi accusati di occupare tutti gli spazi di potere fino all’ultimo infermiere? Non è così. Noi abbiamo garantito la libertà della persona, la difesa della famiglia, contro una pericolosa visone statalista”. Un bel clima. Come si vede. Con una politica distrutta dal falso bipolarismo, dal potere fuori controllo che l’elezione diretta assegna ai presidenti delle giunte regionali, provinciali ed ai sindaci. Con uno schieramento riformista da costruire in breve tempo intorno ai valori del buon governo, con una nuova idea di sviluppo civile ed economico della Lombardia, delle cose da fare e non degli spazi da occupare. Con una sinistra assolutamente impreparata che alla fine, come ai tempi di Occhetto, cova il desiderio di poter vincere sulle disgrazie altrui. Un sinistra che chiede le dimissioni di tutti, per andare al voto anticipato, ma non si capisce con quale progetto e quali uomini intende candidarsi a sostituire vent’anni di centrodestra. sul piano ideologico, ma sempre legate a valori e ideali a fianco dei più deboli, i cui dirigenti erano pronti a morire sotto il fuoco della repressione politica o della criminalità mafiosa. Come Rizzotto, nella Sicilia nel ‘900, tanti furono i sindacalisti socialisti delle locali Camere del lavoro ad essere uccisi dalla mano mafiosa: da Paolo Mirmina e Giovanni Orcel negli anni ’20 a Epifanio Li Puma e Calogero Cangelosi negli anni ’40, da Salvatore Carnevale nel 1955 a Carmelo Battaglia nel 1966, per avere guidato le lotte contadine per i diritti dei lavoratori e contro il latifondo e per la legalità nelle istituzioni pubbliche, contro l’intreccio tra politica, affari e criminalità. Quanta distanza tra queste mirabili storie di impegno civile e di battaglie sociali e la corruzione operata da certa sedicente sinistra nella cosiddetta “Seconda Repubblica”. Forse, per vedere una sinistra, ferma nei principi anche quando gestisce risorse pubbliche, bisognerà aspettare la “Terza Repubblica”. PRIMARIE DELLE IDEE Redazione e amministrazione P.zza S. Lorenzo in Lucina 26 – Roma Tel. 06/68307666 - Fax. 06/68307659 email: [email protected] Impaginazione e stampa Sottoscrizioni versamento su c/c postale n. 87291001 intestato a Nuova Editrice Mondoperaio srl P.zza S. Lorenzo in Lucina 26 00186 Roma Chiuso in tipografia il 18/2/2012 L.G. Via delle Zoccolette 25 – Roma Ufficio Abbonamenti Roberto Rossi 1 copia € 1,50 - 1 copia arretrata € 3,00 aut. Trib Roma 555/97 del 10/10/97 La riproduzione è consentita a patto che sia citata la fonte. Il materiale ricevuto non viene restituito. www.partitosocialista.it DELLA DOMENICA 3 www.partitosocialista.it ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012 Per lo SMER-SD 83 seggi su 150 con oltre il 44% dei voti Slovacchia, vittoria dei socialisti oltre le attese Ferdinando Leonzio ratislava. - La vittoria ottenuta dai socialisti slovacchi è stata B ancora piú larga e convincente di quanto i vari sondaggi lasciassero presagire. La sinistra, grazie alla grande avanzata del partito socialdemocratico, che di essa è qui la massima e piú autorevole espressione, probabilmente si ritrova maggioritaria non solo nei seggi ottenuti dallo SMER-SD in Parlamento (83 su 150), ma anche nel Paese, qualora si volessero considerare i voti, rimasti inutilizzati, di alcuni piccoli raggruppamenti rimasti lontani dalla soglia del 5% imposta dalla legge elettorale. Le votazioni in Slovacchia per l´elezione del nuovo Consiglio Nazionale, il Parlamento unicamerale della giovane repubblica centroeuropea, composto di 150 deputati, eletti ogni quattro anni, si sono svolte pacificamente e senza incidenti. La coalizione di centro-destra che governava il Paese si era sfaldata nello scorso mese di ottobre sul tema dei contributi all´Europa, con ciò provocando lo scioglimento del Parlamento da parte del presidente Ivan Gasparovic. Gli elettori chiamati alla consultazione erano 4.324.910, di cui solo il 59,11% si è recato alle urne. La svolta impressa alla Slovacchia dai risultati può considerarsi davvero epocale, in quanto per la prima volta nella sua storia, in una competizione democratica, l´elettorato consegna ai socialisti la maggioranza assoluta dei seggi. Il loro leader Robert Fico aveva piú volte dichiarato, ed anche oggi appena conosciuti i risultati lo ha riconfermato, che il suo partito è aperto alla collaborazione con altre formazioni sulla base di un accordo programmatico. Nei prossimi giorni sapremo se il nuovo governo sarà un monocolore socialdemocratico o se sarà espressione di una coalizione piú larga. Sei i partiti (su 26 liste presentate) che hanno superato lo sbarramento del 5% per entrare in Parlamento. Questi i risultati (tra parentesi le percentuali e i seggi nel precedente Consiglio Nazionale): SMER/SD (Socialdemocratici) 1.134.280 voti (44,41%) con 83 deputati (62), quindi maggioranza assoluta con notevole margine per governare tranquillamente per tutta la legislatura; KDH (Movimento Democratico Cristiano) voti 225.368 (8,82%) con 16 seggi (15); OL (Gente Comune, movimento di nuova formazione) voti 218.537 (8,55%) con 16 seggi (-); MOST-HID (Ponte, partito etnico ungherese) voti 170.000 (6,89%) seggi 13 (14); SDKU-DS (Unione Cristiana e Democratica), il partito del premier uscente Iveta Radicová, voti 155.744 (6,09%) con 11 seggi (28); SaS (Liberali) 150.306 (5,88%) con 11 deputati (22, di cui 4 in precedenza avevano lasciato il partito). Rimangono fuori del Parlamento, tra gli altri, i nazionalisti del SNS (4,55%) che avevano 9 seggi, il partito HZDS dell´ex premier Vladimir Meciar (0,93%) e il Partito Comunista Slovacco (0,72%). Un sindacato riformista... Ceremigna, Miniati dalla prima Uscire dalla crisi richiede scelte coraggiose. Non c’è però niente di coraggioso nell’accettare o assecondare l’ipotesi che la scelta sia, per dirla in modo schematico, tra Vendola e Sacconi o, se si preferisce, tra Landini e Bonanni. Far prevalere la logica dei muscoli è molto pericoloso, perché permette a Landini di rifugiarsi in Val di Susa, in nome anche di una lotta per l’ambiente che viene immediatamente dimenticato quando si parla di Taranto o di altri siti, che meriterebbero davvero maggiore attenzione e, sul lato opposto, incoraggia Bonanni a proseguire in una sterile polemica tutta puntata sui limiti e le debolezze della Cgil. Un ritorno in campo del pensiero socialista riformista servirebbe a rendere finalmente esplicito un dato che non sempre emerge con chiarezza; la stragrande maggioranza dei lavoratori vogliono un sindacato che sia capace di una sua proposta di società per il futuro, che parta dalla lotta contro le disuguaglianze e assuma il lavoro come diritto di tutti, il che si- gnifica che se il lavoro disponibile è scarso va equamente ripartito e che se c’è un eccesso di garanzie per qualcuno, anche esse vanno ripartite a vantaggio di tutti. Significa prendere atto che quella del sindacato indipendente è un’ipotesi del tutto campata in aria e del tutto impraticabile e che serve invece un sindacato autonomo dai partiti e dai governi capace di riscoprire il valore della elaborazione e delle scelte collettive. Solo con l’impegno collettivo è possibile evitare quella “solitudine dei leader” che porta poi a ritenere che sia decisivo cercare validazione nelle presenze in tv e come conseguenza favorire un confronto sempre e comunque sulle posizioni degli altri. Serve impegno collettivo per affrontare il problema del rapporto tra sindacato e politica, che non può essere affrontato solo dal lato dei costi e nell’avere chiaro, essendo ormai scontato che il nostro destino si gioca sempre più a livello europeo, che dobbiamo finalmente chiederci se il sindacato europeo, la Ces, sia o no adeguato per affrontare un decennio che sarà sì di lacrime e sangue, ma sarà anche decisivo per delineare i connotati dell’Europa del futuro. Che non si possa discutere seriamen- La strategia della disattenzione per le elezioni francesi Perché Hollande non piace al PD Alberto Benzoni questa parte; partendo dalla Grande rivoluzione, per finire con Mitterrand con la sua strategia di unità della sinistra sotto il segno socialista. E ha tifato, cinque anni fa, per la stessa Royal, pur assai discutibile e come personalità e nel progetto che rappresentava. Sarebbe stato, dunque, lecito attendersi una eguale partecipazione, razionale come emotiva, rispetto alla sfida rappresentata da Hollande. Dopo tutto il leader socialista francese pone - a prescindere dalla qualità delle sue proposte - due temi di fondo che, soprattutto per una sinistra di governo, dovrebbero costituire un passaggio ineludibile: la ripartizione dei costi della crisi nell’ambito nazionale; e la rinegoziazione degli accordi franco-tedeschi nel segno di una nuova strategia europea che attribuisca valore prioritario ai temi della crescita e dell’occupazione. Si aggiunga poi, a completare il quadro, che lo stesso Hollande ha, secondo tutti i sondaggi, ottime possibilità di successo. Attualmente siamo al 56% al secondo turno; margine talmente ampio da reggere, salvo catastrofi del tutto improbabili, ai tentativi di recupero di Sarkozy. E, invece, nulla di tutto questo con un’attenzione alla persona e all’appuntamento che sta, almeno per ora, al minimo sindacale. Perché? Nel caso dei veltroniani-nuovistimoderati del Pd, la freddezza è più che comprensibile. Per loro il partito francese in generale e il suo leader in particolare sono l’incarnazione del “Vec- chio”; insomma di una dottrina e di una retorica politica, quella del socialismo e del ruolo dello stato nazionale nel cambiamento della società, insieme superata, inutile e dannosa. E questo rifiuto colpisce anche l’idea tradizionale di sinistra in quanto sinistra alternativa in una società conflittuale. Perché la sinistra che hanno in mente l’ex sindaco di Roma e i suoi amici è quella dell’“interesse generale”e delle soluzioni condivise. Il passo ulteriore sarà allora quello di considerare la condivisione come punto pregiudiziale del processo di scelta sino al punto di considerare questa scelta come oggettivamente obbligata. Di qui l’atteggiamento verso Monti, il suo governo e le ricette proposte dall’Europa. Il primo non è da sostenere (e giustamente N.d.R.) soltanto perché traghettatore attivo e positivo verso equilibri più avanzati, ma piuttosto perché rappresenta e rappresenterà nel futuro prevedibile un orizzonte in cui identificarsi ‘senza se e senza ma’ come pure è necessario identificarsi, ancora in modo pregiudiziale, con l’ortodossia economico-finanziaria incarnata dal duo Merkel-Sarkozy, una strategia, insieme, obbligata e corretta. In quest’ottica, Hollande rappresenta un fattore quanto meno di disordine e di disturbo. E allora i nostri amici nuovisti sarebbero tentati dall’esprimere il loro sostegno a Bayrou, se non allo stesso Sarkozy, ma non possono esporsi sino a questo punto e si limitano quindi ad esprimere, a mezza bocca, il loro disprezzo per il candidato socialista. Diverso il caso di Bersani e dei suoi amici. Questi sono dei cripto socialdemocratici, sostenitori critici del governo Monti, per nulla soddisfatti dell’“Europa così com’è”, ma anche fiduciosi di poterne mutare orientamenti ed equilibri. Tutto dovrebbe portarli allora ad investire sino in fondo su Hollande e il suo progetto. E, invece, almeno sino ad ora, di questo investimento non c’è traccia. Perché? A pesare negativamente, nel nostro caso, ci sono i vizi di fondo della pigrizia intellettuale e della debolezza politica. La prima è quella di un gruppo dirigente che si definisce internazionalista, ma che rinuncia ad esserlo in modo attivo e in una fase in cui la riduzione degli spazi di manovra e di partecipazione democratica a livello nazionale non sono affatto compensati - al contrario - dalla crescita della politica a livello sovranazionale. Non a caso, il movimento socialista europeo è, e rimane, il grande assente nel confronto oggi in atto e a chi, se non ai partiti nazionali e alle loro intese, politiche e progettuali, spetta il compito di rianimarlo? La seconda è quella di un gruppo dirigente del tutto incapace di avviare un vero dibattito al proprio interno. Eravamo, e siamo, alle punture di spillo, alle polemiche per interposta primaria, alle reazioni stizzose di fronte alle prese di posizione di questo o di quello, che hanno come complessivo risultato di bloccare sul nascere qualsiasi discussione sui temi di fondo. Tutti aspettano, come i socialisti di una volta, di vincere, nel tempo, grazie a questo o a quel soccorso esterno, che sia papa straniero o circostanze rese miracolosamente favorevoli. Il rischio è che si perda tutti. O, più esattamente, che nell’impreparazione complessiva di fronte agli avvenimenti, questi siano gestiti da altri. te del ‘dove andare’ se non si ha consapevolezza del ‘da dove veniamo’, ne siamo da sempre convinti. Quello che è mancato negli ultimi anni è stata la capacità di ripensare seriamente alcuni momenti della nostra storia nel sindacato e di quella del sindacato stesso, sia per denunciarne gli errori sia, però, anche per rivalutarne apertamente i meriti. Riteniamo che a partire dal Piano del lavoro della Cgil, per risalire via via alla programmazione democratica del primo centro sinistra, allo statuto dei lavoratori, alla concertazione e politica dei redditi, al referendum sulla scala mobile e alle battaglie sul fisco, in particolare quella della Uil, una riflessione seria farebbe emergere l’originalità sia nell’approccio ai problemi sia nelle proposte che caratterizzarono l’impegno dei socialisti e dei laici. Chiariamo, una volta per tutte, che quando parliamo di socialisti e di laici ci riferiamo a persone e posizioni interne a tutte e tre le confederazioni e lo facciamo perché siamo convinti che il nostro progetto per avere successo deve poter contare sul contributo di chi quelle esperienze le ha vissute direttamente e non solo dei tanti giovani e meno giovani, che pur non avendole vissute sono consapevoli che discutendole in modo serio se ne possano ricavare indicazioni utili per il futuro. Quando parliamo di socialisti e di laici abbiamo ben presente la differenza esistente tra l’esperienza Uil, dove socialisti, repubblicani, socialdemocratici si riconoscevano in correnti organizzate, quella Cgil, dove le correnti erano due, quella comunista e quella socialista, con l’aggiunta di una etichetta “indipendenti” che ogni tanto veniva usata da chi, anche con intento polemico, intendeva chiarire di non essere né del Psi né del Pci, quella infine della Cisl, dove non sono mai esistite ufficialmente correnti politiche, ma dove i socialisti, a partire da Pierre Carniti, per citarne uno per tutti, hanno avuto un ruolo in certi momenti decisivo. Oggi, il panorama sembra essersi abbastanza uniformato. Le correnti, come le abbiamo vissute in passato, non esistono più e si procede teoricamente per aggregazioni, che si realizzano sui contenuti e danno vita a maggioranze e minoranze. Il che ci pone il problema di riflettere se le articolazioni attuali rendono il sindacato più democratico o meno rispetto al passato e se, soprattutto nella scelta dei gruppi dirigenti, si sia davvero superato o ridotto il metodo delle coopta- zioni. Nell’avviare questo nuovo progetto abbiamo due punti fermi che riteniamo di rendere espliciti. Noi siamo decisamente per l’unità sindacale e non solo perché abbiamo presenti i guasti prodotti dalle divisioni degli ultimi anni, che oltretutto hanno fornito una prova lampante di come un sindacato diviso sia molto più permeabile alle influenze dei partiti e dei governi. Abbiamo chiarissimo che la scelta dei dirigenti compete esclusivamente agli iscritti e che quindi la nostra azione futura dovrà essere mirata soltanto a ridare forza e valore al pensiero socialista nel sindacato, escludendo ogni uso del ricorso a questa esigenza per influenzare la scelta dei gruppi dirigenti. Sappiamo di intraprendere un cammino molto complicato e di essere portatori di tantissime speranze e di nessuna certezza, ma ripensare il sindacato, guardando davvero al futuro, merita comunque questo rischio, nella speranza che chi condivide questa esigenza e questa ipotesi di lavoro trovi il modo di rispondere positivamente al nostro provocatorio “Noi ci proviamo! E tu?” *Responsabile Rapporti Sindacali *Network “Sinistra Riformista” a sinistra italiana ha da sempre guardato alla Francia come sua L fonte di ispirazione. E da due secoli a mondoperaio rivista mensile fondata da pietro nenni gennaio 2012 1 editoriale Gianfranco Polillo La politica di Monti taccuino Bruno Zanardi Restaurare una rovina Domenico Ambrosino L’isola dei fari sei DELLA DOMENICA S E T T I M A N A L E S O C I A L I S T A craxi Claudio Petruccioli La comune sconfitta saggi e dibattiti Michele Salvati Il dire e il fare Piero Craveri Le voci bianche dell’impotenza Guido Martinotti Gabanelli e il Professore Gianpiero Magnani Elogio del protezionismo possibile Domenico Argondizzo Elogio dello Stato fiscale Massimiliano Perrotta Lo spazio dell’utopia dossier/diaspora socialista Andrea Marino In partibus infidelium Alberto Benzoni e Luigi Capogrossi Traversare il deserto memoria Roberto Cassola La rivoluzione italiana e gli adoratori di Eolo memorial di vagno Gianvito Mastroleo Una prospettiva di futuro Nichi Vendola La voce da ammutolire Leonardo Rapone La prima vittima Cristiano Boccuzzi La pioggia del 25 settembre Gaetano Arfè Martirio senza giustizia biblioteca/citazioni Giorgio Morales La Pira e i mozzaorecchi biblioteca/schede di lettura Valentino Baldacci Il reazionario di sinistra Jacopo Perazzoli Gianni Bosio e le Edizioni Avanti! le immagini di questo numero Fabio Gasparri L’emozione dello sguardo www.mondoperaio.it SOSTIENI IL TUO GIORNALE Modalità di versamento: Su c/c postale n. 87291001 intestato a Nuova Editrice Mondoperaio srl - Piazza S. Lorenzo in Lucina, 26 - 00186 Roma Bonifico bancario codice IBAN IT46 Z076 0103 2000 0008 7291 001 intestato a Nuova Editrice Mondoperaio Srl (indicare nella causale “contributo Avanti! della domenica”) DELLA DOMENICA 4 www.partitosocialista.it ANNO XI - N.10 - DOMENICA 18 MARZO - 2012 Esiste davvero in Italia un’egemonia culturale della Chiesa? VISTO DALL’EUROPA Tolleranza più facile se lo Stato è laico Gianfranco Sabattini laudio Mancina in un articolo comparso su Reset (10/2011) si C chiede se in Italia esiste un’egemonia culturale della Chiesa. Egli, pur non negando la “spesso ingombrante presenza della Chiesa cattolica nel dibattito pubblico del nostro Paese”, afferma che in realtà la sua influenza, che sembra poter condizionare la vittoria elettorale dell’uno o dell’altro schieramento politico, non è dovuta ad una sua presunta posizione egemonica culturale, ma alla “debolezza del sistema politico italiano”. Tale debolezza produrrebbe un clima politico confuso e incerto che indurrebbe a pensare che la Chiesa riesca per que0sto motivo ad esercitare un ruolo strategico. Si tratterebbe, per Mancina, di una grande illusione ottica. E’ questa un’opinione personale non supportata però da uno schema argomentativo adeguato e, perciò, non condivisibile. Una discussione su una questione come quella affrontata da Mancina necessita, infatti, di un discorso utile ad individuare in termini intersoggettivi le ragioni reali del ruolo della religione nella vita pubblica di un sistema sociale la cui struttura istituzionale si ispiri, come avviene in Italia, ai principi del liberalismo politico. A tal fine, sarebbe necessario distinguere due modelli contrapposti di organizzazione sociale cui riferire la presenza della religione. Inoltre, l’obiettività del discorso dovrebbe presumere la disponibilità, da parte dei devoti e dei laici, ad accettare uno “spazio pubblico”, separato da ogni forma di potere religioso e temporale, per la ricerca di un insieme di valori comuni da condividere. Per la scelta del modello di organizzazione sociale più conveniente, quale dovrebbe essere il punto di partenza? Dovrebbe essere un sistema sociale religioso che tollera i non credenti? Oppure, dovrebbe essere un sistema sociale laico che tollera le religioni? I due ultimi interrogativi riflettono modelli organizzativi del sistema sociale ispirati a principi di moralità pubblica diametralmente opposti e la diversità dei principi impone chiarezza sul ruolo da assegnare alla religione nello svolgimento della vita pubblica. In un sistema sociale religioso e tollerante nessuna delle fedi religiose dovrebbe essere religione di Stato, mentre in un sistema sociale laico e tollerante lo Stato dovrebbe essere permissivo nei confronti di tutte le religioni e dovrebbe essere propenso ad essere critico nei confronti di tutte le scelte politiche che potessero avvan- Matrimoni gay, Rosy Bindi portavoce vaticana? taggiare una particolare organizzazione religiosa. Entrambi i sistemi sociali considerati dovrebbero essere, dunque, tolleranti nei confronti di qualsiasi pratica religiosa, per cui si dovrebbe poter anche pensare che essi debbano concordare sul ruolo della pratica religiosa nella vita pubblica. Non è però così, in quanto di fatto dissentirebbero su ciò che tale libertà presuppone. Infatti, un sistema sociale religioso e tollerante non presuppone la libertà di ogni singolo soggetto di decidere autonomamente sulle questioni etiche “sensibili”, quali possono essere, ad esempio, l’aborto, l’omosessualità, la ricerca scientifica sulle cellule staminali o la possibilità per un “malato terminale” di porre fine alle sue sofferenze, in quanto l’esercizio della libertà individuale rispetto a questi problemi sarebbe impedito da motivi esplicitamente religiosi. Un sistema sociale laico tollerante, per contro, non può accettare una simile restrizione all’esercizio della libertà personale, per cui la garanzia di una speciale tutela riservata ai devoti sarebbe valutata come una ingiustificabile discriminazione a loro favore. Tutto ciò comporta, per un sistema sociale laico e tollerante, che alla libertà religiosa sia riservato un ruolo che deve originare da un diritto più generale all’esercizio della libertà, trascendente la stessa libertà religiosa. E’ questo il punto centrale del discorso pubblico che dovrebbe svolgersi in seno alla società civile tra devoti e laici: i laici dovrebbero dimostrare ai devoti che la loro aspirazione a fondere religione e politica sarebbe un errore che contraddirebbe, in termini esiziali, il principio del rispetto della dignità umana da loro stessi condiviso; i devoti, invece, dovrebbero dimostrare ai laici che la loro valutazione sarebbe sbagliata. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte ci si deve allora chiedere quale sia il modello di sistema sociale più proponibile: quello religioso e tollerante, o quello laico e tollerante? Poiché il “modello religioso tollerante” presuppone una concezione più ristretta della libertà religiosa rispetto al “modello laico tollerante”, parrebbe che il rispetto del principio della dignità umana implichi uno Stato laico e tollerante piuttosto che uno Stato religioso e tollerante. E’ possibile, che le argomentazioni sin qui svolte non facciano cambiare idea a chi la pensa come Mancina; è tuttavia sperabile che li induca non a considerare una illusione ottica l’influenza della Chiesa sulla vita politica del Paese, ma a formulare, per negarla, argomentazioni più convincenti. ispiace che Rosy Bindi si eserciti in cavilli teologici. Cattolica progressista, la Bindi si è più volte espressa a favoD re dei diritti delle persone omosessuali, ma quando si parla di matrimonio, ops, non ce la fa, e dichiara che no, il matrimonio nella Costituzione è sicuramente eterosessuale. Certamente, i padri costituenti non pensarono alla possibilità di un matrimonio omosessuale quando scrissero l’articolo 29, ma senza dubbio non c’è niente, nella lettera di quell’articolo, che lo impedisca. La Repubblica tutela la famiglia, società naturale fondata sul matrimonio: questo dice la Carta, che ha, anche su questo punto, l’adeguata flessibilità per interpretare i tempi moderni. Oggigiorno, alla luce del buon senso, della civiltà, e, si può aggiungere, delle moderne scienze umane, mediche e biologiche, non c’è ragione di ritenere l’omosessualità “contro natura”. La Chiesa purtroppo pare invece arroccata su quella vecchia distinzione: non si limita a sostenere che gay e lesbiche siano in peccato, cosa che certo rientra nelle sue competenze, ma addirittura che vivono un “disordine”, andando, a nostro avviso, su un terreno scivoloso, che di religioso ha ben poco. La curiosa conseguenza è che il matrimonio eterosessuale civile, sia pur peccaminoso, non suscita (non più) gli strali ecclesiastici: silenziosamente, lo hanno digerito, il sesso eterosessuale anche come peccato deve fare poco punteggio. Invece, l’omosessualità sembra essere considerata “disordinata” e insomma “contro natura”. Mah. Fior di cristiani, anglicani e di altre denominazioni protestanti, non la vedono così. Ma torniamo alla politica: dicevamo che dispiace che la cattolica progressista Bindi, al contrario di un altro cattolico, neoconvertito e progressista, Tony Blair, si mostri così sottomessa al magistero ecclesiastico. Ci vediamo un vecchio errore dei democristiani “di sinistra”, tanto attenti al sociale, quanto integralisti per un altro versante: ci ricorda il buon vecchio Fanfani, storico sostenitore del centrosinistra, di politiche economiche e sociali progressiste, che poi si andò ad impiccare a un assurdo referendum contro il divorzio. (Di Alfano, che agita lo spettro dei matrimoni gay per spaventare i bigotti, e dei socialisti immaginari nel Pdl, che gli vanno dietro, invece non parliamo: troviamo secondo natura che la destra sia reazionaria). I L P SI NEL TER RITOR IO A colloquio con Nino Oddo PSI, nel trapanese ruolo da protagonisti Barbara Conti “L a provincia di Trapani è tradizionalmente la realtà politicamente più forte del Psi in Sicilia. Anche nell’importante scadenza amministrativa del 6 e 7 maggio prossimi i socialisti puntano a mantenere un ruolo di protagonisti sulla scena politica locale”. Così Nino Oddo, leader riconosciuto dei socialisti siciliani, membro della segreteria nazionale ed ex parlamentare regionale. Egli non manca di evidenziare come “punto di forza del partito” sia il Comune di Erice, dove il Psi parte dall’8% del consenso elettorale. A Erice è l’editore Ignazio Grimaldi il candidato sindaco sostenuto dal Psi, che sta già tenendo vari incontri per discutere delle tematiche che dovranno essere al centro della campagna elettorale. Sicuramente problematica fondamentale è quella di costituire una “Grande Erice” che veda la fusione della città con quella di Trapani “per creare un centro abitativo, polo di riferimento per l’intera Sicilia occidentale, su cui si è registrata la convergenza Due crisi, due lezioni La politica serve... Craxi dalla prima tedesco mettendo in campo un’ampia alleanza di Paesi europei ‘minori’, meno alleati con Berlino, preceduta dall’avamposto anglo-italiano. Monti su questo è stato sfortunato. La morale di queste crisi internazio- di un ampio schieramento politico di tipo trasversale”. La sfida per il Psi è, comunque, dura in quanto il voto in Sicilia, con lo sbarramento al 5% (il più alto in Italia), pone “in una condizione di grave difficoltà” i socialisti, come ci spiega Oddo. “Imposto con una legge nell’Ars, l’Assemblea Regionale Siciliana, e nata da un “inciucio”tra Pd e Pdl – aggiunge – mira a schiacciare i piccoli e medi partiti. A ciò si aggiunge l’assenza di rappresentanze parlamentari nazionali e regionali”. Tuttavia nel trapanese “Il Psi ha obiettivi ambiziosi: punta a confermarsi seconda forza della coalizione di centrosinistra dopo il Pd” precisa Oddo. Così a Marsala il Partito, guidato dalla consigliera uscente Fanny Montalto, sta lavorando alacremente per rientrare in Consiglio ed a Trapani, all’interno di un’alleanza con PD e Terzo Polo, i socialisti tenteranno di ribaltare una situazione politica che vede la destra al potere da oltre 20 anni. Possibile la candidatura alle primarie del segretario provinciale del PSI, Piero Spina. Forte di 14 consiglieri comunali in tutta la Provincia, il Psi prosegue quindi nel suo impegno per favorire lo sviluppo economico di una Provincia molto provata dalla crisi economica, attraverso soprattutto un impulso del turismo (tramite una valorizzazione dell’aeroporto di Birgi) e dell’agricoltura. “Gli enti locali, per il Psi, devono favorire i processi di commercializzazione dei prodotti e l’avvicinamento ai mercati potenziali nazionali ed europei”, commenta Oddo. Altra battaglia portata avanti dal Partito è quella inerente i rapporti con le comunità straniere presenti in loco, il diritto di voto per gli immigrati di seconda generazione e la loro integrazione culturale e sociale. nali non risiede soltanto nell’ovvia constatazione che viene pagato un prezzo all’inesperienza ed alla fragilità complessiva del quadro politico (che non ci fa tuttavia affermare, come qualche sciagurato, che “col Governo Berlusconi gli ostaggi arrivavano sani e salvi..”), ma che la trita retorica costruita per sanzionare e censurare la politica come professione ha subito da queste due esemplari vicende un colpo abbastanza netto. Finché si tratta di mettere a posto i conti dello Stato, è scontato che servano competenze in materia, ma quando i dossier da tecnici si trasformano in politici è sempre più inevitabile fare ricorso alle esperienze ed alle capacità che sono proprie di un ceto che deve ritrovare la fiducia in se stesso e con essa ritroverà pure quella dei cittadini. Lettere Per il rilancio di una prospettiva socialista Leggo sempre con molto interesse le analisi soprattutto in tema di welfare e pensioni fatte da Silvano Miniati. Dettagliate le sue critiche riguardo ai provvedimenti governativi d’altronde l’onestà intellettuale di Silvano Miniati è fuori discussione ed il suo percorso politico poi parla da solo. Finalmente anche da codeste parti c’è qualcuno che interpreta il riformismo come allargamento dei diritti e non come restringimento degli stessi in nome, balla colossale, dell’interesse dei giovani e del loro futuro. Finalmente qualcuno che non si appiattisce, come fa gran parte della politica e della stampa cosiddetta progressista in nome del non c’è niente di meglio, sulle posizioni del governo Monti. Pur provenendo da un altro percorso politico mi auguro che il lavoro di Miniati possa produrre e servire al rilancio in Italia ed in Europa di una prospettiva socialista che è ben lungi dall’essere superata. Dino Roccabianca La corruzione ha precise responsabilità In Italia la vera chiave del successo è la bustarella, non si tratta di una pratica circoscritta che alimenta alcune sacche di illegalità, è un vero e proprio modus operandi ramificato e diffuso esattamente come una fatale metastasi. Se alcuni politici hanno ridotto la nostra economia ed il debito pubblico in questo stato, è anche perché, oltre alla pressione fiscale, scarica sui conti pubblici la più pesante delle tasse: la corruzione, un’imposta occulta stimata in almeno 60 miliardi di euro l’anno. L’Italia è l’unico Paese europeo, considerato sotto la soglia minima di civiltà. Una situazione che dipende di Luca Cefisi [email protected] essenzialmente da due fattori: la mancanza di strumenti di contrasto adeguati e la percezione della corruzione come fenomeno inestirpabile. Ovviamente si tratta di una condizione, perché fin quando non ci sarà una vera lotta senza quartiere contro questa piaga, la tangente sarà sempre considerata, con rassegnazione, un male inevitabile. Chiaramente non è così: basti pensare che nel 2003 il Presidente Lula ha avviato un programma di controllo a tutti i livelli di governo locale che ha ridotto drasticamente il fenomeno, tanto che il Brasile è diventato uno dei Paesi più virtuosi. Ricordo che il governo Berlusconi non è stato neanche capace di ratificare le convenzioni internazionali contro la corruzione. Lo stesso spreco riguarda il Servizio Sanitario Nazionale che in certe zone ha raggiunto costi esorbitanti oltre il doppio dei costi del libero mercato, altro che 60 miliardi di euro ho l’impressione che la cifra vada ben oltre. Nonostante tutto ciò si presentano sugli schermi televisivi urlando contro l’evasione fiscale e la corruzione. Alla fine dello spot televisivo contro l’evasione fiscale dovrebbe essere messa a turno la faccia dei politici condannati per corruzione, e non quella di un anonimo cittadino. Vincenzo Arlia Ci vogliono scippare Placido Rizzotto Sta infuriando su Facebook una corsa per accaparrarsi la figura e la storia di Placido Rizzotto, che era un socialista e dirigente della CGIL di Corleone. I più accaniti, su queste cose sono sempre i comunisti, gli ex, i “lo ero ma non capivo”, “lo ero però...” Vi prego, non facciamoci scippare la nostra storia! Nino Cavaliere - Napoli Tutti sotto la bandiera del PSE Raccolgo e pongo una domanda ricorrente di militanti e simpatizzanti socialisti: perché i partiti socialisti europei non si presentano tutti assieme con la sigla PSE? La sigla PSE avrebbe un significato storico e simbolico poiché sono state le forze socialiste a volere per prime l’Europa unita, contro i nazionalismi e i fascismi continentali. Altiero Spinelli, Sandro Pertini e tutti gli altri socialisti hanno indicato la via, che spetta a noi cittadini dell’Europa portare a termine. Adalberto Andreani - Rieti Giuliano Ferrara e la RAI Un cittadino normale che abbia sentito Giuliano Ferrara, venerdi 25 febbraio nella rubrica “Qui Radio Londra”, il minimo che possa pensare è di vergognarsi di essere rappresentato da gente così nella prima e più importante fonte nazionale di informazione pubblica delPaese ironizza pesantemente contro quelle forze politiche che hanno praticato sino a qualche mese fa, l’opposizione al Governo Berlusconi e sulle scelte impopolari del Governo Monti. Chi scrive queste righe non intende difendere chi a praticato l’anti berlusconismo, ma da qui a dire che Berlusconi aveva le stesse possibilità e capacità del Prof. Monti (se solo l’avessero lasciato governare) ce ne passa…. Dico questo anche perché il noto giornalista, non si perde “poveretto”, a spiegare la condizione in cui il suo buon Silvio ha lasciato l’Italia, cioè già sull’orlo del precipizio come e forse peggio della Grecia, date le proporzioni. Luciano Lunghi - Milano