EDERIN E LA NOTTE DELLE STELLE CADENTI

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EDERIN E LA NOTTE DELLE STELLE CADENTI
EDERIN E LA NOTTE DELLE STELLE CADENTI - Chiara Caprì
EDERIN E LA NOTTE DELLE STELLE CADENTI
Spesso ci si è chiesti come sia nata l’abitudine dell’uomo ad avere cani; entrambi, infatti, erano
cacciatori predatori e ciò che stupisce gli scienziati eredi di Darwin sia proprio il perché due
animali così rivali si siano un giorno alleati.
Tutto, come spesso accade è causa dell’amore.
In un tempo così lontano che quasi non può essere calcolato, in una terra diversa da quella che
conosciamo oggi, viveva una tribù di umani nostri antenati.
Questi vivevano calcolando il tempo con il passare delle stagioni. Non c’erano i nostri mesi, ma
solo le quattro stagioni a scandire la vita; Speranzosa (Primavera), Fruttuosa (Estate),
Silenziosa (Autunno), Arida (Inverno). L’anno iniziava il primo giorno di Speranzosa perché
come la Terra si risvegliava e riprendeva a vivere così umilmente doveva fare l’uomo.
Secondo la Natura, creatrice di tutto, erano decise le leggi dell’uomo: quando il tempo era
giusto l’uomo e la donna si dovevano unire per creare dal nulla e dai loro corpi un altro essere,
così come la Montagna ed il Cielo creavano il Fiume, ed il Fiume e la Terra creavano i pesci e
gli alberi e tutto quello che serviva all’uomo.
Come l’uomo alle volte con la donna si arrabbiava così il Cielo tuonava con il tuono ed i lampi
alla Montagna suo compagno. Ad ogni fine di un temporale spuntava in cielo una stella, ricordo
e monito per la Montagna dello sbaglio commesso. Quando la Montagna aveva capito e
compreso le ragioni del Cielo, il monito stellato poteva scomparire e cadere disperdendosi in
mille spruzzi luminosi.
La tribù quando accadeva questo festeggiava la riconciliazione del Cielo con la Montagna e
celebrava le sue unioni, nate così sotto una buona stella. Niente poteva dividere l’uomo e la
donna che sceglievano di unirsi, perché il Cielo non si staccava mai dalla Montagna; anche
dopo la Morte i due amanti rimanevano legati perché neanche durante la Notte la Montagna
smetteva di tendere verso il suo Cielo.
Quell’anno la dolce Ederin, così chiamata perché le sue chiome odoravano di profumosa edera
rampicante. Attendeva l a notte delle stelle cadenti con ansia perché si sarebbe dovuta unire
con il coraggioso Cobaleone, così chiamato perché i suoi occhi erano blu cobalto e il suo cuore
tenace e forte come quello di un leone.
Cobaleone quella notte però non tornò al villaggio; né la notte successiva, né sarebbe tornato
nelle notti seguenti; la sua sete di conoscenza l’aveva infine portato ad essere punito dal Cielo
per la sua arroganza. Il Cielo gli aveva così chiuso gli occhi per sempre: Cobaleone aveva già
conosciuto troppo ed aveva svelato troppi segreti della Natura, madre del Cielo, per poter
continuare ad osservarla e vivere raccontandoli al resto della tribù. Il suo tempo era finito.
Per mesi il suo corpo non fu trovato, ed Ederin si convinse che Cobaleone non fosse morto, ma
scappato invece da lei.
Per tutta la Silenziosa Ederin diventò anch’essa silenziosa, e più la Natura si spegneva più lei
smetteva di sorridere e di essere felice. La tribù non sapeva cosa poteva fare, vedeva Ederin
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passeggiare per i campi e le vallate, che da rosse diventavano grigie e poi bianche, così come
la pelle di Ederin che diventava sempre più diafana man mano che perdeva la voglia di vivere.
Iniziarono le piogge e così iniziarono i pianti senza sosta di Ederin. La Montagna iniziò a
tuonare contro il Cielo perché si sentiva cadere addosso le lacrime di Ederin e non capiva
perché il Cielo avesse voluto punire Cobaleone.
La notte in cui la Montagna tuonò una lupa spaventata da quello strano comportamento partorì i
suoi cuccioli. Nonostante fossero prematuri erano tutti forti e con un fitto e lungo pelo grigio.
Solo uno era diverso: nero e a pelo corto. La madre lupa lo tolse dagli altri tre che intanto si
erano tutti rannicchiati vicino per farsi coraggio e caldo nella notte. La lupa aveva colto negli
occhi del suo cucciolo qualcosa di diverso: un amore nuovo e insolito che non aveva mai visto
in nessun animale prima d’ora. Non c’era traccia in quello sguardo della silenziosa attrazione
del sangue pulsante della preda che si sta per catturare. Spaventata da quello sguardo decise
di allontanarlo dal resto della cucciolata, lasciandolo in balia della foresta e della terra tremante.
Tutto il villaggio si era nascosto spaventato nelle loro case; Ederin invece continuava a vagare
senza meta abituata ormai a vedere i suoi sentimenti rivelarsi nella Natura: il suo cuore
palpitava per un amore perduto così come la Montagna fremeva.
Si era allontanata molto dal villaggio, ma non temeva nulla dalla foresta buia e misteriosa, non
aveva più nulla da perdere, aveva perso tutto quello che per lei aveva un senso. Non sarebbe
stata compagna di vita e madre di nessuno, senza uno scopo poteva anche lei chiudere gli
occhi e riposare quieta per sempre.
Mentre era assorta in questi pensieri, il Vento, mano sinuosa della Madre Terra, le portò un
lamento, sommesso, quasi impercettibile, ma di uno straziante che Ederin rimase pietrificata.
Chiara Caprì
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