IL PDF - La Provincia di Cremona
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LA PAGINA DELLA STORIA Martedì - 23 luglio 1963 LA PROVINCIA . Pagina 3 II dramma del 25 luglio, ventanni dopo E 1 PROTAGONISTI I I I IL RE OHE ATTENDEVA (ÌLI EVENTI ste liberale. Dopo tutto, esso era nato da un compromesso tra un socialista rivoluzionar.o e la borghesia italiana. Alla base del fascis:i o esisteva « u n a controrivoiuzione che aveva preceduto la rivoluzione », come disse impareggiabilmente il TTotzskij. E la contror voiuzione — a guardare bene — appariva di marca lfberafe e borghese. Mussolini era arrivato al Quirinale attraverso il compromesso nazionale e la alleanza con le « camice azzurre » di PV derzoni. Il 9 ottobre 1922. lo stesso Luigi Federzoni aveva partecipato a Bologna al congresso del partito liberale, impersonato dal Grand'Uff. Borzmo: simbolo della borghesia milanese. A quel congresso le principali manifestaz oni (persino nel rituale e nella uniforme dei « giovani liberali ». in camicia kaki) furono di adesione al fascismo. Vi parteciparono Luigi e Alberto Alberimi, direttori del «Corriere della Sera» Il corteo dei liberali con Federzoni hi testa, accanto a Giovanni Borelli «considerato un santone del liberalismo classico», andò a deporre corone ai piedi delle sta tue di Cavour e di Enrico Panzacchi. L'adunata di Napoli non aveva forse piegato Mussolini ad un compromesso libera le « più diretto » con l'atto di omaggio alla 1 luglio 1!M3: mentre Hitler e Mussolini Monarchia e l'accettaz one dei principi v incentrano a l e t t r e , la basilica di S. Lo rappresentati e impersonati da Benedetto iiiizu. a Roma, crolla sotto le bombe alCroce, presente in una delle poltrone di leate. Fio XII visita i feriti del quartiere prilla fila del teatro « S a n Carlo», rren tre lui pronunciava il discorso del 22 ottobre 1922? A proposito del 25 luglio 1943 e della Cause e riferimenti, si capisce. lontanisdrammatica fine del fascismo, quaie tu e simi dui momento e ial dramma di 21 an::i.o d. té .a vita italiana dal 1922 atni dopo. Ma non inefficaci per comprenrio ai lauioso voto del Gran Consiglio, si dere la natura della « spinta liberale » che offerta ai numerosi « r.costrutton » di | mosse Grandi. Federzoni. Eottai e gli al>iue. latto storico la facile tesi del « traditri alle note decisioni. Né questo che i.nmento ». In ltaiia. paese passionale e indiamo dicendo ; nostra escogitazione, soi line a retorica, era questa l'interpretaziospetta di apologia o di « simpatia » per una ne, spec-almente per f ni di stampa, più certa tesi. Vedremo il Grandi, nel corso 5» nplice e produttiva. La naturale simpadella sua illustrazione dell'ordine del gior t.u verso Cesare, già caduto sul pavimenno. nel Gran Consiglio e dinanzi a Mus to deila Curia, invade e guadagna persino solni che lo ascoltava, ricordare il mot i suoi pugnalatori. E questo — die amolo to iscritto sui gagliardetti del fascio di Bopure — ; un sentimento accettabile e g.ulogna, da lui fondato. « Patria e libertà ». .-tificabile. per il quale l'anima u m a n a moe sottolinearne il sign ficato, coraggiosa stra il suo lato cristianamente migliore, mente, in senso propriamente liberale. Quetea altro e la pietà, a.tro la storia; spe sta insegna fu mantenuta, prima che la eialmtnte nel caso m cui certi sentimenti svolta della dittatura imponesse la sostim rvono ad obliterare In verità profonda tuzione con un'altra, di forte sapore lem dei fatti, oppure — come amp amente veniano. « Credere obbedire combattere ». dremo nel corso del 25 luglio '43 — a coprire interessi politici di ampia superfice. COME SI PREPARO' Il dramma del 25 luglio ebbe un protagon sta e un antagonista: il conte Dino IL 25 LUGLIO Grandi, a quell'epoca Prtsidente della Camera, e Benito Mussolini, due? del fasciNé il 25 luglio fu il frutto di una presmo e Pi.ino Ministro. Alle spalle del parazione tecnica, di lunga mano. La caliritndi troviamo, come amici e consiglieri. duta del fascisi].o e la necessita di « faru i » altre fortissime personalità del regila finita» maturava ut gli spiriti da temme: litigi F«lerzoni e Giuseppe Bottai; po; e maturo per oltre òue anni ne.lo spialle spalle di Mussolini, nessuno; se non rito di Grandi. 1 pnneipale protagonista vogliali.o consacrare, nella aleatoria parte del dramma, come il riassunto di un disache ebbe, suo consigliere Carlo Scorza, al gio, di una « ripugnanza della catastrofe » 1' :.i segretario del partito nazionale faalla quaie era condotto il Paese, sensibile si ista. in ogni strato delia popolazione. I r a gii anni '40 e '43 non vi era italiano t h e non Subito i lettori ci chiederanno perche pensasse al Re. come alla sola autorità non introduciamo in questa presentazione capace di fermare la valanga. Ma gli uodelle «dramatis persona*» » anche quella mini del 25 luglio non agiscono come strudi Re Vittorio Emanuele III. che lo stesso menti del He. Essi — e il Grandi m priGrand: — come vedremo — def nirà « l a mo luogo — cercarono di porre il Sovra( hiave della situazione». Il Sovrano — dino in condizioni di agire, fuori della mi n a m o subito — non ebbe parte nella crisi schia e secondo una prassi che mgenuai.solutiva del 25 lugl'o e non fu nemmeno n ente credevano potesse essere quella informato degli avvenimenti che sarebbero « parlamentare ». Naturalmente il fulcro . M aduti nel giro delle quattordici ore n era quello e su di esso fu fatto leva. evi si m'alò e si chiuse la discussione del Gran Consiglio. Il Re airi dopo il voto — A questo punto e necessario riassumere. Mime sappiamo tutti — e in modo del tutsulla base di notizie d.rette e di documen t i diverso da e ò che sarebbe stato preveti Ci prima mano in nostro possesso, la d bile. In altri termini, per tenere l'ovvio stona dei contatti fra Dino Grandi e il Re paragone teatrale, iniziò un secondo atto Vittorio prima del 25 luglio. Su di essi va dui quale i personaggi del primo, compredisteso il primo ordine di un comprensibiMi Mussolini tratto m arresto, erano e fule racconto della crisi che conducce i Di• ompletamente esclusi. ciannove del Gan Consiglio al voto famoso. TRE FORZE POLITICHE fi rze politiche. sopravvenu*e alla del 25 luglio 1943. hanno agito potè per deviare e mod ficare il sireale di quanto accadde: 11 i seMussolini nell'esperimento della . Sociale; 2< il ceto militare che a Badoglio e porta la responsab liti ( ori fuso Governo dei 45 giorni di militai*, de! catastrof co armistirovinoso epilogo dell'8 settembre; lasse politica antifascista, prove• emierazione. che non poteva ettare dalle mani del Re e del Gran il dono, rii capitale importanza. sbattimento di Mussolini e del rete tre forze poht'che tendevano. a ficaie il proprio mito; ciò"» a ::i esclusiva. : propri discutibili - la grande mutazione storica, lauta nella vita italiana dopo ventun DOW fortunose e. talvolta, di for'•cnde. il «deus ex m a c h i n a » era ineo a tutti gli uomini che vedia•>cre entro i confini di questa vi1 « deus ex machina » era la Guera « e » maiuscola, che andava rì•do l'Europa e il mondo e scucii mini e miti dai loro piedistalli. Gì erra a imporre, non soltanto in e s p e r e n t i , contrattazion'. congiure, gi, contatti, ai responsabili delle Nasjià volate alla sconfitta. Il 25 li'glio non fu il risultato di una ura o di un complotto: non fu nemeno un e coup d'Etat »; ma serrplicemente .1 tentativo di un gruppo di uomini di ivettere in moto un meccanismo « costituzionale » esistente nella struttura dello Stato fascista, come certe antiche travate nel cori»! di un ed ficio ricostruito II Parlanient.i. nelle sue due Camere, pur trasforr ato a netà dalla carta corporativa era sempre m pedi e ì due Offici di Presidenza, a Montecitorio e a Palazzo Madama. costituivano pur sempre ciò che Vittorio ITUiaiMMT III diceva essere i suoi « sen- i » : l'ui'ito e la vista. Sccpo primo e fon'.imeritiile degli uomini del 25 luglio e del brandi, che aveva ideato e conduceva In rama, era ippvnto quello di ridare voe forza al Parlamento ne: modo allora iibile. C'randi. b:sogna ricordarlo bene, l'resideite della Camera dei fasci e ci • corpo! udori. Il voto del G:>n Con i (poirh» le due Camere poteva conrle solti.ito il Primo Ministro e duce fascismo» doveva mettere nelle mani Re una situar one anche approssima •te costituzionale. Quel voto fu un fatto m i l a storia nuova (e da farsi) 'Italia d< n,ieratica. IN QUELL'OTTOBRE 1922 1' regime totalitario di Mussolini, dopo decenni di irrisoni e di riforme, non i era ijoijl.atu del tutto di una sottile ve DINO GRANDI E IL RE Il 13 luglio 1939. Grandi fu ricevuto dal Re e dalla Regina a Sant'Anna di Valdieri. Veniva da Roma; Mussolini lo aveva nominato Ministro di Grazia e Giustizia, richiamandolo senza preavviso dell'Ambasciata di Londra. Era stato l'autore della polit.ca estera filobritannlea del Regime, co me Ministro e come Ambasciatore. Aveva concluso il « gentlemen's agreement » e. in sostanza, garantito la neutralità dell'Italia in un futuro conflitto mondiale. Mussolini rovesciava tutto questo: il Patto di Acciaio (maggio 19391 lo poneva nell'orbita di Hitler. Ma egli viveva nell'illusione dell'» apprenti sorcier ». Hitler del re sto, si era affrettato a chiedergli la testa di Grandi. Al maggiore interessato, quando lo ricevette, il V giugno a Palazzo Vene z a , comunicò: «Gliene darò soltanto metà ». E nominò Grand: Ministro Guardasigilli, immettendolo, dopo sette anni, nel Governo. L'altro rifiutò. Foich» si trattava di sovvertire radicai mente l'intera politica estera del Paese, poich» l'Italia s'avventurava, accanto alla Germania, nella politica di potenza di questa, lui — G-randi — intendeva uscire dalla vita pubblica e ritirarsi in campa gna. Mussolini capiva perfettamente quale risonanza avrebbe suscitato nel mondo anglosassone un fatto simile Intendeva conservare Grandi al suo fianco, tacendo si garantire (ma forse questo era un • desi derio » esplicito di Hitler, comunicatogli da Ribentroppl la n n u n c a a intenerire, per nessunissima ragione, nella politica estera. D'altra parte, il regime — come gli disse Mussolini — gli confidava l'opera di n ferma dell'ordinamento giudiziario. Un lavoro colossale. Ma l'altro insistette nel rifiuto. Mussolini, allora, gli disse di consultare il Re « Vai a Sant'Anna di Valdien. Al tuo ritorno riprenderemo la conver sazione ». Il colloquio tra il Sovrano e Grandi, dopo colazione, fu lungo. Grandi espose i motivi per i quali non voleva accettare l'incarico offertogli. Certamente ac<trinò anche ai «pencoli» dell'amicizia col nazismo. L'ATTEGGIAMENTO DI VITTORIO EMANUELE III Re Vittorio lo ascoltò senza interrompere, disegnando vagamente qualche cosa su un foglio. Alla fine disse: «Lei vede questo scarabnertro? E' mal diseenato; ma es so è un sigillo. Il sigillo dello Stato, la espressione della maestà della Legge e delle Istituzioni. E' esatto quanto il Capo de! Governo Le ha comunicato e cioè che io ho accolto con favore la di Lei desiunazio ne a Ministro Guardasigilli. Nelle antiche costruzioni francesi il Ministro Guarda* gilli era chiamato la "coscenre du Roi " È' quarto le domando di esrere : la coscenza del Re ». Poi continuò più lentamente e fissando VITTORIO EMANUELE III « CHIAVE DELLA SITUAZIONE » - TRE FORZE POLITICHE, CIASCUNA COL PROPRIO MITO - LA CADUTA DEL REGIME ERA MATURATA DA TEMPO CON TALUNI EVENTI NON OBUABILI - IL COLLOQUIO FRA IL RE E GRANDI: IL RISPETTO DELLO $ STATUTO-MONITO INASCOLTATO t*%%%+%++++++%%++%+%%%%+%%•+*******++*+++*+»»»»%»»* g^- ^ zgj&SmtrW . - wdsassL» Mussolini r Badoglio (l'ultimo a sinistra) durante la guerra aspre e scontri, dinanzi alla Magistratura, di in quelli di Grandi ì suoi occhi cosi chiari effetto e significato clamorosi. che parevano bianchi. «Ore gravi si avvi cini.no per il nostro Paese. Non è ìmproNoi riteniamo la carità di patria primo dobub.le che l'Italia si trovi sul punto di esvere de! cittadino e lasceremo allo storico sere travolta da una grande tempesta che futuro il compito doloroso di accertare se metterà a dura prova la nostra unità e la j l'ossequio o la « complicità ». come cLcono nostra indipendenza e tutto ciò che hanno alcuni, di taluni ceti militari (quegli stessi accumulato quattro generaz oni. Qualcuno che vedremo affiorare dopo la crisi del 25 crede e si illude che lo Statuto del Regno luglio 1943» con Mussolini, non fossero un e cioè la Costituzione liberale che il mio mezzo, il primo dei mezzi, per provocare, avo Carlo Alberto diede al Piemonte nel con la rov.na della Patria in guerra, la per1848 e che mio nonno Vittorio Emanuele II dita del dittatore e della dittatura Questo, estese all'Italia intera dopo le guerre di inripeto, e compito di altri, non nostro, adesso dipendenza, sia ormai morta. Non e vero. Lo Statuto è stato qua e là corroso ma ì L'AMBIENTE DEI MILITARI pilastri dell'edificio costituzionale sono r. masti intatti. Io tfmo che. profittando di circostanze eccezionali, possa essere mferE' ben visibile, però, nel disegno degli avto qualche colpo alle linee maestre del venimenti la predilezione di Mussolini per l'edifico costituzionale. Ho bisogno di quali • militari ». un ceto nel quale egli si era cuno che consideri suo compito e sua misilluso di essere entrato, per il fatto di aver sione di difendere quello che resta ancora, voluto il berretto a doppia greca di Primo e la parte essenziale resta intatta, dello Maresciallo. I « militari » gli obbedivano Statuto Lei deve essere questa persona. mollo più facilmente e rapidamente dei suoi Mussolini non immaginerà mai il vero mogerarchi, dei « luogotenenti ». tra i quali ali n a per cui ho accolto con immediato facuni (coloro ch'erano autorizzati a dargli •ore la ci Lei designaz.one a Ministro Guardasigilli Vorrà Ella disertare il suo il « tu •> in pnvat.i come Federzoni. Grandi. Bottai. Farinacci, De Stefani e pochi altri > posto? Vorrà mancare, in questo momento erano indicali dalla polizia tedesca come al suo dovere verso il Re? ». possibili ribelli 11 voto del Gran Consiglio del primo settembre a favore della neutra E dopo una pausa: « L a battaglia sarà lita e il « gelo » col quale il Paese, il Pardura ma so che Ella avrà il coraggio e la tito e il Gjverno avevano accolto la dichiaabilità di sostenerla. Trascuri ì dettagli e raatone di guerra del 10 giugno all'Inghildifenda l'essenziale. La trincea di difesa t io Statuto che presto o tardi dovrà torna- terra e alla Francia lo convinsero di non poter contare più sul regime, come blocco re a funzionare ni tutta la sua piena e astuMia interezza. Sono certo eh Elia, dopo ! ui uomini ai suoi ordini Pensò di adoperare quanto Le sto dicendo, non rifiuterà di en- • lu stato di guerra, per liberarsi degli incomodi gerarchi. Un ordine del Partito mobitrare nel Governo come Ministro Guarda sigilli. Non le chiedo altro. Faccia li Militò (dopo ì primi brucianti insuccessi dei n stro cosi come fece il bravo soldato nella fronte greco! tutti indistintamente i miniguerra del 1915-18. Per il resto abbia fidustri e ì sottosegretari Che ognuno vestisse cia nel Re ». l'uniforme del suo reparto e corresse in trincea, sulle montagne dell'Epiro, a difen Uere l'onore del fascismo LE GERARCHIE DEL REGIME Secondo Dino Grandi, questa mossa di Questo colloquio ( seconda metà del giuMussolini celava un obiettivo di gran lunga gno 1939i stabilisce g*à un notevole punto più importante e lung.mirante. Il duce aveva di riferimento per capire l'azione svolta da esclamato. « Governerò coi direttori gene Grand, e dai suoi amici il 25 luglio 1943. rah ». Alia fine l'obliterazione improvvisa e Nelle alte gerarchie del regime si era già totale di tutti i ministri e sottosegretari conformato, per effetto di quell'impulso e di" feriva alla dittatura un aspetto anche più quella « nostalgia » liberale a cui abbiamo totale e più nudo Mussolini si trovava, per accennato, un gruppo che sarà. poi. più o effetto della guerra, nella reale posizione di meno, quello de! Gran Consiglio. Questi un Dionisio di Siracusa, o di un Signore itauomini più che alle evidenze della realtà liano del Rinascimento, padrone dello Stato — sino al 1941 tutte a favore della strapoin ogni sua nervatura. Egli avrebbe potuto tenza tedesca — reagivano, in uno con i abolire, con un tratto di penna, e senza ceti intellettuali, con vastissimi strati delopposi/.-one. anche le ultimo guarentigie cola borghesia e del proletariato, alla « simstituzionali. patia » per la causa degli alleati, alla quale associavano l'immagine di queU'« altra GRANDI IN ALBANIA Italia ». quella delia battaglia del Solstizio, del Piave e di Vittorio Veneto. E ciò anche perché la generazione del fascismo era Nel 1940. come gli altri, Dino Grandi si uscita da « quella » guerra, con ì suoi uopreparo a partire come colonnello degli almini più arditi e valorosi, in un moto, si pini, per Tirana. Chiese un nuovo colloquio voglia quel che si voglia, di patriottismo; al Re Si trovò dinanzi Hd un Vittorio Emaper un impulso protettivo, direi verso l'Inuele freddo, riservato, elusivo Gii espose talia tutt'intera e verso ciò che essa sigru 1 suoi timori e ì penco.i della nuova situaricava nella sua leggenda risorgimentale, zione. Non trovò echi, non risposte adegua nella sua sostanza attuale di Nazione libete. il Re gli disse : « Credo che Ella esageri ra e unita. I! sentimento dell'antifasc smo i pencoli che mi ha testé illustrai. Cumuli dei fascisti non apparteneva all'odio catilique può stare certa che il suo Re non r.fenario e personale degli esiliati, non conn r à a Mussolini nulla di quanto gli ha det teneva la passione ambiziosa di Coriolano to ». E cambiando tono: « Francamente io e neppure il magnanimo e vituperoso di La invidio in questo momento, pensando alla sprezzo di Dante. sua gioia di trovarsi domani sul fronte gre co tra ì suoi alpini... ». SIGNIFICATO DEL 25 LUGLIO Grandi non teneva conto del tempo di guerra e del fatto che il Re non poteva conLa « grande querelle » stabilitasi, con siderare altro che i fatti nella loro concrel'ingresso dell'Italia m guerra accanto a ta attualità, quindi, ne timori, né previsioni, Hitler, tra la maggioranza degli unni EH più né premonizioni. Cercò di spiegare al Duca rappresentativi del regime fascista e il CaD'Acquarone il suo pensiero che il Re aveva po del fascismo stesso, appartiene a quel capito, m'i non considerato seriamente. t:po di confi tti di principi e di idee di viD'Acquarone mostro di non seguirlo nel di sione e di strategia, che condusse all'urto scorso. Ciò ch'egli diceva era troppo sottile drammatico tra Cavour e Vittorio Emanuee complesso per la sua intelligenza. le II dopo Villafranca. che si riproduce Dopo quattro mesi, spesi come testimone numerose volte negli sviluppi della vita e come attore nella guerra inutile ed inglopolitica e parlamentare dell'Italia unitaria riosa, Grandi tornò a Roma. Gli era chiaro e caratterizza, poi. in dimensioni spesso tra.e-.che. tutto il regno di Vittorio Emanueil quadro terribile della incapacità e della le ì l i E. dunque, il 25 luglio 1943 non ci disorganizzazione militare rivelate da quella appare che come la somma e la conclusiocampagna, gli era chiara la necessita di ne di un certo numero di azioni e reazioni, portare l'Italia fuori della guerra, a qualund: natura non insolita alla nostra storia que prezzo. Forse questa convinzione da p a n a t a , tutte sviluppate attorno all'impe tanti e tanti condivisa, in lui assumeva una rativo predominante di salvare il Paese daforma parossistica Sul fronte, infatti, ebbe gli effetti, da 'nolti previsti e intuiti, di a valutare, da solo a solo, i mezzi a dispouna catastrofe militare conseguente alla sizione per creare il « mutamento », il fatto politica di potenza mussoliniana. nuovo, necessario ad una revisione totale della condotta dell'Italia.. Appunto in un Strano è poi che per un momento lo suo taccuino le linee principali dell'ordine stesso Mussolini, spirito volubile e fantadel giorno che avrebbe presentato due anni sioso, fu attratto anche lui dall'immagine dopo, la notte del Gran Consiglio. della Vittoria come « l'altra volta ». accanto agli alleati occidentali. Lo mducevano a questo il malgarbo nazista, la gelosia I CONSIGLI DI HITLER per il quasi soprannaturale capo della Germania, la pressione degli uomini a lui più Hitler e Mussolini lo consideravano l'« uovicin': Ciano, lederzoni. Grandi. Bottai e mo delllnghiiterra »; un avversano da sopgli altri. Fu l'anno delia « non belligeranprimere o da carezzare Fu Hitler a sugge za » stabilita dal Consiglio dei Ministri e nre di nominarlo Governatore della Grecia, sancita dalla s e l u t a del Gran Consiglio occupata dalle truppe italiane e tedesche; del 12 no-embre "39. l'ultima, prima di quelGrandi rifiutò, com'era prevedibile. Fu rila del 25 luglio '43 In questa l'unanimità mandato ai suo posto di M.mstro di Grazia assoluta dei membri approvò con entusiae Giustizia e Presidente della Camera. Due smo (che Mi-ssolini definì «pericoloso»! cariche « vuote ». in tempo di guerra. Ma la neutralità dell'Italia. Grandi poteva vedere due volte alla settiMussolini fu certamente l'autore della mana il Re, per la firma dei decreti Le politica dell'Asse e volle l'alleanza col naconversazioni tra lui e il Sovrano assume zismo hitleriano, ma corresponsabili della vano un tono, per quanto possibile con Vitdichiaraz one di guerra e dello svolgimentorio Emanuele" III. confidenziale E Grandi to catastrofico di questa, bisogna ritenere npeteva il suo « ceterum censeo Carthagicon altrettanta certezza, il maresciallo Banem delendam esse » l'Italia dovesse far doglio e il ceto militare che a lui faceva di tutto per uscire dalla guerra A questo capo. L'analisi approfondita della condotta punto il Re si raggelava Rispondeva, impedi 'guerra dello, Stato Maggiore italiano ha netrabile: « La guerra sarà ancora lunga prodotto, In tempi anche recenti, polemiche La prego di continuare a fare quello che Ella sta facendo. Non si preoccupi perche al momento buono il suo Re interverrà risolutamente, questo quando si giudicherà che sia il meglio per la Nazione ». Di questi colloqui col Re si mostrava curioso il Duca Acquarone, Ministro della Real Casa, chiamato a quel posto per la sua competenza amministrativa. L'Acquarone, nel fa tale svolgersi della crisi di trapasso del fascismo, si trovo in una posizione e in possesso di poteri di gran lunga superiori alla sua capacità In pratica fu il « solo » consigliere del Re. Privo di ogm disposizione mentale, esperienza, cultura, pratica, politi ca e diplomatica, conoscenza di uomini e cose, trattò un avvenimento storico, come la caduta del fascismo e la scomparsa di Mussolini dalla scena politica, alla stregua di un « affare ». una « part.ta » da sistemare, secondo la convenienza del momento Non meraviglia, per quello che racconteremo, n singolarissimo fatto che il Duca Acquarone, pure coinvolto in tanti e cosi straordinari avvenimenti, non sia riuscito a varcare la soglia della storia. Egli nmane i curiosamente lo stesso si verificherà qualche anno dopo per l'americano Ellery Stone, Alto Commissario alleato in Italia, alla caduta della Monarchia) una figura secondaria, perduta nella penombra del fondo t u t t a ! più una delle cause debuti per cui si attuo il dramma del 25 luglio 1943 e il catastrofico Governo dei 45 giorni. IL COLLARE DELL'ANNUNZIATA Al Re Vittorio il Conte Grandi rammentò più volte l'avverarsi, per lui. di una situazione simile a quella determinata dalla « brumai Novara » Il decorso della guerra, gli sbarchi alleati nell'Africa francese, la soon fitta di Rommel. l'approssimarsi del ciclone alle coste italiane motivavano quei ncordo. Il Re taceva. Il 23 marzo 1943 consegno a Grandi il Collare dell'Annunziata, la suprema onorificenza di Casa Savoia, quella per cui l'insignito diventa « cugino » del Re Le insigne si restituiscono dopo la morte. Il «Collare» si può scegliere tra quelli di questo o quell'altro illustre predecessore: il Conte Carlo Sforza, per esempio, scelse a suo tempo — il Collare di Cavour. A Grandi tocco quello di Giolitti II Re gli disse: «Questa distinzione non significa soltanto riconoscimento per i servizi ch'Ella ha reso al Paese, ma sovrattutto per quelli ch'Ella dovrà rendere nel futuro Si ricordi che io La considero non soltanto un fedele servitore della Patria ma un fedele e devoto della mia famiglia. Sono certo che gli a w e mmentl che si preparano lo dimostreranno Io conto su di Lei ». Generalment l Vittorio Emanuele parlava con tono contenuto e freddo. Stavolta la sua voce ebbe particolari vibrazioni ed ì suoi occhi fissarono intensamente il suo interlocutore DAL PRINCIPE UMBERTO L'indomani Grandi fu ricevuto dal Principe Ereditario, Umberto Qui la conversazione fu assai più accalorata e Grammatica L'Italia, la Dinastia correvano mortale pericolo, disse Grandi. La Corona deve assumere decisioni rapide e radicali : ripristinando l'ordine costituzionale e ndando vita all'art. 5 dello Statuto del Regno, per cui il Re è supremo comandante delle Forze Armate e decide della guerra e della pace. Grandi disse testualmente: « La guerra è perduta, non dobbiamo attendere, neppure un'ora di più per trarre le conseguenze da questo stato di fatto. Esiste nella stona delta Casa di Savoia e del Piemonte un parallelo storico da assumere come esempio. Questo: Vittorio Amedeo II, allealo del Re di Francia, si trovò di fronte al dilemma di perdere lo Stato e il suo popolo sostenendo ancora la causa alla quale era stretto ma che ripugnava a lui, all'Esercito e alla Nazione; oppure volgersi dalla parte dell'Imperatore. le cui truppe, comandate da Eugenio di Savoia, avanzavano attraverso la piana del Po Vittorio Amedeo II scelse: si unì al Principe Eugenio, salvo il Piemonte ed ottenne la corona di Re. Mussolini ha ripetutamente dichiarato che questa è guerra ideologica, che appartiene alla dittatura e al fascismo La Corona è rimasta estranea, messa fuori gioco dal duce, alla sua dichiarazione e al suo svolgimento. Separi la Corona la sua responsabilità e quella della Nazione dalla volontà de! Dittatore, sostenuto e reso temibile dalla sua « personale » amicizia con Hitler La Corona (mentre ancora gli Stati Uniti e l'Inghilterra dichiarano di non combattere il Popolo italiano, ma solamente la ideologia fascista' può e deve decidersi ad un gesto risolutivo che ripristini le garanzie costituzionali. Se il Re oserà, tutta In Nazione e il novantacmque per cento degù stessi fascisti saranno con lui. Non e questione di giuramenti Tra il giuramento al Re e quello a Mussolini (subordinato quest'ultimo al giuramento di Mussolini al Re» IH totalità dei fascisti non esiterà un istante. Ma occorre un gesto definitivo del Re ». Il Principe Umberto risposte: « Vorrei poter influire. Mi rendo conto che bisogni', agire. Ma come? Io sono taglialo fuori d: tutto Mi si impedisce di assumere qualsiasi iniziai.va ». Quasi a conferma di queste parole. Acquarone si recò l'indomani da Grandi per dir Pli. da pane del Re. di astenersi dal parlare di politica col Principe. Ma Grandi non credette ad un messaggio simile. Veonfinun / CORRADO PECCI iVEL -SOfìNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE» Carla Fracci: dalla Scala al Vittoriale di Gardone N O S T R O GARDONE RIVIERA, 22 — Centenario alquanto curioso, quello della nascita di Gabriele D Annunzio Su un quotidiano di Milano, tempo fa. apparve una vignetta di Mosca Con un gioco di parole riassumeva uno stato d'animo. Il « Vittoriale degli Ita /toni » era diventato il « Zittoriale » Dopo un fugace « recital » di testi dannunziani nel Teatro Grande di Brescia, nella cavea del sacrario del Poeta, in prosecuzione delle manifestazioni commemorative si fa del teatro Con che cosa7 Con una commedia di Shakespeare' Già rappresentata a Fiesole e i Verona Comunque, fra un pato di settimane, ci sarà un atto di riparazione mettendo in scena « La fiaccola sotto il moggio ». interpretata da Renzo Ricci. Eva Magni ed Emma Gramatica Meno male! Del « Sogno d'una notte di mezza estate » ho già informato i miei lettori assistendo alla « prima » veronese. Le repliche della commedia diretta dal giovane Meneoatti sulle rive del Garda hanno, questo è certo, un ben giustificato pretesto la presenza, nel ruolo di Titanm. della prima ballerina della Scaia. Carla Fracci A parte le qualità, discutibili quanto mai. quale attrice di prosa, come danzatrice ci trovuimo di fronte ad una insuperabile artista Con i suoi occhi neri ed il suo chiaro viso i pare uscita da una tela di Degas). le sue apparizioni alla ribalta, sono una sorta di scrittura iull'acqua In equilibrio, instabile quanto perfetto, sulle punte, ammirandola, si può dire di lei con lamico epitaffio della mima d'Anti poli. « Saltavit et placuit ». damò e piacque Con la scorta d onore di tre fate danzami ( Vera Veghin, Anna Razzi, Branaa Ham'.ynj S E R V I Z I O a farle corona, e. la Fracci. una rosa che s'apre e si chiude, si piega e dispiega a tempo di musica, presa m mezzo alle'girovolte come da un vento di primavera: c'epo avere frullato sullo stelo, si stringe nel corsetto, assestata, docile con il suo corpo rimpicciolito come nel volo un colibrì. Con la sua aerea levita, gira in un vortice il gonnellino di garza che potrebbe racchiudersi in un pugno e. nel turbine dei passi e iei suoni. Dimentica d'avere un corpo, come lo dimenticavano gli spettatori. « La ballerina — ha scritto una volta Mal larmè — non è una donna che danza, ma una forma che scopre l'armonia dei'.o spazio». Niente di più vero Basta assistere ad un passo di danza della Fracci per coni-incersene t' vten da pensare alla divini Taglioni 'che però aveva una spalla più l^assa dell'altra!) o all'epidermide scoperta dì Rita Renoir Nei due intervalli, la perlustrazione di rito fra le disordinate architetture, le corruzioni scenografiche, la contaminazione d'ùatmo! ,era. fra religiosa e protana, del Vittoriale La solita sosta davanti al Mas delia Bffja di Buccarì. ai siluri lucenti, ai due motori Isotta Fraschini. alle attrezzature della na*>e uPu glia ». alle bamdiere. ai gagliardetti, al velivolo del volo su Vienna, alla Venere di Milo, dipinta in rosso e oro in maniera orriottante Citi mi accompagna scopre sul mio volto il raccapriccio. Spiega «L accostamento vuol ricordare il candore della bellezza e del'e imprese eroiche ». Sarà ! E scendo al pian >, verso la bassa padana. RRMO BOJtS.VTTl