1 • LE DIMISSIONI, I LICENZIAMENTI E LE COLLABORAZIONI A
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1 • LE DIMISSIONI, I LICENZIAMENTI E LE COLLABORAZIONI A
ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO Consiglio Provinciale di Napoli ASSOCIAZIONE NAZIONALE CONSULENTI DEL LAVORO Unione Provinciale di Napoli Via A. De Gasperi n° 55 80133 – Napoli Prot. n° 1682/22 Circolare N° 21/SETTEMBRE 2012 • SETTEMBRE 2012 A tutti i colleghi(*) LE DIMISSIONI, I LICENZIAMENTI E LE COLLABORAZIONI A PROGETTO NELLA RIFORMA FORNERO. La Riforma del lavoro, Legge n° 92 del 28 giugno 2012, entrata in vigore dal 18 Luglio 2012, introduce numerose modifiche nel campo del diritto del lavoro, riesamina molteplici aspetti del mercato del lavoro, ed ha l’obiettivo di creare uno scenario dinamico idoneo ad aumentare l’occupazione, esaltando nel contempo le misure di tutela a favore dei lavoratori. Continuiamo la disamina del testo di riforma, analizzando alcuni degli argomenti in essa contenuti, ritenendoli di sicuro interesse pur ricordando che l’intero contenuto del IX Master in Diritto del lavoro e Legislazione Sociale, il cui primo modulo si 4 ore si è svolto l’11 ottobre scorso, è dedicato alla Riforma del mercato del Lavoro (c.d. Legge Fornero). LA CONVALIDA DELLE DIMISSIONI DEL LAVORATORE A tutela della libertà negoziale del lavoratore è stato (re)introdotta, con l’art. 4 della L. 92/2012, una disposizione che prevede la convalida preventiva delle dimissioni del lavoratore e delle risoluzioni consensuali effettuate tra il datore di lavoro ed il lavoratore. Ciò al fine di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco che (……ad onor del vero non ci sembrava così diffuso) secondo i dati dell’Istat, tra il 2008 e il 2009 ha riguardato più di 800 mila (sic!!!) lavoratori rimasti vittime di tale malcostume. Per eliminare tale illecita pratica, già nel 2007 il Governo Prodi introdusse, con la Legge n. 188 del 2007, la c.d. lettera di dimissioni on-line, con la quale il lavoratore doveva obbligatoriamente compilare la comunicazione di dimissioni su apposito modulo attraverso la piattaforma telematica del Ministero del Lavoro e successivamente (entro 15 giorni) consegnare la stessa al proprio datore di lavoro per gli opportuni conseguenti adempimenti. Tale procedura, ritenuta estremamente farraginosa, fu abolita nel corso dello stesso anno di emanazione (id: 2008) tramite il decreto legge n.112 del 25 giugno 2008 ad opera del Governo Berlusconi, appena insediato. Si ritorna sull’argomento sperando in una procedura meno complessa rispetto al passato. Più precisamente l’art. 4 della L. 92/2012 prevede che l’efficacia delle dimissioni, atto unilaterale recettizio, presentate dal 18 Luglio 2012, siano gravate dalla introduzione di un nuovo elemento accidentale, siano cioè “sospensivamente condizionate” al verificarsi della convalida che potrà avvenire presso: La Direzione Territoriale del Lavoro Il Centro per l’Impiego Eventuali ulteriori sede individuate dalla contrattazione collettiva oppure, in alternativa: Mediante sottoscrizione di apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (Unilav) Le convalide effettuate presso la D.T.L., come precisato dal Ministero del Lavoro (Circ. n.18/2012) devono essere svolte senza l’adozione di particolari formalità istruttorie: i funzionari si limitano a raccogliere la manifestazione di volontà del lavoratore a cessare il rapporto di lavoro. Con la stessa circolare è stato precisato che la convalida non è richiesta in tutte le 1 ipotesi in cui la cessazione del rapporto rientri nell’ambito delle procedure di riduzione del personale esauritesi in qualificate sedi istituzionali o sindacali. Qualora il lavoratore non si attivi alla convalida della propria volontà, il datore di lavoro deve, entro 30 giorni, invitare il lavoratore all’assolvimento del proprio obbligo mediante apposita comunicazione cui deve essere allegata la ricevuta di trasmissione del suddetto modello Unilav. Il lavoratore, entro 7 giorni dalla ricezione dell’invito, anche sovrapponibili al periodo di preavviso, può convalidare la propria decisione utilizzando una delle modalità sopra evidenziate oppure, ha facoltà di revocare la propria volontà facendo valere il proprio diritto al “ripensamento” . Con la revoca del recesso il contratto di lavoro torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione del lavoratore che deve avvenire in forma scritta. Nel contempo, si precisa che l’invito ad adempiere (quale sollecito alla convalida), formulato dal datore di lavoro, non deve necessariamente seguire alla data di risoluzione del rapporto (id: alla fine del periodo di preavviso), ma può essere inoltrato anche immediatamente dopo il ricevimento della lettera di dimissioni (id: durante il periodo di preavviso). Dovendo allegare la ricevuta di trasmissione della cessazione, infatti, nulla vieta che il datore di lavoro possa inviare il modello Unilav anzitempo, indicando la successiva data dalla quale decorrono gli effetti della risoluzione. In tal modo il datore di lavoro può evitare gli effetti di un eventuale periodo di vacatio del rapporto di lavoro. Nell’ ipotesi in cui il lavoratore, entro 7 giorni dalla ricezione dell’invito del datore di lavoro non si attivi alla convalida o alla revoca del proprio atto di recesso, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva. Infine, il nuovo impianto normativo ha previsto che la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. Analogamente a quanto sopra, a detta convalida é sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. IL LICENZIAMENTO DI TIPO ECONOMICO NELLE AZIENDE CON PIU’ DI 15 DIPENDENTI Nella parte dedicata alla “flessibilità in uscita” ed alla disciplina dei licenziamenti (art. 1. c. 3742) la Riforma è intervenuta modificando gli art. 2,6 e 7 della legge n. 604 del 1966. In particolare, (art.1, c.37) con riferimento a tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o, comunque, non disciplinare, sostituendo l’art. 2 della L. n. 604/66, ha introdotto l’obbligo, per il datore di lavoro, a prescindere dalle dimensioni aziendali, di specificare, nella comunicazione del licenziamento, i motivi che lo abbiano determinato. Precedentemente, l’art. 2 della L. n. 604/66 prevedeva un meccanismo secondo cui il licenziamento doveva essere comunicato per iscritto al lavoratore, senza la necessità di indicare contestualmente le ragioni del provvedimento. I motivi del recesso potevano essere richiesti dal lavoratore entro 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento, in tal caso, il datore di lavoro doveva comunicare per iscritto al lavoratore i motivi del licenziamento entro 7 giorni dalla richiesta. Con riferimento ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, intimati per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, ovvero per le fattispecie riguardanti i licenziamenti di “tipo economico”, la Riforma ha introdotto una nuova procedura di conciliazione. 2 E’ utile chiarire che, in base alla più recente giurisprudenza, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di tipo economico è determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva ed è scelta riservata all'imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell'azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicché essa, quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità. Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento deve ricondursi anche l'ipotesi del riassetto organizzativo dell'azienda attuato al fine di una più economica gestione di essa, deciso dall'imprenditore non semplicemente per un incremento del profitto, ma per far fronte a sfavorevoli situazioni, non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, tanto da imporre un'effettiva necessità di riduzione dei costi. Motivo questo rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. ( Cfr. Cass. n. 11465/2012 ). La Legge n. 92/2012, non ha inciso sul principio della necessaria giustificazione del licenziamento, né sulla nozione di giustificato motivo di licenziamento, intervenendo, invece, per quanto qui interessa, sul piano procedurale ed in relazione ai soli datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che occupino alle loro dipendenze: più di 15 lavoratori (o più di 5 in caso di imprenditore agricolo) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale abbia avuto luogo il licenziamento; ovvero più di 15 lavoratori nell’ambito dello stesso Comune (o più di 5 nel medesimo ambito territoriale in caso di impresa agricola), anche qualora ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunga tali limiti; ovvero, complessivamente, più di 60 lavoratori. La procedura consiste in una comunicazione alla DTL del luogo ove il lavoratore presta la sua opera, trasmessa per conoscenza al lavoratore, nella quale il datore di lavoro dichiara l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, indicandone i motivi e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. Entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, la DTL trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore per un incontro da effettuarsi presso la Commissione provinciale di conciliazione. La procedura, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, è caratterizzata dalla celerità, infatti: si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro; può essere sospesa, per un massimo di 15 giorni, in caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro. Resta salva l'ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione, (o, comunque, in caso di mancata convocazione delle parti da parte della DTL entro il termine di 7 giorni dal ricevimento della comunicazione datoriale di avvio della procedura), il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore, specificando nella comunicazione i motivi del recesso. Il licenziamento produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l'eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva (art.1, c.41). In caso di successiva impugnazione del provvedimento espulsivo e di apertura di una successiva fase giudiziale, il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell'indennità risarcitoria di cui all'art. 18, c. 7, legge 20 maggio 1970, n. 300. 3 I IL LAVORO ATIPICO: IL CONTRATTO A PROGETTO La Riforma del mercato del Lavoro, come chiarito anche dalla relazione di accompagnamento alla legge sessa, mira altresì all’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, attraverso la conferma del contratto di lavoro a tempo indeterminato come contratto prevalente. Una vasta area di intervento ha riguardato perciò, la “razionalizzazione” degli istituti contrattuali esistenti. La riforma auspica a preservarne gli usi virtuosi limitando quelli impropri. I contratti più flessibili o parasubordinati vengono mantenuti, a parere del Ministro, nelle loro accezioni più favorevoli a lavoratori e datori di lavoro contestualmente, ove si utilizzino per settori o segmenti che premino flessibilità e professionalità. E’ utile, anche in questo caso, risalire alle origini degli istituti di cui si argomenta e ricordare che l’esperienza italiana, in tema di flessibilità è stata caratterizzata da due importanti riforme del mercato del lavoro: la legge Treu del 1997 e, successivamente, il D.Lgs. 10 settembre 2003 n.276, conosciuto come Riforma Biagi. Con tale atto normativo, il Governo, avvalendosi della delega ricevuta, portò a compimento una riforma del diritto del lavoro che riprendeva i principi e gli scopi annunciati dal Prof. Marco Biagi in molteplici campi tra i quali, senza dubbio, le nuove tipologie di lavoro “atipiche” delle quali ancora oggi si parla. Con l’introduzione della Riforma Biagi, fu possibile inquadrare, con la necessaria attenzione, lo strumento delle collaborazioni coordinate e continuative che trovarono collocazione all’art.61 del D.Lgs. 276/2006, denominate anche “lavoro a progetto” . Collaborazioni Coordinate e continuative Si intende per collaborazione coordinata e continuativa un rapporto di lavoro autonomo nel quale il prestatore di lavoro agisca in assenza di rischio economico e senza mezzi organizzati di impresa, mediante prestazioni reiterate in misura apprezzabile nel tempo, frutto di accordo tra le parti, sincronizzate con l’attività del committente e, pur autonome da un punto di vista organizzativo, strutturate in maniera funzionale con l’impresa. I nuovi contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 61 del D.Lgs. 276/2003 sono ammessi se riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, purché vi siano il carattere personale della prestazione e la mancanza del vincolo di subordinazione. Collaborazioni Occasionali Le prestazioni occasionali che finalmente trovano una propria definizione; in particolare l’art. 61, comma 2 dispone che trattasi di prestazioni occasionali allorquando il rapporto di lavoro abbia una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente e il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia non superiore a 5 mila euro. Il lavoro occasionale generale e ordinario è soggetto solo a limitazioni di tipo oggettivo e viceversa a nessuna limitazione di tipo soggettivo. Limitazioni oggettive: trenta giorni con il medesimo committente Compenso max di 5000 euro per la medesima prestazione La Riforma Fornero (art.1, c. 23), apporta notevoli modifiche all’impianto del D.Lgs. 276/2003, riscrivendo gli art. 61 e ss., e, con riferimento ai contratti stipulati successivamente al 18 Luglio 2012, detta condizioni più stringenti in relazione al “lavoro a progetto”. 4 Difatti, la collaborazione deve essere riferita solo ad uno specifico progetto, determinato dal committente e gestito autonomamente dal collaboratore (non è più previsto che il progetto possa essere ricondotto ad un “programma di lavoro o fase di esso”). Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale che si vuole conseguire e non può' consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l'organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nuove disposizioni riguardano anche i compensi. Il compenso corrisposto ai lavoratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto. Nuova disciplina anche per la cessazione del contratto a progetto. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine: - per il committente, per giusta causa o qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto; - per il collaboratore, per giusta causa, o dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro. Si dispone altresì, che i rapporti di collaborazione coordinata e continuata, salvo prova contraria a carico del committente, siano considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quelle svolte dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. E’ giusto il caso di ricordare, ancora, che dal 2014 partirà un progressivo aumento delle aliquote di contribuzione alla “gestione separata” Inps cui sono iscritti i collaboratori coordinati e continuativi. L’aumento, pari ad un punto percentuale annuale, colpirà sia i soggetti privi di altra tutela pensionistica che i soggetti che già provvedono al versamento di contributi ad altra gestione. Pertanto, l’attuale aliquota pari al 27,62% dei primi, toccherà il 33,62% nel 2018. Parimenti, l’aliquota attuale, riservata ai soggetti già iscritti ad altre gestioni ed ai pensionati, pari al 18,00 %, salirà progressivamente, fino al 2018, al 24,00 %. Ebbene, le finalità che tutti gli operatori attendevano dalla Riforma si possono sintetizzare in un programma che potesse garantire un’accurata revisione delle norme che regolano il mercato del lavoro, stabilendo un sistema di flessibilità e di assicurazione contro la disoccupazione. In un contesto caratterizzato da una grande volatilità e propensione al cambiamento come quello in cui si muovono oggi le imprese, la visione dei rapporti con l’ambiente doveva essere essenzialmente improntata alla flessibilità. Il risultato ci appare invece quanto mai deludente. 5 In questo ambito auspichiamo quindi a successivi interventi che mirino al rilievo centrale della “flessicurezza” , ossia ad un sistema in grado di coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, evitando comunque l’uso distorto delle diverse tipologie contrattuali. D’altra parte, il Ministro del lavoro, Professoressa Elsa Fornero, partecipando ad un incontro presso la sede del nostro Consiglio Nazionale il 14 Settembre u.s. alla presenza dei rappresentanti Regionali dei CPO, ha difeso la “sua” riforma affermando che essa è un “work in progress” donde la richiesta ai vertici dell’Ordine di proposte concrete di modifica laddove, dall’esperienza professionale quotidiana, emergano profili di criticità. Speriamo, allora che non si faccia la fine di un altro work in progress: la Salerno – Reggio Calabria. Ad maiora!! Ordine Provinciale Consulenti del Lavoro di Napoli il Presidente F.to Dott. Edmondo Duraccio A.N.C.L. U.P. NAPOLI il Presidente F.to Rag. Maurizio Buonocore A.N.C.L. U.P. di Napoli Centro Studi “O. Baroncelli” il Coordinatore F.to Dott. Vincenzo Balzano A.N.C.L. U. P. di Napoli Centro Studi “O. Baroncelli” Divisione LAVORO “NICOLA NOCERA” il RESPONSABILE F.to Dott. Francesco Capaccio (*) DOCUMENTO INTERNO RISERVATO ESCLUSIVAMENTE AGLI ISCRITTI ALL’ORDINE DEI CONSULENTI DEL LAVORO DI NAPOLI. E’ FATTO DIVIETO, PERTANTO, DI RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE. DIRITTI RISERVATI AGLI AUTORI ED/FC/PDN 6