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Estratto dal racconto
"Anima senza tempo" di Laura Zappata
Il pomeriggio volgeva al termine, il sole assumeva un colore che assomigliava sempre più al
porpora e il suo calore, mitigato dal vento, diventava piacevole sulla pelle. Natalia decise di
passeggiare sulla battigia ascoltando la musica. Salutò Max con un bacio e si incamminò con gli
auricolari nelle orecchie e il lettore di cd in una borsetta impermeabile .
Oltre la spiaggia libera si estendeva una serie di stabilimenti balneari poco frequentati,
perciò ben presto si ritrovò quasi sola, in compagnia della musica e del mare. Una coppia che
indugiava al sole, sdraiata su teli di spugna variopinta, fu disturbata in malo modo da un’onda
impertinente che la raggiunse, inzuppando ogni cosa e trascinando con sé un paio di ciabatte da
spiaggia. Natalia sorrise e guardò i due che raccoglievano teli, borse e altri oggetti fradici. Poi
proseguì la sua lenta passeggiata, trascinando i piedi nella spuma, lasciando impronte molli che
sfumavano subito in mille rivoli. Le piaceva, camminando, sentire il vento giocare con i suoi capelli.
Li aveva fermati all’indietro con una fascia turchese, ma le ciocche le ricadevano libere e
disordinate sulle spalle. Si fermò ancora per lasciare scorrere lo sguardo sulla tormentata distesa
d’acqua e sentì fluire le emozioni dentro di lei. Un’onda si schiantò ai suoi piedi, inondandola di
spruzzi salati, un’altra contro la fila di scogli che si delineava a circa centocinquanta metri dalla riva.
Una miriade di gocce si innalzarono verso il cielo, brillando come diamanti, poi ricaddero e
diventarono mare. Ogni schianto dell’acqua sollevava una nube di goccioline che sfumava le linee e
le confondeva in un riflesso verde smeraldo.
Natalia immaginò che il mare stesse danzando un ballo agitato, seguendo la musica di
Dvorak, ed effettivamente pareva quasi che andasse a tempo. Ora c’era un crescendo e le onde
aumentavano di intensità, ora un pianissimo e l’acqua sembrava calmarsi per un attimo. Ad uno
scoppio di timpani ecco un’ondata violenta ed un’esplosione di spruzzi al di sopra degli scogli. Poi
la musica assumeva toni lirici ed evocava immagini di vascelli che si perdevano a vele spiegate
nell’immensità color smeraldo.
Natalia esultò di gioia e di brividi insieme, godendo dello spettacolo e della potenza con cui
la musica si fondeva con la natura. Dalla spiaggia un molo di scogli si protendeva nel mare e,
all’inizio, un cartello diceva che era pericoloso percorrerlo. Decise di arrampicarvisi ugualmente.
Due gabbiani, appollaiati su una roccia, si sentirono disturbati e si alzarono in volo, allontanandosi
verso l’orizzonte reso opaco dalla salsedine. Si incamminò verso la punta del piccolo molo, saltando
da una pietra all’altra, finché giunse a pochi passi dalla fine. Sedette su una roccia piatta e umida e
restò in contemplazione del mare in tempesta, avvolta da quella musica meravigliosa e potente,
lasciandosi spruzzare dalle onde e sentendosi parte del tutto. Ogni cosa, acqua, vento, musica, e
perfino lei stessa, era pervasa da un’energia vitale straripante e, in quell’istante, nella sua mente
esistevano solo immagini di sogno. Era come se il tempo si fosse fermato, come se gli innumerevoli
istanti ben definiti della sua vita si fossero fusi insieme per non lasciarsi misurare. Natalia percepì
che nel suo cuore si schiudeva qualcosa di simile all’eternità. Il tempo delle emozioni più profonde,
di quelle emozioni che trascendono la quotidiana materialità, era dunque l’eternità.
Chiuse gli occhi e lasciò gli altri sensi liberi di assaporare le sensazioni: il profumo del mare,
delle alghe e del vento carico di salsedine; il sapore del sale sulle sue labbra; la carezza del vento
sulla pelle e tra i capelli; la roccia umida e rugosa sotto le sue dita; la musica e lo schianto delle
onde. E, nel petto, il suo cuore pieno di felicità profonda, una felicità che non aveva nulla a che
vedere con le soddisfazioni al lavoro o la gentilezza di Max. Sorrideva senza rendersene conto, i
suoi sensi erano desti e ricettivi, come se il vento, il mare, la musica, fossero stati amanti
appassionati e lei vi si fosse abbandonata. Cercò, con la fantasia, di dare un volto a questi amanti,
volti immaginari, affascinanti, seducenti. Si sentiva sedotta dalla natura e dalla musica.
Il sole era ormai un disco rosso e stava per tuffarsi nel mare. Tingeva d’oro le onde, gli
spruzzi, gli scogli, la roccia dove Natalia era seduta. I due gabbiani che si erano levati in volo erano
discesi sulla spiaggia, ora completamente deserta, e si aggiravano tra le sdraio ripiegate in cerca di
cibo, attenti a non lasciarsi travolgere dalla risacca, emettendo, di tanto in tanto, grida stridule.
Natalia non le sentiva. Non poteva sentirle dal punto in cui si trovava, avvolta com’era dalla
musica e dal ruggito del mare, persa nelle sue profonde fantasie, attenta soltanto alle meravigliose
sensazioni che provava. Non udì neppure una voce che la chiamava dalla spiaggia. E non la udì
quando quella voce si avvicinò, gridando sempre più adirata. Aprì gli occhi con un sussulto solo
quando una mano pesante sulla spalla la scosse brutalmente. Si trovò davanti il bagnino, che le
urlava in faccia la sua imprudenza per essersi avventurata sugli scogli, che avrebbe dovuto leggere
il cartello, che erano le diciannove e trenta e lui doveva smontare e non poteva aspettare che lei si
decidesse a tornare indietro. Natalia sospirò, si alzò e mormorò “Mi scusi”. Il bagnino le voltò le
spalle e si allontanò. Lei spense il lettore di cd e si incamminò. Erano le diciannove e trenta, aveva
detto. Si preoccupò per Max, forse era in pensiero. Avrebbe dovuto portare con sé un orologio.