Il ruolo delle istituzioni nel processo di crescita delle economie di
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Il ruolo delle istituzioni nel processo di crescita delle economie di
Il ruolo delle istituzioni nel processo di crescita delle economie di mercato Vincenzo Galasso Abstract Il funzionamento dei mercati necessita dell’azione di istituzioni, quali i diritti di proprietà e il rispetto dei contratti. Un sistema ben definito di diritti di proprietà, un apparato di regolamentazione dei mercati che garantisce la concorrenza, politiche pubbliche che supportano la coesione sociale, istituzioni politiche che riducono il rischio di conflitti sociali e/o consentono la loro gestione sono tutte istituzioni funzionali alla crescita economica di un paese. Tre diversi tipi di teorie analizzano le origini e lo sviluppo di queste istituzioni. Secondo le teorie economiche le istituzioni sono state create in modo “efficiente”, ogni qual volta il beneficio di metterle in piedi era superiore al costo di introdurle. Secondo le teorie politiche esse sono introdotte dalle persone al potere per consolidare il loro potere e per accumulare risorse. Secondo le teorie culturali infine, alcune società formano credenze o idee che possono portare ad istituzioni economicamente efficienti (“buone”), mentre altre no. Le istituzioni hanno origini legali, che contribuiscono a determinare il funzionamento del sistema economico. In particolare, i sistemi legali di molti paesi al mondo hanno origine dal sistema legale francese ed inglese, nella tradizione rispettivamente della civil o Roman law e della common law. Nella tradizione francese lo Stato interviene di più nell’economia, rispetto al modello anglosassone, che è più aperto al mercato. 1. Introduzione I modelli economici che analizzano il funzionamento delle economie di mercato ipotizzano l’esistenza di istituzioni – non necessariamente economiche – che sono necessarie al funzionamento dei mercati, siano essi concorrenziali, oligopolistici o monopolistici. In assenza di queste istituzioni, i mercati cesserebbero di funzionare o sarebbero soggetti ad enormi inefficienze. Esempi tipici di istituzioni non-economiche che garantiscono il funzionamento dei mercati sono i diritti di proprietà e l’enforcement dei contratti. L’esistenza dei diritti di proprietà e la possibilità di far rispettare i contratti consente agli agenti economici che operano sul mercato di aver la ragionevole certezza che gli accordi presi saranno mantenuti – e non invece rinnegati alla prima occasione – e che oltre al trasferimento dei beni (al possesso) l’acquirente ne otterrà anche la proprietà. Affinché i mercati possano funzionare, è quindi necessario che esista un insieme di leggi – e dunque un legislatore – un apparato di controllo – o di polizia – ed anche un sistema giudiziario che conferisca certezza a queste leggi. Secondo Rodrick (1999) le istituzioni che agiscono nell’ambito economico e che consentono ai mercati di funzionare sono cinque: (i) i diritti di proprietà (e di controllo); (ii) le istituzioni che regolamentano i mercati – l’antitrust; (iii) le istituzioni che consentono la stabilizzazione macroeconomica – le banche centrali; (iv) le istituzioni che provvedono a fornire l’assicurazione sociale – la famiglia ma anche i sistemi di welfare; e (v) le istituzioni – tipicamente politiche – che consentono la risoluzione pacifica delle controversie all’interno di un paese, quali il sistema di leggi, le coorti di giustizia, il Parlamento. L’obiettivo di questo case study è di analizzare queste diverse istituzioni, con particolare riferimento a quelle legali e politiche, al fine di comprendere in che misura e attraverso quali canali un sistema ben definito di diritti di proprietà, un apparato di regolamentazione dei mercati che garantisca la concorrenza, programmi che supportino la coesione sociale, istituzioni politiche che riducano il rischio di conflitti sociali e/o consentano la loro gestione siano funzionali alla crescita economica di un paese. Tre esempi mostrano la rilevanza di queste istituzioni per poter imboccare un sentiero di crescita economica sostenuta. L’assenza di un supporto legale e di controllo nella Russia post-comunista ha impedito al processo di liberalizzazione e privatizzazione di creare crescita, dando vita ad episodi di forte corruzione. In mancanza di un’adeguata copertura e gestione dei rischi 2 economici e sociali, le riforme pro-libero mercato che hanno avuto luogo in America Latina negli anni 80 e 90, sotto la guida del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, hanno finito con il creare un’ondata di malcontento e, di conseguenza, alcune riforme sono state abbandonate. La crisi finanziaria Asiatica della fine degli anni 90 ha mostrato che la mancanza di una sufficiente e corretta regolamentazione del mercato finanziario era incompatibile con il forte aumento dei flussi finanziari. 2. Il ruolo delle istituzioni per la crescita economica I manuali di economia suggeriscono che, nelle economie di mercato, la crescita economica è dovuta all’accumulazione dei fattori di produzione – capitale fisico e umano – all’aumento della forza lavoro e, in misura preponderante, dall’aumento della produttività legato all’utilizzo di tecnologia e processi produttivi più avanzati. Questi processi descrivono l’evoluzione delle economie di mercato che possono poggiare il loro funzionamento sull’esistenza di istituzioni, anche non-economiche, che svolgono un ruolo di supporto importante. La mancanza di tali istituzioni – o il loro cattivo funzionamento – costituisce un ostacolo severo agli investimenti, allo sviluppo delle capacità imprenditoriali e all’innovazione: in sintesi, alla crescita economica. Alcuni economisti – tra cui il premio Nobel per l’economia Douglass North – hanno enfatizzato l’importanza delle istituzioni legali – in particolar modo di un sistema giudiziario efficiente – e della burocrazia pubblica come alcune delle maggiori determinanti della crescita economica. Secondo North, una scarsa affidabilità dei diritti di proprietà sul capitale fisico (impianti, macchinari, fabbriche), sui profitti e sui brevetti riduce gli incentivi e le opportunità ad investire, ad innovare e ad acquisire tecnologia avanzata dagli altri paesi. Analogamente, una burocrazia ingessata e disonesta tende a ritardare la concessione di permessi e brevetti in tal modo frenando il processo di sviluppo e di utilizzo di nuove tecnologie. L’esistenza di una burocrazia estesa e poco mobile è spesso associata con la corruzione. La teoria economica ha lungamente dibattuto su quali siano gli effetti della corruzione sulla crescita economia. Mentre la corruzione ha degli indubbi effetti negativi, poiché costituisce uno spreco di risorse produttive che vengono distolte dagli investimenti ed allocate come trasferimento ai burocrati, nel caso di burocrazie molto rigide, la corruzione potrebbe – in teoria – consentire di “oliare” le ruote dei processi decisionali e dunque di aumentare il supporto della burocrazia (si pensi all’aumento del numero di permessi e brevetti concessi) e quindi la crescita. Un recente 3 studio di Paolo Mauro mostra che esiste una correlazione negativa tra corruzione e crescita economica: paesi con un più elevato indice di corruzione (quali Zaire, Haiti, Indonesia) sperimentano un tasso di crescita più basso di paesi poco corrotti (quali Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore). La relazione tra corruzione e reddito è mostrata alla figura 1. In questa ottica, le cinque istituzioni presentate da Rodrick (1999) possono svolgere un ruolo importante per aumentare il potenziale di crescita di un paese, o per bloccarlo. I diritti di proprietà – e più in generale i sistemi giuridici e legali – consentono di creare uno status di certezza nell’economia che da credibilità ai contratti e agli scambi. La storia economica mostra che in assenza di questa certezza legale, gli scambi sarebbero limitati a gruppi di persone uniti da altri vincoli all’interno dei quali è possibile sostituire i sistemi legali con i vincoli della pressione sociale, religiosa o semplicemente con la forza. Le istituzioni economiche che regolamentano i mercati – autorità antitrust – e che lavorano alla stabilizzazione delle variabili macroeconomiche – banche centrali – svolgono un chiaro ruolo rispettivamente negli ambiti microeconomici (tipologia di mercati dove si svolgono gli scambi) e macroeconomici (andamento dell’inflazione) che, favorendo la stabilità economica e la concorrenza, crea le condizioni per una crescita economica 4 sostenuta. Le istituzioni che si occupano di provvedere all’assicurazione sociale – contro i rischi economici quali la povertà (soprattutto durante la vecchiaia), la disoccupazione, gli infortuni sul lavoro etc – e le istituzioni legali e politiche che consentono la soluzione pacifica delle controversie contribuiscono alla creazione di una società più equa e meno soggetta a turbolenze sociali, rivolte, scioperi e, in alcuni casi, rivoluzioni e colpi di stato, che consente lo svolgimento delle attività economiche in un ambiente meno incerto dal punto di vista sociale (in termini economici riduce il rischio paese). Le istituzioni rappresentano quindi un elemento importante per il funzionamento delle economie di mercato. Come è possibile misurare la qualità di queste istituzioni – ovvero la loro performance nel favorire lo sviluppo economico? La visione più diffusa tra gli economisti è che le istituzioni “buone” – da un punto di vista economico – sono quelle che limitano il grado di intervento dello stato nell’economia attraverso una forte protezione dei diritti di proprietà, scarse regolamentazioni nel mercato dei beni e del lavoro (si veda anche il case study I) e un livello di imposizione fiscale basso. Alcuni distinguo sono opportuni. Le regolamentazioni – ad esempio quelle antitrust – possono essere funzionali ad aumentare il grado di competitività dei mercati, attraverso la limitazione di situazioni di monopolio o di oligopolio. Analogamente, elevati livelli di tassazione – come nei paesi scandinavi – possono consentire al governo di fornire più beni pubblici e di migliore qualità oppure maggiore assicurazione sociale. Altre misure della dimensione dello stato, come il numero di imprese pubbliche e la dimensione dell’impiego pubblico tendono invece ad essere maggiormente indicative delle distorsioni introdotte dalla politica e del livello di redistribuzione. In fine, le istituzioni “buone” sono sicuramente efficienti. La loro performance può essere misurata anche dal livello di corruzione, di evasione fiscale e dai ritardi nella burocrazia. 3. L’origine delle istituzioni Gli economisti sono concordi nell’affermare che l’esistenza dei diritti di proprietà e delle istituzioni legali che consentono di assicurare tali diritti sono alla base della crescita economica. Esistono due potenziali pericoli da cui difendere i diritti di proprietà. Da un lato, gli investimenti, il capitale, il profitto devono essere difesi dal possibile furto da parte di altri agenti economici “privati” – ladri, aziende concorrenti che fanno spionaggio industriale. In questo caso, la difesa dei diritti di proprietà rappresenta un bene pubblico che è offerto dallo stato attraverso le leggi e la forza dell’ordine che fa tutelare le leggi. 5 Ma lo stesso stato può attaccare i diritti di proprietà attraverso ad esempio le nazionalizzazioni. In tal caso, sono necessarie delle istituzioni – politiche, legali e giudiziarie – che consentano di limitare l’azione dell’esecutivo, del governo in carica. Eppure la risposta alla domanda sulle origini di queste ed altri tipi di istituzioni non è univoca. Economisti, sociologi, storici, scienziati della politica hanno sviluppato un buon numero di teorie per spiegare l’origine e lo sviluppo delle istituzioni – incluse quelle istituzioni non economiche così rilevanti per il funzionamento delle economie di mercato. E’ possibile classificare queste teorie in tre categorie: teorie economiche, politiche e culturali o sociali. I tre gruppi di teorie si differenziano per le motivazioni alla base della nascita delle istituzioni: ricerca dell’efficienza, secondo il ramo economico; conseguimento di benefici da parte dei gruppi politicamente più potenti, secondo le teorie politiche; e credenze o contratti sociali, per il filone culturale. Ovviamente, queste tre categorie non sono mutuamente esclusive, ma un po’ di verità può essere presente in tutte. Le teorie economiche postulano che le istituzioni sono state create ogni qual volta il beneficio di metterle in piedi era superiore al costo di introdurle (Desmetz, 1967). Ad esempio, la difesa dei diritti di proprietà è introdotta quando il beneficio che arreca alla società è superiore al costo di introdurre un sistema di polizia. Questo filone suggerisce che – quando introdotte – le istituzioni sono efficienti. Il problema, quindi, non è la loro qualità, ma al massimo la loro assenza o incompletezza. Le teorie politiche invece ipotizzano che le istituzioni (e le politiche) sono introdotte dalle persone al potere per consolidare il loro potere e per accumulare risorse. Per Marx, ad esempio, la società si divideva in classi sociali e le politiche (economiche) erano disegnate dalla classe sociale dominante. Le teorie moderne ritengono che le istituzioni (e le politiche) sono determinate dei sovrani, dai burocrati, dai gruppi etnici e religiosi dominanti e dalle lobby. Le teorie culturali sostengono che alcune società formano credenze o idee che possono portare ad istituzioni economicamente efficienti (“buone”), mentre altre no. Esempi di queste idee che possono tramutarsi in istituzioni sono la “fiducia negli altri”, ovvero nelle persone sconosciute che può facilitare le azioni collettive, e dunque le istituzioni che portano alla creazione dei beni pubblici. Putnam (1993) sostiene ad esempio che la Chiesa Cattolica ha un impatto negativo sulla “fiducia negli altri” perché privilegia i legami di autorità verticale (le gerarchie) piuttosto che i legami orizzontali tra pari, a differenza della Chiesa Protestante, che tende ad avere effetti opposti. 6 Come distinguere empiricamente l’importanza relativa di queste tre teorie? La Porta et al. 1998 guardano all’importanza dei sistemi legali nel determinare la nascita e la tipologia delle diverse istituzioni. I sistemi legali di molti paesi al mondo hanno origine dal sistema legale francese ed inglese. I sistemi legali che traggono origine dal sistema britannico appartengono alla tradizione della common law, mentre quelli nati sull’esempio francese appartengono alla tradizione della civil o Roman law. E’ noto che i due sistemi operano in maniera molto diversa. I sistemi napoleonici della civil law si basano su giudici di professione e codici legali rigorosamente scritti; mentre la common law utilizza giurie popolari e consente anche l’utilizzo di principi legali (e di sentenze) più ampi e meno codificati. Ai fini di questo case study è importante notare che queste due tipologie di sistemi legali hanno effetti molto diversi sulle condizioni e gli aspetti economici e politici dei paesi che li adottano. Se compariamo paesi che hanno un simile livello di sviluppo economico, i paesi con un sistema napoleonico o francese sono caratterizzati da un livello di regolamentazione più elevato, una minore difesa dei diritti di proprietà, più corruzione, governi meno efficienti e minori libertà politiche dei paesi (tipicamente anglosassoni) con sistemi di common law. La minor difesa dei diritti di proprietà è particolarmente evidente nella legislazione finanziaria e ha avuto importanti effetti sul limitato sviluppo dei mercati finanziari. Ma perché questi due paesi hanno dato vita a sistemi legali così differenti? Un’interessante teoria politica sviluppata da Glaeser e Shleifer (2001) suggerisce che l’aspetto cruciale di un’istituzione è la capacita di resistere alla pressione esercitata da potenti individui (o lobby). Persone che hanno la possibilità di influenzare le istituzioni proveranno a farlo a loro vantaggio; per poter sopravvivere le istituzioni (si pensi alla difesa dei diritti di proprietà) devono essere in grado di controbilanciare queste spinte. Il disegno delle istituzioni potrebbe quindi rispondere alle diverse esigenze – a seconda del tipo di società (urbana o rurale) o del periodo temporale – di contenere le forze avverse. Questa semplice osservazione potrebbe aiutare a comprendere il diverso disegno e sviluppo del sistema legale in Inghilterra ed in Francia. Nel dodicesimo e tredicesimo secolo, quando i moderni sistemi legali di questi due paesi hanno iniziato a prendere forma, l’Inghilterra era una società relativamente egualitaria e caratterizzata da scarse tensioni sociali, in cui la risoluzione delle dispute e delle contese poteva essere gestita in maniera più efficace a livello decentralizzato, poiché non esisteva un forte rischio che poteri forti potessero sovvertire – o semplicemente condizionare a loro favore – tali 7 istituzioni. Da questo quadro è nato un sistema di common law basato su corti di giustizia indipendenti, sulle giurie popolari, e sul ricorso a principi di giustizia più ampi anche se non strettamente codificati. In Francia, una società percorsa da maggiori tensioni sociali e meno egualitaria, un sistema giudiziario locale correva il rischio di essere facile preda di forti gruppi di interesse (o di singoli individui). Un sistema centralizzato, che traeva origine e forza dal sovrano, era meglio equipaggiato per controbilanciare dei poteri forti. In questa società è nata la civil law – o forse sono stati riadattati alcuni aspetti già presenti nel sistema legale Romano – che privilegia l’uso di giudici professionali, che dipendono direttamente dell’apparato pubblico, a scapito delle giurie popolari che hanno scarsa rilevanza e che è caratterizzata dalla supervisione delle sentenze di primo grado da parte del giudizio dei giudici di grado superiore. Un simile sistema è emerso anche in Germania. Un aspetto particolarmente interessate da evidenziare è che i sistemi legali francese (e tedesco) di civil law e quello inglese di common law sono stati esportati alle colonie francesi ed inglesi. Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e altri paesi del Sudest asiatico e dell’Africa hanno adottato la common law. Mentre il sistema di civil law francese è stato esportato da Napoleone a molti dei paesi europei conquistati, inclusi Spagna e Portogallo, e successivamente da tutti questi paesi europei alla loro colonie in America Latina, Africa ed Asia. 4. Gli effetti economici delle istituzioni Le origini legali determinano un gran numero di istituzioni. Secondo La Porta et al. (1997, 1998) le origini legali sono importanti per capire le leggi che governano la protezione degli azionisti di minoranza da parte degli azionisti che detengono il controllo dell’azienda. Nei sistemi di common law c’è un più elevato grado di protezione. Ma La Porta et al. (1997, 1998) mostrano anche altri effetti dei sistemi legali. I paesi con sistemi legali di origine socialista, ad esempio, sono caratterizzati da un maggior intervento pubblico, che si traduce in una minore protezione dei diritti di proprietà, maggiori regolamentazioni (si veda la figura 2), ma anche da minor efficienza dello stato, evidente nel livello di ritardi burocratici, anche se non nella corruzione (come si evince dalla figura 3). Per quanto concerne gli effetti sociali, i paesi con sistema legale socialista hanno in media peggiori diritti politici degli altri, ma non sfigurano in quanto a mortalità infantile e scolarità (figura 4). Queste evidenze sono in linea con la teoria politica che ipotizza un elevato intervento dello stato nell’economia, ma un forte interesse al sociale. 8 Anche nei paesi con civil law francese lo stato tende ad intervenire di più nell’economia, come si deduce dagli indicatori dei diritti di proprietà e di regolamentazione (figura 2). L’azione del governo è però meno efficiente che altrove, con forti ritardi burocratici ed evasione fiscale, e poche infrastrutture (figura 3), ma non con un elevato livello di corruzione. Questi paesi hanno anche una maggiore mortalità dei paesi di common law ed una minore scolarità. I diritti di proprietà sono meno protetti, ma l’occupazione pubblica è meno diffusa di quello che la connotazione interventista e centralista della civil law francese poteva lasciar immaginare. Anche dopo molti secoli dalla sua introduzione, dunque, l’esistenza di un sistema legale molto burocratico e centralizzato, adottato – almeno in parte – per consentire il controllo centrale del potere da parte del sovrano, contro possibili spinte destabilizzanti dalla periferia, mostra i suoi connotati maggiormente interventisti, di cui evidentemente sono state permeate le istituzioni. I risultati evidenziati alle figure 3, 4 e 5 per la civil law tedesca mostrano dei paesi con caratteristiche più simili a quelli con common law. In parte il motivo è che i paesi con civil law tedesca sono relativamente più ricchi degli altri e dunque hanno governi più efficienti e una migliore performance sociale. I paesi con civil law scandinava sono molto più interventisti – quasi quanto i paesi socialisti, sotto alcuni aspetti – ma hanno governi efficienti, che offrono beni pubblici di buon livello. Per riassumere questi risultati, è opportuno notare che – anche eliminando i paesi con civil law tedesca e scandinava, che rappresentano una minoranza di paesi ricchi – emerge una forte diversità tra gli effetti che i sistemi legali socialisti, di civil law francese e di common law esercitano sulle istituzioni e sul loro ruolo. I paesi socialisti risultano quelli dotati di istituzioni meno aperte al mercato, seguiti dai paesi di civil law francese, mentre i paesi del common law sono pro-mercato. 5. Conclusioni Le evidenze mostrate in questo case study suggeriscono che l’origine dei sistemi legali rappresenta una determinante fondamentale nell’introduzione e nello sviluppo delle istituzioni (anche non economiche) che aiutano il funzionamento delle economie di mercato e la loro crescita. Le origini legali sembrano determinare in particolare la tipologia ed il livello di regolamentazione che lo stato introduce nei mercati (dei beni, dei capitali e del lavoro), ma anche l’efficienza dell’azione dello stato. Un recente lavoro di Djankov, McLiesh e Ramalo (2006) evidenzia come queste regolamentazioni – in 9 particolare quelle che possono frenare le attività imprenditoriali – siano importanti per la crescita economica. Questa catena che va dalle origini legali di un paese alle sue istituzioni odierne fino alla sua crescita economica presenta un quadro poco incoraggiante per quei paesi che hanno adottato – o a cui sono state imposti – i sistemi legali meno favorevoli, ovvero i sistemi legali socialisti (dove mancava la nozione di proprietà privata, o i sistemi di common law). Tuttavia, la recente esperienza della Cina mostra che è possibile crescere anche se le istituzioni non-economiche non sono ottimali. Eppure le riforme delle istituzioni devono seguire per poter accompagnare e promuovere lo sviluppo. La recente discussione sull’introduzione della proprietà privata in Cina ne rappresenta la più evidente testimonianza. Figura 2: L'Intervento dello Stato 16 14 12 10 8 6 4 2 0 common law civil law francese diritti di proprietà civil law tedesca regolamentazione dei mercati 10 civil law scandinava impiego pubblico imprese pubbliche paesi socialisti Figura 3: L'Efficienza dello stato 10 9 livelli di efficienza (min=0, max=10) 8 7 6 5 4 3 2 1 0 common law civil law francese civil law tedesca ritardi burocratici infrastrutture civil law scandinava corruzione paesi socialisti evasione fiscale Figura 4: Gli effetti socio-politici delle Istituzioni 8 7 6 5 4 3 2 1 0 common law civil law francese civil law tedesca scolarità diritti politici 11 civil law scandinava mortalità infantile paesi socialisti Bibliografia Beck, T., Demirguc-Kunt, A., and R. Levine, 2003, “Law and Finance: Why does legal origin metter?”, Journal of Comparative Economics, 31, 653-675 Desmetz, H., 1967, “Toward a theory of property rights”, American Economic Review Paper and Proceedings, 57, 347-59. Djankov, S., McLiesh, C., and R. 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