Caterina Cornaro

Transcript

Caterina Cornaro
Candida Syndikus,
Sabine Rogge (eds.)
Caterina Cornaro
Last Queen of Cyprus and
Daughter of Venice
Ultima regina di Cipro e
figlia di Venezia
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Caterina Cornaro
Last Queen of Cyprus and Daughter of Venice
Ultima regina di Cipro e figlia di Venezia
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Schriften des Instituts für Interdisziplinäre Zypern-Studien
volume 9
edited by
Institut für Interdisziplinäre Zypern-Studien,
Westfälische Wilhelms-Universität Münster
Printed with the support of the
Gerda Henkel Stiftung, Düsseldorf
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Candida Syndikus, Sabine Rogge (eds.)
Caterina Cornaro
Last Queen of Cyprus and Daughter of Venice
Ultima regina di Cipro e figlia di Venezia
International Conference, Venice, 16–18 September 2010
Convegno internazionale, Venezia, 16–18 settembre 2010
Waxmann 2013
Münster / New York
München / Berlin
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Bibliographic information published by the Deutsche Nationalbibliothek
The Deutsche Nationalbibliothek lists this publication in the
Deutsche Nationalbibliografie; detailed bibliographic data
are available in the internet at http://dnb.d-nb.de.
Print-ISBN 978-3-8309-2907-9
E-Book-ISBN 978-3-8309-7907-4
© Waxmann Verlag GmbH, 2013
Postfach 8603, 48046 Münster
www.waxmann.com
[email protected]
Waxmann Publishing Co.
P.O. Box 1318, New York, NY 10028, U.S.A.
Cover Design: Pleßmann Kommunikationsdesign, Ascheberg
Cover Picture: Detail of the painting Miracle of the Cross at the Bridge of San Lorenzo
by Gentile Bellini; Venice, Gallerie dell’Accademia
Print: Druckerei Buschmann GmbH & Co.KG, Münster
Printed on age-resistant paper, acid-free as per ISO 9706
All rights reserved
Printed in Germany
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Indice / Contents
Premessa / Preface
Sabine Rogge, Candida Syndikus ......................................................................... 7
MONICA MOLTENI
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro........................................ 11
CANDIDA SYNDIKUS
Tra autenticità storica e invenzione romantica. L’immagine di Caterina
Cornaro nella tradizione artistica e storico-artistica dell’Otto e Novecento....... 33
MARTIN GAIER
Falconetto – Palladio – Contin.
Tentativi di erigere un monumento alla regina nella Repubblica di Venezia..... 81
URSULA SCHÄDLER-SAUB
Indagini conoscitive per il restauro del Barco di Caterina Cornaro ................. 109
LINA BOLZONI
Gli Asolani di Pietro Bembo:
Un ritratto doppio della corte, dell’amore, della poesia.................................... 133
ROTRAUD VON KULESSA
Gli Asolani di Pietro Bembo:
Pratiche sociali e letterarie alla corte di Caterina Cornaro ............................... 147
TOBIAS LEUKER
La Venere di casa Cornelia.
Giovanni d’Arezzo e le sue poesie per Caterina Cornaro................................. 161
DARIA PEROCCO
Caterina e i suoi contemporanei. Annotazioni sulla presenza di
Caterina Cornaro tra viaggiatori, storici e poeti................................................ 187
BENJAMIN ARBEL
A Fresh Look at the Venetian Protectorate of Cyprus (1474–89) .................... 213
5
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
GILLES GRIVAUD
Un règne sans fastes – Catherine Cornaro à travers les sources produites
à Chypre ............................................................................................................ 231
CATHERINE OTTEN-FROUX
Les Vénitiens à Famagouste au temps de la domination génoise
sur la ville.......................................................................................................... 255
CHRYSSA MALTEZOU
Le donzelle cipriote di Caterina Cornaro dopo il ritorno della regina
a Venezia........................................................................................................... 279
TASSOS PAPACOSTAS
An Exceptional Structure in a Conventional Setting:
Preliminary Observations about the Katholikon of Saint Neophytos
(Paphos, Cyprus) ............................................................................................... 293
LORENZO CALVELLI
Un ‘sarcofago imperiale’ per l’ultimo re di Cipro ............................................ 311
DAVID MICHAEL METCALF
Revalidation of the Currency in Venetian Cyprus.
The Curious Episode of Countermarking ......................................................... 355
ARNOLD JACOBSHAGEN
Staging the Queen – French grand opéra and five operatic portraits
of Caterina Cornaro........................................................................................... 367
ANGEL NICOLAOU-KONNARI
Melodramatic Perceptions of History:
Caterina Cornaro Goes to the Opera ................................................................. 385
Tavole a colori / Colour plates.......................................................................... 449
6
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Premessa / Preface
“A dì 10 in Colegio la matina non fu el principe [cioè il doge Leonardo Loredan (1501–21)] per esserli disesa certa reuma; et veneno
sier Batista Morexini e sier Alvise Malipiero, cugnadi di sier Zorzi
Corner, el cavalier procurator, et sier Nicolò Dolfim, l’avogador, tutti
con mantelli a notifichar in questa note a hore 4 esser manchata la
Serenissima rayna di Cipri, sorela dil prefato sier Zorzi di anni 54,
stata amalata zorni 3 [...].”
(Marin Sanudo, I Diarii, vol. 10, 1883, col. 744).
Con queste parole prosaiche, ben conosciute e spesso citate, Marin Sanudo registra la scomparsa della regina di Cipro, nei suoi Diarii al giorno 10 di luglio
1510. Sanudo continua che “fo fato sonar a San Marco dopio 6 volte et fo optimamente facto” (Ibid.). Seguono le esequie statali di grande pompa:
“A dì 12 […]. Fu tolto il corpo, qual era in chiesia di San Cassan [...]
et fu fato uno ponte su burchiele in canal grando, da la becharia che
passava a Santa Sofia, e con tutta la chieresia di Veniexia, frati e
scuole, e il patriarcha, etc. con gran luminarie, erano torzi portati a
man numero … et posto il corpo over cassa in chiesia di Santo Apostolo, dove fu fato uno soler grande in mezo di la chiesia.”
(Ibid., col. 764).
I brani nei Diarii relativi alla morte della regina forniscono prove della grande
importanza, che la Repubblica di Venezia dava agli atti simbolici associati al
triste avvenimento.
La commemorazione del V centenario della morte di Caterina Cornaro
(1454–1510), regina di Cipro, ha dato la motivazione al convegno internazionale
“Cipro e Venezia nell’età di Caterina Cornaro/Cyprus and Venice in the Era of
Caterina Cornaro” tenutosi a Venezia dal 16 fino al 18 settembre 2010. È una
buona abitudine di riflettere – in occasione della morte di una persona – sulla
sua vicenda umana, sulle sue imprese e su quello che ha lasciato ai suoi coetanei, ai posteri e infine a noi. Nel caso di Caterina Cornaro, regina di Cipro e
signora di Asolo, è in primo luogo il suo ruolo passivo, il suo ruolo come strumento della politica che la rende importante: “[…] e per lei si have Cypro”,
manifesta in modo asciutto lo stesso Sanudo, e più avanti concretizza: “la Signoria nostra si fe’ signora di Cypro” (Ibid., col. 765).
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Eppure, è di più. Le raffigurazioni di Caterina sono numerose e multiformi. Il
ruolo politico e culturale di Caterina dimostra notevoli ripercussioni nelle arti
visive, nella letteratura e non per ultimo nella musica. È da sottolineare – come
ha fatto Peter Humfrey nella sua monografia su Tiziano del 2007 – che a Venezia “i ritratti femminili sono molto rari, a causa dell’assenza di una corte e del
ruolo minimo riconosciuto alle donne nella vita pubblica”. A questo riguardo, il
ritratto della regina dalle mani di Gentile Bellini al Museo delle Belle Arti di
Budapest (1500 ca.; tav. 1), che si discuterà fra l’altro in questo volume, è un
caso unico, strettamente legato allo status singolare di Caterina. Ne seguiranno
numerose rappresentazioni, ritratti e scene. Già durante gli anni passati a Cipro,
ma per di più con il suo ritorno in patria nel 1489 si è messo in moto un processo creativo della mitizzazione della sua persona e tuttora stanno nascendo
romanzi e biografie sulla sua vita. Nel corso dei secoli la biografia di Caterina
Cornaro ha sviluppato una vita autonoma che va oltre le conoscenze tramandate
dalle fonti originali. Ogni età dimostra stimoli particolari per formare un’immagine specifica della regina, dalla propaganda di stato da parte di Venezia fino
alle rappresentazioni spettacolari delle grandi mostre ottocentesche.
Gli atti intendono fornire un’immagine più chiara e netta sia di questa Caterina Cornaro, regina in una repubblica, sia delle ragioni della sua importanza
storica e culturale. All’inizio della nostra impresa ci chiedevamo se ci fossero
reali possibilità di accrescere le conoscenze su una donna che sembrava aver
lasciato alla posterità un’eredità propria piuttosto scarna. Fu difatti una sorpresa
vedere quanto era ricco e vario il materiale inedito che gli scavi nei musei, collezioni private, archivi e biblioteche riportavano alla luce, e siamo liete di poter
presentare una parte di queste ricerche nel nostro volume.
Da quando si è cominciato a tracciare le prime bozze del presente progetto, lo
scopo era di non limitarsi al ruolo storico della regina Cornaro, ma di aprire, con
un approccio multidisciplinare, l’orizzonte a quello che le fu attorno. La finalità
del convegno era quindi puntare anche su Caterina Cornaro come fonte
d’ispirazione dei poeti nonché come schermo di proiezione per l’arte, la letteratura e la musica nell’ambito di una ricerca sui molteplici legami storico-culturali
tra l’isola di Cipro e Venezia nel Quattro e Cinquecento fino alla conquista ottomana nel 1571. Seguendo questo percorso si può affermare senza alcun dubbio
che Caterina fu una figura chiave di questi legami.
La tela del Miracolo della croce presso il ponte di San Lorenzo, eseguita da
Gentile Bellini per la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (Venezia,
Gallerie dell’Accademia) e rappresentata in un dettaglio sulla copertina di questo volume, si riassume perciò come programma. In diversi strati di realtà il
dipinto rappresenta in primis le vecchie relazioni politiche tra la Repubblica di
San Marco e l’isola. Oltre a ciò, il particolare raffigura una situazione degli anni
intorno al 1500, che fu immaginabile per quel che riguarda i protagonisti: la
regina in mezzo alla sua ‘corte’ di Venezia, circondata da damigelle ed espo-
8
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
nenti della vita politica e culturale, come Pietro Bembo, autore degli Asolani e
della Historia Vinitiana.
Il nostro percorso inizia con un panorama di cultura artistica e letteraria nel suo
ambito veneziano: prima la ritrattistica e dopo la tomba, tema importante
nell’anno di commemorazione dell’anniversario della sua morte. Segue il Barco
della Regina, la dimora estiva di Caterina vicino ad Altivole in provincia di Treviso e mitica corte delle muse. Per dare rilievo al valore di questo edificio, un
valore tanto storico quanto storico-artistico, avevamo allestito una piccola
mostra di materiale fotografico al portego di Palazzo Barbarigo della Terrazza.
Si vedeva un monumento mezzo restaurato, poi abbandonato e di nuovo degradato a piccionaia e le sue decorazioni, ancora ben rintracciabili alla metà del
Novecento, oggi ridotte a ombre appena percepibili. Era uno degli obiettivi del
nostro convegno di mostrare la grande urgenza di un restauro imminente e di
ricordare la necessità di trovare al più presto possibile un uso adatto per questo
fabbricato, senza di cui sia la struttura architettonica, sia la sua decorazione
saranno avviati inevitabilmente al decadimento.
Nella seconda parte saranno discussi, da diversi punti di vista, temi relativi
alla storia di Venezia e Cipro nel Quattro e Cinquecento. Saranno presentate
nuove scoperte raccolte dagli archivi di Venezia, Genova e Cipro. I contributi
della sezione successiva studiano dei testi vari su Caterina Cornaro e il suo circolo. Quando si parla di letteratura nella sfera della regina di Cipro, si pensa in
primo luogo agli Asolani di Pietro Bembo (prima edizione Venezia: Aldo Manuzio 1505) come argomento principale della ricerca. Due articoli si dedicano a
questo dialogo sull’amore. Oltre a ciò verranno presentati notevoli esempi inediti della poesia panegirica del tempo. La quarta parte è dedicata alla storia
dell’arte e dell’architettura come pure alla numismatica di Cipro durante la
dominazione veneziana. Il panorama si conclude con due contributi sulle opere
liriche dell’Ottocento che hanno come oggetto di rappresentazione i fatti biografici di Caterina Cornaro.
La preparazione di un convegno e la pubblicazione degli atti sono complesse
imprese collaborative. Abbiamo perciò deciso di unire le forze e le risorse delle
nostre due istituzioni, l’Istituto di Cipro (Institut für Interdisziplinäre ZypernStudien) e l’Istituto di Storia dell’Arte (Institut für Kunstgeschichte), tutte e due
strutture dell’Università di Münster. Preziosa è stata la collaborazione con le
diverse istituzioni di Venezia, in primo luogo con il Centro Tedesco di Studi
Veneziani, che ci ha permesso di costruire la nostra base logistica nella sua sede
a Palazzo Barbarigo della Terrazza, con l’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e
Postbizantini e con le Gallerie dell’Accademia, di cui siamo stati ospiti durante
il convegno. Ringraziamo la presidenza del Centro Tedesco, in particolare Klaus
Bergdolt (Università di Colonia), già presidente dell’associazione del Centro, la
direttrice Sabine Meine e il suo predecessore Uwe Israel (Università di Dresda),
9
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
per il loro interesse e la loro disponibilità di ospitarci nel loro bel palazzo. Un
grazie particolare va a Salvatore Settis di aver tenuto la conferenza serale sul
tema “La Pala di Castelfranco di Giorgione. Tra Sicilia, Cipro e Venezia” (il suo
testo è uscito in un’altra pubblicazione). Ringraziamo inoltre Chryssa Maltezou,
già direttrice dell’Istituto Ellenico, e Matteo Ceriana, direttore delle Gallerie
dell’Accademia, per la loro generosità di collaborare con noi e di offrirci
l’ospitalità nelle loro istituzioni. Rivolgiamo inoltre un cordiale ringraziamento
a Despina Vlassi, Petra Schäfer, Michaela Behringer e a tutti gli altri collaboratori per il loro prezioso aiuto. Siamo grate, infine, a Giorgio Cogo e a Thorsten
Kruse per l’attenta revisione dei testi.
L’organizzazione del convegno e la realizzazione di questi atti sono rese possibili grazie al generoso sussidio finanziario dalla Fondazione Gerda Henkel,
Düsseldorf. Ringraziamo anche il Ministero della Pubblica Istruzione (Ministry
of Education and Culture) della Repubblica di Cipro per il suo sostegno finanziario.
Sabine Rogge, Candida Syndikus
Münster, estate 2013
10
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
Il 10 luglio del 1510 moriva a Venezia Caterina Cornaro.1 L’evento è registrato
con puntualità da Marin Sanudo nei suoi Diarii,2 che così rievoca il trasporto
notturno del corpo della regina dal palazzo avito alla chiesa di San Cassiano:
“[…] in questa note a hore zercha 4 fo un tempo teribelissimo di
vento, pioza e tempesta grossa grossa come uno ovo et fuogi in aere,
cossa molto spaventevole et durò pocho, e pocho avanti la raina di
Cypri vestita di l’habito di San Francesco in una cassa con do preti, la
Croze et do dopieri, fo portada a sepelir in uno deposito a Santo
Apostolo, et poi doman si farà le exequie comme è stà ordinato.”3
L’umiltà della veste che copriva le spoglie mortali di Caterina, l’esiguità del
seguito e la segretezza stessa dell’evento, suggestivamente accentuata dallo scenario tempestoso che aveva introdotto il piccolo corteo, ovviamente confliggono
con le aspettative di pompa connesse a delle esequie reali. E in effetti la modesta
cerimonia, che si era svolta in notturna anche per prevenire l’eventualità di
sgradevoli conseguenze indotte dalle torride temperature di quell’estate lagunare, non era che un preliminare ai fastosi funerali con i quali la Repubblica, che
ben conosceva i suoi doveri formali, la mattina del 12 provvederà a commemorare la “serenissima regina de Cypri” accompagnandone il feretro nella cappella
familiare ai Santi Apostoli.4
Ancora una volta siamo debitori al Sanudo per la cronaca della cerimonia,
che aveva preso le mosse da Palazzo Ducale, dove, nella Sala del Gran Consiglio, si erano riunite alcune delle più alte cariche civili e religiose della Repub1
2
3
4
Per il profilo biografico di Caterina si vedano essenzialmente Colasanti 1979, 335–342;
Caterina Cornaro 1989. Per una puntualizzazione in particolare delle vicende cipriote
della stessa cfr. Hill 1948/72, 634–764; Arbel 1993, 67–85; Caterina Cornaro 1995.
Sanudo 1883, col. 744. La notizia del decesso di Caterina, “morta da doja di stomacho”
dopo tre giorni di malattia, venne data in Collegio la mattina del 10, dopodiché “per
honor di la terra e per il merito di la regina e soa fameglia […] fo fato sonar a San Marco
dopio 6 volte”.
Sanudo 1883, col. 754.
Per la cappella dei Cornaro ai Santi Apostoli oltre allo storico studio di Orlandini 1914,
andranno considerati i più recenti contributi di Romanelli 1993; Ceriana 1996, 105–192;
Salvadori Rizzi 2004, 118–121.
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
blica, vari gentiluomini e, ovviamente, una rappresentanza della famiglia Cornaro, primo fra tutti Giorgio, procuratore della Serenissima e fratello della
defunta, con i figli ed altri parenti. Il corteo si era dapprima recato a San Cassiano, dove il patriarca aveva officiato una messa solenne accompagnata da molti
canti e dalla dispensa di numerose assoluzioni, e quindi, prelevata la bara
coperta “di restagno d’oro con una corona di quelle di le zoje di San Marcho di
sopra in segno è raina”, si era avviato per le calli veneziane. La processione
aveva attraversato la città passando sopra un ponte di barche appositamente
costruito sul Canal Grande all’altezza di Santa Sofia scorrendo fra due ali di
folla, con al seguito tutta “la chieresia di Venexia, frati e scuole, e il patriarca
[…] con gran luminarie e torzi portati a man”. Una volta raggiunti i Santi Apostoli la cassa era poi stata posta su un catafalco in mezzo alla navata, e lì, alla
presenza della Signoria, Andrea Navagero aveva recitato l’orazione funebre.5
Le onoranze di Caterina, che in vita aveva dato più di un segnale di attaccamento alle prerogative della regalità, si erano dunque svolte secondo tutti i
crismi di un funerale di Stato, sebbene la pompa della cerimonia fosse infine
risultata diminuita dalla diserzione di vari notabili, primo fra tutti lo stesso doge
Loredan, indisposto e dunque sostituito dal suo vice, Alvise Priuli in abito scarlatto.6 Il debito contratto dalla Repubblica con la nobildonna all’atto della cessione da parte della Cornaro del regno di Cipro era d’altronde stato conguagliato
da tempo e assai congruamente, e l’evento, dopo un buon ventennio, aveva
inevitabilmente finito per svuotarsi di quell’attualità che viceversa avrebbe
potuto sollecitare un più corale cordoglio.
Con ciò, non era tuttavia andato perduto il senso della flagranza politica di
tale episodio, cui verrà anzi attribuito un valore cardinale entro l’elaborato processo collettivo di costruzione del mito di Venezia, sicché buona parte
dell’iconografia rinascimentale della Cornaro andrà modellandosi proprio sulla
memoria della donazione del dominio cipriota, a servizio congiunto della prosopopea statale e dinastica.
Queste memorie figurative, come è ovvio che fosse, proponevano una versione dei fatti ufficiale, omologata come tale dalla Serenissima,7 che opportunamente lasciava in ombra i molti risvolti drammatici che avevano accompagnato
la parabola di governo di Caterina, e che, altrettanto opportunamente, sorvolava
sull’attitudine non proprio spontanea della Cornaro all’abdicazione. La sua
rinuncia a Cipro era infatti stata, nella sostanza, il risultato di una campagna di
5
6
7
Sanudo 1883, col. 764. La successiva collocazione delle spoglie mortali della regina in un
“deposito” sulla parete della cappella familiare fa riferimento al carattere del tutto
temporaneo annesso ab origine a simili collocazioni. Per la questione in generale si veda
Gaier 2002a, 56–67; per il caso specifico dei Cornaro e per tutte le relative complicazioni
Gaier 2002b.
Sanudo 1883, col. 764.
Al proposito si rimanda alle osservazioni di Perocco 1993 sulla stretta vigilanza esercitata
dalla Serenissima sul forgiarsi della mitografia repubblicana.
12
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
pressioni e intimidazioni messa in atto dai Dieci a partire dal 1487, anno in cui il
Senato aveva votato una delibera che proclamava l’annessione del territorio ai
propri domini al fine di tutelarne il possesso di contro alle ambizioni aragonesi
che si profilavano minacciose dietro a una congiura appena sventata. In tale prospettiva, l’abdicazione di Caterina si configurò evidentemente come un atto
obbligato, compiuto con molta riluttanza da una “donna abituata a vivere regalmente, e in regali onori avvezza […] la quale sapea troppo bene quanto strettamente e parcamente e anco quanto indifferentemente sotto la Repubblica si
vivea”.8 Ma infine reso indispensabile dalla ragion di stato quanto dalla
necessità di salvaguardare le convenienze personali e dinastiche.9 E che,
d’altronde, andava tutto sommato semplicemente a sanzionare una situazione di
governo di fatto del Senato lagunare in vigore pressoché dal debutto al potere
della Cornaro, che si era trovata non ancora ventenne a dover reggere da sola le
sorti di un territorio – Cipro – che la ricchezza di materie prime e la posizione
militarmente e commercialmente strategica al centro del mediterraneo orientale
rendevano oggetto di incessanti ed aggressivi appetiti politici e diplomatici.
L’epilogo della parabola cipriota di Caterina era dunque inscritto nella
tormentata vicenda di potere di cui ella era stata suo malgrado attrice, a partire
dalle nozze fatali con Giacomo II Lusignano, concluse dalla famiglia per
procura, ma con l’avvallo di una dote mirabolante,10 a Venezia il 30 luglio del
1468, quando la sposa, che era nata nel 1454, era appena quattordicenne; e poi
fastosamente celebrate nel 1472, quando la giovane venne infine condotta a
Famagosta ad incontrare il marito.
Il connubio soddisfaceva contemporaneamente gli interessi di più parti.
Innanzitutto quelli della famiglia della sposa, i ricchissimi e potentissimi Cornaro di San Cassiano, che nell’isola detenevano vaste proprietà indirizzate alla
produzione e commercio di canna da zucchero, cotone, lino, canapa e grano, e
per i quali il matrimonio era ovviamente un efficace ausilio al consolidamento
delle proprie posizioni economiche, ma soprattutto un’opportunità irrinunciabile
di acquisizione di una posizione di altissimo privilegio sociale, cui sarebbe conseguito l’accaparramento di un ruolo politicamente dominante nel consesso
dell’aristocrazia lagunare.
D’altronde la presenza di una Cornaro a Cipro non disdiceva affatto nemmeno alla Repubblica, che rafforzava così, con enorme vantaggio strategico, la
propria presenza nel Mediterraneo orientale, peraltro non esponendosi direttamente, ma, più sottilmente, insinuando la propria longa manus attraverso la
figura schermo di Caterina, non a caso immediatamente insignita, con manovra
8
9
Bembo 1552, 54.
Sulle argomentazioni presupposte all’abdicazione e sul ruolo cruciale rivestito dal fratello
Giorgio si vedano le diverse versioni di Bembo e Navagero in Perocco 1993, 160–161,
nonché le osservazioni di Bolzoni 2010, 29–30.
10 Al proposito Bembo (1552, 53) parla di una “dote in contanti di mille libbre d’oro”, mentre Sanudo (Sanudo 1883, col. 744) alludeva a 100.000 ducati.
13
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
del tutto eccezionale, trattandosi di una donna, dell’appellativo di “Figlia adottiva della Repubblica”. Ed infine le nozze erano un’opportunità di irrobustimento
anche per il Lusingano, la cui sovranità, continuamente messa in forse da pressioni di vario genere, avrebbe beneficiato della protezione della Serenissima, il
cui profilo, solido e minaccioso, si stagliava dietro alla più fragile sagoma della
sua sposa fanciulla.
È noto che dei rischi impliciti nel mantenimento di un così complesso dominio, complici le avversità del fato, Caterina fece le spese immediatamente.
L’anno dopo le nozze Giacomo II infatti morì improvvisamente, lasciando la
vedova incinta dell’erede al trono Giacomo III: trono che infine passò di diritto
alla Cornaro, insieme a tutte le facoltà dei Lusignano, nel 1474, a causa nuovamente di un fatto tragico, ovvero la prematura morte del figlioletto. La sanguinosa congiura deflagrata pressoché all’indomani di tale passaggio di consegne,
immediatamente repressa grazie all’intervento armato di Venezia, rese evidente
l’incertezza e perigliosità della posizione di Caterina, il cui esercizio di potere
nei quindici anni successivi fu in effetti sostanzialmente un atto di facciata,
costantemente tutelato e pilotato dal protettorato politico e militare della Serenissima. La quale infine, nel 1488, imponendo alla Cornaro l’abdicazione, giungerà a sostituirsi d’imperio a colei che con oculata preveggenza aveva nominato
“Figlia adottiva”, facendo riposare nel lusinghiero appellativo le premesse che
ne legittimavano il rovesciamento.
Il valore politicamente cruciale di tale avvicendamento, che il governo veneziano nel tempo avrà tutta la cura di presentare con la consueta finesse diplomatica come un atto di dedizione spontaneo, si pone inevitabilmente alla base della
successiva fortuna iconografica della figura di Caterina, che nel corso del Cinquecento acquisterà una crescente visibilità in virtù sia dei vari cicli incentrati
sulla sua vicenda, sia del proliferare di una tradizione ritrattistica diramatasi a
partire da alcuni prototipi eccellenti. Il ricco patrimonio d’immagini conseguentemente prodottosi, pur depauperato di numerosi titoli viceversa segnalati
dalle fonti, appare assai eloquente nel testificare congiuntamente da un lato il
forgiarsi in chiave repubblicana del suo mito, e, d’altro canto, la decisa volontà
dei Cornaro di utilizzare l’icona della loro congiunta a suffragio della prosopopea dinastica. Circostanza, quest’ultima, che, come vedremo, si attuerà attraverso un’ampia e mirata attività di committenza, andando per altro a saldarsi,
nella storia della famiglia, ad altre operazioni di segno analogo, contribuendo a
sostanziare di più flagrante maestà una presunzione di eccellenza aristocratica
nel tempo giocata anche sul motivo ulteriormente nobilitante della discendenza
dalla gens Cornelia.11 Tema, quest’ultimo, già aleggiante nel ritratto di Caterina
di Budapest (tav. 1)12 e più distesamente svolto nella tela di Mantegna con
11 Sul valore attribuito dai Cornaro a tale discendenza ideale si vedano in particolare le
osservazioni di Romanelli 1993, 88–92 e Barcham 2007.
12 Per un’analisi del dipinto si rimanda a Meyer zur Capellen 1985, 126–127. La tabella
dedicatoria recita: “CORNELIA GENVS NOMEN FERO/VIRGINIS QUAM SYNA SEPELIT/VENETVS
14
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
l’Introduzione del culto di Cibele a Roma e nel pendant dipinto da Giovanni
Bellini con la Continenza di Scipione, commissionati all’inizio del Cinquecento
da Marco Cornaro, primo cardinale della famiglia, per lo studiolo del fratello
Francesco.13 Ma che nel tempo verrà dispiegato in termini più magniloquenti
negli arazzi giulieschi con le Storie di Scipione14 e, in ambito veneto, negli
affreschi del Capitaniato di Padova, ove Domenico Campagnola e i suoi aiuti
dipingeranno dietro commissione di Girolamo Cornaro, figlio di Giorgio e
nipote di Caterina, un ciclo tutto incentrato sull’esaltazione delle qualità politiche, militari, civili e morali degli Scipioni.15
Ma torniamo alla questione della messa in scena dell’epopea di Caterina. Va
subito detto che a fronte di quanto segnalato dalle fonti, la concreta ricostruzione della relativa produzione figurativa risulta piuttosto frammentaria, in
buona misura anche a causa della dispersione delle quadrerie familiari dei diversi rami dei Cornaro, che gli inventari ci raccontano viceversa dotate di dipinti
che in vari termini – realistici o celebrativi, allegorici o di ricostruzione storica –
avevano per soggetto la regina,16 peraltro alludendo a una longevità di questo
tema celebrativo che nel tempo i discendenti provvederanno a rinnovare, fino
all’episodio eclatante della decorazione dell’intero piano nobile del palazzo di
San Cassiano per volontà dell’ultimo Cornaro, Caterino, con un ciclo di storie
della regina affrescato sul cadere del Settecento.17
FILIAM ME VOCAT SE/NATVS CYPRVS Q[VE] SERVIT NOVEM/REGNOR[UM] SEDES QUANTA
SIM/VIDES SED BELLINI MANVS/GENTILIS MAIOR QUAE ME TAM/BREVI EXPRESSIT TABELLA”,
13
14
15
16
17
ovvero “Essendo dalla stirpe Cornelia, porto il nome della Vergine che il Sinai accoglie
in sepoltura, il Senato Veneto mi chiama figlia e Cipro, sede dei nove regni, è al mio
servizio. Quanto io sia grande tu lo vedi, ma più grande è la mano di Gentile Bellini che
mi ha ritratta in una tavola tanto piccola”.
Al proposito andrà ricordato che le due tele avrebbero dovuto essere parte di un ciclo di
quattro dipinti con storie romane mai portato a termine: Knox 1978, 79–84. Per il quadro
di Mantegna, di cui sono state proposte varie letture, tutte in ogni caso riconducibili a una
volontà di esaltazione dei Cornelii, si vedano essenzialmente Davies 1961, 330–334,
n. 902; Lightbown 1986, 214–218; Keith Christiansen, in: Andrea Mantegna 1992, 411–
415; Romanelli 1993, 88–92; Lauber 2006, 99–127; Panizon 2007, 57–64. Per il dipinto
di Bellini si rimanda sinteticamente alla scheda di Giovanni Carlo Federico Villa in
Giovanni Bellini 2008, 302–303, con esaustiva bibliografia precedente.
Jules Romain 1978 e, più recentemente, Tonino 2007. Per il loro richiedente, ovvero il
cardinale Francesco Cornaro, e per la sua fitta attività di committenza si rimanda a Hochmann 1992.
Sul ciclo padovano, databile attorno al 1540, e le sue implicazioni iconografiche si
vedano Bodon 2003 e Bodon 2009.
Romanelli 1995, 46; Hochmann 2001.
I primi segnali documentati di una volontà della famiglia di congiungere la memoria della
defunta regina al sontuoso palazzo risalgono ancora al 1633, quando, dettando il proprio
testamento, Girolamo Cornaro destinava 8000 ducati all’edificazione della “facciata della
casa medesima”, nella consapevolezza che il procedere della fabbrica aveva “bisogno di
qualche aiuto, per sicurezza, et ornamento, anco per la memoria della Regina che
l’abitava”: Olivato 1973, 28–29. La decorazione a fresco di vari locali del palazzo venne
invece avviata sul cadere del secolo successivo e vedrà all’opera vari artisti, fra cui
15
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
Ad ogni modo, tale lacunosità, non è certo tale da impedire un percorso di
ricostruzione e interpretazione della relativa tradizione figurativa, che seppur
verosimilmente sbilanciata in senso quantitativo a favore della commemorazione dei fatti immediatamente successivi all’ordine di recessione del Consiglio
dei Dieci, con un’evidente predilezione per la memorizzazione degli accadimenti di ambientazione lagunare perché di più denso significato politico e dinastico, naturalmente non poteva non incorporare gli antefatti ciprioti: che tuttavia,
va detto, per il loro implicito potenziale romanzesco, riceveranno più ampia
trattazione nell’elaborazione ottocentesca del mito di Caterina.
In quest’ordine, è senz’altro significativo notare che una precoce comparsa
della regina si deve allo scalpello dei Lombardo che, sul cadere dell’ottavo
decennio del Quattrocento, nel rilievo incastonato sul sarcofago di Pietro Mocenigo, giusto al centro del monumento ai Santi Giovanni e Paolo, rappresentano
La consegna delle chiavi di Famagosta a Caterina Cornaro (fig. 1). L’episodio,
insieme alla Conquista di Scutari messa in scena sulla lastra gemella di sinistra,
alludeva a uno dei due momenti essenziali della vittoriosa campagna contro i
Fig. 1: Pietro, Tullio e Antonio Lombardo, Pietro Mocenigo consegna
a Caterina Cornaro le chiavi di Famagosta, Monumento funerario
di Pietro Mocenigo, 1477–81; Venezia, Santi Giovanni e Paolo.
Costantino Cedini e il quadraturista Domenico Fossati (Olivato 1973, 37–38), nonché
Giovanni Scajaro (Pavanello 1972, 242–243, 268–271; Pavanello 1978).
16
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
Turchi capitanata dal veneziano, e individuava dunque una sua precisa ragion
d’essere nelle aspirazioni autocelebrative del committente.18 Ma al tempo stesso
segnalava indiscutibilmente l’oramai avvenuto riconoscimento da parte dell’
immaginario politico collettivo del ruolo svolto entro l’epos lagunare dalla
nobildonna, che dunque dismetterà presto i panni di comprimaria per indossare
viceversa le più prestigiose – e non di rado mitizzate – vesti di protagonista.
Un efficace documento di questo passaggio, ancora vincolato alla narrazione
dei fatti isolani, è costituito da una coppia di tele di ambito tintorettesco della
collezione Giustiniani.19 Nella prima, assegnata ad Andrea Vicentino, è raffigurato l’atto cruciale della cessione del regno di Cipro in cambio di Asolo (fig. 2),
ovvero lo stesso tema che secondo Sansovino era stato trattato in un quadro di
Palma il Vecchio realizzato per i Cornaro di San Maurizio.20 Caterina, vestita di
nero come indicavano le fonti, è ritratta nell’atto di consegnare le chiavi a Francesco Priuli, capitano generale della flotta della Repubblica, cui era stato affidato il compito di riportare in laguna la regina, al cui fianco compare il fratello
Giorgio, che nella vicenda, come noto, aveva giocato un ruolo centrale, convincendo la sorella a rinunciare al governo formale dell’isola. Nella seconda tela,
collegata al nome di Domenico Tintoretto, Caterina compare poi mentre sta per
lasciare Famagosta imbarcandosi, il 18 marzo del 1489, sulla galea del Priuli al
braccio ancora del fratello Giorgio e alla testa di un nutrito e fastoso corteo di
ancelle e dignitari (fig. 3), che proietta l’episodio dell’imbarco in una dimensione epico-leggendaria21 non di rado ravvisabile nelle illustrazioni che la
riguardano.
A questi pochi documenti di ambientazione cipriota, se ne accostano poi
numerosi altri che viceversa hanno per sfondo Venezia, dove Caterina sbarcò il
5 giugno di quello stesso 1489. L’accoglienza tributatale dalla Repubblica nella
rutilante cornice del bacino di San Marco gremito di imbarcazioni paludate a
festa fu sontuosissima, e come tale ottenne di essere memorizzata nella grande
tela licenziata dall’Aliense per la Sala dei Banchetti di Palazzo Ducale (tav.
2,1),22 nonché in un dipinto di ubicazione presumibilmente non istituzionale, ma
tuttavia certo destinato a suscitare non poca sensazione quale il grande telero del
Museo di Lione (fig. 4), in cui convivono memorie tizianesche (l’icona nero-
18 Per una lettura politica e dinastica del monumento si veda il recente contributo di McHam
2007, 81–98; per il discernimento delle componenti stilistiche: Sarchi 2008, 52–56.
19 I due teleri sono stati pubblicati da Rossi 1973.
20 Sansovino 1663, 375.
21 Come ipotizzato da Rossi 1973, 261, è del tutto plausibile che la tela in questione sia
identificabile con “la parte di fregio d’una stanza” ove era rappresentata “la Regina Caterina Cornara partirsi dall’isola di Cipro […] mentre ella monta in galea a mano col fratello” (Ridolfi 1648/1914–24, vol. 2, 55), inoltre segnalata presso Nicolò Cornaro da Sansovino 1663, 375.
22 Il dipinto in questione è attualmente conservato al Museo Correr, dove giunse nel 1851:
Makrykostas 2008, 46–47 e 93–101.
17
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
Fig. 2: Andrea Vicentino, Caterina Cornaro cede il regno di Cipro
in cambio di Asolo, fine XVI sec.; Venezia, collezione privata.
Fig. 3: Domenico Tintoretto, Caterina Cornaro lascia Cipro, fine XVI sec.;
Venezia, collezione privata.
Fig. 4: Pittore veneziano, Caterina Cornaro sbarca a Venezia, XVII sec.;
Lione, Musée des Beaux-Arts.
18
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
vestita di Caterina) e suggestioni veronesiane.23 Una volta sbarcato in piazzetta,
il fastoso corteo si avviò in processione a San Marco, accompagnato dal suono
di tutte le campane della città. In basilica venne poi celebrato un solenne pontificale e sempre qui la donna, deponendo la corona di Cipro nelle mani del doge,
svolse infine il rito finale di rinuncia, al quale seguirono tre giorni di banchetti e
festeggiamenti nel corso dei quali sontuose onorificenze vennero distribuite
anche al fratello Giorgio; ma soprattutto a Caterina, che a risarcimento del perduto dominio, venne insignita della Signoria di Asolo con il permesso di mantenere il titolo e le insegne di “Reina de Jerusalem Cipri et Armeniae”.24
Naturalmente non stupisce che proprio tale epilogo, sulla cui rilevanza politica non occorre certo tornare ad insistere, venisse memorizzato da numerosi
dipinti, alcuni molto noti, come la tela degli heredes Pauli su cui si tornerà fra
poco, altri di più sfuggente fortuna, come il quadro berlinese di Palma il Giovane (tav. 2,2),25 che peraltro mette a fuoco un modulo iconografico verticale
che troverà seguito, seppur da un punto di vista narrativo rovesciato, nella tela di
Vincenzo Guarana a Palazzo Barbarigo (tav. 5). Così come, nella medesima
ottica, non sorprende che l’episodio trovasse spazio anche in una delle sedi istituzionali più prestigiose della Serenissima, ovvero la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, il cui apparato pittorico, rinnovato all’indomani dell’
incendio del 1577, prevedeva che il soffitto della grande aula fosse decorato con
riquadri raffiguranti “diverse imprese de la Repubblica, et diversi esempi
d’homini singolari di essa”, a comporre un’edificante galleria alla quale Caterina – unica donna – si era garantita l’accesso attraverso il sacrificio della
corona (fig. 5).26
D’altronde, al termine di un laborioso iter progettuale, il medesimo soggetto
aveva finito per campeggiare, in una versione sobriamente e solennemente classicheggiante, anche nel mezzo di una delle imprese di committenza più significative dei Cornaro, ovvero il cenotafio familiare nella chiesa di San Salvatore.27
La rilevanza di quest’ultimo progetto e l’importanza dell’investimento ad esso
presupposto la dicono lunga sulla centralità nel frattempo assunta dal sacrificio
politico di Caterina anche dal punto di vista della ricezione dinastica della sua
vicenda, i cui risvolti controversi e drammatici erano stati a questo punto del
23 Il grande dipinto (340 x 740 cm) entrò in effetti nel museo francese nel 1846 con
un’attribuzione a Carlo Caliari (Catalogue sommaire 1993, n. 172) poi corretta da Federico Zeri in una più generica assegnazione a un anonimo maestro veneziano del XVII
secolo: per la scheda dell’opera cfr. Fototeca Zeri, b. 0563, fasc. 5, n. 36519.
24 Sulla cessione di Asolo a Caterina si veda Bulian 2001, 31–49.
25 Schleier 1999.
26 Wolters 1987, 69, 260, 307. L’esecuzione del riquadro a chiaroscuro con Caterina Cornaro che cede la corona di Cipro era stata affidata al palmesco Leonardo Corona, un profilo del quale è tracciato nel recente contributo di Sapienza 2006.
27 La complessa vicenda presupposta alla messa in opera del mausoleo è stata approfonditamente esaminata insieme ai portati iconografici e celebrativi sottesi all’impresa da Gaier
2002b, il quale ha poi ripreso l’argomento nel saggio presentato in questo stesso volume.
19
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
tutto obliterati a favore della più proficua ed esaltante celebrazione dei benefici
impulsi prodotti dalla sua abdicazione sulle sorti magnifiche e progressive della
Serenissima, nonché, implicitamente, sulle fortuna e collocazione sociale della
famiglia.
Fig. 5: Leonardo Corona, Caterina Corner consegna la corona di Cipro
al doge Agostino Barbarigo, 1585 ca.; Venezia, Palazzo Ducale,
Sala del Maggior Consiglio.
Nella seconda metà del Cinquecento la Cornaro aveva finito insomma per
aggiudicarsi un ruolo di eroina repubblicana che, seppur sortito da un risarcimento postumo, ne proiettava la figura ai vertici della tradizione di glorie familiari di una stirpe che orgogliosamente millantava una discendenza dalla gens
Cornelia. In tale prospettiva si legittima perciò ampiamente il già evocato affiorare di episodi di committenza specifica riconducibili a richieste dirette dei Cornaro, tramite i quali la parabola di Caterina andava inscrivendosi di diritto nella
galleria dei fasti domestici, con un’ovvia funzione di autocelebrazione dinastica,
giungendo fino ad ottenere un posto di tutto rispetto persino nell’albero genealogico della famiglia (tav. 3,1), dove la messa in figura di un’effige femminile si
profila – come già era stato per la sua comparsa entro la teoria virile di Palazzo
Ducale – quale fatto del tutto eccezionale.28 D’altronde, in aggiunta all’episodio
eclatante del mausoleo in San Salvatore, si potrà in effetti ricordare che proprio
28 L’albero genealogico in questione è una grande tela (270 x 205 cm) conservata a Venezia, a Cà Corner, che porta una generica attribuzione alla scuola veneta ed ammette una
datazione piuttosto precisa, fra 1697 e 1709, deducibile dalla presenza di alcuni membri
della famiglia, in particolare Giorgio di Federico, divenuto cardinale nel 1697, e il fratello Giovanni II, eletto doge nel 1709, ma nella tela ancora citato come “Senator”.
Quanto a Caterina, accanto al suo ritratto compare la data 1472, anno in cui sposando
Giacomo II Lusignano divenne regina di Cipro. Una recente schedatura dell’opera si deve
a Franca Lugato in Caterina Cornaro 1995, 81, con bibliografia precedente.
20
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
nel palazzo di Nicolò Cornaro a San Maurizio si trovavano il quadro di Palma il
Vecchio con La cessione del governo e della corona di Cipro fatta dalla detta
regina in mano di Pietro Mocenigo29 e quello di analogo soggetto degli heredes
Pauli 30 (tav. 2,2) nonché le due già illustrate tele poi passate in collezione Giustiniani che rievocavano l’abbandono dell’isola da parte della nobildonna: nelle
quali ultime, peraltro, i meccanismi di celebrazione familiari potevano avvantaggiarsi della contestuale sottolineatura anche del ruolo del fratello Giorgio.
È inoltre ovvio che andranno letti nella medesima prospettiva encomiastica
anche testi narrativamente meno espliciti, ma analogamente indirizzati ad alimentare il mito di Caterina proprio perché afferenti a una categoria di immagini
celebrativa per definizione quale il ritratto.31
Vasari ricordava in effetti di aver visto nelle mani di un altro Cornaro, il
nipote Giovanni, un’effige della regina eseguita dal vivo nientemeno che da
Giorgione,32 mentre Ridolfi citava un ritratto eseguito da Tiziano in cui Caterina
compariva “in habito vedovile campeggiando tra quelle nere spoglie il candore
delle carni”, dal quale erano state tratte “infinite copie”.33 Lo scrittore non ci
dice nulla dell’ubicazione dell’opera, ma è assai probabile che la sua committenza si collocasse in effetti ancora una volta entro un contesto familiare, posto
fra l’altro che il modo di rappresentare ed abbigliare la donna nelle due tele Giustiniani, delle quali si ricorda l’originaria appartenenza ai Cornaro, indubbiamente pare riecheggiare proprio l’evocato archetipo del Cadorino. Circostanza,
quest’ultima, che, in virtù della manifesta consonanza esistente fra tali immagini
e la serie dei ritratti di Caterina di Asolo (tav. 3,2), Nicosia (fig. 6),34 Hannover35 e Vienna,36 nonché con la più defilata tela di proprietà dei conti Avogadro
29 Sansovino 1663, 375.
30 Le vicende del dipinto, che Ridolfi (1648/1914–24, vol. 1, 341) citava presso i Cornaro di
San Maurizio come opera commissionata a Paolo, ma terminata da Carletto e Gabriele
Caliari, sono state ripercorse da Zanotto 1840. La grande tela, dopo varie vicissitudini,
era entrata in possesso di Raffaele Vita Treves de’ Bonfil, che l’aveva poi ceduta agli
Asili d’Infanzia veneziani, i quali, a loro volta, l’avevano messa in vendita organizzando
una lotteria pubblicizzata tramite la diffusione dell’incisione eseguita da Marco Comirato
su disegno del Marcovich, per la quale ultima si rimanda alla scheda di Franca Lugato in
Caterina Cornaro 1995, 148–151. Dopo un passaggio dalla collezione Schönlank, il
dipinto nel 1896 fu nuovamente messo all’asta e, dopo un lungo periodo di oblio, è di
recente ricomparso sul mercato veneziano (Semenzato, 13 dicembre 1992, n. 39) con
un’attribuzione congiunta a Paolo, Benedetto e Carletto Caliari e una datazione al 1580–
85, giudicate entrambe condivisibili da Pignatti – Pedrocco 1995, 524, cat. A82. Un’ulteriore incisione, eseguita da Giovanni Brizeghel su disegno di Giusto Rosa si conserva al
Museo Correr di Venezia; Franca Lugato in Caterina Cornaro 1995, 152–153.
31 In merito ai ritratti di Caterina ipotesi di elaborazione di un corpus si devono a Cook
[1915]; Schaeffer 1911; Hill 1948/72, 758–764. Per una più ampia e aggiornata ricognizione del problema si rimanda al catalogo della mostra Caterina Cornaro 1995.
32 Vasari 1976, 46.
33 Ridolfi 1648/1914–24, vol. 1, 153.
34 Per i dipinti citati si rimanda da ultimo alle schede di Alessandra Bassotto e Loukia Loizou Hadjigavriel in Caterina Cornaro 1995, 95 (con bibliografia precedente), 131.
35 Syndikus 2001, 268.
21
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
degli Azzoni di Treviso,37 varrebbe in ultima analisi anche a documentare
l’effettiva circolazione e ampia fortuna dell’invenzione tizianesca.
Fig. 6: Copia da Tiziano (?), Ritratto di Caterina Cornaro;
Nicosia, Cyprus Museum.
Abbiamo finora volutamente trascurato quella che è indubbiamente l’icona
più nota della Cornaro: il ritratto eseguito all’attacco del Cinquecento da colui
che era allora il pittore ufficiale della Repubblica, ovvero Gentile Bellini.
L’opera oggi a Budapest in realtà apre cronologicamente – e con discreto anticipo sugli altri titoli – la galleria figurativa che abbiamo appena ripercorso, al
tempo stesso distaccandosene per una diversa intenzione figurativa. Nella produzione del Cinquecento più avanzato, in cui rientrano i dipinti fin qui analiz36 Grabski 2010, 207.
37 Il dipinto, pubblicato da Molmenti 1905, è caratterizzato dalla presenza di una tabella
dedicatoria che ne ricondurrebbe l’esecuzione alla circostanza delle nozze celebrate nel
luglio del 1500 fra Rambaldo V degli Azzoni Avogadro e una delle donzelle cipriote
della regina, Fiammetta Buccari, alla quale Caterina avrebbe appunto fatto dono del
ritratto in questione accompagnandolo con un’immagine della Vergine di Antonello da
Messina. La veridicità di tale legenda risulta tuttavia messa in forse già da Hill 1948/72,
759–760.
22
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
zati, ad essa erano in effetti attribuite fattezze muliebri giovanili e piacenti, sia
per rispetto dell’ambientazione cronologica degli episodi narrati, che si collocavano in un tempo in cui Caterina aveva di poco passato i trent’anni, sia in concordanza con una tradizione apologetica di lunga fortuna giocata sul motivo di
una bellezza “sopranaturale”38 che, nel garantirle il primato fra le donne del suo
tempo, era motivo di una lusinghiera, quanto scontata identificazione della regina di Cipro con Venere tornata nella sua isola:39 sulla quale peraltro – detto per
inciso – riposerebbe l’incerto riconoscimento del soggetto di una tavoletta
dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston come Nascita di Caterina
Cornaro (fig. 7).40
Fig. 7: Pittore veneziano, Nascita di Caterina Cornaro (?), XVI sec.;
Boston, Isabella Stewart Gardner Museum.
38 Giblet 1647, 704.
39 Bolzoni 2010, 35–36, nota 26; per un’ulteriore approfondimento del paragone fra Caterina e Venere si rimanda inoltre al contributo di Leuker in questo volume. Lunghi elenchi
delle virtù estetiche della regina si rintracciano abbondantemente anche nelle cronache
ottocentesche, dove peraltro consueti sono pure i richiami al primato della sua avvenenza,
tale che quando il Lusignano si era trovato di fronte il ritratto della promessa sposa
“dovette apertamente confessare, nessun’altra pulzella essergli stata veduta fino a quell’
ora che a quella si potesse paragonare”; Carrer 1838, 126.
40 Hendy 1974, 278–280; Perocco 1993, 153.
23
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
In quest’ordine, non si potrà d’altra parte ignorare il nesso esistente fra siffatte accentuazioni della venustà della Cornaro e le necessità idealizzanti inevitabilmente incorporate nella costruzione di una mitografia postuma, entro la
quale, in assenza di sicuri punti di riferimento e senza adeguati fondamenti, si è
fatto rientrare più di un dipinto: fra cui anche il ritratto tizianesco degli Uffizi,41
ove si ravvisa non tanto una volontà di precisazione fisionomica della figura,
quanto piuttosto la traduzione di una più astratta idea di regalità – abbondantemente segnalata dalla sontuosità della veste e dell’acconciatura – infine messa
al servizio di una diversa, seppur ugualmente allusiva iconografia, tramite
l’aggiunta di una ruota che trasforma la donna in una Santa Caterina.42 E che, ad
ogni modo, considerando il numero di copie e varianti, dovette indubbiamente
godere di una notevole e prolungata fortuna.43
Nell’icona belliniana ci troviamo viceversa di fronte alla ripresa, per certi
versi impietosa, ma proprio per questo di presumibile, assoluta fedeltà, di una
donna matura, alla soglia della cinquantina, corpulenta al limite della pinguedine, la cui effige si fissa nella memoria del riguardante proprio per il vibrante e
calligrafico realismo che la contraddistingue. D’altronde lo scopo del ritratto
non era certo quello di proporre un modello di bellezza muliebre, ma piuttosto
quello di fissare una memoria di Caterina che incorporasse in termini inequivocabili i simboli di una regalità nei fatti perduta, e in ogni caso oramai svuotata di
qualunque contenuto politico, ma che tuttavia rimaneva, insieme alla discendenza dalla gens Cornelia, e all’appellativo di figlia adottiva della Repubblica,
richiamati contestualmente nella tabella dedicatoria, a fondamento di un primato
sociale orgogliosamente ostentato, che Bellini traduce attraverso la fastosità
della veste, la panoplia di gioielli che orna la donna, e soprattutto dipingendole
sul capo la corona di Cipro, che la Cornaro, per concessione del Senato, aveva
mantenuto la prerogativa di poter ostentare.44
Il ritratto belliniano ci mette ancora una volta di fronte a un’operazione iconografica pilotata dai Cornaro e intesa ad alimentare un fenomeno di elaborazione di una mitografia dinastica entro il quale Caterina gioca un duplice ruolo,
ponendosi al tempo stesso come oggetto privilegiato ed attiva fautrice di tale
41 Sul dipinto rimane fondamentale l’intervento di Agostini in Tiziano 1978, 322–325, cat.
94; per un più recente riepilogo delle ipotesi attributive e interpretative dell’opera si
rimanda invece alla scheda di Antonio Natali in Caterina Cornaro 1995.
42 Pallucchini 1969, vol. 1, 344; Wethey 1971, 130, n. 97.
43 Dall’originale tizianesco discende indubbiamente la tela della collezione Costas e Rita
Severis (Caterina Cornaro 1995, 121); un’ulteriore variante era poi costituita da un
dipinto attualmente di ubicazione ignota proveniente dalla collezione Manfrin di Venezia,
da cui discendono l’incisione di Samuele Levi del Correr di Venezia, e due ulterori fogli
del medesimo museo, tutti inequivocabilmente siglati come ritratti della Cornaro: Chiari
1982, 213; Franca Lugato in Caterina Cornaro 1995, 103, 109 e 113, con bibliografia
precedente.
44 Per un’analisi del dipinto si rimanda a Meyer zur Capellen 1985, 126–127 e alla più
recente scheda di Axel Vécsey in Da Raffaello a Goya 2004, 80. Per la tabella dedicatoria si veda inoltre nota 12.
24
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
processo. Condizione che di conseguenza consentirà di indirizzare, almeno parzialmente, la costruzione della sua icona pubblica, sia attraverso un’opportuna
ubicazione delle sue effigi, sia promuovendo proposte figurative che arricchiscono il personaggio di sfumature interpretative che sfuggono alla sua univoca
identificazione come reggente deposta.
In quest’ordine si potrà senz’altro citare il caso del grande telero, ancora una
volta riferibile alla mano di Gentile Bellini, con il Miracolo della Croce al ponte
di San Lorenzo, dipinto nel 1500 per la Scuola Grande di San Marco Evangelista.45 Il dipinto faceva parte di una serie di nove quadri che erano stati commissionati per commemorare una serie di miracoli che si credeva avessero avuto
luogo a Venezia nel 1369, dopo che alla scuola era stata donata una reliquia
della croce portata in città da Philippe de Mézières, al tempo Cancelliere del
regno di Cipro. Questa circostanza potrebbe di per sé spiegare il motivo
dell’inserimento fra gli astanti di un nutrito gruppo femminile costituito da Caterina, nelle medesime vesti regali del ritratto di Budapest, accompagnata dal
seguito delle sue ancelle (tav. 4,1); ma la presenza fra gli effigiati di altri membri della famiglia Cornaro tende a spostare la questione su un piano meno
casuale. Dietro la regina sono infatti riconoscibili oltre a Pietro Bembo, di cui
sono ben note le frequentazioni della corte asolana di Caterina, due nipoti della
donna, ovvero il cardinale Marco e il fratello di quest’ultimo, Francesco.46 L’indicazione vasariana47 che Gentile avesse inserito nel dipinto la serie completa
dei ritratti dei confratelli iscritti alla scuola, entro cui dunque dovevano rientrare
anche i Cornaro, è sicuramente una giustificazione efficace alla loro presenza,
ma che forse non ne esaurisce tutte le implicazioni, tanto più se si va a prendere
in considerazione la fanciulla inginocchiata in primo piano sul parapetto, ovvero
nello spazio caratteristico del donatore. Le ipotesi relative all’identità di quest’ultima sono controverse e non conducono a soluzioni certe: al di là della congettura che possa trattarsi di un’evocazione della stessa Caterina adolescente,48
quale simbolo vivente delle connessioni cipriote della Serenissima, è in ogni
caso ipotesi condivisa che nei panni della fanciulla vada riconosciuta una giovinetta di casa Cornaro.49 Il che sarebbe da leggere come segnale piuttosto inequivocabile di una partecipazione alla prestigiosa commissione del telero da parte
della famiglia, che, di conseguenza, si sarebbe trovata nell’ovvia condizione di
sollecitare un impianto narrativo adeguatamente autocelebrativo, entro cui per
l’ennesima volta spettava a Caterina mettere a fuoco le nobilitanti implicazioni
cipriote della dinastia.
45 Per la datazione del ciclo si veda Bernasconi 1981; per una disamina del dipinto dal punto
di vista iconografico: Billanovich 1973, 371–385; Collins 1982, 201–208.
46 Collins 1982, 204–205.
47 Vasari 1971, 428.
48 Gibbons 1963, 57–58; Dewald 1961, 448.
49 Collins 1982, 202–203.
25
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
Ma certo, qualora si volesse accettarne l’identificazione, la più inattesa delle
apparizioni di Caterina si dovrebbe al pennello di Lorenzo Lotto, che si sarebbe
spinto fino ad attribuire alla Vergine della pala oggi nel Duomo di Asolo le fattezze della regina (tav. 4,2).50
Alla base di questo provocante riconoscimento si collocherebbe la somiglianza fra l’inaspettatamente matura Madonna asolana e il volto della Cornaro
restituitoci dal ritratto di Budapest, nonché l’opportunità di alcuni elementi iconografici, fra cui particolarmente probante il cipresso femmina giusto al centro
del dipinto, che introduce un ineludibile rimando semantico all’isola della
regina, ovvero Cipro. La giustificazione più ovvia a tale audace sovrapposizione
ritrattistica, peraltro tranquillamente inscrivibile nella prassi comunemente
applicata del cripto ritratto,51 riposa nella suggestione che Caterina fosse stata la
committente della pala,52 che peraltro si trovava in origine in una cappella del
duomo asolano intitolata a Sant’Antonio abate per la quale la domina aveva
dimostrato una particolare dedizione, ad esempio attivandosi presso il papato
affinché l’altare venisse dotato di particolari privilegi.
Ma le motivazioni profonde che sostanzierebbero tale ipotesi sono ovviamente più sottili e stringenti, e, sia che si voglia accettare o meno tale identificazione, conducono a spostare l’attenzione su alcuni aspetti della personalità di
Caterina sfuggenti alla dimensione politica del personaggio, ma assai presenti
nell’encomiastica contemporanea e anzi oggetto di una consapevolezza pubblica
di cui la sovrana doveva compiacersi non poco. La premessa alla santificazione
lottesca riposava in effetti su un’attitudine mistica della Cornaro che, intrecciandosi alle sue più appariscenti e mai sopite inclinazioni mondane, aveva una visibilità inevitabilmente più limitata, ma non era tuttavia sfuggita ai suoi apologeti:
consueto e ricorrente negli elogi che la riguardavano era infatti ad esempio il
tema della castità, alla quale si era votata dopo la vedovanza, perseguendo per
quella via una sorta di post-verginità morale riconosciutale – sulla scorta delle
indicazioni tomistiche – come conseguenza di un proposito di pudicizia fermamente e strenuamente mantenuto. L’attivazione di un processo di sacralizzazione e identificazione della Cornaro con la vergine Maria è d’altronde un dato
di fatto riscontrabile in diverse fonti testuali, dove ad esempio si rintracciano
audaci paragoni fra la corona di Cipro portata dalla donna e la corona con dodici
stelle della Vergine nell’Apocalisse, o dove ancora si introducono similitudini
altrettanto spericolate fra lo splendore del volto di Caterina e quello della divinità.53
50 Dal Pozzolo 1990 e 1995.
51 L’ipotesi che il volto della Madonna nella pala Asolana adombrasse il ritratto di “una
defunta benefattrice della Scuola e dei suoi assistiti” è stata inizialmente affacciata da
Gentili 1985, 126.
52 In alternativa si vedano anche le proposte di riferirne la committenza alla famiglia bergamasca dei Suardi (Brusatin 1992) o alla confraternita dei Battuti (Villa 2011, 25).
53 Dal Pozzolo 1995, 101–109.
26
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
Si tratta chiaramente di suggestioni che, messe a servizio della prosopopea
dinastica, avrebbero potuto portare lontano. Ma nella pala asolana, eseguita nel
1506, risuona una più intimistica nota di malinconia, un senso del sacro che travalica le glorie mondane, e forse già un presagio di trapasso. Non stupisce dunque che su questi registri si modulassero certe scelte estreme della Cornaro,
un’ulteriore testimonianza della cui pietas, significativamente riconducibile al
pennello dello stesso Lotto, è stata recentemente individuata nell’Adorazione di
Cracovia, ove alla matura e regale Santa Caterina sarebbero state attribuite le
fattezze della nobildonna54. E che proprio in omaggio a un intimo sentire religioso potrà aver scelto di dismettere nella morte i panni fastosi e ingombranti di
regina di Cipro e domina Aceli, scegliendo quell’umile veste francescana di cui,
all’inizio, ci aveva portato memoria il Sanudo.
Bibliografia
Arbel 1993 = Benjamin Arbel, The reign of Caterina Corner (1473–1489) as a family
affair, in: Studi Veneziani 26, 1993, 67–85 (ristampa in: Benjamin Arbel, Cyprus,
the Franks and Venice, 13th–16th Centuries [Aldershot 2000], art. I).
Andrea Mantegna 1992 = Jane Martineau (a cura di), Andrea Mantegna, catalogo della
mostra, Londra – New York 1992 (Milano 1992).
Barcham 2007 = William Barcham, Il caso Cornaro, in: Il collezionismo d’arte a
Venezia. Il Seicento, a cura di Linda Borean e Stefania Mason (Venezia 2007)
183–201.
Bembo 1552 = Pietro Bembo, Della Istoria Viniziana (Venezia 1552) (ed. cons. Venezia 1747) 55–57.
Bernasconi 1981 = John G. Bernasconi, The dating of the cycle of the Miracles of the
Cross from the Scuola di San Giovanni Evangelista, in: Arte Veneta 35, 1981,
198–202.
Billanovich 1973 = Eugenio Billanovich, Note per la storia della pittura nel Veneto, in:
Italia Medioevale e Umanistica 16, 1973, 359–389.
Bodon 2003 = Giulio Bodon, “Progenies Scipionum”: una celebrazione “all’antica”
della famiglia Corner nel ciclo di eroi romani al Capitaniato di Padova, in: Bollettino del Museo Civico di Padova 92, 2003, 113–127.
Bodon 2009 = Giulio Bodon, Heroum Imagines. La Sala dei Giganti a Padova. Un
monumento della tradizione classica e della cultura antiquaria (Venezia 2009).
Bolzoni 2010 = Lina Bolzoni, Il cuore di cristallo. Ragionamenti d’amore, poesia e
ritratto nel Rinascimento (Torino 2010).
Brusatin 1992 = Manlio Brusatin, Deus faber: una fucina del XV secolo in Asolo, in:
Venezia arti, 6, 1992, 25–32.
Bulian 2001 = Lucia Bulian, Asolo, Proprietà e credito nel territorio asolano del XVI
secolo (Treviso 2001).
54 Grabski 2010.
27
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Monica Molteni
Carrer 1838 = Luigi Carrer, Anello di sette gemme o Venezia e la sua storia, considerazioni e fantasie (Venezia 1838).
Catalogue sommaire 1993 = Catalogue sommaire illustré des peintures du musée des
Beaux-Arts de Lyon (Paris 1993).
Caterina Cornaro 1989 = David Hunt – Iro Hunt (a cura di), Caterina Cornaro,
Queen of Cyprus (Londra 1989).
Caterina Cornaro 1995 = Marina Vryonidou Sofianou – Loukia Loizou Hadjigavriel
(a cura di), Caterina Cornaro the Last Queen of Cyprus 1473–1489, catalogo
della mostra, Nicosia, Porta di Famagosta, 1995 (Nicosia 1995).
Ceriana 1996 = Matteo Ceriana, La cappella Corner nella chiesa dei Santi Apostoli a
Venezia, in: Massimo Bulgarelli – Matteo Ceriana, All’ombra delle volte. Architettura del Quattrocento a Firenze e Venezia (Milano 1996) 105–192.
Chiari 1982 = Maria Agnese Chiari Moretto Wiel, Incisioni da Tiziano. Catalogo del
fondo grafico a stampa del Museo Correr (Venezia 1982).
Colasanti 1979 = Francomario Colasanti, Caterina Corner (Cornaro), in: Dizionario
Biografico degli Italiani, vol. 22 (Roma 1979) 335–342.
Collins 1982 = Howard F. Collins, Time, space and Gentile Bellini’s The miracle of
the cross at the ponte San Lorenzo. (Portraits of Catherina Cornaro and Pietro
Bembo), in: Gazette des Beaux-Arts 100, 1982, 201–208.
Cook [1915] = Herbert Cook, The portrait of Caterina Cornaro by Giorgione (finished
by Titian) (Londra s. d. [1915]).
Da Raffaello a Goya 2004 = Da Raffaello a Goya. Ritratti dal Museo di Belle Arti di
Budapest, catalogo della mostra (Milano 2004).
Dal Pozzolo 1990 = Enrico Dal Pozzolo, Lorenzo Lotto 1506. La pala di Asolo, in:
artibus et historiae 11, 1990, 89–110.
Dal Pozzolo 1995 = Enrico Dal Pozzolo, Lorenzo Lotto ad Asolo. Una pala e i suoi
segreti (Venezia 1995).
Davies 1961 = Martin Davies, The earlier Italian schools (Londra 1961).
Dewald 1961 = Ernest Dewald, Italian Painting 1200–1600 (New York 1961).
Gaier 2002a = Martin Gaier, Facciate sacre a scopo profano. Venezia e la politica dei
monumenti dal Quattrocento al Settecento (Venezia 2002).
Gaier 2002b = Martin Gaier, Königin in einer Republik. Projekte für ein Grabmonument der Caterina Corner in Venedig, in: Mitteilungen des Kunsthistorischen
Institutes in Florenz 46, 2002, 197–234.
Gentili 1985 = Augusto Gentili, I giardini di contemplazione. Lorenzo Lotto, 1503–
1512 (Roma 1985).
Gibbons 1963 = Felton Gibbons, New Evidence for the Birthdates of Gentile e Giovanni Bellini, in: The Art Bulletin 45, 1963, 54–58.
Giblet 1647 = Henrico Giblet, Historie de’ ré Lusignani (Bologna 1647).
Giovanni Bellini 2008 = Giovanni Bellini, catalogo della mostra, Roma, Scuderie del
Quirinale, 2008–09, a cura di Mauro Lucco e Giovanni Carlo Federico Villa
(Cinisello Balsamo 2008).
28
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.
Per l’iconografia cinquecentesca di Caterina Cornaro
Grabski 2010 = Józef Grabski, The Portrait of Caterina Cornaro in Lorenzo Lotto’s
Adoration of the Christ Child in the National Museum in Cracow, in: artibus et
historiae, 31, n. 61, 2010, 191–208.
Hendy 1974 = Philip Hendy, European and American paintings in the Isabella Stewart
Gardner Museum (Boston 1974).
Hill 1948/72 = George Hill, A History of Cyprus, vol. 3: The Frankish Period 1432–
1571 (Cambridge 1948, ristampa 1972).
Hochmann 1992 = Michel Hochmann, Tra Venezia e Roma: il cardinale Francesco
Corner, in: Saggi e memorie di storia dell’arte 18, 1992, 97–110 e 203–206.
Hochmann 2001 = Michel Hochmann, Les collections des familles “papalistes” à
Venise et à Rome du XVIe au XVIIIe siècle, in: Geografia del collezionismo. Italia
e Francia tra il XVI e il XVIII secolo, Atti delle giornate di studio dedicate a Giuliano Briganti, Roma, 19–21 settembre 1996, a cura di Olivier Bonfait (Roma
2001) 203–223.
Jules Romain 1978 = Jules Romain. L’histoire de Scipion. Tapisseries et dessins, catalogo della mostra, Parigi, Grand Palais, 1978, a cura di Bernard Jestaz e Roseline
Bacou (Parigi 1978).
Knox 1978 = George Knox, The Camerino of Francesco Corner, in: Arte Veneta 32,
1978, 79–84.
Lauber 2006 = Rosella Lauber, Ecco perché “Il Culto di Cibele”, un capolavoro di
Mantegna, sfugge a Venezia, e va a Londra: nuovi documenti su una delle ultime
opere dell’artista, in: Venezialtrove 5, 2006, 99–127.
Lightbown 1986 = Ronald W. Lightbown, Mantegna (Oxford 1986).
Makrykostas 2008 = Haris K. Makrykostas, Antonio Vassilacchi Aliense 1556–1629.
A Greek Painter in Italy (Atene 2008).
McHam 2007 = Sarah Blake McHam, La tomba del doge Giovanni Mocenigo: politica
e culto dinastico, in: Tullio Lombardo cultore e architetto nella Venezia del Rinascimento, Atti del convegno di studi, Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 4–6
aprile 2006, a cura di Matteo Ceriana (Verona 2007) 81–98.
Meyer zur Capellen 1985 = Jürg Meyer zur Capellen, Gentile Bellini (Stoccarda 1985).
Molmenti 1905 = Pompeo Molmenti, Un ritratto della regina Caterina Cornaro, in:
Emporium 22, 1905, 117–121.
Olivato 1973 = Loredana Olivato, Storia di un’avventura edilizia a Venezia tra il Seicento e il Settecento: Palazzo Cornaro della Regina, in: Antichità viva 12, 1973,
27–49.
Orlandini 1914 = Giovanni Orlandini, La Cappella Corner nella chiesa dei Santi Apostoli in Venezia (Venezia 1914).
Pallucchini 1969 = Rodolfo Pallucchini, Tiziano, 2 voll. (Firenze 1969).
Panizon 2007 = Ermanna Panizon, Una lettura iconografica per l’Introduzione del
Culto di Cibele a Roma di Andrea Mantegna, in: Arte in Friuli, Arte a Trieste 26,
2007, 57–64.
Pavanello 1972 = Giuseppe Pavanello, Costantino Cedini (1741–1811), in: Bollettino
del Museo Civico di Padova 61, 1972, 179–278.
29
© Waxmann Verlag GmbH. Nur für den privaten Gebrauch.

Documenti analoghi

CS Convegno Caterina Cornaro, Centro Tedesco Venezia

CS Convegno Caterina Cornaro, Centro Tedesco Venezia cooperazione con il Centro Tedesco di Studi Veneziani, con l’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini e con le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Saranno esaminati temi centrali della ...

Dettagli

Renata Salvarani Caterina Corner, l`ultima regina del Medioevo

Renata Salvarani Caterina Corner, l`ultima regina del Medioevo lapidi del figlio e del marito, nel pavimento della cattedrale di San Nicola a Nicosia, poi un corteo mesto, sudditi assiepati in silenzio lungo le strade, bambini, gruppi di persone ferme sulla ba...

Dettagli