Umberto Melotti, Migrazioni internazionali
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Umberto Melotti, Migrazioni internazionali
Umberto Melotti, Migrazioni internazionali. Globalizzazione e culture politiche. Bruno Mondatori. Milano 2004; pp.I –VII, 230 Recensione di Francesca Lazzari (Aprile 2007) Dottorato in Scienze della Cognizione e della Formazione, Cà Foscari Università, Venezia, Dipartimento di Filosofia e Teoria della Scienza – Centro di Eccellenza per la Ricerca l'Innovazione e la Formazione Avanzata ([email protected]) Review by Francesca Lazzari (April 2007) PhD in Cognitive and Educational Sciences, Cà Foscari University, Venice, Department of Philosophy and Theory of Science – Centre of Excellence for Pedagogical Research and Advanced Learning Abstract Un contributo di grande limpidezza teorica alle diverse questioni di ordine sociale, economico e culturale connesse al fenomeno epocale delle migrazioni internazionali. L’originalità del punto di vista di Melotti si fonda sull’assunto che è necessario indagare le relazioni esistenti tra migrazioni internazionali, globalizzazione e culture politiche. Il libro analizza ognuno di questi rapporti, articolandoli in tre capitoli centrali, cui si aggiungono altri due che approfondiscono il caso italiano. La globalizzazione incrementa le migrazioni, ma a loro volta le migrazioni concorrono al processo di globalizzazione economica e culturale. Per quanto riguarda le culture politiche, che esprimono l’idea di nazione e di cittadinanza, Melotti evidenzia l’influenza che esse hanno nel definire le politiche migratorie e per gli immigrati, passando in rassegna le diverse realtà dei paesi d’immigrazione, a partire da quelli europei. Infine, la globalizzazione incide in maniera rilevante proprio sulle culture politiche, rendendole progressivamente sempre più simili, come nel caso dei paesi europei, che ormai hanno affidato le competenze in materia di politiche migratorie all’Unione Europea. La convinzione di Melotti è che le politiche migratorie devono essere meno improntate a dibattiti ideologici e più ispirate a soluzioni flessibili e concrete, senza per questo rinunciare al valore di riferimento delle culture politiche. In questo senso, proprio l’Italia, che ha una cultura politica debole, potrebbe diventare promotrice di un progetto di grande respiro, promuovendo un’idea di nazione come vincolo di solidarietà suscettibile di aprirsi agli altri. Spinge in questa direzione il retaggio della funzione di crogiuolo di popoli e di culture che l’Italia ha svolto nei secoli. A contribution of great theoretical clarity to the diverse questions of social, economical and cultural order connected to the epochal phenomenon of international migrations. The originality of Melotti’s point of view is based on the assumption that it is necessary to investigate the existent relations among international migrations, globalization and political cultures. The book analyses each of these relations, articulating them in three central chapters, whereas the Italian case is looked at in an additional two chapters. Globalization increases migrations, but migrations in turn contribute to the process of economic and cultural globalization. Regarding political cultures, which express the idea of nation and citizenship, Melotti highlights the influence which they have in defining migratory policies and for the immigrants, reviewing the diverse realities of the country of immigration, starting with the European ones. Lastly, globalization relevantly affects political cultures themselves, making them progressively more and more similar, as in the case of European countries, which by now have entrusted the matter of migratory policies to the European Union. Melotti is convinced that migratory policies should be formed less by ideological debates and more inspired to flexible and concrete solutions, without thus renouncing to the reference value of political cultures. In this sense, Italy itself, which has a weak political culture, could become promoter of a project of great scope, promoting an idea of nation as a bond of solidarity susceptible to open itself to others. The role of melting pot of nations and cultures which Italy has done for centuries is a legacy which drives towards this direction. Recensione Il titolo di questo lavoro di Melotti, uno dei più autorevoli studiosi italiani in materia, inquadra in modo netto la cornice entro cui si muove la sua ricerca, un work in progress in buona parte compilativo che rimanda necessariamente al continuo aggiornamento delle normative e degli esiti del confronto tra le differenti culture politiche dei paesi d’immigrazione. Compilativo non ha una connotazione riduttiva. Intende invece rendere merito ad un libro in cui la fatica di raccogliere e sintetizzare l’enorme mole di dati riguardanti le politiche migratorie nel tempo, in diversi stati del mondo, si accompagna ad un forte riferimento teorico, frutto di un’elaborazione sviluppata a partire da precedenti lavori, che aiuta a comprendere meglio cause e problemi aperti delle migrazioni internazionali. Il punto di partenza di Melotti è che non è possibile affrontare questo tema se non si assumono in maniera preliminare, come criterio regolativo della ricerca, le relazioni esistenti tra globalizzazione, migrazioni internazionali e culture politiche: una strana trimurti (o, meglio, una cattolicissima “santa trinità”, dati gli stretti e complessi rapporti fra i suoi tre elementi) che richiede, se non il culto, almeno l’attenzione […] dei sociologi politici, che invece hanno sinora quasi completamente ignorato l’argomento o ne hanno, al più, analizzato isolatamente le singole componenti (p.VIII). 1 Quanto al significato di uno degli elementi fondanti della trimurti, il concetto di cultura politica, Melotti si rifà ad un’accezione diversa e più ampia di quella della tradizione accademica nordamericana, del tutto inadeguata al contesto europeo, alle specificità e alle profondità del suo campo storico. Preciso subito dunque che per cultura politica intendo qui l’insieme delle idee fondamentali che in un determinato paese orientano sul lungo periodo la concezione dello Stato, del popolo e della nazione, le relazioni esplicitamente o implicitamente istituite tra loro, con particolare riferimento ai rapporti fra nazionalità, eticità e cittadinanza, e i principi che regolano quest’ultima […] (p. VII). Le prime tre parti del libro analizzano le relazioni tra migrazioni internazionali e processo di globalizzazione (Cap. 1), tra le migrazioni internazionali e le culture politiche (Cap. 2) e tra la globalizzazione e le culture politiche (cap. 3). Il capitolo 4 e 5 modulano questi temi sul caso specifico italiano. Per quanto attiene alle migrazioni internazionali, Melotti individua tre fasi delle migrazioni postbelliche in Europa, che rappresentano, più che la continuazione dei vecchi flussi migratori, l’inizio di un nuovo grande processo destinato a ridisegnare sul lumgo periodo la stessa mappa etnografica del mondo (p.3). La prima fase (1945-1973) riguarda sia migrazioni intercontinentali che continentali. Le prime sono effetto di “fattori di espulsione” (gli scontri per la partizione dell’India, le drammatiche vicende legate alla decolonizzazione in Africa e ai onflitti che ne seguirono, ecc.). Le seconde, oltre che a fattori di espulsione di ordine economico, sociale e politico come in Grecia, Spagna e Portogallo, sono connesse a fattori di attrazione dei paesi di immigrazione, con particolare riferimento a quelli dell’Europa centrosettentrionale, senza tener conto poi di fenomeni di immigrazione interna come nel caso dell’Italia, con l’emigrazione dal Sud al Nord. La seconda fase delle migrazioni internazionali (1973-1982) è connessa dalla crisi della fase espansiva che aveva caratterizzato il periodo precedente. I movimenti migratori si accelerano e si estendono, nel contesto di quella nuova divisione internazionale del lavoro che comincia a profilarsi appunto in questi anni anche in come parziale risposta alla crisi (p7). Ai migranti per motivi economici, inoltre, si aggiungono numerosissimi migranti per motivi politici dalle più disparate aree del mondo. I paesi di immigrazione cominciano a chiudere le frontiere per motivi di lavoro, provocando la prima “clandestinizzazione delle immigrazioni”. Paradossalmente, i paesi dell’Europa meridionale come l’Italia, più esposti alla crisi economica e, in quanto paesi fino ad allora di emigrazione, senza politiche di chiusura delle frontiere, diventano paesi d’approdo. Infine, si aprono nuovo poli migratori, come nel caso dei paesi petroliferi del Medio Oriente e dell’Africa orientale e Occidentale. La terza fase, iniziata nel 1982, è quella attuale, caratterizzata da una ripresa economica che, per quanto alterna, è ancora in corso e dall’ aggravarsi dei fattori d’espulsione in molti paesi d’esodo, in particolare l’Africa, dove si assiste all’inasprimento di condizioni di vita, sociali ed economiche ormai senza speranza. Le migrazioni internazionali, comunque, tendono a generalizzarsi e a diventare su scala planetaria, accompagnando l’affermazione del processo di globalizzazione economica, già in atto, a dire il vero, nella fase precedente. Le relazioni tra globalizzazione e migrazioni sono di due tipi. Da una parte la globalizzazione tende a incrementare le migrazioni internazionali. In questa direzione agiscono diversi fattori. 1) I contatti reali e virtuali spingono le popolazioni dei paesi a medio grado di sviluppo la sensazione di una deprivazione relativa; 2) la presenza nei paesi in via di sviluppo, delle multinazionali, il commercio e il turismo internazionale, i media controllati o influenzati dai paesi occidentali generano la cosiddetta “socializzazione anticipata”; 3) la disgregazione sociale avviata nei paesi d’esodo dall’esportazione in loco di attività produttive; 3) l’informazione in tempo reale di possibilità di guadagno, di sistemazioni abitative, di opportunità d’ingresso regolare, di accoglimento e di assistenza, ecc. 4) l’accresciuta facilità degli spostamenti; 5) la facilità delle rimesse monetarie anche illegali ai paesi d’origine. Ma nello stesso tempo, sono le migrazioni internazionali a concorrere al processo di globalizzazione, per diversi motivi. a) costituiscono una parziale alternativa all’esportazione della produzione in aree con costo del lavoro più basso; b) moltiplicano nei paesi d’immigrazione l’offerta di bene e servizi “esotici”; c) introducono lingue, religioni usi e costumi diversi da quelli locali e concorrono alla formazione di società multietniche, multiculturali e multilinguistiche; d) contribuiscono, con le rimesse degli emigrati, ad aumentare il potere d’acquisto dei paesi di emigrazione e a farli entrare nel mercato mondiale; g) diffondono nei paesi d’origine i modelli di vita e di consumo dei paesi d’immigrazione, contribuendo a quella omologazione culturale che caratterizza la globalizzazione. 2 Nella parte del libro dedicata alle relazioni tra migrazioni culturali e culture politiche, Melotti mostra in che modo le diverse culture politiche influenzino le politiche migratorie dei paesi europei, analizzandole per ognuno di essi, in una rassegna basata, anche, su un breve excursus storico riguardante la loro nascita e formazione come Stati. Tuttavia Melotti individua nei paesi principali d’immigrazione (Francia, Germania e Regno Unito), tre modelli di riferimento. Sono modelli di gestione diversi, se non addirittura separati, per quanto concerne sia la politica d’immigrazione in senso stretto, cioè le norme relative all’ammissione degli immigrati, sia la politica per gli immigrati, cioè le misure relative al loro inserimento (p. 16). E’ significativo, comunque, che tutti e tre questi modelli (l’assimilazionismo repubblicano e universale francese, il pluralismo inglese e l’etnocentrismo tedesco) siano entrati in crisi per diversi motivi, ma sostanzialmente per l’emergere della questioni centrali dell’integrazione e della discriminazione. Questi problemi riguardano, del resto, tutte le diverse realtà e politiche migratorie nazionali, qualunque sia la cultura politica e le normative di cittadinanza che la caratterizza, basate sullo jus soli piuttosto che sullo jus sanguinis, e più o meno orientate al multiculturalismo. La rassegna si allarga anche ai grandi paesi d’immigrazione come gli Stati Uniti e il Canada, che per la loro storia sono maggiormente votati al multiculturalismo, naturalmente con caratteristiche diverse tra loro e rispetto anche ai paesi europei, come ad esempio la Svezia, dove l’ispirazione multiculturale ha alcune radici storiche particolari. La globalizzazione ha inciso profondamente sulle culture politiche di tutti i paesi, che sono progressivamente diventate sempre meno distinte. Questo vale, in particolare, per i paesi europei, sempre più soggetti, nell’ultimo decennio, alle competenze dell’Unione Europea in materia di politiche migratorie. La globalizzazione, inoltre, ha omologato la natura delle correnti migratorie verso l’Europa, rendendole simili in tutti i paesi, in quanto legate alle stesse ragioni demografiche, sociali, economiche politiche e culturali. Il risultato è che le politiche dell’immigrazione e le politiche per gli immigrati si sono notevolmente ravvicinate. Le prime risultano ormai ispirate prevalentemente alla prudenza, […] tanto da far parlare polemicamente in proposito di “fortezza Europa” […]. Le seconde risultano ormai dappertutto ispirate al principio di un’integrazione sociale con salvaguardia delle vecchie e delle nuove diversità culturali o, perlomeno, di quelle non manifestamente in contrasto con l’ordine pubblico, i diritti fondamentali della persona e l’uguaglianza giuridica […] (p. 107). La parte centrale del capitolo sulla progressiva “globalizazione” delle culture politiche è dedicata, perciò, al processo di comunitarizzazione e alla convergenza delle politiche migratorie dei paesi dell’Unione Europe, approfondendo i diversi passaggi, trattati, convenzioni che si sono succeduti negli anni, a partire dalla Convenzione di Dublino (1990) e dal trattato di Amsterdam (1997) fino Consiglio di Tampere (1999) e a diversi altri che hanno avuto come oggetto le politiche comuni in materia. Melotti conclude il libro soffermandosi sul caso italiano. Nel quarto capitolo ripercorre le tappe storiche che hanno trasformato l’Italia da paese d’emigrazione a paese d’immigrazione, e analizza lo sviluppo della specifica legislazione in materia di politiche migratorie. Non manca di evidenziare alcune caratteteristiche peculiari del contesto italiano, tra cui ad esempio, la rapidità in cui è cresciuto il fenomeno immigrazione (con evidenti ripercussioni sull’organizzazione sociale), l’esistenza di un vasto territorio “informale” per quanto riguarda i settori dell’economia e del lavoro in cui si è inserita l’immigrazione, le caratteristiche di una legislazione che sottostà ad un dibattito politico-ideologico spesso fuorviante, caratterizzato com’è dalle vuote e inconcludenti contrapposizioni tra i concetti di apertura/solidarietà e di chiusura/controllo propagandati dalle opposte fazioni politiche. Il risultato è che le legislazioni degli ultimi anni (la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini) si sono fermate ad affermazioni di principio, che non hanno avuto riscontro dal punto di vista operativo, data la scarsità di mezzi e di capacità di intervento e di controllo delle diverse autorità amministrative o di polizia preposte alla gestione concreta delle politiche dell’immigrazione e per gli immigrati. L’ultimo capitolo, infine, affronta il nodo del rapporto tra immigrazione e cultura politica in Italia. Anche in questo caso l’Italia presenta delle specificità, riconducibili sostanzialmente alla mancata costruzione di un sentimento e di una rappresentazione comune e condivisa della nazione, a differenza di quanto è accaduto negli altri paesi europei. Su questo aspetto pesano diversi fattori storici, culturali, politici. Basti ricordare il fatto che l’Italia è stata per secoli terra di dominazioni straniere e si è costituita in Stato molto tardi, e comunque attraverso elite minoritarie, senza l’apporto delle masse popolari; o che la presenza di due subculture dominanti (quella cattolica, “universale” della chiesa e quella “internazionalista” del partito 3 comunista e della sinistra in genere) erano di fatto accomunate dalla diffidenza verso lo Stato, cui non era lecito prestare la fedeltà primaria. L’opinione di Melotti è che l’Italia, grazie o nonostante la sua debolezza di cultura politica, può favorire la nascita di un modello di riferimento anche per gli altri paesi. Data la sua particolare storia, che affonda in un retaggio di civiltà, dovuto anche alla funzione di crogiuolo di popoli e di culture che la penisola ha svolto nei secoli anche malgrado sé stessa […], l’Italia potrebbe tentare di elaborare un progetto di grande respiro (p. 182). Fin dai tempi del Romanticismo e del Risorgimento l’idea italiana di nazione ha sempre avuto una sua originalità. Superando l’orientamento etnico-culturale del suolo e del sangue, proponeva un “canone nazionale” che interpreta la nazione come un vincolo di solidarietà suscettibile di aprirsi agli altri, come un corpo intermedio tra gli individui e l’umanità. Proprio questa idea aperta di nazione potrebbe dare un contributo all’elaborazione di una risposta europea alle nuove sfide poste dalla globalizzazione (p. 183). Indice Introduzione 1. Migrazioni internazionali e processo di globalizzazione (Le tre fasi delle migrazioni post-belliche in Europa. Le relazioni fra globalizzazione e migrazioni internazionali.) 2. Migrazioni internazionali e culture politiche (La Francia: l’assimilazionismo “repubblicano” e la sua crisi. Il Regno Unito: retaggio coloniale e pluralismo ineguale. La Germania: dalla precarietà istituzionalizzata a un’integrazione difficile. I tre paesi del Benelux: Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Tre paesi del Sud Europa: Spagna Portogallo, Grecia. L’Austria: un grande passato multinazionale, un incerto presente. La Svezia: fra Welfare state e multiculturalismo. Un paese candidato: la Polonia. Due altri paesi europei: la Svizzera e San Marino. Gli Stati Uniti d’America: dal “melting pot” al multiculturalismo. Il Canada: un multiculturalismo precorritore, ma parziale. L’Australia: multiculturalismo spinto e controllo dell’immigrazione.) 3. Globalizzazione e culture politiche (La comunitarizzazione delle politiche europee d’immigrazione. La convergenza delle politiche migratorie dei Paesi dell’Unione europea.) 4. Il caso italiano (L’Italia da paese di emigrazione a paese d’immigrazione. Lo sviluppo dell’immigrazione italiana sull’immigrazione. Il dibattito politico-ideologico in Italia) 5. L’immigrazione e la cultura politica italiana (L’idea italiana di nazione e l’immigrazione. L’idea italiana di “nazione: una risorsa per l’integrazione e la convivenza civile. Il retaggio italiano, una risorsa per l’Europa.) 6. Conclusione Glossario Bibliografia Nota bibliografica Indice dei nomi Note sull’autore: Umberto Melotti Umberto Melotti (1940) è Professore ordinario di Sociologia politica all'Università di Roma "La Sapienza", oltre ad essere decano per la stessa università del corso di perfezionamento in 4 antropologia culturale delle società complesse. Insegna Sociologia delle migrazioni allo Scalabrini international migration institute. Ha fondato e dirige la rivista Terzo Mondo. Bibliografia essenziale - Marx e il Terzo Mondo in Il Saggiatore, Milano, 1972; trad. inglese Macmillan, London / Humanities Press, Atlantic Highlands, N.J. - L'uomo tra natura e storia, Centro Studi Terzo Mondo, Milano, 1979, trad. spagnola Península, Barcelona - - La nuova immigrazione a Milano, Mazzotta, Milano, 1975 - L'immigrazione, una sfida per l'Europa, Edizioni Associate, Roma, 1992 - Etnicità, nazionalità e cittadinanza (Seam, Roma, 2000) L'abbaglio multiculturale (Seam, Roma, 2000) - ( con Panizza Roberto, Parenti Fabio M.) , Gli spazi della globalizzazione. Migrazioni, flussi finanziari e trasferimento di tecnologie, Diabasis 2004 5