TITOLO: Implementazione dell`attività clinica del centro Sclerosi

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TITOLO: Implementazione dell`attività clinica del centro Sclerosi
TITOLO: Implementazione dell’attività clinica del centro Sclerosi Multipla di Piacenza con diagnostica
neuropsicologica e relativa indagine sull’impatto clinico dell’eventuale disfunzionalità cognitiva nel
paziente con sclerosi multipla.
PERIODO DI RIFERIMENTO: 12 mesi
STRUTTURA PROPONENTE:
Centro Sclerosi Multipla, UOC di Neurologia, Dipartimento di Medicina d’Emergenza
Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza
RESPONSABILE PROGETTO:
Dr Paolo Immovilli,
Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza
Via Cantone del Cristo40, 29121 Piacenza, Italia
DESCRIZIONE PROGETTO:
BACKGROUND: La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria neurodegenerativa del sistema nervoso
centrale di cui non si conosco le cause patogenetiche, sebbene sia stata ormai accettata la sua
natura autoimmunitaria, che si manifesta su una base genetica con l'interazione di fattori
ambientali. La SM presenta un decorso imprevedibile e la disabilità da essa provocata è dovuta
a infiammazione e degenerazione nel SNC.
Spesso la sclerosi multipla è associata a disturbi cognitivi che conducono alla perdita del proprio lavoro o
alla ridefinizione dello stesso, a cambiamenti nel contesto familiare fino all'isolamento sociale. E'
importante anche indagare con attenzione le cause secondarie dei disturbi cognitivi quali depressione ,
fatica , insonnia, infezioni o ulteriori patologie di natura internistica.
I deficit mnesici interessano fino alla 40- 60% della popolazione clinica affetta da SM. Emerge il
relativo risparmio della memoria a breve termine. I deficit coinvolgono soprattutto le fasi di acquisizione
e immagazzinamento del materiale, con il relativo risparmio del processo di recupero. Alcuni aspetti
della memoria di lavoro sembrano essere compromessi e in parte responsabili dei deficit della memoria a
lungo termine. I risultati in letteratura evidenziano un rallentamento nell'apprendimento sia di
materiale verbale che visuo-spaziale. I processi attentivi hanno un ruolo fondamentale nel sostenere il
corretto funzionamento dei processi mnesici, il rallentamento nell'elaborazione delle informazioni, se
presente, può, in parte, contribuire alla minore efficienza della memoria di lavoro. Sono frequentemente
riferiti dalle persone affette da sclerosi multipla deficit attentivi. In articolare emerge una difficoltà nel
mantenere la concentrazione per periodi di tempo prolungati durante lo svolgimento delle comuni attività
cognitive. Molti pazienti riportano la sensazione di confusione mentale nel corso di conversazioni che si
svolgono in luoghi rumorosi e affollati, e in cui viene richiesto di prestare attenzione o di
rispondere trascurando stimoli distraenti. Riferiscono inoltre difficoltà nell'adempimento
di più compiti contemporaneamente soprattutto se caratterizzati da una certa complessità.
La competenza linguistica viene tradizionalmente considerata relativamente mantenuta e risparmiata
nella SM. Emerge una riduzione ascrivibile alla fluenza verbale, compito in cui sono fortemente
coinvolte altre capacità come la flessibilità, l'efficienza della working memory, l'accuratezza adottata nella
strategia di ricerca e di accesso al proprio lessico interno, quindi le abilità a carattere esecutivo e la velocità
di elaborazione delle informazioni. L'eloquio spontaneo può apparire povero nei contenuti e caratterizzato
da frasi connotate da una costruzione sintattica di una certa semplicità, anche a causa di ulteriori deficit
cognitivi extra linguistici. Tale aspetto è da valutare perché può portare a ricadute negative sulla propria
vita quotidiana, che possono avere conseguenze sulla relazione e comunicazione interpersonale e sulla
diminuzione di efficienza nelle proprie prestazioni lavorative. I deficit ascrivibili alle abilità di percezione
visiva paiono essere complessivamente indipendenti, dalle difficoltà ascrivibili a differenti funzioni
cognitive e da difficoltà afferenti al sistema visivo. Sono molteplici le difficoltà segnalate che possono
concernere alterazioni ascrivibili al ragionamento astratto e concettuale, alla presenza di perseverazioni, a
una ridotta capacità di pianificazione e a un’impoverita fluenza verbale. Viene inoltre segnalata una limitata
capacità di controllo e monitoraggio della propria prestazione, con possibile scarsa inibizione e ridotta
flessibilità.
La riserva cognitiva ha un ruolo come moderatore del danno cerebrale. Se è elevata consente di gestire e
arginare danno cerebrale il modo più efficace ritardandone l'espressione sul piano cognitivo e
comportamentale. Le strategie cognitive compensatorie hanno un ruolo cruciale nel mitigare il danno
cerebrale attraverso un incremento dell'attivazione di circuiti neurali già esistenti o l'attivazione di circuiti
neurali alternativi. I fattori che comunemente vengono valutati nella misurazione della riserva cognitiva
sono: la scolarità, la professione lavorativa, il quoziente intellettivo premorboso, lo stile di vita e le attività
svolte durante il tempo libero. I pazienti necessitano pertanto di un approccio riabilitativo e
comportamentale incisivo, con l'ausilio di un team dedicato dove è fondamentale la presenza del
neuropsicologo.
RAZIONALE: In quest’ottica risulta importante utilizzare strumenti oggettivi per la
rilevazione delle difficoltà cognitive . In assenza di una valutazione specifica le problematiche
neuropsicologiche possono non manifestarsi in maniera marcata nel corso della visita neurologica
routinaria ,o rimanere inespresse o sottostimate dal paziente, soprattutto se di lieve entità, sia per una
focalizzazione su altri stimoli avvertiti come maggiormente significativi sia per una comprensibile resistenza
ad accettare la comparsa di difficoltà che si riferiscono strettamente a se e al senso di efficacia
personale. Dato che l'impatto di eventuali disfunzionalità cognitive sull' interazione del paziente con la
propria realtà di vita, anche in merito alla sua adesione ai programmi riabilitativi e alle decisioni
terapeutiche, è deleterio, risulta essere importante una specifica e precoce valutazione cognitiva.
La valutazione neuropsicologica è una visita complessa . Inizialmente è necessario attuare una raccolta
anamnestica accurata e raccogliere dati relativi alla percezione di modificazione inerenti la propria
cognitività, la consapevolezza rispetto a esse e l'esplorazione di un eventuale impatto funzionale delle
stesse. Successivamente viene messa in atto un’osservazione attenta del paziente nel corso della
valutazione cognitiva, al fine di verificare la presenza di eventuali segni neuropsicologici qualitativi e le
modalità interattive del paziente e la loro adeguatezza al contesto. Tale valutazione può rappresentare
un'occasione per il paziente di esternare i propri vissuti psicologici inerenti la malattia, che potrebbero
essere meritevoli di ulteriore approfondimento. L'anamnesi psicologica e psicopatologica si articola
nell'esplorazione dei diversi momenti evolutivi della vita del paziente quali i primi anni di vita, il rendimento
scolastico, la pubertà e adolescenza, l'attività sessuale, i rapporti interpersonali, la situazione lavorativa,
abitativa e familiare, le abitudini di vita, la personalità premorbosa, eventuali episodi patologici precedenti
e l'attuale episodio psicopatologico. Il colloquio offre la possibilità di conoscere in maniera diretta la
dinamica relazionale del paziente in esame. Va considerato quale fattore integrante alla motivazione dell’
invio la fase di malattia nella quale la persona con SM si trova attualmente.
Il livello di disabilità visuo- senso-motoria è un 'ulteriore variabile da considerare, al fine
di evitare strumenti diagnostici che metterebbero in difficoltà il paziente una loro corretta esecuzione. Uno
dei sintomi frequentemente lamentati dai pazienti è la fatica fisica e mentale. Disagi psicologici assimilabili
alla depressione sembrano influenzare i processi cognitivi, soprattutto ciò che concerne la velocità di
elaborazione dell'informazione, l'efficienza della memoria di lavoro e la funzionalità esecutiva. Il disturbo
del tono dell'umore può anche influenzare la capacità del paziente di riflettere circa la propria performance
cognitiva o comunque diminuire la motivazione e l'attenzione che il paziente manifesta nel corso della
valutazione, fattori che a loro volta potrebbero tradursi in una effetto negativo sui risultati testistici.
Il significato che può essere attribuito alla valutazione, la preoccupazione e il timore che vengano
riscontrate difficoltà a livello psicometrico possono attivare vissuti di ansietà e di abbattimento rispetto ai
sintomi di malattia e portare a una condizione disagio personale. Il rispetto dei vissuti emotivi del paziente
dovrebbe guidare la fase successiva alla valutazione neuropsicologica , che consiste nella restituzione degli
esiti della visita . Tale momento permette al paziente di conoscere i risultati delle prestazioni conseguite,
devono essere formulati con attenzione al fine di accompagnarlo in una attiva comprensione delle proprie
difficoltà. Può accadere che il paziente venga sottoposto a valutazione psicometrica un momento di intenso
e di diffuso disagio rispetto alla convivenza con i sintomi della malattia. Lo psicologo, deve essere preparato
a riconoscere tali aspetti e deve eventualmente essere pronto ad arretrare qualora
comprenda sia deleterio procedere alla valutazione neuropsicologica, ma sia preferibile accogliere la
persona nella sua dimensione di disagio. È importante porre attenzione non solamente alle difficoltà, ai
disagi e ai possibili deficit riferiti dal paziente o osservati nella fase di esame, ma anche alle risorse della
persona e alle sue capacità di reagire e affrontare le situazioni complesse e di cambiamento. Lo psicologo
può utilizzare come strumenti utili alla formulazione di un parere diagnostico i test di tratto e di stato.
I primi indagano la struttura di personalità, mentre i secondi si focalizzano sulle espressioni emotive e
comportamentali del momento. La profonda e totale modificazione della vita, la consapevolezza di essere
affetti da una malattia progressivamente invalidante, l'assenza di terapie che
modifichino significativamente il decorso della malattia rendono ampiamente conto della frequenza dei
disturbi psichiatrici in questa popolazione di pazienti e in particolar modo di quelli a carattere
depressivo. Difatti le alterazioni psicopatologiche si rilevano con maggiore frequenza sono i disturbi del
tono dell'umore, la depressione maggiore è in assoluto il disturbo prevalente, seguito dalla distimia e dal
disturbo bipolare. È importante riconoscere il disturbo depressivo soprattutto se la sua presenza ha
un'influenza negativa sulla qualità di vita, sulle funzioni cognitive e sull' aderenza al
trattamento. Pertanto colloqui di sostegno psicologico individuale o di gruppo possono facilitare la
verbalizzazione e l'esternalizzazione delle emozioni negative e incidere sull' accettazione e portare a una
maggiore consapevolezza della propria malattia. La gestione dei sintomi depressivi richiede una costante
valutazione degli stessi ed eventualmente il ricorso a psicoterapia e/o a farmaci antidepressivi, importante
sarà pertanto individuare i pazienti che ne soffrono per inviarli tempestivamente da una psicoterapeuta.
Solitamente sono necessari tre incontri per poter formulare un’impressione diagnostica e per dare delle
indicazioni relative a un eventuale trattamento: una primo incontro conoscitivo, un secondo
d'approfondimento utile all'esecuzione degli strumenti psicometrici e un terzo incontro per il
completamento e la restituzione in cui, ove necessario, verranno proposti incontri di supporto psicologico
e/o di riabilitazione cognitiva.
La riabilitazione cognitiva ha il compito di ridurre disturbi cognitivi, ridurre l'effetto del danno
cognitivo sulla vita della persona e aumentare la consapevolezza del paziente e la sua capacità di tenere in
considerazione tali disturbi nel quotidiano. Il trattamento riabilitativo è orientato al raggiungimento del
massimo grado di autonomia possibile e indipendenza attraverso il recupero o la compensazione delle
abilità cognitive e comportamentali compromesse. Ciò migliorerà la qualità della vita del paziente e lo
aiuterà nel reinserimento nel proprio ambiente familiare e sociale. Ritengo possa essere utile utilizzare sia
un metodo restitutivo, volto a riportare la funzione deficitaria alla stessa efficienza premorbosa, sia
un metodo sostitutivo che ha l'obiettivo di portare le funzioni integre a vicariare la funzione deficitaria e il
metodo della compensazione funzionale attraverso il quale si ricercano strategie di
compenso. Verranno utilizzati esercizi carta- matita , vocali per intervenire sul livello di una specifica
funzione cognitiva e ausili esterni attivi ( agende, calendari, diari,..), ma anche programmi computerizzati.
Ritengo sia essenziale prendersi in carico in modo multidisciplinare della persona, ciò permette al paziente
di percepire un maggiore senso di sicurezza e di sperimentare il riconoscimento di una molteplicità di
aspetti temporaneamente coinvolti nella sua condizione di malato.
Dalle prime manifestazioni dei sintomi suggestivi di sclerosi multipla, la persona comincia un percorso di
elaborazione psicologica che la porta a riconsiderare le valutazioni fatte fino a quel momento sulla sua
vita. Inizia con il primo sintomo un nuovo percorso di vita che conduce a una nuova conoscenza di sé , ne
segue un processo di ristrutturazione rispetto al rapporto con se stessi, ma anche alle relazioni con gli
altri. Durante le fasi iniziali del processo diagnostico prevalgono sentimenti di ansia e angoscia, legati
all’incertezza sia della diagnosi sia dell'eventuale prognosi. Solitamente i sintomi depressivi appaiono più in
là nel tempo, quando la malattia e relativi sintomi si manifestano più francamente. Il doversi relazionare
con persone nuove, medici, infermieri, personale sanitario, il tutto spesso accompagnato da notizie confuse
e poco chiare, rende il periodo degli accertamenti una fase emotivamente critica, carica di aspettative,
paure e speranze, molte volte condiziona il futuro andamento della malattia e dei rapporti con il medico di
riferimento. Il più delle volte chi riceve diagnosi di SM è una persona giovane, spesso all'inizio o nel pieno
della propria vita affettiva e lavorativa.
Il momento della diagnosi determina una reazione psicologica intensa, è uno dei momenti più difficili da
affrontare sia per le persone interessate che per chi sta loro vicino. Alcuni dei sentimenti più comuni che le
persone provano dopo la diagnosi sono: paura, rabbia, frustrazione, sconforto, impotenza, colpa,
desiderio di negare ciò che sta accadendo. Generalmente, l'intensità iniziale tende a diminuire col passare
del tempo, anche grazie a una maggiore confidenza con le manifestazioni della malattia, oltre all'attivazione
di risorse personali e sociali.
Molto importante è che la persona con SM parli apertamente con i propri familiari in merito al tipo e al
grado di aiuto di cui ha bisogno. Parallelamente, dovrebbe imparare a riconoscere anche gli eventuali limiti
imposti dalla malattia, senza cercare di negarli o accanirsi nel voler svolgere le attività abituali, impiegando
le energie per cercare soluzioni alternative o per scoprire o riscoprire le proprie risorse: questo
fa sentire meglio e evita fallimenti e frustrazioni. Siccome ritengo che l’autoefficacia sia l'ingrediente per
vivere l’SM non come una condizione di malattia ma come una condizione di vita, possa essere
utile rinforzare il senso di autoefficacia attraverso incontri di supporto psicologico per sé e per la
famiglia, attraverso il confronto con altre persone con SM per conoscere le loro strategie di convivenza con
la malattia. Il passo da compiere dopo la diagnosi dovrebbe essere quello di parlare apertamente della
malattia. Questo può essere particolarmente delicato quando ci sono bambini piccoli in famiglia, i bambini
sono generalmente molto sensibili per cui capiscono subito quando c'è qualcosa che non va nei dintorni e
provano ansia, si possono sentire addirittura responsabili della malattia del genitore e provare per questo
senso di colpa. Le informazioni da fornire loro devono dipendere dall'età e dal grado di maturità.
E' stato riportato in letteratura che le famiglie che non sono riuscite a gestire la malattia e il relativo carico
derivante hanno minore grado di benessere rispetto alle famiglie che hanno affrontato i problemi connessi
alla malattia , pertanto è nell'interesse della famiglia stessa e della persona malata riuscire a gestire in
maniera efficace le difficoltà e i problemi derivanti dalla malattia. La diagnosi va comunicata direttamente
alla persona , accompagnata o meno da persone per lei significative, che possano fornire un supporto
emotivo e aiutarla a comprendere meglio le spiegazioni del medico. Tuttavia, alcuni pazienti preferiscono
essere da soli e il neurologo deve rispettare tale scelta. Un buon rapporto medico- paziente si fonda su
fiducia e rispetto reciproco ed è necessario per instaurare un fruttuoso rapporto
terapeutico: una partnership efficace può migliorare la consapevolezza del paziente, l'aderenza alla
terapia, la soddisfazione del paziente, del medico e gli esiti. Ci sono casi in cui è necessaria molta cautela
nel comunicare una diagnosi di SM: per esempio nel caso dei bambini oppure di persone instabili
emotivamente, o privi di una rete di supporto familiare o affettivo. Il medico deve essere in grado di
valutare le caratteristiche della persona che ha di fronte, prima di scegliere le parole adatte, in tale
compito può essere aiutato dallo psicologo. I requisiti essenziali per una comunicazione efficace della
diagnosi di SM sono risultati essere la personalizzazione, un setting appropriato e la continuità di
cura. Conoscere la propria malattia significa poterla combattere meglio. L'esigenza di essere
informati prioritaria per moltissime persone che hanno ricevuto diagnosi di SM. I pazienti rischiano di
vagare a vuoto cercando informazioni sul proprio stato di salute, accrescendo notevolmente lo stato di
ansia e di angoscia correlata a uno stato di malessere generale e ambiguo.
La gestione delle speranze e delle aspettative che i pazienti sviluppano nei confronti delle terapie
farmacologiche rappresenta un compito fondamentale per lo psicologo che lavora nell'ambito della sclerosi
multipla. diversi fattori influenzano l'insorgere delle aspettative nella persona malata: le informazioni che
possiede riguardo i trattamenti farmacologici, le sue convinzioni e i suoi pregiudizi rispetto alla loro
efficacia, la percezione soggettiva dei benefici legati alla terapia. A causa della crescente disponibilità e
facilità di reperire notizie, sempre più spesso le persone con sclerosi multipla hanno la possibilità di
acquisire conoscenze e di costruirsi una loro opinione sulle terapie a disposizione. Questa mole
di informazioni si somma a quelle che derivano dal confronto con le persone di riferimento o con individui
affetti dalla stessa patologia. E’ opportuno tenere presente che in questo modo la persona può
costruire credenze e pregiudizi sulla terapia senza essere sufficientemente consapevole e competente.
La persona è motivata ad accettare un trattamento solo se ha la percezione che vantaggi siano
superiori agli ostacoli e i sacrifici dovuti alla terapia siano ampiamente compensati dai benefici che ne
derivano. Inoltre l’ansia che si genera dopo la diagnosi di una malattia cronico-degenerativa come la
sclerosi multipla influenzerà le scelte del paziente nei confronti delle cure. Nella SM il rapporto medicopaziente è centrale e può influenzare il grado di elaborazione e induzione della compliance del paziente. La
scarsa adesione al trattamento può verificarsi prescrivendo trattamenti molto complessi, omettendo
informazioni e spiegazioni sui benefici o sugli effetti collaterali dei farmaci e non prestando adeguata
considerazione allo stile di vita del paziente e avendo una scadente relazione terapeutica con i propri
pazienti. Il paziente, con le sue caratteristiche di personalità, i suoi atteggiamenti, i suoi pregiudizi riguardo
all'assunzione di farmaci, le sue risorse cognitive e culturali, la sua percezione della gravità della
malattia ha un ruolo significativo e paritario rispetto al medico sul grado di adesione al trattamento nel
tempo.
Il coping si è dimostrato essere molto importante per regolare le esigenze di adattamento di malattie
croniche. I pazienti con SM tendono ad adottare strategie di evitamento e fanno meno affidamento sulle
strategie di coping orientato al compito , che rappresentano un migliore adattamento alle sfide legate alla
malattia. Inoltre, gli studi mostrano che i soggetti con SM hanno più elevati livelli di depressione e ansia
che possono contribuire ad abbassare la percezione della qualità della vita e che i soggetti con disfunzioni
attentive ed esecutive sono più inclini a usare strategie di evitamento. Per migliorare la qualità di vita dei
pazienti è necessario identificare quei soggetti che utilizzano strategie di coping inadeguate o
insoddisfacenti e aiutarle a recuperare una controllo sulla malattia, attraverso l'utilizzo di strategie più
funzionali. In generale, le strategie di coping attivo, comportamentale o emotivo, sono considerate i modi
migliori per affrontare eventi stressanti, mentre le strategie di coping di evitamento sembrano essere un
fattore di rischio per la risposta negativa di eventi stressanti. Questi risultati sottolineano l'importanza di
una valutazione globale dei pazienti con SM, che dovrebbe comprendere la valutazione dei disturbi
dell'umore, dei tratti di personalità e del funzionamento cognitivo, orientare gli interventi terapeutici, sia
farmacologici che psicosociali, per migliorare l'ansia e la depressione, e affrontare le difficoltà cognitive che
possono favorire l'utilizzo di adeguate strategie coping e migliorare la qualità della vita complessiva dei
pazienti. All'interno di un ambiente favorevole le persone con SM e le loro famiglie saranno in grado di
sviluppare e raffinare le strategie di coping che consentono loro di adattarsi alle esigenze della malattia.
Il trattamento del disagio emotivo della persona affetta da SM pertanto è di rilevanza pari alla cura del
malessere somatico e si pone come mezzo per permettere alla persona di recuperare o ricostruire una
propria identità, uscendo così dall'isolamento. Ogni paziente può mostrare , a seconda delle proprie
peculiarità di storia di attaccamento e organizzazione interna, modalità specifiche di reazione emotiva alla
malattia neurologica . Tenendo conto di ciò, il counseling psicologico può in parte coadiuvare la persona
nel superamento di un momento di particolare crisi, accompagnandola verso un migliore adattamento
nell'impatto quotidiano con i disturbi e le limitazioni causati dalla patologia. La partecipazione a qualunque
tipologia di gruppo con un supervisore, e quindi non solo i gruppi terapeutici ma anche i gruppi di autoaiuto o quelli di discussione, migliora significativamente lo stato emotivo del paziente. Il gruppo
viene vissuto dal paziente come l'ambito prediletto dove poter esprimere e condividere i propri problemi ,
consentendo al paziente stesso di acquisire una più ottimistica visione della vita in generale. Ciò può dare
adito a un globale miglioramento della sintomatologia somatica con riduzione dei livelli di fatica, minore
sensibilità al freddo e in alcuni casi maggiore efficienza motoria. Il lavoro all'interno del gruppo consente di
modificare comportamenti patologici, pensieri inadeguati ed emozioni negative, consentendo al paziente di
migliorare la propria qualità di vita e il proprio benessere psicologico.
Aiutare una persona con SM significa aiutare anche i caregivers che si occupano di lei in quanto occuparsi di
una persona con SM ha un grosso impatto in tutte le sfere della vita del caregiver e lo espone a livelli
elevati di stress e di rischio di burnout. I sintomi della malattia che creano maggiori livelli di stress nel
caregiver sono quelli di natura cognitiva e psichiatrica in quanto questi deficit minano la relazione caregiver
e assistito che, se mantenuta integra, può essere una fonte di gratificazione e motivazione per il
caregiver. Anche i problemi legati alla mobilità, i cambi di umore, l'incontinenza, il dolore causano
stress per il caregiver. I principali predittori di burnout sono la disperazione, la conflittualità nelle scelte, la
riduzione delle attività di svago e l'isolamento sociale, la quantità di tempo dedicata all'assistenza e quanto
questo impegno limita il caregiver nello svolgimento di attività personali giornaliere. I bisogni delle
persone con SM sono simili a quelli delle persone loro vicine, entrambi hanno bisogni psicosociali (relazione
con i medici, il team curante, la famiglia e gli amici), informativi sulla malattia e sulle risorse disponibili e
bisogni economici; pertanto è importante offrire supporto in queste aree a entrambi i soggetti secondo un
approccio interdisciplinare. Riuscire a identificare i nuclei delle preoccupazioni può essere il primo passo
per aiutare i partner delle persone con sclerosi multipla a sviluppare adeguate capacità di coping,
addestrandole a cercare volta per volta una possibile soluzione pratica e emotiva e a non sentirsi soli
nell'affrontare un'esperienza amorosa può diventare molto penosa. E’ necessario sviluppare percorsi di
formazione e di informazione sempre più strutturati e approfonditi sulle tematiche riguardanti non solo la
persona con sclerosi multipla ma anche i suoi famigliari e il partner in particolare, lo psicologo poi dovrà
valutare caso per caso la necessità di un intervento psicoeducativo o una vera e propria psicoterapia.
OBIETTIVI PROGETTO:
1) indagare in modo sistematico, con l’ausilio di appositi test ,il funzionamento cognitivo ed emotivocomportamentale di pazienti affetti da Sclerosi Multipla;
2) aumentare la consapevolezza di malattia da parte del paziente e dei famigliari, al fine di incrementare
una migliore compliance al trattamento e ottenere una completa adesione alle terapie proposte e
infine una conoscenza delle complicanze più frequenti nell’avanzare della malattia e della loro
gestione;
3) offrire sostegno psicologico, ove necessario, al fine di migliorare la qualità di vita percepita dai
pazienti neo-diagnosticati, dai pazienti in trattamento per la gestione degli effetti collaterali della
terapia e dai famigliari, mediante colloqui di supporto psicologico .
4) offrire, ove necessario, sedute di riabilitazione cognitiva individuale o di gruppo o incontri per
individuare strategie che migliorino l’efficienza cognitiva in ambito domestico e lavorativo.
In aggiunta il seguente progetto si pone un ulteriore obiettivo:
5) estendere la valutazione neuropsicologica anche a pazienti neo-diagnosticati, al fine da un lato di
proporre, ove possibile, precoci interventi di tipo riabilitativo e, dall’altro lato, monitorare l’andamento
del profilo cognitivo, attraverso valutazioni di follow-up.
MATERIALI E METODI:
FASE 1. I pazienti con diagnosi di SM Recidivante-Remittente (RR), Secondariamente progressiva (SP),
Primariamente Progressiva (PP) e Progressiva-Recidivante (PR) saranno selezionati retrospettivamente dal
centro SM dell’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza diretto dalla neurologa dott.ssa Guidetti, e
inviati alla/o psicologa/o per una valutazione neuropsicologica.
Per ogni paziente verrà effettuata una valutazione neuropsicologica così costituita:
a) Discussione con l’inviante
b) Colloquio psicologico clinico volto:
• all’acquisizione di dati clinici ed anamnestici circa il funzionamento cognitivo: livello di coscienza
(vigilanza, capacità di interagire con l’ambiente, orientamento spazio-temporale e personale), attenzione,
memoria, pensiero, funzioni esecutive, caratteristiche del linguaggio;
• all’acquisizione di informazioni circa l’anamnesi psicopatologica remota ed attuale;
• all’acquisizione di informazioni circa le possibili modificazioni percepite a carico dell’autonomia
personale, delle attività della vita quotidiana e della qualità di vita;
• all’acquisizione di informazioni circa la rete familiare e relazionale.
c) Somministrazione di test neuropsicologici: la scelta dei test si basa sui segni e sintomi raccolti al
colloquio e tiene anche in considerazione quanto è ritenuto in letteratura significativo per l’indagine
cognitiva dei pazienti affetti da SM. Verranno somministrate, laddove le condizioni cliniche lo
consentivano, le seguenti prove neuropsicologiche:
• BRB-NT (Brief Repeteable Battery of Neuropsychological Tests in Multiple Sclerosis);
• Test di screening: Mini Mental State Examination;
• Linguaggio: Fluenze fonemiche e Fluenze semantiche;
• Memoria a Breve Termine: Digit span ;Test di Corsi
• Memoria a Lungo Termine: Racconto di Babcock, Memoria comportamentale di Rivermead e Figura di
Rey (differita);
• Attenzione: Matrici attentive, Trial Making Test, Test di Stroop;
• Ragionamento: Matrici progressive colorate di Raven (CPM ‘47);
• Aprassia costruttiva: Figura di Rey (copia);
• Rappresentazione mentale: Test dell’Orologio;
• Problem-solving e flessibilità cognitiva: Wisconsin Card Sorting Test (WCST), Weigl Sorting Test, Frontal
Assessment Battery (FAB), Test dei Giudizi Verbali;
•Emozioni: Hospital Anxiety Depression Scale (HADS) e MSQOL-54.
d) Stesura del profilo cognitivo ed identificazione di eventuali aree deficitarie.
e) Eventuale stesura del programma riabilitativo e/o di supporto psicologico, che viene proposto al
paziente.
f) Restituzione con l’inviante.
g) Vengono poi effettuate, a cadenza circa mensile, èquipe allargate con tutti gli operatori (psicologo,
neurologo ed infermieri) del Centro SM.
Tale iter valutativo richiede mediamente un’attività complessiva per paziente di circa 6 ore.
FASE 2. I pazienti bisognosi di supporto psicologico verranno inviati dalla psicologa per effettuare colloqui
individuali, familiare e/o di gruppo di supporto psicologico.
FASE 3. I pazienti bisognosi di una riabilitazione cognitiva verranno inviati dalla psicologa per effettuare
sedute di riabilitazione cognitiva individuale o di gruppo o per individuare strategie che migliorino
l’efficienza cognitiva in ambito domestico e lavorativo.
FASE 4. Gli stessi pazienti eseguiranno i medesimi test a distanza di un anno.
COME SOSTENERE IL PROGETTO:
Attraverso il reclutamento di una risorsa dedicata al progetto, in particolare di una/o psicologa/o.