Ala Al-Aswani. Se non fosse egiziano…

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Ala Al-Aswani. Se non fosse egiziano…
Ala Al-Aswani. Se non fosse egiziano…
Mercoledì 03 Dicembre 2014 00:00
di Liliana Adamo
Sua Eccellenza, Signor Presidente,
il sottoscritto Taha Mohammad al-Shadhli desidera metterla a conoscenza dell’ingiustizia e del
torto subito agli esami di ammissione all’accademia di polizia, da parte del signor generale capo
della commissione d’esame. Ha detto il Profeta, che Dio lo benedica e gli dia pace:
“Che siano puniti coloro che salvano il ricco che ha rubato e castigano il povero, come avveniva
prima dell’islam. Se Fatma la figlia del Profeta dovesse rubare, che le venga tagliata la mano.
Abbiate fede nella parola del Profeta”.
Signor Presidente, ho studiato con impegno fino a diplomarmi con la votazione di 89/100 in
materie umanistiche e con l’aiuto di Dio ho superato tutte le prove di ammissione all’Accademia
di polizia. Signor Presidente le sembra giusto che mi venga vietata l’immatricolazione
all’accademia di polizia solo per il fatto che mio padre, uomo povero e onesto, lavora come
portiere? Non è forse una professione rispettabile?
Signor Presidente la prego di leggere questa denuncia con gli occhi di un padre affettuoso che
non consentirebbe mai che sia fatta un’ingiustizia nei confronti dei suoi figli.
Signor Presidente il mio avvenire è nelle sue mani. Confido nella sua generosa imparzialità.
Che Dio le conceda lunga vita.
Il suo sincero figlio Taha Mohammad al-Shadhli.
Per chi avesse letto per intero questa (splendida) narrazione, saprà che Taha, respinto dalla
società civile egiziana perché figlio del portiere di Palazzo Yacoubian, finirà per infoltire le già
gremite milizie islamiche, invece che fare il poliziotto come ambiva.
Ma “Palazzo Yacoubian” non è solo il libro (poi diventato film con la regia di Marwan Hamed),
più famoso e controverso mai pubblicato nel mondo arabo (così come discusso è il suo autore,
Ala Al-Aswani), l’opera più letta dopo il Corano (e il parallelo ha davvero dell’incredibile, antitesi
del contraddittorio), è una dissacrante radiografia di un Egitto mai oleografico e turistico, lontano
dai fasti del passato e dal conformismo di tanta retorica sciovinistica.
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Racconta invece, con sarcasmo variopinto e realismo, uno spaccato emblematico di una
società, quell’egiziana moderna, retroflessa e disordinata, dominata dall’ipocrisia, quanto da un
capillare, inestricabile sistema di corruzione; un paese intrappolato in una rassegnazione
quiescente, in un sistema atavico e farraginoso che finisce per fuorviare le stesse vite dei
protagonisti, metafora della società civile. Come qualcuno ha scritto, “il best seller del mondo
arabo risiede in un palazzo satanico…”. Da “Palazzo Yacoubian” alla primavera araba di Piazza Tahrir, il passo è breve e da columnist
sui giornali d’opposizione, Ala Al-Aswani, co-fondatore del Movimento Kifaya (Basta), ha
raccolto i suoi articoli, pubblicandoli in “La rivoluzione Egiziana” (Feltrinelli 2011).
Lui stesso si è recato in quella piazza, la più importante del Cairo, tra via Qasr al-Ayn, via Tal At
Harb e via Qasr el Nil, nei pressi della metropolitana (fermata Sadat), dove si erge una grande
statua ottomana e oltre, la moschea di Omar Makram. Dal 29 gennaio 2011, per diciotto giorni
consecutivi, ha vissuto tra la piazza e quelle strade, “eccetto le poche ore di sonno che mi sono
concesso e a dei momenti in cui sono andato a controllare come stesse la mia famiglia…”. E
finalmente, a protestare contro l’annosa tirannia di Hosni Mubarak, ha incontrato i “nuovi
egiziani”…
Ciò che è accaduto dopo quei momenti unici nella storia, drammatici e straordinari, è cronaca
degli ultimi anni; come altri intellettuali e senza sottintesi, Al-Aswani si è schierato a favore della
destituzione del presidente Mors?, del nuovo governo guidato dal generale Al-S?s?, della
(brutale) repressione ai Fratelli Musulmani.
Un’islamizzazione radicale in Egitto? Più rischiosa di un’occupazione militare, a tal punto
d’affermare perentoriamente di come “L’esercito mi ha anche processato, ma i Fratelli
Musulmani sono terroristi”. E dunque? E dunque, alla lunga, prevarrà il popolo…Quel popolo di
“nuovi egiziani” e tra i giovani di Tahrir c’è anche linfa per Cairo Automobil Club, suo ultimo
lavoro, da poco pubblicato in Italia.
“La rivoluzione è un cambiamento umano. Ci sono state continue ondate di creatività, dopo il
1919 sono nati grandi creativi e poi dopo il 1952. Vedo cinema e arte in ottimo stato. Per questo
ho un seminario settimanale per giovani scrittori, come il poeta Mustafa Ibrahim e vedo nuovi
documentaristi e registi in grado di liberare la televisione. Credo che abbiamo presentato un
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modello all’umanità, superando una dittatura in modo pacifico: quando ci sono trenta milioni per
le strade, loro hanno l’autorità. Ci sono stati milioni di contestatori contro la guerra in Iraq ma
nulla è cambiato, invece qui, abbiamo dimostrato che l’autorità risiede nel popolo…”.
Dopo i fatti accorsi durante il 2013 (la destituzione del presidente Morsi, le proteste, gli arresti,
le stragi indiscriminate, l’ombra lunga della guerra civile…), può apparire alquanto singolare agli
occhi di un occidentale, se parte sostanziale dell’intellighenzia egiziana, a conti fatti, si schieri
sempre più con l’esercito. Dichiarazioni simili a quella di Ala Al-Aswani, sono state riportate da
Ahmed Mourad, il giovane autore di “Vertigo”, come dell’anziano e combattivo Sonallah Ibrahim,
artefice di “La Commissione”, romanzo scritto nel 1981, fortemente critico verso i regimi
autoritari arabi…
Tuttavia, è evidente di come i Fratelli Musulmani (democraticamente eletti), abbiano, a un certo
punto, cancellato la Costituzione nel momento in cui, secondo lo scrittore, Mors? si è
comportato come “un sultano turco” e se in democrazia il diritto all’impeachment (con tanto di
raccolta di firme e manifestazioni nelle piazze), è tutt’altro che un elemento evasivo, l’esercito,
per Al-Aswani, ha protetto il paese prima che si trasformasse in un’altra Libia o in un’altra Siria.
In “Cairo Automobil Club”, lo scrittore ci presenta una monarchia dispotica nell’Egitto degli anni
Quaranta, ma, nel mal comune… anche in democrazia il rischio è nella corruzione. Non basta il
controllo ferreo sulle entrate e uscite di denaro pubblico, ma un governo del popolo, giacché
tale, urge di un vitale bisogno nel ricambio delle idee e persone, di partecipazione attiva per tutti
gli strati sociali, senza emarginazione alcuna. Un sogno, nell’attuale scenario geopolitico e non
solo in Medio Oriente. “Guardo ai paesi del Nord Europa, come esempio evidente di
democrazia: Danimarca, Svezia e Norvegia…”.
Facoltoso dentista e scrittore “povero”, Al-Aswani conosce alla perfezione il contesto in cui
colloca il suo ultimo libro, poiché in quel Cairo Automobil Club, suo padre vi aveva svolto la
professione di avvocato. In un Egitto monarchico, in realtà governato dal protettorato britannico,
l’Automobil Club è luogo esclusivo, dove, colonialisti arricchiti ostentano la loro protervia,
onorati dalla presenza di un re fantoccio quanto dissoluto, strumento occulto di un visir corrotto,
sottomesso con i potenti, tirannico con gli egiziani.
I “servi” che gravitano in questo entourage, braccati, mal pagati, malmenati, oltremodo, sono
costretti a versare tangenti per lavorare e sostenersi, delineando, insomma, quei personaggi
universali (quasi alla Victor Hugo), dove si muore di stenti ma anche per umiliazioni. Da questo
microcosmo mefistofelico nascono i primi bagliori di una “rivolta” clandestina, fomentata da una
donna, “pasionaria” e anticonformista, da un principe “primula rossa”, cui si uniscono giovani
che chiedono “rispetto”, pronti ad affrontare il carcere e la morte pur di riscattare l’Egitto.
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