Gruppi di Cure Primarie e Unità di Medicina Generale

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Gruppi di Cure Primarie e Unità di Medicina Generale
CSERMEG
Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale
Patrocinio
Comune Pianezza
ATTI 1° Seminario Operativo
24 Maggio 2008
Hotel GALLIA - PIANEZZA (To)
Gruppi di Cure Primarie e
Unità di Medicina Generale
in Piemonte
Sviluppare Integrazione
nell’Area delle Cure Primarie Piemontesi
Obiettivi Problemi Metodi Tempi
Case History : la Medicina di Gruppo di Pianezza
A cura di
S. Bernabè
G. Giustetto
M. Nejrotti
1
2
Relatori e Programma
8 30 – 9 00
AIRES E.
Assessore Sanità Pianezza
ARTESIO E.
Assessore Sanità Regione Piemonte
BENINCASA F.
MMG CSeRMEG
Discussant CSeRMEG
dal Professionista Singolo
al Gruppo
9 00 – 9 15
9 15 – 10 15
BERNABÉ S.
Referente MdG Pianezza
BIGLIA A.
Sindaco di Pino Torinese
CARUSO G.
Direttore Generale ASLTo5
CAVALLO M.R.
Risk Management Qualità ASLTo3
DEMICHELI V.
Direttore Sanità Regione Piemonte
DOTTI A.
Marketing Sanità TelecomItalia
FANÌ M.
Direttore S.C. AST ASLTo1
FERRARIS L.
A.D. Nash Design Studio
GAGLIARDI C.
Sindaco di Pianezza
GARCIA M.
Commercialista
GENOVA F.
Assessore Urbanistica Pianezza
GIUSTETTO G.
Referente MdG Pino Torinese
MAINA S.
A.D. Net@work
MANGIA M.
Consulente SIRSE Regione Piemonte
MARFORIO P.
Direttore Sanitario ASLTo3
MASSOBRIO G.
Direttore Distretto ASLTo3
MICHELIN S. D.
Direttore S.C. S. Informatico ASLTo3
NEJROTTI M.
Referente MdG Medic’Azione
NIGRO D.
Direzione Regionale Sanità Piemonte
QUAGLIA G.
Presidente CISSA
RABINO G.
Direttore Generale ASLTo3
RIPA F.
Presidente SIQuAS Piemonte
SABBI D.
Referente MdG Arquata Scrivia
VERGNANO A.
Dottore Commercialista
VIBERTI G.
Regione Piemonte
10 15 – 10 30
10 30 – 11 00
11 00 – 11 10
11 10 – 11 30
G. Giustetto
13 00 – 13 10
13 10 – 14 00
Pranzo
11 50 – 12 30
12 30 – 13 00
G. Giustetto
S. Bernabé
F. Benincasa
E. Aires
G. Quaglia
P. Marforio
G. Caruso
G. Giustetto
V. Demicheli
Sede del Gruppo
14 20 – 15 20
15 20 – 15 50
15 50 – 16 00
16 00 – 16 20
Case History Pianezzese
La Sede del Gruppo vista da:
Sindaci di: Pianezza
Pino Torinese
Assessore all’Urbanistica
ASL To3
ASL To5
discussione
conclusioni
S. Bernabé
G. Giustetto
C. Gagliardi
A. Biglia
F. Genova
G. Rabino
G. Caruso
G. Giustetto
Coffee break
Sistema Informativo,
Attività, Risultati,
Qualità & Sistema
Informatico del Gruppo
16 20 – 16 40
16 40 – 17 40
Case History Pianezzese
Il Sistema Informativo visto:
dalla Regione Piemonte
dall’ASL To3
dai 3 consulenti della
MdGP
S. Bernabé
S. Bernabé
M. Mangia
D. Michelin
L. Ferrarsi -Net@WorkTelecomItalia
17 40 – 18 20
M. Nejrotti
S. Bernabé
M. Nejrotti
Referenti
G. Viberti
M. Garcia
A. Vergnano
Coffee break
Case History Pianezzese
I servizi del Gruppo visti da :
Comune Pianezza
CISSA
ASL To3
ASL To5
discussione
conclusioni
11 30 – 11 50
18 20 – 19 00
S. Bernabè
Case History Pianezzese
Rifondare la MG
Esperienze
Costruire i GCP in Piemonte
Dal baratto ai bilanci:
l’amministrazione dei
gruppi
conclusioni
Servizi forniti dal Gruppo
14 00 – 14 20
Segreteria Scientifica e Organizzativa
Registrazione
Accountability & Quality per:
il SSR
la SIQUAS
Discussione e Conclusioni Generali
M.R. Cavallo
F. Ripa
E. Artesio
Discussant
Consiglio Direttivo CSeRMEG condotto da M. Tombesi
3
4
Sommario
Presentazione
7
Cure primarie: evoluzione storica e prospettive a trent’anni da Alma Ata
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Dal professionista singolo al gruppo di professionisti
24
I servizi offerti dal gruppo
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La case history della MG di Pianezza
Rifondare la Medicina Generale
Esperienze
Medicina di Gruppo di Parco Dora a Torino
Medicina di Gruppo di Vinovo
Medicina di Gruppo della Valle Stura
Medicina di Gruppo di La Loggia
Medicina di Gruppo di Pino Torinese
Costruire i Gruppi di Cure Primarie in Piemonte
Gli elementi critici
Dal baratto ai bilanci: l’amministrazione dei gruppi
Proposte operative
24
30
31
31
31
33
37
39
41
44
46
52
La case history Pianezzese
Dalla bottega artigiana all’ipermercato
I servizi visti dal Comune di Pianezza
I servizi visti dal CISSA
GCP: riflessioni sulle prime esperienze e prospettive
I servizi visti dall’ASL To5
53
56
63
64
66
69
La sede del gruppo
72
Il sistema informativo del gruppo
86
La case history Pianezzese
La Sede del Gruppo vista dal Sindaco di Pianezza
La Sede del Gruppo vista dal Sindaco di Pino Torinese
La Sede del Gruppo vista dall’Assessore all’Urbanistica di Pianezza
Gli elementi critici e proposte operative
La case history Pianezzese
Il Sistema Informativo
Visto dalla Regione Piemonte
Visto dall’ASLTo3
Visto dai Consulenti della MdGP: Nash, Net@Work, TelecomItalia
Accountability & Quality
Vista dal Servizio Sanitario Regionale
Vista dalla SIQUAS
72
80
81
82
86
87
90
90
95
98
105
105
107
Conclusioni
112
Bibliografia generale
117
Eleonora ARTESIO
Vittorio DEMICHELI
112
115
Le relazioni PowerPoint presentate sono disponibili sul sito dello CSeRMEG
http://www.csermeg.it/index.php?ID_nodo=504
La videoregistrazione dell’intero seminario è disponibile sul sito dell’Ordine dei Medici della Provincia di Torino
http://www.omceo.to.it/
5
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Presentazione
La Medicina Generale (MG) Italiana lavora, come previsto peraltro già dalla demografia della seconda
metà del novecento, in un contesto epidemiologico caratterizzato da un progressivo invecchiamento
della popolazione e dal carico di cronicità e non autosufficienza che l’accompagna. (le malattie croniche
rappresentano, secondo i dati forniti alla 1° Conferenza delle Cure Primarie di Bologna da Donato
Greco, il 75% dei problemi di salute degli Italiani; il rimanente 25% è rappresentato da un 15% di
traumi e da un 10% di malattie acute). Opera all’interno di una società resa più fragile dalla riduzione
della numerosità, dell’estensione e della forza delle reti famigliari e sociali che la percorrono e la
sostengono. Subisce gli effetti del processo di razionalizzazione del sistema ospedaliero, in atto ormai
da tempo, rappresentati dal continuo incremento numerico e qualitativo dei casi a media e alta intensità
clinica determinati dalla riduzione della disponibilità al ricovero e dall’incoraggiamento delle dimissioni
precoci. È costretta, a volte obtorto collo, a contribuire al contenimento del peso economico del SSN sul
bilancio di Stato e Regioni, aumentando la propria attenzione sul costo delle decisioni cliniche che
prende.
Il fatto che fumo, alcool, inattività fisica, obesità e una dieta scorretta costituiscono l’80% delle cause
delle malattie croniche indica certamente come la salute non sia solo un problema medico. La necessità
di contenere i costi umani ed economici di questo tipo di patologie ha pertanto convinto ormai tutti
della necessità di attivare interventi anche in settori e a livelli diversi da quello puramente medico, come
testimonia il Patto per la Salute siglato dal precedente Ministro della Salute con istituzioni pubbliche e
componenti della società civile (vedi allegato).
È però indubbio che anche il mondo medico-sanitario (in tutte le sue articolazioni, anche quelle
regionali e formative) sino ad oggi sostanzialmente orientato all’intervento sulle patologie acute, debba
fare la sua parte favorendo lo sviluppo di una medicina che, nella sua articolazione territoriale, sia in
grado di rispondere ad una domanda di salute del tutto nuova: non solo prestazioni on demand (la
medicina d’attesa che conosciamo da sempre) ma il mantenimento, la tutela e I controllo della salute del
Cittadino attraverso l’offerta attiva di servizi programmati e coordinati di tipo multidimensionale e
multidisciplinare (medicina d’iniziativa o proattiva).
Un mix di clinica, epidemiologia, sanità pubblica, diritto, economia e ingegneria dell’organizzazione
esercitato in modo armonico all’interno di un rapporto di cura personale di fiducia.
Una sfida epocale, che impone un profondo ripensamento della clinica e dei servizi alla persona
offerti sino ad ora dalla MG; a partire dall’organizzazione dei servizi stessi e dal debito informativo
consistente e rilevante che è necessario soddisfare per realizzare un tale esercizio professionale in modo
evidence based, etico efficiente, efficace e non ultimo consensuale e armonico con le scelte di vita delle
persone.
Per garantire immediatezza, continuità, efficacia, multiprofessionalità, capacità di presa in carico della
cronicità, integrazione socio-sanitaria e prossimità territoriale delle risposte di assistenza primaria ai
bisogni di salute dei cittadini viene, da tempo, proposto da più parti istituzionali (Governo, Regioni,
Aziende Sanitarie), società scientifiche e formazioni sindacali l’istituzione di gruppi di cure primarie
territoriali. Proposte che hanno visto negli ultimi accordi nazionali e regionali per la Medicina Generale
e la Pediatria di Libera scelta, alcune prime concrete attuazioni grazie a: 1) l’incentivazione di diverse
forme di lavoro in gruppo (Medicina in Associazione, in Rete, in Gruppo) e 2) l’obbligo per tutti (anche
per i medici non in associazione) di riunirsi in Equipe di Assistenza Territoriale (EAT).
La Federazione Italiana Medici di Famiglia (FIMMG), convinta però di essere in presenza di una
trasformazione epocale dell’area delle cure primarie, afferma la necessità di procedere rapidamente
addirittura ad una ri-fondazione della propria disciplina: la Medicina Generale. E il 9 giugno 2007
approva un documento (in allegato) nel quale pone il modello di pratica professionale in gruppo della
Medicina Generale, definito Unità di Medicina Generale, alla base addirittura dl processo di rifondazione.
In queste Unità di Medicina Generale (UMG) affluiscono i Medici di Medicina Generale (MMG)
e i Medici di Continuità Assistenziale (MCA) operanti all’interno di un medesimo territorio. Questi
Medici riuniti in UMG e coordinati, per almeno 5 anni rinnovabili, da un collega MMG contribuiscono
7
all’attivazione di una rete assistenziale sanitaria continuativa ambulatoriale (per 12 ore) e domiciliare
(per 24 ore) integrata con:
- i Medici Specialisti Ambulatoriali (MSA), i quali contribuiscono a dare, all’interno delle UMG
stessa, risposte di secondo livello alle richieste fatte dai MMG dell’UMG;
- il Dipartimento di Cure Primarie del Distretto territoriale nel quale opera;
- il Servizio di Emergenza Territoriale 118;
- gli Ospedali;
- le Strutture di Lungodegenza;
- i Servizi di Riabilitazione;
- i Servizi Socio-Assistenziali.
L’UMG fornisce ai cittadini che ne fanno richiesta (e anche coloro che per condizioni di fragilità
potrebbero avere difficoltà a richiederle e/o ad accedervi spontaneamente) prestazioni Ambulatoriali
e Domiciliari di diagnosi, cura e prevenzione (connotate per la loro componente di advocacy e
tutoraggio) rivolte sia (come già avviene) al singolo, sia a popolazioni di persone omogenee per
particolari patologie croniche e/o condizioni di rischio. Anche in questo secondo caso (popolazioni
omogenee) le prestazioni date dall’UMG sono sempre rivolte alla singola persona ma vengono offerte,
previa l’acquisizione del consenso individuale dei cittadini colpiti, all’intero di Ambulatori o
Assistenze Domiciliari Orientate (AmO) a specifiche patologie croniche e/o fattori di rischio.
L’UMG fornisce informazione sanitaria di qualità controllata alla popolazione che assiste anche in
materia di 1) azioni di prevenzione primaria e secondaria, 2) funzionamento, utilizzo e promozione dei
servizi offerti, 3) risultati raggiunti dalle azioni intraprese verso le popolazioni a rischio; tutto ciò nelle
modalità e nei tempi adeguati e opportuni per la popolazione che assiste.
L’UMG ricerca l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni che fornisce introducendo i necessari correttivi,
individuati grazie alle azioni di monitoraggio permanentemente attivo su gli indicatori di processo
(output) e gli indicatori di esito (outcome) prodotti dalle sue prestazioni.
La formazione continua delle professionalità presenti nell’UMG viene attuata attraverso la
progettazione, la stesura e la realizzazione di un Programma di Sviluppo Professionale Continuo,
individuale e di gruppo, che tiene conto degli interessi professionali individuali e delle esigenze
dell’UMG e della popolazione assistita e fa della Ricerca&Pratica il metodo di lavoro. L’UMG è sede di
tirocinio pre e post laurea, e sede di stage per master di specializzazione in ambito medico e
infermieristico oltre ad essere sede di esame, per la parte di medicina generale, di abilitazione
professionale per i medici.
Le UMG stilano bilanci annuali preventivi e consuntivi sia di attività che economici e collaborano con
gli Enti Locali alla elaborazione del Piano di Zona1.
L’Unità di Medicina Generale con il suo carattere di team multiprofessionale è certamente una
macchina organizzativa molto promettente e innovativa, ma il nuovo motore ‘ibrido’ (rappresentato da
una clinica di attesa rivolta al singolo e una clinica proattiva rivolta alle popolazioni omogenee di
singoli pazienti) richiede importanti messe a punto.
La Regione Piemonte nel suo PSSR 2007-2010 -approvato il 24 ottobre 20072- colloca i gruppi dei
MMG e PLS (dunque anche le future Unità di Medicina Generale) all’interno di forme organizzate
distrettuali del SSR che assistono 10-15.000 abitanti nominandoli Gruppi di Cure Primarie (GCP).
Nei GCP li vede collaborare oltre che al loro interno anche con 1) il personale amministrativo e
infermieristico dell’ASL, 2) il segretariato sociale, 3) le funzioni informative, informatiche e deliberative
dell’ASL, degli Enti Locali e del SSR al fine di migliorare la qualità, l’efficacia e l’efficienza non solo
della progettazione e gestione dei percorsi di prevenzione/diagnosi/cura ma anche del più generale
sistema onnicomprensivo della Salute. Inoltre con deliberazione del 21 aprile 2008, n. 15-8626, la
Giunta Regionale Piemontese ha approvato il “Programma SIRSE - Sistema Integrato Regionale di
Sanità Elettronica” demandando ad un atto successivo l’approvazione del Piano Operativo che dovrà
essere predisposto dall’AReSS (Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari) sulla base delle indicazioni
fornite da uno specifico gruppo di lavoro. Il Programma SIRSE vede il suo terzo livello -nel dominio
dei Gruppi di Cure Primarie- formato da due tipologie di sistemi applicativi dedicati uno alla medicina
di iniziativa e l’altra alla medicina d’attesa.
Questo insieme di atti deliberativi da parte della Regione Piemonte rende la sfida ancora più
importante evidenziando l’urgenza, soprattutto per le Cure Primarie, del passaggio da un sistema
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informativo socio-sanitario frammentario e incompleto ad un sistema socio-sanitario che è
informativo perché sa descriversi nel fare.
In questo ambito il sistema di cure primarie territoriali -spesso del tutto invisibile- deve riuscire a
descriversi in tutta la sua complessità non solo mentre progetta e implementa la propria offerta di
servizi ma anche mentre gestisce, attraverso di essi, la domanda di salute.
La necessità di disporre di informazioni affidabili, pertinenti e rilevanti di tipo clinico, organizzativo,
economico e infrastrutturale è vitale per una nuova Sanità Territoriale alla quale viene richiesto con
forza di essere responsabile, partecipata e visibile.
E questo potrà avvenire solo grazie ad una rete informativa orizzontale di servizi alla persona che
produca bilanci chiari e dettagliati da congrui indicatori di processo ed esito e che renda premiante,
finalmente, quel capitale sociale rilevantissimo rappresentato dalla fiducia che i cittadini hanno verso il
proprio medico di famiglia e dal valore aggiunto che quel capitale può apportare a tutte le azioni
multiprofessionali e multidimensionali volte ad aggiungere anni alla vita e salute agli anni.
Ma quali problemi, ostacoli, difficoltà, incongruenze, perplessità, norme incontra nella realtà un
gruppo che intenda realmente dare vita ad un GCP; quali le soluzioni possibili e quelle praticabili nella
realtà Piemontese; con quali tempi, regole e condizioni. Quali sono le condizioni di partenza reali dalle
quali prende l’avvio il percorso di trasformazione delle Medicine di Gruppo in Gruppi di Cure Primarie:
quali sono le risorse umane, finanziarie, giuridiche, strutturali, informatiche, formative ecc ecc a
sostegno di questa trasformazione epocale ? Per far luce su questi dati importantissimi si è deciso di
inviare ai referenti delle MMG coinvolte un questionario (qui di seguito allegato) i cui risultati, dati i
tempi strettissimi nell’organizzazione del presente seminario, saranno presentati in occasione del 2°
Seminario Operativo sui Gruppi di Cure Primarie e l’Unità di Medicina Generale, previsto per
l’autunno-inverno 2008, da parte dei curatori Diego Sabbi, Rosanna Marino e Sergio Bernabè.
Questo seminario è un invito alla discussione franca, puntuale e minuziosa per tutti gli ospiti affinché
la seconda gamba del SSN nasca e cresca forte e affidabile.
9
Questionario ai Referenti dei team di MMG
che si sono proposti per l’avvio dei GCP Piemontesi
sezione
Anagrafica
domanda
Risposta
- va digitata all’interno di questo
riquadro
- non vi sono limiti di lunghezza del
testo
Cognome e nome del Referente del Team
Recapiti del referente:
indirizzo
e-mail
Cellulare personale
ASL di competenza del team
Composizione
Nr. di Medici partecipanti
MMG
PLS
Altri (indicare il numero e
professione/ruolo)
Nr. di assistiti in carico al team
distinti per MMG e PLS al 31.12.2007;
Totale di tutti i MMG
Totale di tutti i PLS
Nr. di abitanti dei comuni coinvolti
distinti al 31.12.2007 in
≤ 14 anni
≥ 15 anni
10
Numero dei Pls che hanno aderito al team
nel caso che nessun Pediatra abbia aderito
al team descrivere (se possibile) perché:
Ambulatorio
di proprietà
di (Medici, Società,
…)
Ambulatorio
in Locazione da
(privato, ASL,
Comune …)
Superficie
in mq
Densità abitativa
ab/km2
nr. MMG
presenti
nr. PLS
presenti
Tab di descrizione degli ambulatori
Comune
Studio decentrato
Studio principale
studio
Ambulatori/sede
1
2
3
4
5
6
Sede comune del
Gruppo di Cure
Primarie
La sede comune è:
a) già presente,
b) in fase di costruzione,
c) in fase di progettazione,
d) in fase esplorativa,
e) neppure ipotizzata,
f) neppure ipotizzabile
(cancellare le ipotesi non pertinenti e
descrivere lo stato dell’arte)
Quale è la collaborazione con il
Distretto/ASL nello sviluppo del progetto
?
Quali e quali figure professionali si prevede
saranno presenti in questa sede ?
Quale è il modello di organizzazione dei
servizi che si prevede implementare in
quella sede ?
11
Quale tipo di collaborazione si prevede con
il Distretto e il suo personale ?
Quale è il modello organizzativo, gestionale
ed economico previsto per la
realizzazione e la conduzione della sede
comune ?
In che modo e in quale misura la
progettazione/ristrutturazione della sede
comune è stata subordinata al modello di
organizzazione dei servizi descritto più
sopra ?
Tipologia del
Team
Personale
In associazione (secondo ACN e AIR)
Descrizione (per sommi capi) delle
attività cliniche, amministrative,
informative, formative progettate o svolte
in comune (è possibile allegare relazioni
di approfondimento relative ai singoli
punti su fogli separati
– questo testo può essere cancellato).
In rete (secondo ACN e AIR)
Descrizione (per sommi capi) delle
attività cliniche, amministrative,
informative, formative progettate o svolte
in comune (è possibile allegare relazioni
di approfondimento relative ai singoli
punti su fogli separati
– questo testo può essere cancellato).
In gruppo (secondo ACN e AIR)
Descrizione (per sommi capi) delle
attività cliniche, amministrative,
informative, formative progettate o svolte
in comune (è possibile allegare relazioni
di approfondimento relative ai singoli
punti su fogli separati
– questo testo può essere cancellato).
Nr. personale segretariale
Attività (elenco e sede) svolte dal personale
di segreteria
Nr. personale infermieristico
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Attività (elenco e sede) svolte dal personale
infermieristico
Nr. altro personale
Attività (elenco e sede) svolte da altro
personale
Chi ha assunto il personale ?
Come è stato assunto il personale ?
Chi si occupa degli adempimenti previsti
dalla legge 626 ?
Il personale ha avuto della formazione ?
Il team fornisce servizi con la
collaborazione di personale dipendente
dall’ASL ? quale tipo di servizi ? con quale
livello, tipo impegno di collaborazione ?
con quale risultato ? con quali problemi ?
È attiva una collaborazione con i servizi
socio-assistenziali ? quali ? con quali
modalità , obbiettivi e risultati ?
Assetto
Amministrativo
Forma giuridica del team di medici
Il Tema dei medici è supportato da una
società di servizi (se sì indicare quale tipo:
coop, srl, … e allegare i documenti
societari e l’ultimo bilancio)
Il team si avvale della consulenza di un
commercialista comune ?
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Se il team non è affiancato da una società di
servizi come vengono ripartite le spese ?
secondo quali criteri ? con quali risvolti
fiscali ? per chi ?
Come vengono gestite le indennità per il
personale previste dagli accordi ?
Le coperture assicurative attive sono
personali dei singoli medici oppure sono
state contratte assicurazioni comuni ? per
cosa ?
Telefonia
Descrizione della tecnologia a supporto
della modalità di ricezione delle visite
domiciliari, degli appuntamenti e
dell’accesso urgente per i singoli medici
e/o per il team se comune e dei contatti
fra i membri del team stesso
Sistema
Informativo/Infor
matico
14
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Cure primarie: evoluzione
storica e prospettive a
trent’anni da Alma Ata
Gavino MACIOCCO - Dipartimento di Sanità Pubblica - Università di Firenze
da Toscana Medica 2008; 6: 35-41
http://www.ordine-medici-firenze.it/xtoscanamedica.asp
Sommario.
La Dichiarazione di Alma Ata (settembre 1978) ha rappresentato una svolta nella definizione del
concetto di cure primarie, sostenendo la necessità del passaggio dal tradizionale modello bio-medico
(basato sulla cura dei singoli episodi di malattia e su un approccio medico paternalistico) a un modello
bio-psico-sociale (basato sulla prevenzione, sulla continuità delle cure, sulla costituzione di team
assistenziali e su un ruolo diretto dei pazienti nella gestione delle malattie).
A distanza di trent’anni questa proposta risulta assolutamente attuale e l’unica in grado di rispondere
efficacemente alla sfida posta dai cambiamenti epidemiologici (prevalenza di malattie croniche) e sociali
(crescita delle diseguaglianze nella salute) e culturali (richiesta dei pazienti di maggiore informazione e
autonomia).
1. Cure Primarie1: le radici nel Regno Unito.
Il termine Primary Care venne per la prima citato nel Dawson Report3 (1920), un documento che
disegnava la rete dei livelli assistenziali nelle città inglesi , con il livello di base rappresentato dai
Primary Health Centers, quali “istituzioni equipaggiate con servizi preventivi e curativi diretti dai
medici di famiglia di quel distretto” Solo alcuni decenni dopo, nel 1948, all’atto dell’istituzione del
National Health Service (NHS), tutti i cittadini britannici avranno diritto all’accesso gratuito ai servizi
di cure primarie (Primary Care). Da notare che storicamente nel NHS la Primary Care includeva due
differenti tipologie di servizi:
a) i servizi erogati dai medici di famiglia, dai dentisti, dagli optometristi e dai farmacisti di comunità
gestiti dal Family Health Services Authority (FHSA);
b) i servizi sanitari di comunità (community health services) erogati attraverso le infermiere, le assistenti
sanitarie, fisioterapisti, chiropodisti e altri operatori, gestiti dal District Health Authority
(DHA).
2. La nozione di Family Medicine in USA
Nel 1961 sul New England Journal of Medicine compare un articolo “The Ecology of Medical Care”,
di Kerr White e coll.4 dove si sostiene che i tradizionali indicatori di sanità pubblica, quali i tassi di
mortalità e morbilità, non descrivono adeguatamente il fabbisogno di assistenza di un sistema sanitario.
Partendo da questa constatazione gli Autori studiarono un campione di popolazione nel Regno Unito e
negli USA per evidenziare l’esperienza di malattia delle persone e i corrispondenti livelli di assistenza
medica. I risultati in sintesi furono i seguenti : in un anno su 1000 persone, 720 si rivolgevano alle cure
primarie, 100 venivano ricoverate in un ospedale generale, 10 in un ospedale universitario. Gli Autori
rilevarono che la formazione universitaria non si faceva carico della vera esperienza di malattia dei
1 Il termine “cure primarie” è l’equivalente italiano di “primary care” o “primary health care” (letteralmente: “assistenza
primaria” o “assistenza sanitaria primaria”, sinonimo anche di “assistenza sanitaria di base”).
16
pazienti, concludendo che maggiore attenzione andava rivolta alla “primary, continuing medical care”,
rispetto alle attività ospedaliere e specialistiche. Negli USA, la nascita delle cure primarie come
disciplina accademica, nell’accezione di Family Medicine, deve molto all’articolo di Kerr White. La
Family Medicine nasce negli anni ‘70 in un periodo storico irripetibile della storia della sanità americana,
quello dell’istituzione dei grandi programmi pubblici di copertura sanitaria (Medicare, a favore degli
anziani, Medicaid a favore di alcune categorie di poveri); nasce sotto la spinta di un gruppo di medici
visionari convinti della necessità di contrapporre un modello bio-psico-sociale al paradigma dominante
della medicina ultra-specialistica. I contenuti della nuova Medicina di famiglia americana furono il frutto
del lavoro di tre commissioni, i cui prodotti sono noti come “Folson Report”5, “Millis Report”6 e “Willard
Report”7, tutti pubblicati nel 1966.
Una moderna Medicina di famiglia che, in accordo con tali elaborazioni, deve:
1. Fornire a ogni paziente un medico personale e garantire che esso rappresenti il punto di entrata nel
sistema sanitario;
2. Erogare un set completo di servizi: valutativi, preventivi e clinici generali;
3. Assicurare una continua responsabilità nei confronti del paziente, incluso il necessario
coordinamento dell’assistenza al fine di garantire la continuità delle cure;
4. Operare nei confronti degli individui avendo presenti i bisogni e le preoccupazioni della comunità;
5. Fornire un’assistenza appropriata ai bisogni fisici, psicologici e sociali del paziente nel contesto
della famiglia e della comunità.
3. La Conferenza di Alma Ata
Nel 1978 l’Organizzazione Mondiale della Sanità convoca ad Alma Ata, capitale della repubblica
sovietica del Kazakhstan, una Conferenza Internazionale sulla Primary Health Care (PHC)8,
Si tratta di un evento storico per diversi motivi: a) è la prima volta che i rappresentanti di tutti i paesi del
mondo si ritrovano per definire una cornice di riferimento per la promozione e lo sviluppo di
un’assistenza sanitaria onnicomprensiva e per tutti; b) è la prima volta che vengono affrontati in un
consesso così ampio e qualificato i problemi sanitari dei paesi più poveri, molti dei quali recentemente
usciti da un lungo periodo di oppressione coloniale; c) è quindi l’occasione per collegare fortemente i
temi della salute con quelli dello sviluppo e riaffermare con forza che “la salute, come stato di benessere fisico,
mentale e sociale e non solo come assenza di malattia o infermità, è un diritto fondamentale dell'uomo e l'accesso ad un
livello più alto di salute è un obiettivo sociale estremamente importante, d'interesse mondiale e presuppone la
partecipazione di numerosi settori socio-economici oltre che di quelli sanitari”.
La Conferenza produce un documento finale, ricco di raccomandazioni, e una Dichiarazione che, nella
sua solennità, riassume le principali indicazioni scaturite dall’Assemblea9. Il messaggio più forte e
significativo è contenuto nella definizione stessa di PHC:
L'assistenza sanitaria di base è quella assistenza sanitaria essenziale fondata su dei metodi e delle tecnologie
pratiche, scientificamente valide e socialmente accettabili, resa universalmente accessibile agli individui e alle famiglie
nella collettività attraverso la loro piena partecipazione a un costo che la collettività e i Paesi possono permettersi ad
ogni stadio del loro sviluppo nello spirito di autoresponsabilità e di autodeterminazione.
L'assistenza sanitaria di base fa parte integrante sia del Sistema sanitario nazionale di cui è il perno e il
punto focale. È il primo livello con cui gli individui, le famiglie e la collettività entrano in contatto con il Sistema
nazionale sanitario avvicinando il più possibile l'assistenza sanitaria ai luoghi dove le persone vivono e lavorano, e
costituisce il primo elemento di un processo continuo di protezione sanitaria.
L'assistenza sanitaria di base coinvolge oltre al settore sanitario, tutti i settori e gli aspetti correlati allo
sviluppo nazionale e della comunità, in particolare l’agricoltura, l’allevamento, l’alimentazione, l’industria,
l’educazione, la casa, i lavori pubblici, le comunicazioni, e altri settori; e richiede lo sforzo coordinato di tutti questi
settori.
Gli indirizzi politici della Conferenza - ugualmente rivolti sia ai paesi in via di sviluppo, che ai paesi
industrializzati - si possono sintetizzare nei seguenti punti:
1. L’attenzione all’equità deve rappresentare il cuore delle strategie sanitarie, sia per ragioni di
principio che di sostenibilità;
17
2. Le decisioni che riguardano i servizi sanitari devono essere fatte con il coinvolgimento delle
comunità, sia per motivi di giustizia che al fine di garantire servizi appropriati e accettabili;
3. Le strategie sanitarie devono incorporare un approccio preventivo, accanto a quello curativo;
4. L’attenzione ai determinanti della salute richiede la promozione di strategie intersettoriali più ampie
del tradizionale approccio bio-medico;
5. Il crescente divario tra risorse disponibili e bisogni della popolazione rinforza la necessità di
adottare tecnologie appropriate10.
4. Il post-Alma Ata
Passano pochissimi anni dall’evento di Alma Ata e il panorama economico-politico mondiale cambia
radicalmente. Gli anni ottanta infatti segnano l’inizio dell’egemonia del pensiero neo-liberista, anche in
campo sanitario. La Banca Mondiale attacca frontalmente le conclusioni della Conferenza: quel tipo di
PHC è troppo costoso per i paesi in via di sviluppo (e questi paesi devono spendere quasi niente per la
sanità) e va sostituito con un modello diverso, basato su un numero molto ristretto e selezionato di
interventi (selective PHC, in alternativa alla comprehensive PHC).
Il dibattito sulle due diverse strategie della PHC ne sottendeva un’altro: quale doveva essere il modo
migliore di organizzazione ed erogazione dei servizi sanitari, orizzontale o verticale? Dove l’approccio
orizzontale si propone di affrontare i problemi di salute della popolazione con la creazione di un solido
sistema permanente di servizi sanitari generali di primo, secondo e terzo livello, e dove invece
l’approccio verticale tende ad affrontare i diversi problemi di salute con l’istituzione di organizzazioni ad
hoc. In sostanza l’approccio orizzontale - osserva J. De Maesener - è focalizzato sulle persone e sulla
comunità, quello verticale sulle malattie11. Le grandi agenzie internazionali, dalla Banca Mondiale
all’Unicef, dagli anni ‘80 optarono per l’approccio verticale, annullando di fatto il ruolo della PHC nei
paesi che dipendevano dai prestiti e dagli aiuti internazionali.
Nei paesi industrializzati la proposta che proveniva da Alma Ata fu considerata irrilevante. Vari fattori
contribuirono a far archiviare anche nel Nord del mondo le conclusioni di Alma Ata: il contemporaneo
forte sviluppo del settore ospedaliero, delle biotecnologie e dell’industria farmaceutica; la minore
attrazione della medicina generalista rispetto a quella specialistica; il calo generale di attenzione e di
tensione morale verso i valori di giustizia sociale ed equità. Inoltre osserva ancora J. De Maesener: “The
primary health care strategy failed, to a large extent, to take the clinicians on board” (“la strategia della PHC fallì,
in larga misura, nel convincere i medici”).
Eppure non mancarono i tentativi di portare a bordo della PHC i clinici.
Il 2 giugno 1986 un medico finlandese, Hunnu Vuori, responsabile del settore ricerca e sviluppo
dell’OMS, - a nome del Direttore Generale H. Mahler - presentò al congresso del Wonca
(l’organizzazione mondiale dei medici di famiglia) le ragioni della PHC12. “E’ diventato dolorosamente chiaro,
particolarmente nei paesi in via di sviluppo, che è impossibile garantire il diritto alla salute a ogni cittadino - un principio
affermato nella costituzione di molti paesi di nuova indipendenza - attraverso una medicina altamente tecnologica. Anche i
paesi industrializzati - afferma Vuori - si trovano di fronte a un impasse. Nessun paese è ricco abbastanza per erogare a
tutti i cittadini ogni cosa che la medicina moderna può offrire. E’ necessario trovare alternative che siano socialmente
accettabili, costo-efficaci ed economicamente sostenibili. La soluzione a portata di mano è la PHC. Questa e l’unica strada
per realizzare la giustizia sociale nei confronti delle malattie”.
H. Vuori, sostenendo che la PHC doveva essere considerata una strategia per organizzare l’assistenza
sanitaria ed insieme la filosofia che avrebbe dovuto permearla, sottolineò l’importanza di un cambio di
paradigma: il passaggio dalla Primary medical care alla Primary health care (Tabella 1).
5. Cure primarie e contenimento della spesa sanitaria
Rudolf Klein ha paragonato le trasformazioni dei sistemi sanitari, avvenute dagli anni Ottanta in
poi in ogni parte del mondo, a una sorta di epidemia planetaria13. Una potente motivazione alla
ristrutturazione dei sistemi sanitari va ricercata nella necessità di far fronte ai costi derivanti dai crescenti
consumi, alimentati dall’estensione del diritto di accesso ai servizi, dall’invecchiamento della
popolazione e dall’introduzione di nuove bio-tecnologie. L’esigenza di contenere i costi, eliminando le
spese inappropriate o inutili e dando più efficienza al sistema, si accompagnò ad un altro tipo di spinta,
18
di ordine politico/ideologico: la tendenza alla privatizzazione e all’introduzione del mercato, secondo le
linee di politica neo-liberista già segnalata in precedenza.
Tabella 1. Dalla Primary medical care alla Primary health care
Da
Verso
Focus
Malattia
Cura
Salute
Prevenzione, assistenza, cura
Contenuti
Trattamento
Problemi episodici
Problemi specifici
Promozione della salute
Continuità delle cure
Assistenza globale
Organizzazione
Specialisti
Medici che lavorano da soli
Medici di famiglia
Con il supporto di altro personale
Costituzione in team
Responsabilità
Settore sanitario autonomo
Dominanza delle professioni
Ricezione passiva dei pazienti
Collaborazione intersettoriale
Partecipazione comunitaria
Auto-responsabilità
La coincidenza cronologica dei due tipi di pressione (“più efficienza” e “più mercato”) ebbe
l’effetto di dare più forza e giustificazione al secondo, attraverso il seguente ragionamento: solo
applicando le regole del mercato, iniettando cioè potenti dosi di competizione e privatizzazione, il
sistema può diventare efficiente.
Gli effetti di questa onda d’urto sui sistemi sanitari delle circa 200 nazioni del mondo sono stati
differenti, asimmetrici. Il mercato della salute, con i suoi corollari (privatizzazioni, sviluppo delle
assicurazioni commerciali, profonde diseguaglianze nella salute e nell’accesso ai servizi sanitari) è
dilagato, interessando i paesi più popolosi del pianeta - dalla Cina all’india, dalla Russia al Brasile - e
devastando i sistemi sanitari dei paesi più poveri, particolarmente quelli dell’Africa sub-Sahariana.
A distanza di 30 anni dalla Dichiarazione di Alma Ata i paesi che nel mondo attuano politiche
universalistiche in campo sanitario sono rimasti una piccola minoranza, interessando meno del 20%
della popolazione mondiale. Questa minoranza è rappresentata dai paesi con sistemi di welfare dalle
radici molto robuste, rafforzate da un sistema di valori - es: il riconoscimento della salute come diritto condiviso dall’intera comunità nazionale (Europa occidentale, Canada, Giappone Australia, Nuova
Zelanda, per citare i più importanti paesi industrializzati).
Ebbene anche nei sistemi sanitari di questi paesi l’impatto delle riforme è stato determinante ed non ha
risparmiato l’area delle cure primarie e della medicina di famiglia.
Il caso più noto - un vero e proprio caso scuola, imitato da altri sistemi sanitari - è quello inglese dove la
riforma del governo conservatore del 1991 ha prodotto una netta separazione tra livello di
programmazione e committenza (affidato alle Health Authority - l’equivalente delle nostre ASL - e ai
general practitioners) e quello di produzione-erogazione (affidato agli Hospital Trust - l’equivalente delle
nostre Aziende Ospedaliere).
Uno dei principali obiettivi della riforma era quello di coinvolgere i medici di famiglia nel governo della
domanda e - attraverso la formula del Fundholding - nel contenimento dei spesa sanitaria (soprattutto sul
versante della spesa farmaceutica e per consulenze specialistiche) .
Negli anni novanta cure primarie e medici di famiglia - non solo nel Regno Unito - vengono messi
sotto pressione; essi devono rappresentare il filtro, meglio ancora la diga, verso l’accesso alle più
costose cure secondarie (gate-keeping). La valutazione delle cure primarie e dei medici di famiglia avviene
quasi unicamente su indicatori di spesa e di efficienza. In questo stesso periodo, negli USA la spinta sul
contenimento dei costi assume aspetti particolarmente inquietanti: alcune HMOs (for-profit) arrivano a
minacciare il licenziamento di quei i medici di famiglia che non riescono a limitare l’uso dei servizi dei
propri assistiti14.
19
6. Nuovo Millennio, nuovo approccio alle cure primarie
6.1. La tensione verso il cambiamento
Dal 2000 le politiche nei confronti delle cure primarie in generale e della medicina di famiglia in
particolare cambiano decisamente segno, anche a seguito di analisi e di valutazioni della realtà che non
si limitano, come negli anni ‘90, agli aspetti contabili e di efficienza.
Si scrutano gli scenari futuri (nelle diverse prospettive: epidemiologica, demografica, socioantropologica) e si scopre che il modello tradizionale di assistenza sanitaria - bio-medico, paternalista,
basato sull’attesa e focalizzato sull’assistenza alle patologie acute - è sempre meno in grado di affrontare
con successo le sfide di una realtà in rapido cambiamento.
“Lo status quo non è più sostenibile. Se noi vogliamo soddisfare i bisogni di salute dei nostri pazienti negli anni a venire,
noi dobbiamo produrre un cambiamento radicale nella qualità, nell’organizzazione, nell’erogazione dei nostri servizi”,
con queste parole si apre un recente documento dei medici di famiglia britannici intitolato “The Future
Direction of General Practice”15.
Toni simili sono stati usati in un analogo e contemporaneo documento dei medici di famiglia italiani:
“Non è più procrastinabile un cambiamento sostanziale della nostra realtà professionale. Per ottenerlo dobbiamo investire
tutte le nostre energie”16.
I fattori che premono verso il cambiamento - rendendolo “non più procrastinabile” - sono molteplici. Ne
elenchiamo qui i tre più importanti.
1. Il ruolo dei pazienti. “L’opinione del medico non è più vista dai pazienti come sacrosanta”. Questa
fulminante constatazione, tratta dal sopra-citato documento dei medici di famiglia britannici, pare
racchiudere vari ed opposti sentimenti: sorpresa, sgomento, meraviglia, smarrimento, desiderio di
rinnovamento, nostalgia del passato. La presa d’atto, forse tardiva, di una situazione che vede gli assistiti
- in misura sempre maggiore - non solo reclamare i classici (ma spesso ancora trascurati) elementi di
supporto alla cura quali il rispetto della dignità, della riservatezza, del consenso, dell’autonomia, ma
anche esigere, e quindi ricercare attivamente, l’accesso diretto alle informazioni per acquisire le
conoscenze, e talora le abilità, necessarie per essere partner attivi nel processo assistenziale e per
partecipare alle decisioni che riguardano la loro salute.
2. Le malattie croniche. Sebbene i tassi di mortalità per malattie croniche stiano diminuendo, la
prevalenza di queste patologie è in netta crescita. Una crescita alimentata dall’effetto congiunto di due
fenomeni: a) l’invecchiamento della popolazione (l’approssimarsi all’età della pensione della generazione
del baby-boom accentuerà nei prossimi decenni tale processo); b) la crescente esposizione a fattori di
rischio di carattere ambientale e sociale. Il dato sull’obesità è certamente quello più eclatante per la
rapidità con cui tale condizione si sta diffondendo in tutto il mondo, in particolare tra la popolazione
americana, e per le drammatiche conseguenze in termini di co-morbilità17 e di effetti sulla longevità; essa
infatti potrebbe registrare in USA, per la prima volta negli ultimi due secoli, l’interruzione della sua
costante crescita18. Le strategie per affrontare adeguatamente le malattie croniche sono ben diverse da
quelle attuate per la malattie acute: richiedono, come vedremo in seguito, un diverso ruolo delle cure
primarie basato sulla medicina d’iniziativa e un’attenzione del tutto particolare nei confronti dei
determinanti sociali della salute.
3. Le diseguaglianze nella salute. Le iniquità sociali nella salute sono in costante crescita e
spiegano una parte sostanziale del totale carico di malattia anche nei paesi dell’Europa occidentale, tutti
dotati di robusti sistemi pubblici di welfare19. In Svezia circa un terzo del carico totale di malattia è il
risultato delle iniquità socioeconomiche in salute. In entrambi i sessi, gran parte del carico differenziale
di malattia ricade sui lavoratori non qualificati. La cardiopatia ischemica è la patologia che
maggiormente differenzia la mortalità tra i gruppi meno e più avvantaggiati della società.
Conseguentemente gli sforzi per ridurre le iniquità nella salute dovrebbero essere viste come
un’importante strategia per migliorare lo stato generale medio della popolazione. In molti paesi sta
diventando chiaro che miglioramenti nella salute della popolazione generale non possono essere
raggiunti senza sforzi aggiuntivi per ridurre le iniquità sociali nella salute all’interno del paese20.
20
6.2. Le linee di analisi
La basilare rilevanza di queste tematiche ha prodotto nell’ultimo decennio tre diverse - ma
interdipendenti - linee di approfondimento concettuale (nonché di sperimentazione e ricerca) sul ruolo
delle cure primarie.
Patient-centered primary care. Nel 1998 si tenne a Salisburgo un seminario di 5 giorni a cui
parteciparono 64 rappresentanti di 29 paesi, appartenenti a varie categorie: operatori sanitari, ricercatori,
rappresentanti di gruppi di pazienti, giornalisti, giuristi, artisti. Il tema dell’incontro era il rapporto tra
pazienti e terapeuti nell’assistenza sanitaria; le conclusioni furono sintetizzate nella linea-guida: “Nothing
about me without me” (“Niente che riguardi me senza di me”)21. Il seminario di Salisburgo è considerato il
punto di partenza di un vasto movimento finalizzato a promuovere una più larga e decisiva presenza
dei pazienti nei processi assistenziali che li riguardano, soprattutto attraverso lo strumento
dell’informazione. Motori dell’iniziativa sono stati l’Harvard Medical School (http://cme.hms.harvard.edu)
e altre istituzioni di ricerca e advocacy americane come The Commonwealth Fund
(http://www.commonwealthfund.org) e The Institute of Medicine (http://www.iom.edu/).
Nel 2005 viene pubblicato un importante contributo del Commonwealth Fund che specifica il ruolo
delle cure primarie nel promuovere un’assistenza sanitaria centrata sul paziente22. Cure primarie coerenti
con questa impostazione devono: a) offrire agli assistiti le massime facilitazioni nell’accesso ai servizi,
utilizzando ampiamente strumenti come telefono, e-mail e internet nelle relazioni tra pazienti e
professionisti; b) coinvolgere i pazienti nei processi assistenziali attraverso il più ampio accesso alle
informazioni, il counselling e il supporto all’autocura; c) allestire sistemi informativi - accessibili anche
ai pazienti - in grado di documentare i risultati (e la qualità) degli interventi sanitari; d) organizzare
sistemi di follow-up e reminding che agevolino il controllo dei processi di cura, in particolare nel campo
delle malattie croniche; e) garantire il coordinamento delle cure (tra i diversi professionisti) e la
continuità dell’assistenza (tra differenti livelli organizzativi, es, tra ospedale e territorio).
Nel 2006 l’American College of Physicians pubblica un fondamentale documento di indirizzo sulla
riqualificazione delle cure primarie negli USA, intitolato: “The Advanced Medical Home: A PatientCentered, Physician-Guided Model of Health Care”23.
L’interpretazione inglese del termine patient-centered è patient-led. E “A patient-led NHS”24 è il titolo del più
recente piano sanitario nazionale, dove il primo obiettivo strategico è quello di garantire ai pazienti più
informazioni e più scelte, oltre che più qualità e sicurezza.
Chronic Care Model. Il Chronic Care Model, elaborato dal Prof. Ed. Wagner, direttore del MacColl
Institute for Healthcare Innovation, è stato originalmente sperimentato presso una HMO di Seattle, la Group
Health Cooperative, ed è frutto di una revisione della letteratura e delle evidenze scientifiche effettuata da
un panel di esperti. Il modello è basato sul principio che nello sviluppo di una buona assistenza per i
pazienti cronici è importante agire su sei fondamentali elementi25.
1. Le risorse della comunità. Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie
devono stabilire solidi collegamenti con le risorse della comunità: gruppi di volontariato, gruppi di
auto aiuto, centri per anziani autogestiti.
2. Le organizzazioni sanitarie. Una nuova gestione delle malattie croniche dovrebbe entrare a far
parte delle priorità degli erogatori e dei finanziatori dell’assistenza sanitaria. Se ciò non avviene
difficilmente saranno introdotte innovazioni nei processi assistenziali e ancora più difficilmente
sarà premiata la qualità dell’assistenza.
3. Il supporto all’auto-cura. Nelle malattie croniche il paziente diventa il protagonista attivo dei
processi assistenziali. Il paziente vive con la sua malattia per molti anni; la gestione di queste
malattie può essere insegnata alla maggior parte dei pazienti e un rilevante segmento di questa
gestione - la dieta, l’esercizio fisico, il monitoraggio (della pressione, del glucosio, del peso
corporeo, etc.), l’uso dei farmaci - può essere trasferito sotto il loro diretto controllo Il supporto
all’auto-cura significa aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione
della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi.
4. L’organizzazione del team. La struttura del team assistenziale (medici di famiglia, infermieri,
educatori) deve essere profondamente modificata, introducendo una chiara divisione del lavoro e
separando l’assistenza ai pazienti acuti dalla gestione programmata ai pazienti cronici. I medici
trattano i pazienti acuti, intervengono nei casi cronici difficili e complicati, e formano il personale
21
del team. Il personale non medico è formato per supportare l’auto-cura dei pazienti, per svolgere
alcune specifiche funzioni (test di laboratorio per i pazienti diabetici, esame del piede, etc.) e
assicurare la programmazione e lo svolgimento del follow-up dei pazienti. Le visite programmate
sono uno degli aspetti più significativi del nuovo disegno organizzativo del team.
5. Il supporto alle decisioni. L’adozione di linee-guida basate sull’evidenza forniscono al team gli
standard per fornire un’assistenza ottimale ai pazienti cronici. Le linee-guida sono rinforzate da
un’attività di sessioni di aggiornamento per tutti i componenti del team.
6. I sistemi informativi. I sistemi informativi computerizzati svolgono tre importanti funzioni: 1)
come sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee-guida; 2) come
feedback per i medici , mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle
malattie croniche, come i livelli di emoglobina A1c e di lipidi; 3) come registri di patologia per
pianificare la cura individuale dei pazienti e per amministrare un’assistenza “population-based”. I
registri di patologia - una delle caratteristiche centrali del chronic care model - sono liste di tutti i
pazienti con una determinata condizione cronica in carico a un team di cure primarie.
Le sei componenti del chronic care model sono interdipendenti, costruite l’una sull’altra. Le risorse della
comunità - per esempio le attività di una palestra - aiutano i pazienti ad acquisire abilità nell’autogestione. La divisione del lavoro all’interno del team favorisce lo sviluppo delle capacità di
addestramento dei pazienti all’auto-cura da parte degli infermieri. L’adozione di linee-guida non sarebbe
attuabile senza un potente sistema informativo che funziona da allerta e da feedback dei dati.
Come obiettivo finale il chronic care model vede un paziente informato che interagisce con un team
preparato e proattivo, con lo scopo di ottenere cure primarie di alta qualità, un utenza soddisfatta e
miglioramenti nello stato di salute della popolazione26.
Il chronic care model è stato adottato dall’OMS27 e largamente introdotto nelle strategie d’intervento dei
sistemi sanitari di diversi paesi, dal Canada all’Olanda, dalla Germania al Regno Unito. Nel Regno
Unito, in particolare, l’introduzione del modello all’interno delle cure primarie ha comportato una
profonda revisione dei meccanismi di remunerazione/incentivazione dei medici di famiglia28.
Community-oriented primary care. Un gruppo di ricercatori canadesi ha proposto una versione
allargata (“expanded”) del chronic care model, dove gli aspetti clinici sono integrati da quelli di sanità
pubblica, quali la prevenzione primaria collettiva e l’attenzione ai determinanti della salute29. La
proposta di iniettare all’interno delle cure primarie metodi e contenuti della sanità pubblica la
ritroviamo in un già citato documento dell’OMS, intitolato: “Primary health care as a strategy for achieving
equitable care” (“Le cure primarie come strategia per raggiungere un’assistenza equa”)30. Le cure primarie
che si propongono questo scopo sono definite da De Maeseneer “community oriented” e sono
caratterizzate da:
• la sistematica valutazione dei bisogni sanitari della popolazione;
• l’identificazione dei bisogni di salute della comunità;
• l’implementazione di interventi sistematici, con il coinvolgimento di specifici gruppi di
popolazione (es: rivolti al cambiamento degli stili di vita o al miglioramento delle condizioni di
vita);
• il monitoraggio dell’impatto di tali interventi, per verificare i risultati raggiunti in termini di salute
della popolazione.
Il compito di definire le priorità e di stabilire la pianificazione strategica deve essere assunto da un team
misto di operatori delle cure primarie e di rappresentanti della comunità.
La Community-oriented primary care (COPC) in questo senso integra l’approccio verso l’individuo con
quello verso la popolazione, combinando le abilità cliniche del medico di famiglia con l’epidemiologia,
la medicina preventiva e la promozione della salute.
7. Conclusioni
Le tre diverse, complementari, visioni che abbiamo ora descritto ci consegnano un modello di cure
primarie radicalmente diverso dalla rappresentazione corrente e sorprendentemente vicino al profilo
(tanto bistrattato) della PHC di Alma Ata, rivisitato nella proposta di Hunnu Vuori (vedi colonna dx
della Tabella 1).
22
Un modello in cui i concetti di patient-centered e community-oriented sono le due facce di una stessa
medaglia. Da una parte plasmare i servizi in funzione dei bisogni e dell’empowerment dei pazienti
(accessibilità, informazione, proattività, self-care) e dall’altra presidiare l’approccio comunitario e di sanità
pubblica (valutazione dei bisogni della comunità, partecipazione dei cittadini, lotta alle diseguaglianze
nella salute, interventi di prevenzione primaria).
Un modello che richiede tempo, probabilmente molto tempo, per realizzarsi compiutamente ma nella
cui roadmap di avvicinamento trovano posto le seguenti condizioni:
•
•
•
un team multiprofessionale e multidisciplinare in grado di fornire da una parte prestazioni cliniche di
qualità e dall’altra una vasta gamma di interventi preventivi e di promozione della salute in una
prospettiva di medicina “proattiva”;
la presenza di strutture edilizie e di infrastrutture tecnologiche (informatiche e diagnostiche) in grado di
supportare adeguatamente team numericamente consistenti (di cui al punto precedente);
un servizio di sanità pubblica in grado di presidiare l’organizzazione generale delle cure primarie, di
sostenere tecnicamente - in un contesto partecipativo - la valutazione dei bisogni, la scelta delle priorità e
la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi.
23
Dal professionista singolo
al gruppo di professionisti
La case history della MG di Pianezza
Sergio Bernabè - Referente Medicina di Gruppo di Pianezza; CSRMEG
I MMG partecipanti all’Equipe di Assistenza Territoriale (EAT) del Comune di Pianezza
(Torino), cogliendo la forza e la rilevanza delle diverse pressioni verso un lavoro clinico territoriale di
gruppo, hanno non solo discusso l’argomento ma hanno preso in questi ultimi 5 anni, mano a mano
che i tempi e le condizioni operative maturavano, delle decisioni tutte congruenti con la possibilità di
far crescere, con modi e tempi prudenti, le potenzialità di un lavoro clinico integrato, integrante e di
gruppo.
L’assetto professionale attuale, 6 MMG riuniti in Medicina di Gruppo, è tale per cui si ritiene che esso
possa costituire una delle premesse fondamentali per lo sviluppo e la realizzazione prossima nel
Comune di Pianezza di a) una prima Unità di Medicina Generale e b) del Gruppo di Cure Primarie.
E’ indispensabile mettere in evidenza che uno degli elementi di grande importanza nella costituzione di
questo gruppo è stata l’intensità della motivazione che, seppure prudentemente lenta in considerazione
dello stravolgimento del contratto anche emotivo che la trasformazione professionale in atto fa
intravedere, ne è a fondamento. Senza dubbio questo è il valore primario sulla cui base può prendere
l’avvio un processo di trasformazione reale e solido per quello che si vorrebbe essere, la Sanità
Territoriale, il secondo pilastro del Servizio Sanitario Nazionale.
Il territorio: Popolazione, Medici e Ambulatori
Pianezza è un comune della prima cintura della città di Torino (Fig. 1) ed era componente territoriale
(insieme al Comune di Druento) del Sub-Distretto 5 dell’ASL 6 del Piemonte e insieme al SubDistretto 3 (Comune di Venaria) del Distretto 2 della medesima ASL.
In seguito alla ridefinizione degli ambiti territoriali delle ASL Piemontesi avvenuta con deliberazione del
Consiglio Regionale del 22 ottobre 2007, n. 136- 39452, l’ASL6 è stata accorpata con l’ASL7 e l’ASL9
in una unica azienda denominata ASLTO4.
Successivamente, nell’autunno del 2007, per volontà degli enti locali al fini di raggiungere la
corrispondenza territoriale tra ASL e Consorzio dei Servizi Socio Sanitari, i Comuni compresi nel
Distretto 2 sono stati scorporati ed assegnati come competenza territoriale all’ASLTO3 risultata
dall’accorpamento delle ex ASL5 e ASL10. Passaggio che avviene in via definita il 30 giugno 2008
trasformandolo nel 9° distretto dell’ASLTO3.
Il Comune ha una popolazione -al 31.01.2007- pari a 12.504 abitanti, una superficie di 16,5 kmq e una
densità demografica di 758 ab/Kmq contro una densità demografica media di Torino pari a 8.593
ab/Kmq (range 14.873 - 3.523) al 31 dicembre 2000 [Fonte : Elaborazione dati Ufficio di statistica del Comune
di Torino e Ufficio Anagrafe Comune di Pianezza].
Sul suo territorio operano 9 MMG, 2 Pediatre di Libera Scelta (PLS) e 2 MCA; questi ultimi hanno la
loro base operativa nel comune di Druento e operano su entrambi i comuni.
Dal 9/4/2003, data di attivazione dell’EAT, i 9 Medici si sono riuniti regolarmente con cadenza mensile
sino ad oggi (per un totale di 60 riunioni) discutendo e producendo numerose posizioni, documenti e
progetti. In particolare questa EAT ha lavorato molto sulla prevenzione dei fattori di rischio e su gli
interventi clinici nelle patologie cardiovascolari producendo: 1) un’analisi del problema a livello locale
ed una conseguente proposta operativa di intervento operativo denominata Progetto PRIPAC (che si
configura come Ambulatorio Orientato -AmO- alle patologie e al rischio cardiovascolare) e 2) un
progetto formativo sul tema cardiovascolare che è stato inserito nella formazione obbligatoria di
competenza dell’ASL articolato su tre anni che si concluderà alla fine del 2007.
24
Distretto
1
2
3
4
5
6
7
8
Collegno
Rivoli
Orbassano
Giaveno
Susa
Pinerolo
Val Pellice
Valli
Chisone e
Germanasca
Totale
Nr.
Comuni
2
5
6
6
37
21
9
17
103
Residenti
31.12.2006
87.256
77.601
92.382
28.520
89.107
89.771
23.115
20.000
507.752
Fig.
Fig. 1 – Veduta satellitare del territorio di Pianezza
25
Fig. 2 - Dislocazione del territorio di Pianezza e del Distretto Fig. 3 - Localizzazione territoriale degli studi di tutti i
2 dell’ex ASL 6 nell’area Metropolitana Torinese
MMG di Pianezza
Tutto questo lavoro ha fatto maturare, tra i medici, il convincimento della necessità/opportunità/utilità
di riunirsi a lavorare in gruppo.
Modalità organizzative attuali dei MMG
I MMG ad oggi operanti sul territorio di Pianezza sono elencati nella tabella che segue:
1
2
3
4
5
6
7
8
9
AIRES
BERNABE'
BOTTO MICCA
FAVRO
GIACOSA
MILANO
MONDAZZI
VALENTI
VIOLANTE
Tab. 1 – MMG ad oggi operanti sul territorio di Pianezza
Dr.
Dr.
D.ssa
Dr.
Dr.
D.ssa
D.ssa
D.ssa
D.ssa
Emiliano
Sergio
Maria
Leonardo
Giuseppe
Maria
Anna Rita
Daria
Annalisa
Dopo iniziali diverse forme di associazione, per tipo composizione e durata, si è giunti nel 2007 alla
costituzione di una unica forma associativa, quella definita dall’ACN come Medicina di Gruppo
(MdG) già autorizzata dalla Regione Piemonte, da parte di 6 dei 9 MMG attivi nell’area del comune.
L’esercizio della Medicina Generale sotto la forma associativa della MdG non prevede alcun obbligo
contrattuale di adesione, per i MMG partecipanti, ad altre forme di associazione o società con
personalità giuridica. Tuttavia la necessità di una gestione contabile e fiscale degli immobili in locazione,
delle utenze, del materiale di consumo, del personale infermieristico e di segreteria (anche rispetto alla
normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, legge 626/94) in regola con quanto previsto dalle leggi
attuali dello Stato rende di fatto impossibile la pratica di tale forma associativa (sino a quando non verrà
riconosciuta una personalità giuridica direttamente alla Medicina di Gruppo o alle sue forme evolute, ad
esempio l’UMG) senza il contributo di una Società di Servizi. La gestione amministrativa “naïf” che i
MMG aderenti, in assenza di una tale società, sarebbero (come sono stati) obbligati a praticare li
esporrebbe al rischio di incorrere in violazioni di legge anche gravi, oltre a rendere gravemente
antieconomica e inefficiente l’organizzazione e l’espletamento dell’attività di gruppo. Per questo motivo
i 6 MMG membri della MdG aderiscono tutti in qualità di soci -unica condizione alle quale è possibile
usufruire dei servizi offerti- alla Società di Servizio professionale denominata Studio Medico Associato
Bernabè-Milano-Violante-Aires-Mondazzi-Botto Micca già costituita dal 28 aprile 2004 per dare servizi
di supporto alla precedente più piccola medicina di gruppo.
26
Il Dr. Favro essendo in associazione con altri MMG che lavorano in un diverso distretto, ha ritenuto di
non aderire.
La Dr.ssa Daria Valenti in previsione di un prossimo trasferimento nella città di Torino ha deciso di
non aderire.
Il Dr. Giuseppe Giacosa non ha potuto aderire alla società di servizi a causa della sua adesione, in veste
di libero professionista Odontoiatra, ad un’altra società di servizi operante in campo
odontostomatologico che lo impegna con una esclusività dell’adesione societaria. Poiché la non
appartenenza in qualità di soci alla SMA impedisce di fornire a questo collega, in forma contabilmente e
fiscalmente lecita ed economicamente razionale, dei servizi indispensabili per l’esercizio della MMG in
forma di Medicina di Gruppo il collega ha rinunciato ad aderire alla Medicina di Gruppo.
I MMG componenti della MdG sono dunque i seguenti insieme alla numerosità della popolazione in
carico a ciascuno al 01.01.2007.
MMG
1
AIRES
2
BERNABE'
3 BOTTO MICCA
4
MILANO
5
MONDAZZI
6
VIOLANTE
Dr.
Dr.
D.ssa
D.ssa
D.ssa
D.ssa
Emiliano
Sergio
Maria
Maria
Anna Rita
Annalisa
Pop Totale
1.505
1.495
1.002
1.498
1.503
1.102
8.105 = 76,28%
della popolazione di Pianezza di età
>14 anni (pari a 10.625 al 1.1.2005)
Tab. 2 – Numerosità della popolazione di assistibili in carico a ciascuno al 01.01.2007
I sei medici aderenti alla MdG lavorano in 4 ambulatori: due coppie di MMG (dottori Bernabè e
Milano e dottori Botto Micca e Mondazzi) hanno un ambulatorio condiviso, mentre i dottori Aires e
Violante lavorano in ambulatori singoli. Tutti e 4 gli ambulatori sono dislocati nella zona centrale di
Pianezza (Fig. 2).
La Medicina di Gruppo per l’ACN è caratterizzata (oltre da quanto previsto dal comma 4, art. 54
dell’ACN) anche da quanto previsto dal comma 9, e cioè:
• una sede unica con un numero di studi pari ad almeno la metà dei medici facenti parte del gruppo:
lo Studio Medico eletto dai partecipanti a sede principale della MdG è quello di Via Puccini 23, studio
dove attualmente esercitano i dottori Bernabè e Milano. Questa sede è dotata di una sala di attesa di
circa 50 mq, nella quale si svolgono le riunioni del gruppo e da 5 anni le riunioni dell’EAT, e di tre
ambulatori uno dei quali attrezzato anche a Medicheria.
• l’utilizzo di supporti tecnologici e strumentali comuni:
la Medicheria dello studio principale è l’attuale luogo nel quale si concentrano le strumentazioni e il
materiale medicale anche di piccola diagnostica (glucometri, dipstick urinari, reflettometro per la
determinazione dell’INR, ecc.), condivise sino ad oggi dalla precedente, più piccola, MdG. E’ previsto
lo sviluppo e il potenziamento di materiale e strumentazione ulteriore in forza dell’attuale ampliamento.
• l’utilizzo di personale di segreteria comune:
i 3 MMG aderenti alla precedente MdG utilizzano già una segretaria che da mesi è attiva anche per la
costituzione della nuova MdG. I tre MMG neoaderenti hanno già ricevuto in questo ultimo periodo il
nulla osta per l’erogazione, da parte dell’ASL, del contributo regionale per il personale di segreteria ed è
in questi giorni in corso l’assunzione a tempo parziale di una seconda segretaria.
• l’utilizzo di personale infermieristico comune:
I 3 MMG aderenti alla precedente MdG utilizzano già una infermiera che è in fase di formazione e di
trainig nella gestione, per quanto di sua competenza, dell’Ambulatorio Orientato alla prevenzione e al
trattamento delle patologie e del rischio cardiovascolare (Progetto PRIPAC) che è in fase di avvio per
ora con il reclutamento dei pazienti diabetici in carico ai dottori Bernabé, Milano e Violante. E’ già stato
richiesto il nulla osta della Regione Piemonte per l’erogazione del contributo regionale per il personale
infermieristico anche per il 3 neoaderenti dottori Aires, Botto Micca e Mondazzi.
27
Med. di
Gruppo
AIRES
BERNABE'
BOTTO MICCA
MILANO
MONDAZZI
VIOLANTE
Dr.
Dr.
D.ssa
D.ssa
D.ssa
D.ssa
Emiliano
Sergio
Maria
Maria
Anna Rita
Annalisa
9
9
9
9
9
9
Segretaria Infermiera
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
e-mail
Informatica
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
Tab. 3 – Indennità Percepite ad oggi dai MMG aderenti alla MdG di Pianezza. Sono tutte indennità indicate
nell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) e nell’Accordo Collettivo Regionale (ACR) e in qualche modo
inerenti direttamente l’attività di una Medicina di Gruppo percepite dai singoli medici.
•
l’esistenza di un Sistema Informativo comune e dotato di strumenti anche clinici (Cartella Clinica) condivisibili
supportato da un sistema informatico con architettura di rete capace di integrarsi con la rete informatica dell’ASL di
riferimento:
Nella sede principale della MdG di Via Puccini 23, è attiva una rete LAN che connette non solo i 5
client presenti in tutti locali dello studio, ma anche, per il tramite di una VPN, il client presente nello
studio della Dr.ssa Violante. La rete è sostenuta da un server locale di proprietà sul quale sarà
appoggiata la riprogettazione e l’ampliamento della rete LAN. A questo scopo è già in corso l’analisi
per il disegno e la realizzazione della nuova rete e la predisposizione della connettività, dell’HW e del
SW anche di sicurezza (in considerazione del passaggio di dati sensibili via internet) necessario al suo
funzionamento e al suo sviluppo, anche in previsione della fornitura di servizi riservati ai pazienti via
WEB, attraverso il sito www.studiomedicoassociato.it già approvato dall’Ordine dei Medici di Torino e
autorizzato dal Comune di Pianezza, con autenticazione per mezzo di certificato digitale emesso
direttamente dalla MdG. Ovviamente la trasformazione in corso sta determinando una instabilità
dell’architettura che si protrarrà inevitabilmente sino al termine della sua completa trasformazione. E’
infatti in corso l’analisi e la progettazione del Sistema Informativo (SI) che dovrà essere implementato
sulla rete e che dovrà supportare tutti i servizi e i sistemi necessari alle prestazioni e all’organizzazione
della loro erogazione e monitoraggio previsti dall’analisi funzionale della futura UMG, che tiene
ovviamente delle potenzialità messe a disposizione dalla telemetria biometrica. Tale architettura sarà
integrata anche con un sistema di telefonia mobile del tipo Rete Aziendale Mobile con possibilità di
mail push e condivisione di agenda aziendale.
L’interoperabilità tra la rete della MdG e la rete dell’ASL non è problema di competenza della MdG.
Certamente la disponibilità e la volontà di sviluppare forme di interconnessione è presente e tale da
garantire da parte della MdG ad alcuni client presenti nel distretto di accedere alla LAN della MdG e ad
informazioni concordate e condivise come previsto dal progetto di Sistema Informativo della MdG.
Analogamente vi è la piena disponibilità ad usufruire degli applicativi dell’ASL per procedere
direttamente alla prenotazione di accertamenti ed esami di 2° livello, oltre all’analisi e allo sviluppo di
ulteriori forme di integrazione informativa capaci di condurre alla piena trasparenza di procedure,
documenti e dati, ponendo mano anche al problema della unicità del documento digitale sanitario.
La condivisione di un identico SW di gestione delle cartelle cliniche (attualmente sono 4) costituisce un
problema complesso che potrà essere risolto solo nel tempo con la convergenza progressiva verso un
unico SW condiviso, evitando -in un processo di migrazione affrettato e privo di una immediata
giustificazione- il rischio di perdita di dati clinici con gravissimi problemi nella gestione corrente e
immediata dei problemi di salute delle persone quotidianamente assistite.
• un numero di medici associati non superiore a 8:
I medici che hanno aderito operativamente alla MdG sono 6.
Formazione e Ricerca in Medicina Generale
Due medici, i dottori Bernabè e Milano, oltre che Ricercatori del Centro Studi e Ricerche in
Medicina Generale (CSeRMEG) sono anche Animatori di Formazione, Tutor per il Tirocinio pre28
Laurea e Tutor Valutatori per la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. Il Dr.
Bernabè è anche docente di Medicina Generale alla scuola Specifica di Medicina Generale della
Regione Piemonte; svolge attualmente una tutorship per una studentessa del Master in Infermieristica
di Famiglia istituito dal polo Universitario di Orbassano. Questo concreto interesse per la Ricerca e la
Formazione permette una interazione forte e propositiva con le Istituzione deputate alla formazione
pre e post-laurea con diversi gradi di possibili ipotesi di collaborazione di grande interesse, riteniamo,
anche per il SSR.
Questo articolato assetto organizzativo rende possibile, facilitandolo, lo sviluppo e l’implementazione
di progetti di inserimento di medici di Continuità Assistenziale e giovani medici oltre naturalmente a
permettere il disegno di possibili percorsi professionali e di carriera all’interno dell’UMG e delle
differenti possibili modalità di remunerazione delle attività e servizi offerti dall’UMG e svolti al suo
interno.
Conclusioni
La MdG costituita a Pianezza dai 6 MMG risulta congrua con quanto previsto dalle convenzioni
Nazionale e Regionale attualmente vigenti ma con la necessità di adeguamenti di assetti, strutture,
servizi, risorse umane ed economiche che devono essere progettati, valutati, concordati e implementati
nelle sedi istituzionali opportune tenendo presente la sua potenzialità di evoluzione da Medicina di
Gruppo ad Unità di Medicina Generale.
Potenzialità che, come si vedrà più avanti, è sostenuta anche dall’aver ridefinito il modello professionale
di intervento della Medicina Generale di Territorio articolandolo su due campi di azione : 1) quello
individuale (da sempre noto e praticato) e 2) quello popolazionale per il quale la clinica medica non ha
sino ad ora sviluppato modelli professionali di intervento non ritenendola di sua competenza.
29
Rifondare la Medicina Generale
Mario Nejrotti - Referente Medicina di Gruppo Medic’Azione
Il ripensare l’organizzazione della Medicina Generale, non è solo una strategia sindacale per
legittimare un’area delle cure primarie che subisce periodiche crisi.
E’ un atto di lungimiranza politica per la promozione e salvaguardia della salute dei cittadini che deve
vedere uniti decisori politici e forze sindacali.
Non può essere pensato un sistema sanitario che da un lato costruisca l’impalcatura complessa delle
cure di secondo livello e dall’altro preveda un singolo professionista, quale è il Medico di Famiglia, che
sopporti da solo l’impatto dei sempre crescenti bisogni di salute della popolazione, che ormai debbono
essere risolti sul territorio, pena il collasso dei sistemi, se pure di eccellenza, del livello ospedaliero.
Il bisogno della popolazione di umanizzazione e personalizzazione delle cure, accompagnato da un
diritto ineludibile di condivisione e accettazione delle cure, porta inequivocabilmente ad un
potenziamento del sistema territoriale con l’introduzione del concetto del lavoro in equipe.
La popolazione vuole maggiore accessibilità alle cure, senza disuguaglianze nella loro fruibilità,
maggiore sicurezza di assistenza su tutto l’arco della giornata, più adeguata presa in carico dei loro
problemi fin dal primo approccio, con risposte autorevoli da parte del proprio MdF, ma in generale da
tutto il sistema territoriale.
Tale impostazione, lungi dallo sminuirlo, rafforza il rapporto di fiducia con il proprio medico generale e
ne potenzia la figura, introducendo nel rapporto medico – paziente il concetto di “coordinatore e
facilitatore” nei percorsi diagnostico terapeutici e assistenziali.
Quindi, non un medico di famiglia “guardiano” di un sistema, ma accogliente figura professionale che
accompagna il cittadino attraverso necessità sanitarie e socio assistenziali, coordinando altre figure
professionali, quali gli infermieri, gli specialisti ambulatoriali, l’assistenza sociale, gli operatori socio
assistenziali e amministrativi.
Questo è il presupposto per la nascita dei Gruppi di Cure Primarie (GCP) di cui si discute in
Piemonte da oltre un anno.
Essi sono unità operative che, superando il concetto di “nuova modalità aggregativa della medicina
generale”, danno risposte integrate con altre professionalità ai bisogni di salute dei cittadini raggruppati
nelle comunità locali.
Essi non sono solo un luogo fisico, ma un flusso funzionale di operatività, che trova la sua
estrinsecazione diversa nelle differenti realtà locali della nostra regione.
In alcuni luoghi sarà più utile una forma concentrata in un’unica “struttura”, in altre la “sede centrale”
potrà essere molto più agile, mentre i cittadini potranno fruire di percorsi concordati all’interno di
servizi offerti dal Distretto, coordinati dai MMG che assistono quel determinato bacino di popolazione.
Sarà importante rivalutare l’attività del MG, alleggerendolo da incombenze improprie di tipo
burocratico-amministrativo, e liberandone, per così dire le potenzialità migliori, ad esempio, nella
gestione di Ambulatori Medici Orientati, con strategie di medicina di iniziativa, alla gestione delle
patologie croniche, vera emergenza sociale, destinata a divenire di drammatica attualità in un futuro
ormai molto prossimo.
Questa scenario che vede finalmente unite figure propriamente sanitarie, socio assistenziali e del
volontariato, necessita di una profonda riflessione sulla riallocazione delle risorse, per far sì che gli
investimenti per “l’eccellenza ospedaliera” non servano a risolvere, con un incongruo dispendio di
energie, troppo spesso complicazioni gravi di patologie prevenibili o curabili in fase di esordio da un
territorio che ne abbia finalmente gli strumenti.
30
Esperienze
L’esperienza della Medicina di Gruppo di PARCO DORA
Bartolomeo Olivero - Referente Medicina di Gruppo “Parco Dora”
Lo Studio Medico Parco Dora è sito in Torino, Via Livorno 38/d
Riconosciuto Medicina in Gruppo dal dicembre 2006.
Costituito da :
• 6 MMG,
• tre collaboratrici di studio e
• 1 IP
Orario di apertura: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 19.
Nello studio vengono praticate :
• terapie iniettive, e.v. e
• medicazioni di ogni tipo,
• rimozione punti di sutura e
• rimozione tappi di cerume.
È operativo un sito internet per comunicare con lo studio al www.studiomedicoparcodora.it
Servizio FAX in entrata ed in uscita.
Dal mese di febbraio 2008 sono stati messi a disposizione gli specialisti ambulatoriali delle seguenti
branche :
• Cardiologia
• Neurologia
• Diabetologia
• Urologia
• Geriatria
• Fisiatria
• Ortopedia
• Chirurgia
E' in previsione l'apertura di un servizio prelievi per TAO in sede.
L’esperienza della Medicina di Gruppo di VINOVO
Mario Costa - Medicina di Gruppo “Due Giugno”. P.zza 2 giugno n.13- 10048 Vinovo (TO)
La struttura viene aperta l’11-settembre-2006, su accordo del Comune di Vinovo, l’ASL 5 (allora 8)distretto di Nichelino) e la medicina di gruppo Badoni, Costa, Pagliassotto.
La realizzazione di questa medicina associativa si fonda su una medicina di gruppo, operante nel
Comune di Vinovo e pertinente il distretto socio-sanitario di Nichelino, dell’ASL 5 ( Chieri), la quale si
insedia in un ambulatorio di proprietà comunale, di nuova costruzione.
I servizi distrettuali sono operanti nel poliambulatorio di Nichelino (TO), comune confinante con
Vinovo e distante circa sei Km.
L’ambulatorio è posto al pian terreno di un edificio che ospita, sempre al piano terreno, alcune strutture
sanitarie di assistenza primaria:
31
•
•
•
lo studio di un pediatra di libera scelta, comprensivo di sala visita, sala d’attesa e servizio igienico
riservato
un ambulatorio medico di pertinenza distrettuale con annessa una sala-prelievi
gli uffici distaccati del C.I.S.A., consorzio assistenziale a cui aderisce il Comune di Vinovo.
La sede della Medicina di Gruppo si compone di una serie di locali:
• Tre sale-visita per i medici.
• Un capiente corridoio che viene impiegato come sala d’attesa
• Un ufficio per la segreteria
• Una saletta per le prestazioni infermieristiche
• Due servizi, di cui uno attrezzato per portatori di handicap
• Una sala ( riservata all’ASL 5 che la impiega come consultorio per i servizi di neuropsichiatria
infantile)
• Un ripostiglio.
Per tali locali viene corrisposta, da parte di ciascun medico componente, una quota mensile di affitto.
Inoltre i medici pagano anche le spese di Luce, telefoni e riscaldamento.
I medici hanno attrezzato a proprie spese i locali, strumentazioni mediche e strutture aggiuntive ( punti
luce, lavabi aggiuntivi, impianto telefonico completo di linea internet, cablaggio cavi di rete informatica,
attrezzature informatiche, fax.
La popolazione assistita complessivamente dai medici della Medicina di gruppo ammonta a circa 4.400
pazienti, su una popolazione adulta dell’intero Comune di circa 12.000 persone.
L’orario di apertura è il seguente:
- Lunedì 9 - 12; 14 - 19
- Martedì: 9 - 13 e 16 - 19. Mercoledì 9 - 12 e 14 - 19
- Giovedì 9 - 13 e 16 - 19
- Venerdì 9 - 14 e 18 - 19 per complessive ore 36 di apertura a settimana, contro le 15 individuali
obbligatorie.
Oltre ai tre medici componenti, operano, nella struttura, altre figure professionali:
• Due segretarie, che operano in avvicendamento per complessive 24 ore settimanali, con compiti
amministrativi.
• Un’infermiera professionale che opera per 10 ore settimanali con compiti propri dell’assistenza
infermieristica: terapia intramuscolare, medicazioni, rilievo della pressione arteriosa.
Servizi offerti:
•
•
•
•
•
•
Oltre l’assistenza burocratica e quella infermieristica in studio, la Medicina di gruppo ha
concordato con la direzione distrettuale alcuni compiti aggiuntivi
mirati ad offrire ai pazienti alcune prestazioni burocratiche e cliniche che possono far risparmiare
tempo e spostamenti particolarmente gravosi, vista la penuria dei servizi locali di trasporto
pubblico, permettendo di dare risposte rapidissime ad alcuni bisogni assistenziali. Tali servizi sono
tuttora i seguenti:
Collegamento con i servizi socio-assistenziali.
Monitoraggio I.N.R. attraverso la ricezione, nelle ore pomeridiane, tramite fax, dei valori rilevati
nella mattinata, con i prelievi effettuati nell’adiacente punto-prelievi.
Consegna diretta dei documenti di esenzione ticket al paziente: l’iter burocratico è avviato dal
medico curante e trasmesso al personale dell’ASL operante nell’adiacente struttura distrettuale e
ritrasmesso al medico; in tal modo il paziente non si rivolge più allo sportello distrettuale, ma
ottiene l’esenzione ticket nello stesso ambulatorio, di norma nello spazio di un giorno lavorativo.
Prenotazione diretta, con appuntamento orario di visite dermatologiche e neurologiche,
effettuate, in orari dedicati da parte di specialisti ambulatoriali convenzionati, presso l’adiacente
struttura distrettuale.
32
•
Esecuzione di un numero di e.c.g. refertati, in numero massimo programmato di 4, ogni Lunedì
pomeriggio, richiesti dai medici della medicina di gruppo ed effettuati nell’adiacente struttura
distrettuale.
Nei grafici successivi si riassumono alcune
prestazioni
infermieristiche effettuate
nell’anno 2007
ATTIVITA' AMBULATORIALE ANNO 2007
RILEVAMENTO PRESS. ARTERIOSA (PAO)
140
120
ATTIVITA' AMBULATORIALE ANNO 2007 MEDICAZIONI (MED)
100
80
80
60
70
40
60
50
20
40
0
PAO
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
71
86
112
90
119
94
71
47
68
73
75
58
30
20
10
0
MED
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
12
28
7
36
24
38
70
35
50
61
75
68
ATTIVITA' AMBULATORIALE ANNO 2007
TERAPIA INIETTIVA (IM)
160
140
120
100
80
60
40
20
0
IM
•
•
•
•
•
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
gen-07
feb-07
mar-07
apr-07
mag-07
giu-07
lug-07
ago-07
set-07
ott-07
nov-07
dic-07
65
86
138
89
111
87
91
78
84
133
128
86
Ci stiamo preparando:
per una per una medicina di iniziativa più organizzata mirata ad un intervento periodico sulla
cronicità
per una gestione diretta di servizi prenotazione diretta attraverso un collegamento informatico
diretto con la C.U.P.
per una migliore gestione degli appuntamenti
per un impegno nel campo riabilitativo
………….
Ma occorre:
• stabilire criteri di omogeneità e di equità
• risorse economiche, strumentali e di personale
• investimento informatico
• collegamento
L’esperienza della Medicina di Gruppo della VALLE STURA
Corrado Camilla - Referente Medicina di Gruppo Valle Stura
In Valle Stura da anni ormai i Medici di Medicina Generale hanno dedicato grande impegno al
superamento del proprio contesto di isolamento organizzativo e professionale ed anche del limite della
aggregazione monoprofessionale.
33
L’ impegno della Direzione dell’ex A.S.L. 15 nella riapertura della Struttura di Demonte in una ottica
di riequilibrio Territorio–Ospedale e più in generale alla sperimentazione nel campo delle Cure
Primarie, utilizzando anche gli elementi contenuti nell’ Accordo Collettivo Nazionale della Medicina
Generale siglato nella primavera del 2005, ha consentito di meglio strutturare sperimentazioni di
aggregazioni fra Medici di Medicina Generale ed altre professionalità.
L’approvazione del Piano Socio-Sanitario 2006/2010 della Regione Piemonte e la forte priorità che
viene assegnata allo sviluppo delle Cure Primarie, hanno poi fornito un apporto fondamentale al nostro
gruppo per lo sviluppo del progetto su alcuni versanti:
- la costruzione di un sistema orizzontale prefigurabile come una rete di servizi e non più gerarchico e
frammentato per singola specialità
- lo sviluppo di connessioni e modalità di relazioni con l’ A.S.O. “S. Croce” e con gli altri nodi della rete
in un’ottica di continuità delle cure nelle ventiquattro ore e nell’ intero arco di vita del paziente
- il rafforzamento, a livello di sistema, del Distretto che stimola, facilita, regola, controlla e sottopone a
monitoraggio le relazioni intercorrenti tra i nodi della rete dei Servizi Territoriali
- il rafforzamento dell’integrazione operativa al livello più decentrato e vicino alla popolazione, ove
operatori sanitari e sociali mettono insieme conoscenze e professionalità all’interno dei gruppi di
Cure Primarie
il tutto nell’ottica di costruire una organizzazione di lavoro che possa divenire sistema.
La sede
La sede del gruppo di Cure Primarie si trova nell’ospedale di Comunità di Demonte, in via Perdioni 2,
a meno di 500 metri dalla piazza centrale del paese.
E’ una struttura molto ampia, a tre piani, con ampio ed accessibile parcheggio, relativamente recente,
in buono stato di manutenzione, che necessita soltanto di interventi interni di riadattamento per
l’adeguamento ai nuovi servizi ipotizzati.
Attualmente nella struttura sono collocati
- l’Ospedale di Comunità con 14 letti ed i servizi generali connessi (la cucina, la lavanderia, i magazzini,
la cappella, le camere mortuarie, ecc.)
- la sede del CUP e dello sportello unico socio-sanitario
- gli studi della Medicina Generale
- il Pediatra di Libera Scelta
- gli ambulatori specialistici
- la guardia medica
- la guardia turistica
- il servizio infermieristico territoriale
- il servizio sociale territoriale
- il volontariato
Il personale
Le Infermiere Professionali sia della Struttura che delle Cure Domiciliari e gli Operatori Socio-Sanitari
della Struttura sono dipendenti della ASL CN 1.
Le Assistenti Sociali e gli operatori socio-sanitari del servizio sociale territoriale di base sono
dipendenti del Consorzio Socio-Assistenziale del Cuneese.
Le porte di ingresso del cittadino ai servizi
Dal punto di vista funzionale le porte di ingresso già attualmente accessibili al cittadino, gratuitamente
e senza lista di attesa sono :
1) Lo sportello unico socio- sanitario
- attività di competenza,
- punto di ascolto per una prima lettura della domanda ed invio del cittadino al servizio competente
34
- monitoraggio del percorso avviato per quanto di pertinenza su indicazione del servizio o servizi che
hanno effettuato la presa in carico
- convocazione dei pazienti negli ambulatori dedicati al monitoraggio di specifiche patologie, su
indicazione del MMG
- organizzazione delle attività della medicina d’iniziativa
2) Gli studi dei Medici di Medicina Generale :
I Medici di Medicina Generale sono 4, le loro prestazioni secondo convenzione sono definite nella
Carta dei Servizi, che si allega.
Vi è una presenza comune nella struttura di Demonte, ma viene garantita l’ attività in ben 11 studi in
Valle, per mantenere la capillarità del servizio e l’accessibilità alle cure.
Oltre a quanto definito nella Carta dei Servizi viene garantito:
- un sistema misto di prenotazione ed accesso libero agli studi medici
- una reperibilità e disponibilità ad effettuare le prestazioni dalle ore 8.00 alle ore 20.00 dal lunedì
al venerdì e dalle ore 8.00 alle ore 10.00 il sabato ed in tutti i prefestivi da parte di ciascun medico
per i propri assistiti; vi è inoltre la disponibilità, quando necessario, ad erogare prestazioni ad
assistiti degli altri medici del gruppo
- “intercettazione” dei codici bianchi, doverosamente ricondotta nell’ambito del normale servizio
quotidiano, lavorando sulla qualità e visibilità dei servizi offerti ai cittadini, sulla conquista della loro
fiducia, ma anche alla informazione ed educazione degli stessi.
- una gestione delle patologie croniche più frequenti con ambulatori dedicati. Da mettere a punto
tramite accordi con l’ASL CN 1 la collaborazione con gli specialisti a tale progetto
- Sono già avviati gli ambulatori per il diabete, per l’ ipertensione, per la sindrome metabolica, per il
monitoraggio della terapia anticoagulante, pazienti fragili.
- Altre ambulatori dedicati ed altre iniziative saranno avviati non appena saranno disponibili a tempo
pieno il personale amministrativo ed infermieristico previsto.
- una messa in rete degli archivi contenenti le cartelle cliniche, disponibili per i colleghi, gli specialisti, il
medico della Continuità Assistenziale e dell’Emergenza
- il recupero delle confezioni dei farmaci non utilizzati dai cittadini con stoccaggio e gestione del
relativo data base da parte della caposala dell’ Ospedale di Comunità di Demonte, al fine del loro
riutilizzo. Ciò assume oltre che una valenza economica in termini di risparmio anche una valenza
educativa.
- attività informative e formative riguardanti varie patologie, ma soprattutto per la promozione di
corretti stili di vita per la salvaguardia del “ bene salute”.
- la gestione tramite il volontariato di semplici attività motorie in palestra, accessibili sia ai cittadini che
ai pazienti ricoverati ed ai pazienti della Comunità Psichiatrica.
- semplificazioni sostanziali dei percorsi dei pazienti, supportati dagli operatori dello sportello e
dal volontariato.
- disponibilità, ove l’Azienda lo ritenga possibile, alla erogazione di ausili vari
- un servizio di prenotazione dei farmaci presso le farmacie della Valle, con la collaborazione anche
del volontariato per il recapito a domicilio
- un servizio di consegna referti in collaborazione con l’ASL ed eventuali altri enti interessati
(attualmente in studio)
3) Il Servizio Infermieristico Territoriale
- tre infermiere professionali sul territorio, dipendenti della ASL CN1
- tutte le funzioni proprie del servizio, comprese le attività domiciliari
- la collaborazione alla gestione ambulatori dedicati
- la gestione dei pazienti fragili a domicilio e negli studi
4) Il Servizio Sociale
- tutte le funzioni proprie del servizio
- collaborazione con tutti gli operatori del gruppo nella gestione della fragilità
35
- gestione della comunità per anziani autosufficienti
- partecipazione ad alcuni progetti del gruppo
- progetti di formazione
5) Il Pediatra di Libera Scelta
- tutte le funzioni proprie
6) Il Volontariato
- presa in carico della fragilità da parte di più di cento volontari mediante servizi alla persona
- attività di animazione e formazione nelle strutture ospedaliere e residenziali, nonché nella comunità
psichiatrica
- gestione diretta di circoli anziani
- finanziamento di attività ed acquisto beni
7) Le istituzioni locali (comuni, comunità montana)
- collaborazione al governo della salute ( percorso verso attuazione PEPS)
- ampliamento della rete di ascolto ed operativa molto preziosa sia nella rilevazione e lettura del
bisogno quanto nell’elaborazione della risposta
- l’assemblea dei sindaci ha nominato da un anno tre rappresentanti che collaborano direttamente con
il Gruppo di Cure Primarie (per ora informalmente)
Altri nodi della rete dei servizi
1) L’Ospedale di Comunità si configura come
- anello di congiunzione Ospedale-Territorio per le “dimissioni protette” nell’ottica della “continuità
assistenziale” e come filtro ai ricoveri nell’Ospedale per acuti nell’ottica dell’ appropriatezza
nell’utilizzo delle risorse
- luogo in cui si svolge una parte rilevante delle attività delle Cure Primarie
E’ programmata a breve l’attivazione di 10-12 posti letto cosiddetti “di sollievo”.
La gestione di tale servizio verrà effettuata in collaborazione con il Consorzio Socio-Assistenziale del
Cuneese ed il modello organizzativo e gestionale di riferimento è quello delle R.A.F.-R.S.A.
Le Strutture Residenziali del nostro territorio rispondono quasi esclusivamente alla domanda di
residenzialità definitiva, che rappresenta l’ultima tappa del percorso assistenziale e di vita.
L’ipotesi di utilizzo di questi letti prevede invece che vengano accolti temporaneamente, per un
periodo non superiore ai 60 giorni, pazienti che alla dimissione dall’Ospedale per acuti, dalle
lungodegenze o dall’Ospedale di Comunità necessitano di un ulteriore periodo per una maggior
consolidamento del recupero funzionale e del grado di autonomia raggiungibile in vista di un ritorno a
domicilio oppure per consentire ai familiari di reperire una Struttura adatta ad accoglierli nel caso che la
scelta assistenziale sia quella dell’inserimento.
Tali letti potrebbero anche essere utilizzati per anziani con problematiche di tipo assistenziale e che
non possono più rimanere a domicilio, in attesa di un appropriata definizione del progetto da attivare in
loro favore.
La gestione del transito degli anziani non autosufficienti nei vari punti della rete dei servizi non può
evidentemente prescindere dal collegamento con l’Unità di Valutazione Geriatrica.
La collocazione dei letti nella stessa Struttura e sullo stesso piano dell’Ospedale di Comunità consente
evidentemente economie di scala in relazione sia all’utilizzo dei servizi generali che del personale.
Analogamente a quanto previsto per i posti convenzionati nelle strutture Residenziali la quota
sanitaria della retta è a carico dell’A.S.L.: la quota alberghiera è invece a carico del cittadino.
36
2) La comunità per anziani autosufficienti di Demonte
Attualmente accoglie otto anziani provenienti dai Comuni della media e bassa Valle.
La limitazione del numero è imposta dalle caratteristiche strutturali: la Comunità è infatti situata in un
vecchio edificio, piuttosto fatiscente, che nonostante gli sforzi compiuti nel corso degli anni mal si
presta ad interventi di riadattamento ed adeguamento sia alle vigenti normative che alle esigenze di una
dignitosa sistemazione degli anziani.
E’ dunque già stato concordato con il C.S.A.C. che gestisce tale Comunità il trasferimento presso
l’ospedale di Comunità.
Devono essere alcuni lavori interni, di non rilevante impegno:anche in questo caso tale collocazione
può consentire un risparmio in relazione all’utilizzo dei servizi generali, ma altrettanto importante è la
possibilità che più agevolmente gli ospiti possano fruire dei servizi degli operatori sociali e soprattutto
del volontariato che in questa stessa struttura hanno la loro sede.
3) La struttura residenziale di Vinadio
La struttura “Simondi” di Vinadio è autorizzata al funzionamento per un nucleo R.A.A. per anziani
autosufficienti di 18 posti letto, per un nucleo R.A. per anziani parzialmente autosufficienti di 22 posti,
e per un nucleo R.A.F. per anziani non autosufficienti di 20 posti letto.
Il nucleo R.A.F. a media intensità assistenziale è convenzionato con l’A.S.L. CN 1.
Gli ospiti accolti provengono per la maggior parte dai Comuni della Valle Stura.
La residenza costituisce infatti una importante risorsa per gli anziani della Valle offrendo loro la
possibilità di rimanere nel proprio contesto di vita anche nel caso in cui non sia loro più possibile
restare a casa.
Le richieste di inserimento di anziani residenti soprattutto nella media ed alta Valle indicano nella
struttura di Vinadio quella prescelta.
L’esperienza della Medicina di Gruppo di LA LOGGIA
Luca Ranzani - Medicina di Gruppo di La Loggia
Nel mese di Maggio 2007, i sei Medici di Medicina Generale di La Loggia, un paese della seconda
cintura sud di Torino, si sono costituiti in medicina di gruppo, con l’obiettivo, assecondati dall’ASL e
dal Comune, di costituire a breve un Gruppo di Cure Primarie.
Attualmente, la medicina di gruppo comprende tutti i 6 Medici di Medicina Generale di La Loggia, con
una copertura di oltre il 90% della popolazione in età non pediatrica del paese; non ne fa parte la
Pediatra di Libera Scelta, per motivi di spazio.
Locali
I locali nei quali si svolge l’attività, sono quelli di un Centro Polifunzionale di proprietà del Comune,
dati in comodato d’uso gratuito all’ASL, e sono allocati a poche decine di metri dal centro del paese.
Sono composti da:
- una reception
- 3 studi medici
- 1 studio ad uso della ginecologa e dalle infermiere
- 1 studio ad uso degli psicologi
- 1 sala d’attesa
- Servizi igienici, di cui uno per portatori di handicap
La struttura è priva di barriere architettoniche
37
Personale
E’ presente personale amministrativo dei MMG (2 segretarie a tempo pieno), e personale dipendente
dell’ASL, e precisamente:
- 1 amministrativo part time
- 2 infermiere part time
- 2 psicologi
- 1 Medico specialista in Ginecologia ed Ostetricia
Risorse dei MMG
I MMG hanno installato una rete informatica interna, formata da 1 server con Sistema Operativo
Windows Small Business Server 2003, e 5 postazioni client con Sistema Operativo Windows XP
Professional SP2; un sistema di posta elettronica interna costituita da un server Microsoft Exchange e
da client Outlook 2003; ed un sistema di messaggistica interna istantanea.
Tutti utilizzano una cartella clinica informatizzata, i cui archivi comuni sono presenti sulla postazione
server, in modo da poter fare ricerche cliniche ed epidemiologiche su tutti i pazienti seguiti dai MMG.
Oltre a ciò, i MMG dispongono di una linea telefonica con un sistema interno di smistamento delle
chiamate in entrata ed in uscita, e di una connessione ADSL a larga banda (20 Mbit).
Attività svolte
Nel Centro Polifunzionale, attualmente vengono svolte le seguenti attività:
- ambulatori dei MMG
- sportello C.U.P. 2 giorni la settimana (per i pazienti è anche possibile prenotare visite e/o
accertamenti tramite numero verde)
- prelievi ematochimici
- registrazione di tracciato E.C.G.
- terapia iniettiva
- misurazione di PAOS, BMI, circonferenza vita
- consultorio ginecologico
- ambulatorio psicologico
Progetti in essere
I MMG, di concerto con l’ASL TO5, hanno stabilito i seguenti progetti:
1) monitoraggio della T.A.O., mediante uso di Coaguchek Roche®. Tale progetto è già operativo, e
prevede
i) Una prima fase di controllo in doppio con il Laboratorio Analisi dell’Ospedale di Moncalieri
(già effettuato) per valutare l’affidabilità ed i limiti della metodica
ii) Il prelievo da parte del MMG, la valutazione del risultato, e la consegna al paziente della
posologia dell’anticoagulante orale giornaliero fino al prossimo controllo, con l’ausilio di un
programma informatico (attualmente a regime)
iii) Periodici controlli con il Laboratorio Analisi dell’Ospedale di Moncalieri per valutare
l’attendibilità nel tempo dello strumento
2) un programma di educazione e sensibilizzazione ad un corretto stile alimentare ed all’importanza
dell’attività fisica, con particolare riferimento ai pazienti affetti da Sindrome Metabolica, preparato
con il contributo dei MMG, delle Infermiere Professionali e con il Centro Diabetologico
dell’ASL. Attualmente, sono state effettuate alcune sessioni di prova, e si stanno rielaborando le
modalità operative, per ricominciare nell’autunno 2008
3) la creazione di un ambulatorio per il riconoscimento precoce della neuropatia e per l’esame
del piede diabetico, con l’intervento coordinato dei MMG, delle Infermiere e del Centro
Diabetologico dell’ASL. Anche di questo progetto sono state effettuate alcune sessioni di prova, e
se ne stanno rielaborando le modalità operative in attesa della formalizzazione con l’ASL, ed
inizio previsto per l’autunno 2008
38
4)
l’utilizzo di una cartella clinica informatizzata (via WEB?) in comune con il Centro
Diabetologico per la condivisione dei dati essenziali dei pazienti diabetici. Allo stato attuale,
sono stati risolti alcuni problemi insorti con l’Ufficio Tecnico dell’ASL legati alla tipologia delle
linee telefoniche, ed in un prossimo futuro sarà possibile l’allacciamento della rete dei MMG alla
rete dell’ASL
5) un progetto di ricerca attiva dei pazienti a rischio di BPCO, mediante una prima estrazione
con metodologia informatica dei pazienti cui somministrare il questionario GOLD per la
selezione definitiva dei pazienti da inviare a spirometria per l’eventuale conferma diagnostica e
stadiazione della BPCO. Per non caricare oltre misura le strutture territoriali dell’ASL, si è
convenuto l’acquisto da parte dell’ASL di uno spirometro da far utilizzare a favore dei pazienti
individuati con i criteri precedentemente esposti.
Prospettive future
Allo stato attuale delle cose, il problema maggiore è legato alla disponibilità di locali; a breve, si
dovrebbe avere la disponibilità di nuovi locali, in modo da poter approntare:
- un locale medicheria con possibilità di poter effettuare terapia infusionale
- un locale adibito esclusivamente all’ambulatorio dedicato al diabete
- un locale per poter accogliere la Pediatra di Libera Scelta
- un locale per i Servizi Sociali e per la costituzione dello Sportello Unico Socio Sanitario
Con queste nuove risorse, potrà quindi costituirsi il Gruppo di Cure Primarie a pieno regime
L’esperienza della Medicina di Gruppo di PINO TORINESE
Guido Giustetto - Medicina di Gruppo di Pino Torinese
Buongiorno a tutti, sono Guido Giustetto, lavoro anch’io in una Medicina di Gruppo, a Pino
Torinese. Vorrei fare un commento sull’esperienza riportata da Olivero, sicuramente molto
interessante.
C’è un punto della relazione di Sergio, che rappresenta un po’ il cuore di tutto il ragionamento sui
Gruppi di Cure Primarie e cioè la necessità di affiancare a quanto noi offriamo ai pazienti per
rispondere ad una loro domanda (il 90%, forse di più, dell’attività che svolgiamo), la nuova attività che
con i GCP vogliamo offrire, che io definisco medicina di iniziativa, ma che si può chiamare in molti
altri modi.
Intendo il farsi carico da parte del medico dei bisogni di salute dei cittadini, bisogni individuati dal
sistema sanitario e che il paziente spesso non è in grado di cogliere, cioè quell’insieme di attività di
diagnosi precoce, medicina preventiva, gestione delle patologie croniche: questo è una delle due gambe
sulle quali si devono muovere i gruppi di cure primarie, così come è scritto nel piano sanitario regionale.
L’altra gamba importante è rappresentata da quanto i colleghi del Parco Dora hanno messo in piedi e
cioè l’offerta alla popolazione di un punto unico, visibile, al quale chi sente una necessità di salute può
rivolgersi, sapendo che li trova comunque una prima risposta che in alcuni casi potrà essere definitiva e
in altri invece rappresentare l’inizio di un iter verso livelli di servizio diversi.
Questa puntualizzazione non è per dare oggi una patente di gruppo di cure primarie a qualcuno e a
qualcun altro no, ma per chiarire che tra i contenuti dell’attività dei GCP non potranno mancare questi
due momenti.
Invito pertanto i colleghi che ci riferiranno sulle loro realtà a darci, senza alcun schematismo, dei
dettagli sulle prime attività che sono iniziate, sapendo che tutti ci troviamo nella condizione di Medicine
di Gruppo che vorrebbero diventare Gruppi di Cure Primarie.
Nella mia realtà di Pino, per esempio, attraverso delle convenzioni tra l’Asl e la società di servizi che
gestisce il nostro studio, abbiamo già attivato alcuni servizi
(ma ciò nonostante, non mi sentirei di dire che questo insieme di attività rappresenti già un Gruppo di
Cure Primarie).
Infatti in un accordo di intenti del marzo 2007 tra l’Asl, il Comune, la Medicina di Gruppo e il
Consorzio dei Servizi Socio Assistenziale si decideva tutti insieme di andare verso la costituzione e la
sperimentazione di un Gruppo di Cure Primarie e ciascun contraente si impegnava a contribuire al
progetto .
39
L’Asl si assumeva l’impegno finanziario per i costi di gestione e del personale necessario; il Comune di
Pino offriva la possibilità di utilizzare, come futura sede, dei locali attualmente in via di costruzione e
destinati a servizi alla comunità; i servizi sociali decidevano di trasferire i loro servizi e il loro personale
nella nuova sede e i medici, facenti parte della Medicina di Gruppo decidevano che avrebbero
progettato e definito gli interventi di medicina di iniziativa e avrebbero messo a disposizione quello che
in realtà in larga parte già fanno, per esempio l’estensione dell’orario di apertura oltre le 6 ore previste
dalla Convenzione (in quasi tutte le attuali Medicine di Gruppo l’orario reale di apertura è di 8, se non
10, ore).
Da questo accordo di intenti, nei mesi successivi, si è passati a delle convenzioni specifiche tra l’Asl, il
Comune di Pino e la società servizi che gestisce gli studi medici (questo è un aspetto amministrativo
importante da sottolineare) per definire le caratteristiche e la ripartizione dei costi dei nuovi servizi da
attuare: la presenza settimanale di uno specialista, un punto prelievi con accettazione diretta, la
possibilità per i cittadini di ritirare i referti di laboratorio in studio tutti i giorni, l’apertura di varie attività
gestite da volontari (consulenza psicologica, trasporto pazienti non autonomi, prenotazione telefonica
assistita).
Le attività hanno seguito tre stadi operativi definiti
1° stadio: ottobre 2007
1 - Restituzione referti esami di laboratorio dal lunedì al venerdì per 8 ore giornaliere.
2 - Prenotazione “facilitata” per gli anziani di esami e accertamenti attraverso il numero verde dell’ASL
a cura di volontari “accreditati”.
3 - Organizzazione tramite volontari “accreditati” di trasporto di assistiti ai presidi ospedalieri e ai
poliambulatori per accertamenti specialistici.
4 – Sportello consulenza psicologica (volontari DIAPSI)
2° stadio: dicembre 2007
1 - Scelta e messa in atto di percorsi diagnostico terapeutici (PDT) con modalità di medicina di
iniziativa e condivisi con gli specialisti (Ipotesi : Ipertensione arteriosa e Scompenso cardiaco
oppure valutazione del Rischio Cardio-Vascolare, BPCO…….).
2 - Presenza del cardiologo, pneumologo, ortopedico per “n” ore settimanali in studio.
3 - Accettazione diretta (senza prenotazione) per esami di laboratorio.
4 - Esecuzione dei prelievi e invio dei campioni al laboratorio di Chieri.
3° stadio: marzo 2008.
1 – Condivisione nel gruppo di medici di un altro PDT da attuare, scelto tra: Sindrome Dismetabolica
(diabete, obesità, dislipidemia), Smoking cessation, BPCO, Osteoporosi…..
2 – Presenza dello specialista … per “n” ore settimanali in studio per pazienti coinvolti nei PDT.
Risorse aggiuntive necessarie
- Linea telefonica in uscita per effettuare le prenotazioni (Comune).
- 3-4 ore di un locale per il volontariato che telefona.
- Ore da quantificare per Formazione, supervisione e coordinamento dei volontari per le prenotazioni a
carico dell’ASL.
- Aumento delle ore infermieristiche per competenze infermieristiche ed organizzative nel PDT e
assistenza dello specialista.
- Alcune ore di segreteria (2/die?) per convocazione pazienti PDT, prenotazione specialista,
restituzione referti, controllo e coordinamento delle nuove attività.
- 3-4 ore settimanali di uno studio x specialista (e correlate spese di eventuale arredo, consumi,
pulizie…).
- Linea telefonica, software e hardware per la accettazione degli esami di laboratorio
40
Costruire i Gruppi di Cure Primarie in Piemonte
Gabriella Viberti - ARESS Piemonte/Assessorato Tutela Salute Piemonte
La direzione imposta dallo scenario
Negli ultimi anni quella che vene definita “transizione epidemiologica”, trainata dalla transizione
demografica (che ha visto una riduzione della mortalità, seguita da una diminuzione della fecondità) ha
condotto ad un cambiamento della morbilità, portando da una situazione epidemiologica dominata da
malattie infettive rapidamente letali ad una dominata da malattie croniche e degenerative che
sopraggiungono tardivamente ed evolvono in modo cronico. Tutto questo ha indotto una transizione
sanitaria, intesa come risposta del sistema sanitario ai bisogni nati dalla transizione epidemiologica, che
comporta la modifica delle attività di risposta del sistema sanitario, contestualmente ad una
riorganizzazione del finanziamento delle cure.
La strada per il miglioramento della sanità passa attraverso una riorganizzzazione della Medicina del
Territorio, mediante la costruzione di una rete di servizi territoriali in grado di dare risposte articolate ai
diversi bisogni di salute, garantire la continuità dell’assistenza, nelle 24 ore e nell’intero arco di vita dei
pazienti e il collegamento con la rete ospedaliera, nonché assorbire la domanda di prestazioni urgenti di
primo livello che oggi troppo spesso affolla i Pronto Soccorso ospedalieri.
I documenti di programmazione nazionale (Piano sanitario nazionale 2006-08) e regionale (Piano soci
sanitario regionale 2007-10) pongono l’accento, a tal fine, su due aspetti correlati, la riorganizzazione
delle cure primarie (per superare una realtà che vede l’ erogazione dell’assistenza primaria
prevalentemente basata sullo studio individuale del medico) e l’integrazione tra i diversi livelli di
assistenza (per disporre di percorsi clinico-assistenziali condivisi tra territorio ed ospedale).
Di seguito si rende contro sul modello recentemente adottato dalla Regione Piemonte con il Pssr
2007-2010.
I gruppi di cure primarie in Piemonte
Definizioni
I Gruppi di Cure Primarie (GCP) sono stati individuati nel Pssr 2007-10 come forme organizzate,
all’interno dei distretti, che assistono 10-15.000 abitanti, caratterizzate da sede unica, presenza
pluriprofessionale (oltre mmg/pls e medici di continuità assistenziale, gli infermieri, gli operatori socio
sanitari e gli assistenti sociali, con il sostegno ed il supporto di una forte azione amministrativa),
condivisione di impostazioni di lavoro, relazioni operative strutturate con altri livelli del sistema
territoriale ed ospedaliero, “visibilità” nei confronti del cittadino; è negli intenti del Piano il fatto che
essi non rappresentino eccellenze isolate ma si diffondano via via sull’intero territorio regionale, per
sollevare i cittadini dall’onere di percorsi di cura oggi spesso spezzettatti in mille rivoli.
La Casa della Salute (CS), nell’evoluzione delle forme di integrazione della medicina generale,
rappresenta un livello di complessità maggiore, prevedendo, oltre alla presenza delle professionalità
incluse nei GCP, nella stessa struttura alcuni dei servizi territoriali ad accesso diretto (consultorio
familiare e pediatrico, servizio tossicodipendenze, articolazione del Servizio di Salute Mentale,
neuropsichiatria infantile) o facenti parte del Dipartimento di Prevenzione (Servizio Igiene Pubblica,
Veterinario, Medicina Legale).
GCP e CS rappresentano l’articolazione organizzata del Servizio sanitario regionale sul territorio,
primo punto di accesso dei cittadini al complesso sistema di assistenza e di cura: all’interno di GCP e
CS mmg e pls sono organizzati in medicina di gruppo (a fine 2007 il 22,4 % dei medici di medicina
generale piemontesi era organizzato nella forma associativa medicina di gruppo in Piemonte)
41
Cronistoria
Nel luglio 2007, in seguito alla definizione e presentazione alle Asl, da parte dell’Assessorato
regionale, di “Linee di indirizzo per l’avvio dei GCP”, che declinano le indicazioni contenute nel Pssr
2007-10, sono stati predisposti e presentati al vaglio dell’Assessorato regionale, da parte dei distretti
delle Asl piemontesi, 33 progetti sperimentali di GCP.
Nel luglio 2007 l’obiettivo della costituzione di un GCP per Asl entro il 2008 e di almeno un GCP per
distretto entro il 2010 è stato inoltre assegnato ai direttori generali nell’ambito degli obiettivi
assistenziali contenuti nella delibera 59/07 “…Definizione degli obiettivi per ii piani di riequilibrio delle
Asl piemontesi…”
L’Assessorato Tutela Salute ha sinora predisposto due Rapporti di monitoraggio, il primo che analizza
i progetti aderenti alla sperimentazione, nel luglio 2007, il secondo di analisi dei progetti GCP
avviati/in corso di avvio , ad aprile 2008.
Nel corso del primo semestre 2008 l’Assessorato Tutela Salute e le Organizzazioni sindacali della
medicina generale hanno lavorato alla predisposizione di requisiti condivisi per l’avvio formalizzato,
nelle Asl Piemontesi, della sperimentazione dei Gruppi di Cure Primarie/Case della Salute.
Nel corso del terzo trimestre 2008 verranno individuati, tra gli aspiranti GCP/CS, i gruppi che
possono avviare l’attività sperimentale, ottemperanti ai criteri qualificanti di cui sopra.
Nel corso del 2008 e del 2009 proseguirà il monitoraggio della sperimentazione da parte regionale,
con il terzo Rapporto previsto per fine anno e l’individuazione/costruzione del sistema di indicatori di
monitoraggio.
I dati generali della sperimentazione
Con riferimento ai progetti presentati nell’estate 2007, allo stato attuale la situazione risulta la
seguente
- 13 aspiranti GCP hanno avviato o stanno avviando la loro attività in accordo con l’Asl di
appartenenza (nelle Asl TO2 , TO3, TO4, TO5 , VC , CN1 , AL )
- altri 15 gruppi circa sono sul punto di partire, in attesa di più chiara definizione del contesto regionale
in merito (e con questi si dovrebbero coprire tutte le Asl regionali nel corso del 2008)
- 5 GCP hanno dichiarato, allo stato attuale, l’indisponibilità a partire
Si contano inoltre 17-18 nuove progettualità relative allo sviluppo di Gruppi di Cure Primarie e Case
della Salute rispetto agli intenti dichiarati dalle Asl nel giugno-luglio 2007.
Caratteristiche dei gruppi avviati
Il Quadro di sintesi che segue evidenzia la situazione dei 13 GCP avviati e/o in avvio, con
riferimento ad un gruppo di variabili:
- infermieri Asl: ci sono in 10 GCP su 13 (il 76.9 % dei casi osservati)
- infermieri del GCP: ci sono in 4 GCP (il 30,7 % dei casi osservati)
- amministrativi Asl: ci sono in 8 GCP (il 61,5 % dei casi osservati)
- medicina di iniziativa: si fa in 11 GCP (l’ 84,6 % dei casi osservati)
- servizi sociali: previsti in 7 GCP, altri 4 si stanno adeguando (in tutto 84,6 % dei casi osservati Un
altro aspetto che pare prioritario perseguire nell’integrazione dei servizi sul territorio riguarda la
presenza ed il lavoro congiunto, all’interno dei GCP, con i servizi sociali, per fronteggiare i bisogni,
socio-sanitari, di maggiore complessità.)
- specialisti: ci sono in 7 GCP (il 53,8 % dei casi osservati)
- servizi aggiuntivi: consultori in 10 GCP, Igiene Pubblica/Veterinaria in 2 GCP (la presenza di servizi
distrettuali aggiuntivi connota le esperienze in questione come prime forme embrionali di Case della
Salute)
- Connessione alla rete aziendale in circa il 50 % dei GCP avviati: si tratta di un elemento
pregiudizievole per l’effettuazione di alcune delle attività centrali previste nei GCP, quali
prenotazioni …; su questo versante si sta lavorando a livello regionale per creare le condizioni
favorenti allo sviluppo di tale funzione, procedendo su due direttrici, da una parte lo sviluppo delle
42
condizioni di base per quelle realtà per le qual il collegamento informatico con la rete aziendale
risulti ancora problematico e dall’altra lo sviluppo di condizioni favorenti per quelle realtà nelle quali
sia possibile sperimentare forme più avanzate di intervento, quali ad esempio agende di
prenotazione dei pazienti cronici integrate tra medici di medicina generale e specialisti
corrispondenti per la gestione di alcune patologie croniche (cardiache, diabete…), forme di
teleconsulto e telemedicina…
- copertura 5 giorni x 8 ore in 9 GCP (6 ore in 3 GCP).
Gli indicatori di monitoraggio della sperimentazione
Con riferimento ai dati emersi dal monitoraggio ed alle indicazioni desumibili da letteratura ed altre
esperienze nazionali ed internazionali in corso, nel mese di febbraio 2008 l’ ARESS ha avviato un
Gruppo di Lavoro incaricato di definire, tra l’altro, un pacchetto di indicatori di monitoraggio della
sperimentazione.
Il sistema di indicatori sarà finalizzato alla valutazione della performance della sperimentaizone in
corso e dei risultati di questa.
Le categorie di indicatori che si propone di individuare riguardano:
1. Risorse utilizzate : 1.1 finanziarie
1.2 personale
1.3 strumentali
1.4 strutturali
2. Attività Erogate :
2.1 analisi quantitativa
2.2 analisi qualitativa
2.3 modalità di organizzazione delle attività
3. Risultati :
3.1 organizzativi
3.2 governo della domanda
3.3 efficacia
3.4 gradimento dell’ utenza
Gli indicatori saranno applicabili al complesso delle attività dei Gruppi di Cure Primarie o ai
principali percorsi di cura delle patologie croniche (diabete, ipertensione, BPCO, scompenso
cardiaco…), alla cui definizione l’Aress sta lavorando, con l’Assessorato Tutela Salute della Regione
Piemonte.
La costruzione e la successiva analisi degli indicatori consentiranno di comprendere le criticità e
predisporre le opportune correzioni per la correzione dei processi ed il miglioramento dei risultati,
nonché di valutare le performance di differenti universi (gruppi singoli, medicine di gruppo , gruppi di
cure primarie).
43
Gli elementi critici
Guido Giustetto
Una breve conclusione che serva anche per formulare le domande ai due consulenti che
interverranno subito dopo. I punti chiave che mi sembra emergano dagli interventi che abbiamo
ascoltato sui principi, sul contesto e sul dibattito intorno ai gruppi di cure primarie sono: l’osservazione
che l’agenda del paziente non coincide per forza con l’agenda del medico (considerazione alla base di
tutto il discorso gestionale dei GCP) e la necessità che i GCP divengano per il cittadino la porta di
accesso al sistema sanitario.
Questi sono i primi due punti su cui dobbiamo ragionare, anche perché essi portano con sé una
rilevante serie di problemi.
Direi che ora non è utile discutere sulle medicine di gruppo, perché le medicine di gruppo sono ormai
un fatto storico iniziato quasi 20 anni fa e che ha avuto come caratteristica principale quella di mettere
dei medici a lavorare insieme.
La scommessa nuova, appena accennata nelle medicine di gruppo, è invece la pluriprofessionalità, cioè
la capacità di mettere insieme medici di diverso tipo, segretarie, infermieri professionali, operatori dei
servizi sociali, operatori del volontariato. Quindi non solo più mettere insieme medici di medicina
generale ma, aggiungerei, neanche soltanto sommare pezzi di servizi.
Le esperienze di cui abbiamo ricevuto qualche flash sono nate in situazioni probabilmente fortunate dal
punto di vista logistico: per esempio, una valle dove molti servizi sono già nella stessa sede, e dove,
aggiungendo la presenza dei MMG si ottiene quel qualcosa di più che deriva dalla sinergia; queste
situazioni sono una risposta più efficiente e più intelligente alla domanda del cittadino, ma i GCP
prevedono una serie di attività del tutto nuove che vanno ben oltre le medicine di gruppo e la loro
somma con i servizi distrettuali dell’ASL.
Il progetto dei GCP, come abbiamo visto, si presenta complesso anche dal punto di vista della gestione
quotidiana e anche su questo abbiamo bisogno di chiarirci le idee.
Intendo parlare di elementi molto pratici e quindi vi invito ora a spostare il fuoco del nostro interesse
dal contesto politico, dalla visione istituzionale della Regione e del Sindacato ad aspetti concreti come,
per esempio, le modalità di gestione della sede dei futuri Gruppi di Cure Primarie o anche delle attuali
medicine di gruppo che vogliono diventare gruppi di cure primarie (“ gli aspiranti” come li ha chiamati
Mario Costa).
Nel diventare, da Medicine di Gruppo a GCP, noi aspiranti dove andiamo a lavorare? Le sedi che
abbiamo adesso come medicine di gruppo sono sufficienti per fare i gruppi di cure primarie? Le Asl ci
possono dare dei locali, i comuni in diverse situazioni, compresa la mia, offrono una sede, e in quegli
spazi quale ruolo avremo: affittuari, ospiti, utilizzatori in comodato d’uso, pagheremo un affitto?
Se negli stessi locali ci sono anche dei servizi dell’Asl, per esempio attività di segreteria o il punto
prelievi o gli specialisti, e del Consorzio Socio Assistenziale, chi è responsabile di queste diverse figure
professionali, chi regola e gestisce i rapporti tra di esse ?
Qual è la forma più efficiente per suddividere le spese di gestione di spazi utilizzati da soggetti
istituzionali diversi ?
Un’altra domanda: per la legge 626, chi è il responsabile della sicurezza in una situazione lavorativa di
questo tipo?
Il personale amministrativo e infermieristico da chi è assunto ? E’ più opportuno che sia personale ASL
distaccato al GCP o continuiamo col sistema delle indennità che ci vengono attribuite in proporzione al
numero di pazienti, per assumere noi il personale? quali sono i pro e contro delle diverse forme
contrattuali per il personale di studio ?
E’ necessario/opportuno/possibile che il gruppo di cure primarie assuma una sua forma giuridica? E
quale ?
Ci deve essere una società di servizi o c’è qualche forma più evoluta che ci può aiutare?
E’ possibile, con l’attuale normativa, costituire una società tra professionisti?
Le cooperative sono una risposta efficiente?
In una domanda: come si gestisce questa complessità?
La rivolgo alla dottoressa Garcia e al dottor Vergnano consulenti fiscali di due delle nostre Medicine di
Gruppo.
44
Mi rendo conto che queste domande sono poste un po’ alla rinfusa, ma credo riflettano i dubbi e gli
interrogativi che un po’ tutti in maniera ancora confusa ci poniamo. D’altra parte se non chiariamo
anche (o forse prioritariamente) questi aspetti, le agende del paziente e del medico rimarranno anche
loro confuse e la porta di accesso unica non riusciremo ad aprirla.
45
Dal baratto ai bilanci:
l’amministrazione dei gruppi
Relazione di M. Garcia
Manuelita Garcia - Ragioniere Commercialista Revisore Contabile
Conoscete tutti le motivazioni che hanno dato vita alla Medicina di gruppo, non mi soffermo quindi
ad elencarle ma passo direttamente al documento che le ha istituite e regolamentate e cioè l'accordo
collettivo nazionale emanato con il DPR n. 270/2000.
All'art. 40 l'accordo disciplina le attività dei medici di medicina generale convenzionati nell'ambito
delle forme associative e distingue tra:
• forme associative che costituiscono modalità organizzative del lavoro e di condivisione delle
strutture e
• forme associative, quali società di servizio, anche cooperative.......... che non possono fornire
prestazioni sanitarie ed assicurano esclusivamente beni e servizi ai medici.
Da tale previsione, sono nati diversi moduli associativi e tra questi anche gruppi costituiti
informalmente ed in assenza di riconoscimento fiscale (molti medici sono infatti costituiti in gruppo nel
senso che hanno comunicato tale loro forma organizzativa ma non hanno sottoscritto alcun contratto
sociale, né tanto meno, hanno richiesto il codice fiscale / partita IVA per il soggetto associante).
Sicuramente l'assenza di regole costitutive, compiutamente codificate, ha facilitato la nascita dei
gruppi, agevolando, quindi, il parziale raggiungimento degli obiettivi che l'accordo si prefiggeva.
E’ però necessario un ulteriore intervento normativo in merito:
• alla determinazione di vincoli in ordine alla costituzione di forme associative regolamentate anche
dalla legislazione fiscale
• al riconoscimento, per tutti i ricavi attribuiti alle forme associative - diverse dalle società di servizi
- della totale esenzione dall'applicazione dell'IVA.
In assenza di tale passaggio, si rischierà di compromettere l'attuazione degli scenari oggi in discussione.
L'esperienza maturata con il gruppo di Pianezza, è sicuramente positiva dal punto di vista sociosanitario, ma ha fatto emergere innumerevoli difficoltà di gestione, amministrativa, contabile e fiscale.
In dettaglio, si è scelto di costituire, con atto pubblico, una associazione professionale, per la quale è
stata richiesta l'attribuzione, alla competente Agenzia delle entrate, del n. di CF / P.TA IVA. E' stata
quindi posta in essere la forma più idonea, dal punto di vista della normativa attuale, come avrà modo
di illustrarvi nella sua relazione il collega Aldo Vergnano, con una eccezionalità sostanziale, dovuta al
fatto che gli associati hanno mantenuto la loro posizione individuale, quindi anziché accentrare su un
unico soggetto tutta la gestione amministrativa/fiscale, hanno operato la ripartizione di parte dei loro
compensi e, conseguentemente, anche di parte delle spese sostenute.
Conseguentemente, la maggiore difficoltà riscontrata è stata quella di attribuire ai compensi una corretta
tassazione ai fini delle imposte dirette e una puntuale interpretazione in ambito IVA, della
assoggettabilità dei costi comuni, ripartibili ai singoli associati:
• in primo luogo, la misura dei compensi da imputare all'associazione, è stata fissata in base ad un
criterio di mera copertura degli oneri anziché in relazione alla reale natura del compenso o
dell'indennità e di conseguenza all'erogazione al soggetto (individuale o associato) competente;
• in secondo luogo, in relazione ad una serie di problematiche formali ed operative, ci si è trovati di
fronte ad un sostanziale non riconoscimento del soggetto associativo da parte del Servizio
Sanitario Nazionale, in quanto questo pur erogando parte dei compensi all'associazione, applicava
la ritenuta d'acconto in qualità di sostituto d'imposta unicamente sui compensi del singolo e
procedeva all'erogazione a favore dell'associazione, semplicemente come movimento finanziario.
In tale situazione vi erano due opzioni possibili da un punto di vista fiscale:
46
1. considerare la parte dei compensi attribuita all'associazione, un finanziamento degli associati, o in
alternativa
2. considerare tale quota un rimborso che i componenti l'associazione versavano per i servizi di
segreteria, utilizzo dei locali ecc., con conseguente aggravio di IVA ( quantomeno su una parte di
questi)
Come potete immaginare è stata scelta la prima opzione anche in considerazione all'assoluta neutralità,
sul reddito conseguito dai singoli, dei maggiori compensi ricevuti.
Una tale impostazione lasciava aperti altri problemi:
• l'associazione non rientrava espressamente tra i soggetti esclusi dall'applicazione degli studi di
settore e non dichiarando ricavi, sarebbe sempre risultata non congrua (questo problema è stato
temporaneamente risolto indicando comunque sul modello unico una causa di esclusione e
rinviando così ad un eventuale contraddittorio con il fisco la risoluzione)
• L'Erario poteva in qualunque momento rilevare una parziale evasione in materia di IVA
Il gruppo ha quindi cercato di rimuovere gli ostacoli che non consentivano il sostanziale
riconoscimento da parte del SSN e alla fine del 2006 siamo riusciti ad ottenere l'erogazione di compensi
assoggettati totalmente al contributo ENPAM in capo al singolo e ripartiti tra questo e l'associazione
per l'applicazione della ritenuta a titolo d'acconto.
Quest'ultima soluzione è il “baratto” che ha ispirato il titolo dell'intervento, perché ancora oggi non si
può affermare di aver correttamente attribuito agli aventi causa, i compensi in base alla loro natura,
conseguentemente questi non vengono correttamente assoggettati ad ENPAM, IRE (ex IRPEF), IRAP.
Ma la gestione dei ricavi non è stata l'unica difficoltà, nella realtà del Gruppo, senza alcun dubbio,
rimangono irrisolte alcune problematiche inerenti i costi, che sono state solo parzialmente risolte, infatti
in relazione alla puntuale attribuzione delle spese ad ogni singolo associato si è ottenuto un risultato
sostanzialmente corretto, (avendo attribuito a ciascuno i costi secondo il criterio dell’inerenza) esempio:
all'interno della contabilità dell'associazione sono stati suddivisi i costi effettivamente sostenuti da
ognuno quindi per il soggetto A:
• è stato considerato l'affitto dei locali da lui occupati ed i relativi costi di riscaldamento, spese
condominiali, energia elettrica ecc.
• sono state conteggiate le ore di lavoro prestate dalla segretaria a suo favore ed in proporzione gli
sono stati imputati gli oneri
• con lo stesso criterio sono stati conteggiati tutti gli altri costi.
Il medesimo valore, ottenuto dalla somma algebrica dei costi, è stato utilizzato per determinare la quota
di compensi da “girocontare” all'associazione, ottenendo così un risultato pari a zero in riferimento al
reddito individuale. Naturalmente non sarà mai possibile ottenere un reale pareggio al 31 dicembre di
ogni anno, in funzione al variare di alcuni costi.
Questo tipo di impostazione non è attualmente regolamentato dalla legislazione fiscale vigente,
prestandosi quindi a possibili contestazioni in sede di verifica o accertamento.
Un ulteriore aspetto non risolvibile riguarda l’applicazione della normativa sulla legge 626 che prevede
l'assunzione della qualifica di responsabile della sicurezza in capo ad un unico soggetto, mentre con
riguardo ai corsi specifici (non quello di primo soccorso che a voi non è richiesto) come il corso
“antincendio”, la formazione è in capo ad un soggetto costantemente presente nella struttura quindi,
nel caso in esame, almeno due soggetti, con l'ulteriore obbligo di aggiornamenti biennali/triennali e con
conseguente aggravio di costi e perdite di tempo.
Attualmente esistono forme associative che permettono di risolvere alcuni dei problemi evidenziati ma
che richiedono un approccio differente da parte del singolo, ... ritengo però necessario un intervento
legislativo in ambito fiscale, volto a regolamentare, espressamente, la tassazione dei gruppi di medicina
generale.
Concludo segnalandovi un'interessante disposizione, emanata con la Finanziaria 2008 e cioè il bonus
aggregazioni per gli studi professionali che consiste in un credito d'imposta, in misura pari al 15% delle
spese sostenute per: mobili, arredi, attrezzature informatiche, impianti, software e spese di
ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli immobili. Il bonus sarà riconosciuto agli studi
professionali risultanti dall'aggregazione di almeno 4 ma non più di 10 professionisti, nel triennio
2008/2010 (particolari disposizioni potranno essere varate per i medici convenzionati con il SSN).
47
Relazione di A. Vergnano
Aldo Vergnano - Dottore Commercialista Revisore Contabile
I medici di medicina generale che affrontano il problema della organizzazione di “gruppi di lavoro”,
aspiranti “gruppi di cure primarie (GCP) devono affrontare un duplice livello di complessità
organizzativa attinente:
• alla regolazione dei rapporti interni al gruppo
• alla regolazione dei rapporti con gli altri attori dei GCP
La regolazione dei rapporti interni al gruppo
Il primo livello organizzativo attiene alla regolazione giuridico/amministrativa/fiscale dei rapporti che
si instaurano fra medici che, anche senza la prospettiva di costituire un GCP, decidano di condividere
strutture, personale e servizi per lo svolgimento della propria professione.
Le esperienze di “vita vissuta” ci insegnano che fino ad ora si sono tentati tre diversi tipi di approccio:
• Il cosiddetto “baratto”
• La società di servizi esterna
• La associazione professionale “parziale”
Il baratto è la soluzione, credo, di gran lunga più praticata ma presenta notevoli limiti e profili di
illegittimità. Consiste nello stipulare fra medici accordi secondo cui ciascuno sostiene personalmente un
certo tipo di spese (chi assume la segretaria, chi paga l’affitto dello studio, chi paga luce e telefono, etc.);
alla fine si fanno i conti e ci si scambia fatture (tendenzialmente ed erroneamente esenti da IVA) per
operare i necessari conguagli.
E’ una soluzione che solo apparentemente sembra semplice ed è basata su non poche finzioni.
Si aggiunga il fatto che i riaddebiti di spese fra medici dovrebbero essere tutti assoggettati ad IVA e,
quindi, far lievitare i costi del 20% per questo solo fatto
La società di servizi esterna è una pratica che va diffondendosi; offre una struttura organizzativa
ordinata ed ineccepibile dal punto di vista della legittimità.
La società di servizi esterna si dota di tutte le risorse strumentali ed umane necessarie allo svolgimento
della professione e fattura ai singoli medici l’uso di studi professionali dotati di tutto i necessario ed
assistiti dal personale di segreteria.
Ogni medico mantiene la posizione IVA individuale e riceve fatture dalla società di servizi.
Il problema risiede ancora nel fatto che quest’ultima, nel fatturare ai medici i propri servizi, deve
inevitabilmente applicare l’IVA al 20% su tutte le prestazione che non godono oggettivamente di
esenzione da tale tributo (sono esenti da IVA le sole prestazioni infermieristiche).
Se, per esempio, una segretaria ha un costo di 25.000 Euro/anno per la società di servizi, tale costo
diventa di 30.000 per i medici per via dell’applicazione dell’IVA.
La società di servizi, inoltre, ha una propria, benché minima, struttura amministrativa/contabile ed una
propria “vita fiscale”, che in qualche misura, necessariamente, costano.
La associazione professionale “parziale” consiste nel costituire associazioni fra professionisti
(altrimenti detti “studi associati”, molto diffusi nella pratica di quasi tutte le altre professioni
intellettuali) che provvedono, al pari delle società di servizi esterne, a dotarsi delle necessarie risorse
strumentali e di personale messe poi a disposizione dei singoli medici che ne fanno parte e coprendone
i costi mediante “storno” a favore della associazione di una parte dei compensi mensili erogati dall’ASL
di appartenenza.
I compensi liquidati mensilmente a ciascun medico,in sostanza, vengono ripartiti in due quote: la prima,
più consistente, va al medico, mentre la seconda, normalmente molto più modesta, viene corrisposta
alla associazione professionale “parziale”, cui attribuisco quest’ultimo aggettivo poiché non si occupa,
come tutte le associazioni professionali, di tutta l’attività conferita dagli associati ma solo delle loro
necessità operative/strumentali.
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La soluzione, a mio avviso, presenta notevoli limiti e sospetti di illegittimità e, adottata facendo di
necessità virtù (anche di fronte a posizioni delle ASL che, senza motivo giuridico alcuno non
permettono di costituire associazioni professionali vere e proprie) deve essere velocemente superata.
Appare anomalo suddividere i propri compensi professionali fra due “soggetti fatturanti”, il medico e la
associazione “parziale”, così come appare di dubbia legittimità il fatto che tale associazione, che a ben
vedere svolge la medesima funzione delle società di servizi esterne, non fatturi a sua volta le proprie
prestazioni ai singoli medici.
Il naturale superamento dei tre modelli può, a mio avviso, essere rappresentato dalla
associazione professionale “totale”, vera e propria, nel cui ambito i medici svolgono l’intero propria
professione e che diventa l’unico “soggetto fatturante” nei confronti delle ASL come dei clienti privati,
provvedendo con semplici meccanismi di ripartizione di costi e ricavi a “rimettere” ai singoli medici le
proprie quote di “utili”.
La scelta della associazione professionale totale necessità di un passo avanti culturale da parte del SSN e
dei MMB, dal lavoro pseudo dipendente/ pseudo autonomo al lavoro autonomo a tutti gli effetti.
Se i medici di base sono professionisti, lavoratori autonomi come tutti gli altri professionisti iscritti a
tutti gli altri albi riconosciuti in Italia, devono poter organizzare la propria attività come meglio
credono nell’ambito delle possibilità che la legge mette a disposizione ed il SSN deve arrivare,
senza remore, a riconoscere ed accogliere le forme organizzative che il professionista intende
legittimamente darsi.
Ritengo che non necessiti alcun nuovo provvedimento legislativo per indurre le ASL a riconoscere le
associazioni professionali, basta un rinnovato atteggiamento.
La associazione professionale:
•
•
•
•
•
•
•
•
è una pseudo società, definita quale centro di imputazione di interessi ed oneri giuridici, la cui
attività è regolata dalle norme stabilite inizialmente da parte dei medici che la costituiscono
le attività dei medici vengono svolte personalmente, e la responsabilità – anche
civile/patrimoniale e penale – rimane del singolo medico ma….
I corrispettivi vengono incassati dalla associazione professionale (ma immediatamente dopo, ogni
mese, può partire per i conti dei singoli medici un bonifico pari al cedolino ASL meno la quota
costi prestabilita)
Tutti i costi vengono sostenuti dalla associazione professionale (che a proprio nome assume
dipendenti, affitta immobili, acquista materiali di consumo, paga sostituti, attiva utenze di qualsiasi
natura)
La contabilità viene tenuta solo dalla associazione (salvo residuino P. IVA individuali, non
necessarie)
Il reddito viene determinato in capo alla associazione e, successivamente, ripartito fra gli associati
(che non hanno più contabilità)
Le % di ripartizione del reddito sono stabilite di anno in anno in base ai ricavi prodotti da ciascun
associato ed ai costi a lui imputabili
A tale scopo può facilmente adottare una contabilità analitica per suddividere ricavi e costi fra i
singoli associati
Vantaggi:
•
•
•
Il gruppo di MMB si presenta sotto forma di un unico soggetto giuridico, e come tale “contratta”
con gli altri attori, semplificando i rapporti
La gestione amministrativa/fiscale è accentrata sull’unico soggetto, senza più necessità di ripartire
i costi fra i singoli MMB. Scompare quindi qualsiasi problema di aggravio per applicazione
dell’IVA poiché non c’è società strumentale esterna che rifattura.
I singoli MMB non sono più assoggettati ad alcun obbligo contabile (se non mantengono la P.
IVA individuale)
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Complessità:
•
•
•
•
è un “matrimonio” un po’ più stretto della pura condivisione dei costi, bisogna andare d’accordo
(Ad ogni fine anno scrittura per ripartire il reddito)
salvo evoluzioni particolarmente favorevoli chi oggi ritiene di non pagare l’IRAP la pagherà,
poiché è l’unico tributo dovuto direttamente dalla associazione ed è molto più arduo sostenere la
non imponibilità in presenza della struttura che si creerebbe.
non è riconosciuta alla associazione professionale l’intestazione di beni iscritti in pubblici registri
(autovetture), ma si può ovviare al problema.
è una organizzazione “complessa”, gestisce un volume di ricavi e costi significativo e deve
soddisfare le esigenze di tanti e sovrintendere al funzionamento di strutture di una certa
dimensione: serve un “amministratore” (?)
L’amministratore, a ben vedere, è un problema trasversale a tutti i tipi di organizzazione che i
medici intendano darsi.
Uno studio medico con 5 – 8 MMG, è un soggetto da 600-800.000 Euro di ricavi: nessuna
organizzazione con un tale volume di ricavi può immaginare di camminare senza un “amministratore”;
non un manager ma colui che si “prende cura”.
Se il ruolo viene svolto da uno o più medici, con l’ausilio di consulenti esterni e del personale di
segreteria, avrà un determinato costo e richiederà un certo sacrificio di tempo, se viceversa viene
interamente affidato ad una persona “terza”, sia essa l’amministratore della società di servizi o il
collaboratore non medico dello studio associato che si occupa di tali faccende, avrà un costo
maggiormente rilevante.
Non si può pensare che diverse forme organizzative possano in qualche misura eludere il problema.
Semmai lo spostano.
Il gruppo di cure primarie ed i rapporti con gli altri attori: ASL, Servizi
Socioassistenziali, volontariato, Enti Locali
Nel rapporto complesso che si va ad instaurare ritengo sia un buon punto di partenza, credo quasi
indispensabile, che il nucleo formato dai MMG si presenti sotto unico cappello, unico soggetto
giuridico.
Si pone allora il problema:
• di organizzare concretamente (chi fa cosa e come) la struttura complessa che si viene a creare
• di attribuire ordine giuridico ai ruoli ed alle responsabilità di ciascun attore
Nella struttura sembrerebbero doversi muovere:
• i MMG
• il personale abitualmente addetto agli studi dei MMG
• medici specialisti dipendenti/convenzionati ASL
• personale dei servizi socioassistenziali
• volontari
• personale paramedico dipendente ASL (?)
Ci si chiede:
• chi debba essere titolare del diritto di utilizzare la struttura (diritto poi subconcesso agli altri
attori); chi, in pratica, l’avrà in affitto o in concessione.
• chi, concretamente, potrà/dovrà occuparsi della gestione materiale della struttura (chi apre e
chiude, chi cura la pulizia e la manutenzione) che credo dovrà necessariamente coincidere con chi
si assume la responsabilità della sicurezza dei “luoghi di lavoro” (difficile sarebbe immaginare che
il responsabile della sicurezza sia soggetto diverso da chi ne cura la manutenzione)
• da chi dipenderà il personale chiamato a svolgere le funzioni non specialistiche (segreteria,
prenotazioni etc) e specialistiche (prelievi, esami strumentali etc)
50
Una ipotesi organizzativa:
•
•
•
I MMG si procurano la disponibilità dell’intera struttura, in locazione o quant’altro, ne curano
l’accessibilità e la manutenzione
I MMG assumono i dipendenti non specializzati (segreteria) e si procurano autonomamente le
prestazioni specializzate (infermieristiche) necessarie alla propria attività di MMG
Si stipula convenzione a tre (MMG, ASL, Socioassistenziale) con la quale:
1. I MMG mettono a disposizione dell’ASL e dei CISSA alcuni spazi per l’esercizio delle attività
svolte da personale medico e/o paramedico e/o socioassistenziale inviato da (e dipendente
di) questi ultimi (oltre ai volontari)
2. Mettono a disposizione dell’ASL alcuni servizi svolti dal proprio personale intesi quale
integrazione dei servizi di medicina di base già svolti (prenotazioni, …..)
3. Ai MMG viene riconosciuta una integrazione economica (meglio se capitaria) per i servizi sub
2
4. Ai MMG viene riconosciuto un rimborso delle spese sostenute per la messa a disposizione
dei servizi sub 1. Tale rimborso si configura come corrispettivo per la prestazione di servizi
non a carattere sanitario, ed in quanto tale dovrebbe essere fatturato all’ASL con IVA da
parte dei MMB.
Perché questa proposta:
• I MMG sono più liberi, snelli ed immediati nell’assumere personale, acquistare beni e servizi,
prendere decisioni.
• I MMG sono sempre presenti nella struttura, mentre gli altri “attori” sarebbero presenti solo con
gli occhi di propri dipendenti e/o incaricati
51
Proposte operative
Guido Giustetto
Vorrei sottolineare le ultime parole del dottor Vergnano e cioè che non esiste nessuna società che, per
gestire un certo budget, non abbia un amministratore.
Questa osservazione è fondamentale perché credo che la maggior parte dei colleghi che lavorano in
Medicina di Gruppo (e che quindi sono responsabili di cifre non irrilevanti) tengano i conti delle loro
spese proprio come ci è stato descritto e il termine baratto sia il più adatto a illustrare questo sistema.
Dobbiamo essere coscienti che tutto ciò non sarà più sostenibile in un contesto complesso come quello
dei GCP.
Credo che per dei medici abituati sostanzialmente a lavorare da soli ci voglia un salto culturale per
convincersi che delle strutture complesse debbano avere una gestione dedicata.
Questa necessità diventa anche, da un punto di vista concreto, un elemento di costo per la gestione
delle strutture sanitarie associate perché amministrare richiede tempo, competenze, strumenti dedicati.
Un secondo punto che voglio mettere in evidenza è il suggerimento di costituire una forma societaria
adatta a gestire il lavoro di gruppi di professionisti e cioè l’associazione professionale, che, abbiamo
sentito dall’intervento del dottor Vergnano, per essere attuata anche subito non necessita di nuovi
strumenti normativi, quanto di un atteggiamento, un’interpretazione favorevole da parte di ASL e
Regione ed eventualmente di specificazioni nei testi della Convenzione e dell’Accordo Regionale;
sicuramente il sindacato vorrà prendere in mano questa problematica e valutarne tutti gli aspetti.
A questo punto dei nostri lavori, in questa sede, credo che su di un tema così “tecnico” non si possa
raggiungere un approfondimento maggiore e farei la proposta di costituire un gruppo di lavoro per
ciascun tema che in questa giornata emerga per importanza, per ricchezza di punti di vista e
per varietà di contributi da raccogliere.
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I servizi offerti dal gruppo
La case history Pianezzese
Sergio Bernabè
Per poter individuare e definire le caratteristiche e le dimensioni strutturali, temporali ed economiche,
oltre che le criticità da risolvere, per favorire e realizzare l’evoluzione della Medicina di Gruppo in
UMG -così come è stata definita nella premessa di questo documento- è necessario descrivere
brevemente le caratteristiche e le dimensioni numeriche dell’attività dei MMG di Pianezza.
La Medicina, e in particolare la Medicina Generale di territorio, offre da sempre un servizio di
diagnosi e cura illimitato a domanda estemporanea dei cittadini: alla percezione della comparsa del
bisogno viene consentito un accesso libero e diretto al servizio sanitario di 1° livello. Una domanda e
una prestazione professionale consolidate nei millenni e fondate su un modello di spiegazione delle
patologie umane come eventi biologici acuti, occasionali, improvvisi ed imprevedibili nella vita delle
persone. Un modello adeguato in un contesto demografico costituito da popolazioni relativamente
giovani (con vita media attesa < ai 60 anni) colpite da patologie infettive acute e da traumatismi e dalle
loro sequele; uno scenario presente sino alla prima metà del novecento.
Nella seconda metà del novecento lo sviluppo della fisiopatologia ha mostrato come l’origine di molte
patologie, soprattutto quelle con tendenza a cronicizzare, sia spesso multifattoriale e come molti di
questi fattori potevano essere ricondotti a condizioni ambientali e/o a stili di vita. Negli stessi anni la
ricerca farmacologica e l’epidemiologia clinica hanno sviluppato terapie in grado, quando non di curare,
almeno di cronicizzare patologie fino a quel momento spesso rapidamente mortali. Tutto ciò insieme
all’aumento del tenore di vita, almeno nei paesi occidentali, e il conseguente aumento dell’accesso ad
acqua pulita e corrente, frutta, verdura, proteine e condizioni di vita e di lavoro più sicure e più salubri
ha condotto -come previsto dalla demografia- ad un progressivo invecchiamento della popolazione e
all’aumento del conseguente carico di cronicità e non autosufficienza. Fragilità clinica e vulnerabilità
sociale, determinata quest’ultima da molteplici fattori non ultimo la riduzione quantitativa e qualitativa
delle reti sociali di supporto a nuclei famigliari sempre più piccoli, complicano ulteriormente l’intero
quadro essendo fattori ampiamente documentati come determinanti nel causare barriere funzionali ad
un equo accesso alle risorse sanitarie e dunque ad esporre i cittadini fragili al rischio di ricevere un
assistenza sub-ottimale da parte dei Servizi Sanitari Nazionali.
Le dimensioni del fenomeno sono tali da mettere a serio repentaglio la tenuta economica dei bilanci
degli stati occidentali e fa emergere con sempre più forza ed urgenza la necessità dell’avvento di un
sistema di servizi territoriali multidisciplinari dedicati alla prevenzione, al controllo e alla gestione delle
patologie croniche. Servizi che per essere efficaci ed efficienti devono necessariamente essere proattivi o
d’iniziativa ma che essendo comunque rivolti al singolo individuo, seppure aggregato
funzionalmente per rischio o patologia ad un gruppo di individui, non potranno mimare sic et
simpliciter gli interventi preventivi posti in atto dalla sanità pubblica. I professionisti con il compito di
dare in team (nel Gruppo di Cure Primarie) questo servizio individuale e personalizzato ai cittadini
iscritti nelle loro liste devono riuscire a sviluppare una clinica cosiddetta di popolazione grazie alla
variazione del punto di vista professionale dal quale hanno osservato sino ad ora l’individuo e
soprattutto all’acquisizione di un vero e forte consenso personale informato alle iniziative cliniche del
team così da salvaguardare il rapporto di fiducia individuale di diagnosi, terapia e cura. Seppure questo
rappresenti già di per sé stesso un mutamento non è di per sé sufficiente a garantire l’avvio di una
Community-oriented Primary Care così come prospettata dall’analisi storica di Maciocco. Perché essa si
concretizzi è necessario che essa condivida la propria responsabilità con la “responsabilità dei livelli
istituzionali che rappresentano la popolazione. Quella popolazione non è infatti la somma dei singoli cittadini e non è
nemmeno il segmento del paziente cronico da seguire con percorsi di medicina d’iniziativa; la popolazione è un tessuto
complesso di relazioni, che si dà forme di rappresentanza nei livelli di istituzionali ed è per questa ragione che i livelli
istituzionali se ne occupano e se ne preoccupano, tant’è che lo iscrivono nei propri piani di programmazione sanitaria,
nazionali e regionali […] e i sindaci […] sono chiamati in causa con responsabilità dirette ad individuare terreni, a
individuare sedi, a individuare supporti amministrativi, a connetter[l]i con i servizi socio-assistenziali, cosa che non
53
sarebbe -se non come espressione di buone relazioni- se il gruppo di cure primarie fosse un’evoluzione tutta interna al modo
di esercitare la professione della medicina generale. La responsabilità del sistema pubblico è in questo modo
contemporaneamente evoluzione professionale e risposta al bisogno di salute che la comunità nelle sue forme organizzate, le
istituzioni, interpreta.” [Artesio]
Un mutamento del concetto di Cure Primarie che sfida la medicina clinica ad un profondissimo
rinnovamento professionale e che non può che tradursi nell’offerta di servizi professionali innovativi
nei quali la Patient-centered Primary Care e la Community-oriented Primary Care si pongano come due facce
della stessa medaglia. Un rinnovamento che richiede però anche ricerca sul campo come, ad esempio,
il progetto focalizzato sul tema della Equità in Sanità, finanziato dalla Regione Lombardia e condotto in
collaborazione con il Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale (CNPDS) e il Centro Studi e
Ricerche Medicina Generale (CSeRMEG). Il progetto ha l'obiettivo di identificare i possibili
determinanti non medici e non clinici, cioè “sociali” di un non corretto accesso al SS, valutarne la
misurabilità in condizioni reali, quantificarne l’effetto in termini di impatto sui percorsi assistenziali e
proporre potenziali interventi migliorativi”. Il fine specifico del Progetto è la creazione di un sistema di
descrizione e classificazione della “vulnerabilità sociale”, che implica lo sviluppo di uno strumento che
collochi un individuo in un preciso punto di un vettore che descrive la sua posizione nel “ continuum
sociale” e sia associabile ad un rischio diverso di sperimentare accessi mancati e/o non appropriati ai
servizi. Attualmente è in corso una fase pilota su 100 casi a cui seguirà nel 2008 una raccolta dati
condotta da circa 100 medici di medicina generale.
a. La domanda consolidata di servizi on demand
I 1.500 pazienti in carico ad un MMG italiano hanno con lui, secondo dati di attività recenti, in media
circa 7 contatti all'anno per un totale di 10.500 contatti. Tutti questi contatti sono sempre decisi solo dal
paziente -anche su suggerimento della sua rete di riferimento- e così anche i problemi da affrontare nel
corso dell’incontro. La scaletta dei problemi presentata da ciascun paziente ne contiene mediamente 3
per ogni consultazione per un totale di 31.500 problemi/anno/pazienti assistiti. L'ordine di priorità
finale dei problemi in scaletta durante l’incontro è frutto di un negoziato tra paziente e medico.
Nel compiere l'operazione di triage il MMG deve tener presente le richieste di due altri attori: 1) il
Servizio Sanitario Nazionale e Regionale (ad es.: attribuzione o meno dell'Esenzione Ticket,
contenimento dei costi, Piani Terapeutici, etc); 2) la scienza medica (EBM, Linee Guida etc ad es.:
prescrivere o meno il PSA in un maschio 50enne asintomatico). Questo significa che i problemi
affrontati da ogni medico, a causa delle loro sottoarticolazioni, triplicano passando da 31.500 a 94.500
(dato certamente approssimativo ma indicativo dell'ordine di grandezza della numerosità dei problemi
affrontati da un MMG con 1500 pazienti in un anno).
Tutti i MMG, ad oggi, a prescindere dalla forma organizzativa alla quale possono aver aderito, tra quelle
previste dall’ACN, offrono sostanzialmente un servizio on demand di consulenza medica ad accesso
libero (domiciliare o ambulatoriale, con accesso in giornata o differito di 1 o più giorni) senza
limitazione alcuna se non quella temporale. Questo servizio consente a chiunque ritenga di avere un
problema di salute/benessere di accedere (nel tempo massimo di 24 ore, senza limitazioni di età, sesso,
religione, patologia, reddito, cittadinanza, lingua ecc) ad una consultazione e ad una terapia medica
ambulatoriale o domiciliare. Il valore di questo servizio è talmente elevato che viene richiesto
l’ampliamento temporale della sua fruibilità in ambulatorio nei giorni feriali dalle 08.00 alle 20.00. Il
servizio reso a domicilio già oggi copre (tra MMG e Medici della Continuità Assistenziale) le 24 ore per
tutti i 365 giorni dell’anno, ma viene chiesta da parte del SSN e del SSR un aumento della sua efficienza
ed efficacia proponendo che i MMG attivi nelle ore notturne e nei prefestivi e festivi appartengano al
Team che ha in carico la popolazione sulla quale sono chiamati ad intervenire.
In conclusione: si tratta di un servizio ormai solidamente consolidato che per essere esteso
temporalmente richiede solo risorse adeguate e alcuni aggiustamenti organizzativi, contrattuali e
normativi.
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b. La nuova domanda di Servizi pro-attivi o d’iniziativa (Clinica di
Popolazione)
Del tutto nuove sono invece i problemi posti dalla domanda di servizi pro-attivi o d’iniziativa. Ad
incominciare dal modello di malattia al quale questi servizi dovrebbero far riferimento e della clinica
(una Clinica di Popolazione sino ad oggi non solo mai esplorata ma addirittura neppure ipotizzata dalle
Scuole Mediche) sulla quale dovrebbero fondarsi.
L’invecchiamento della popolazione porta con sé patologie croniche di eziologia multifattoriale
fortemente condizionate da stili di vita, ma potenzialmente modificabili da una gestione ben strutturata
e organizzata di plurime strategie d’intervento, anche non direttamente sanitarie. Il fenomeno ha ormai
raggiunto una dimensione e un costo tali, da esigere una forte nuova domanda di servizi dedicati e
localizzati territorialmente, capaci di ridurre il più possibile i costi finanziari e umani della cronicità.
Tutto ciò avviene all’interno di una società resa più fragile dalla riduzione della numerosità,
dell’estensione e della forza delle reti famigliari e sociali che la percorrono e la sostengono e
dall’aumento delle famiglie monocomponente. A questo va aggiunto il processo di razionalizzazione del
sistema ospedaliero che, a causa dalla riduzione della disponibilità al ricovero e dall’incoraggiamento
delle dimissioni precoci, causa ormai da molti anni un continuo incremento numerico e qualitativo dei
casi a media e alta intensità clinica lasciati o restituiti al territorio.
Tutto ciò obbliga i MMG, anche a quelli della MdGP, ad un profondo ripensamento della propria
azione clinica e dei servizi medici alla persona offerti sino ad ora, a incominciare dall’assetto
organizzativo con il quale questi servizi sono offerti ai singoli.
Per questo la MdG di Pianezza intende aggiungere al servizio di consulenza on demand (o di Clinica di
Attesa) un servizio di medicina pro-attiva o d’iniziativa organizzando Ambulatori Orientati (AmO) a
condizioni, patologie e/o rischi ben definiti caratterizzati da percorsi o piani diagnostico terapeutici e
gestionali condivisi che ne permettano la clinical governance. Ambulatori orientati a popolazioni di propri
pazienti (consenzienti) aggregati in modo omogeneo per patologia / rischio / problema che permettano
di svolgere attività clinica nei confronti di popolazioni. Il rilievo prevalente attribuito agli obiettivi del
team in questi ambulatori sarà per i pazienti accettabile e desiderato perché vi avranno potuto aderire
in modo informato e motivato, dando un proprio specifico consenso, all’interno di un rapporto di
fiducia con il proprio MMG consolidato nel tempo. Che la raccolta del consenso individuale
all’inserimento in tali ambulatori sia di rilevanza fondamentale è ampiamente documentato dalla estesa
letteratura scientifica che dimostra come la gestione efficace della cronicità richieda l’empowerment
dei pazienti (anche grazie all’offerta di un servizio segretariale non solo, ma anche, di reminding delle
scadenze) al fine di migliorarne la compliance, ridurre le complicanze, prevenire le ricadute,
migliorare la qualità della vita e gli outcomes di salute con benefici anche economici per il
singolo, per la rete sociale nella quale vive e per il Servizio Sanitario che lo assiste.
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Dalla bottega artigiana all’ipermercato
Francesco Benincasa - MMG Torino Centro Studi e Ricreche in Medicina Generale CSeRMEG
Premessa
Questo intervento pieno di punti interrogativi pone più problemi di quanti ne risolva. Rende esplicite
diffuse preoccupazioni vaghe ed inespresse che contribuiscono a creare una resistenza al cambiamento
in atto nella medicina generale. In questo scritto vengono poste una serie di incognite che precedono le
innovazioni future nella speranza che anticipare le difficoltà costituisca una salvaguardia contro gli
insuccessi.
Il presupposto: il pensiero popolazionale
Il presupposto da cui prendo le mosse è il pensiero popolazionale Darwiniano secondo cui ogni
individuo è unico. Esso si fonda sull’osservazione del carattere irripetibile di tutti gli esseri del mondo
organico, sottolinea come ogni individuo di una riproduzione sessuata sia differente da tutti. Ogni
persona è il risultato della sua costituzione genetica in relazione con l’ambiente.
Per il pensiero popolazionale, non esistono individui "tipici”, i valori medi calcolati per campioni sono
astrazioni. E’ la variazione in quanto tale a costituire l'aspetto veramente significativo delle popolazioni.
Per un clinico ogni individuo malato rappresenta un’espressione unica della sua malattia, ciascuno
esprime la propri soggettività, frutto dello sviluppo neuroembriologico e dei processi di selezione
neuronici avvenuti nel suo cervello.
L’ipermercato
Gli ipermercati sono stati la grande novità commerciale negli anni ’80. Anche il cittadino più
distaccato ha vissuto la sua prima esperienza all’ipermercato con un misto di apprensione, curiosità
disorientamento. Un unico posto per acquistare ogni oggetto possibile: segnaletica chiara, la
democratica possibilità di reclamare o restituire l’articolo imperfetto, l’angolo per i bambini, luci, suoni ,
colori, efficienza, chiarezza delle etichette, banco informazioni, foglietto per i suggerimenti: niente di
più funzionale e liberale.
Una vera manna per alcuni, un vero tormento per altri.
Con il tempo ci si accorge che il luogo è adatto agli acquisti di chi sa in partenza che cosa desidera, anzi
cosa è necessario, ma il più delle volte –ad esempio a proposito di articoli per il bricolage- pochi sanno
qual è l’articolo più adatto per il lavoro da svolgere. Nel reparto ferramenta si ha di fronte ogni ben di
dio, viti, bulloni, tasselli di ogni misura e genere che si acquistano affidandosi alle istruzioni o alle
etichette per alcuni indecifrabili. Al banco informazioni, dopo una infinita coda, un addetto indaffarato
degnandovi di un’occhiata vi spiegherà sfottente che le istruzioni per voi indecifrabili, sono “a prova di
intellettuale”. Se si è convinti di aver letto bene l’etichetta, si porta a casa a volte ciò che necessita, ma di
frequente l’oggetto resterà un inutile orpello nella cassetta degli attrezzi.
Il tentativo di restituire l’incauto acquisto avverrà dopo un’altra lunga coda, tre scontrini di storno, una
fattura da rifare, un paio di resi da registrare.
Dietro casa di tutti c’è invece una piccola rivendita di ferramenta discretamente disordinata, ma con
materiale di prima qualità. Non si deve avere fretta, ma quando c’è un problema o si cerca una
soluzione, il negoziante consiglia, spiega, fa persino il disegnino, propone qualche alternativa illustrando
i pro e i contro dei materiali, delle applicazioni, dei costi.
Se qualcosa non va, si ritorna ed il bottegaio cambia il pezzo, lo adatta, lo modifica, lo aiuta a diventare
esclusivo.
Anche il supermercato del mobile fornisce un elemento standard efficace, efficiente, rapido da montare,
piacevole alla vista e al tatto, funzionale, ma se si desidera qualcosa di speciale, che sia una sedia di
bambù o un pezzo di artigianato, si preferiscono le preziose imperfezioni del lavoro artigianale che tutti
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apprezzano e ricercano quando acquistano un gioiello, una stampa, un libro antico, un qualunque
oggetto che si vuole resti unico.
Al ristorante è lo stesso: da una parte i grandi locali dedicati alle comitive ed alle cerimonie, dall’altra i
piccoli locali silenziosi dove il cliente è noto, dove è possibile adattare il piatto al gusto di ognuno, dove
si può parlare con il proprietario e chiedergli cosa c’è di buono.
Certo, quando in una grande struttura alberghiera c’è un capo cameriere attento, è un bel risultato.
Quando è capace di fare il suo lavoro, egli riconosce le persone, ricorda qualcosa di ciascuno di loro,
cerca di adattare ad ognuno una struttura che rischierebbe di essere tanto vasta quanto impersonale.
Resta il fatto che nonostante i suoi sforzi, per quanto egli faccia, il cibo è buono ma è standard, con un
gusto che rassomiglia sempre a qualcosa che si è già mangiato altrove o in passato nello stesso posto.
La bottega del vecchio medico
La maggior parte degli studi dei medici di famiglia è ancora come il ristorante a conduzione familiare:
ci sono molte carenze e non sempre si tratta delle sublimi imperfezioni dell’artigiano. Hanno
l’apparenza di piccole aziende in cui si tira avanti la baracca, dove i ruoli di ciascuno sono definiti e
chiari: uno fa il medico ed un’altra persona (quando c’è) accoglie i pazienti e si occupa di ritirare e
consegnare le prescrizioni croniche. In questa dimensione artigianale, i pazienti assegnano
spontaneamente funzioni di sostegno, di consolazione, di incoraggiamento sia al curante che al
collaboratore di studio. L’organizzazione è quasi nulla, i tempi di attesa difficili da accettare, ma il
rispetto dei limiti, dei ruoli, della individualità dei soggetti è massimo.
Modificare l’organizzazione in base ai bisogni
Seppure siano evidenti i gravi limiti organizzativi di una simile struttura, le innovazioni che aleggiano
potrebbero gettare l’ombra di un ambulatorio-ipermercato fatto di spazi e studi impersonali,
architetture distanti e ripetitive in cui le persone vanno e vengono, parlano con segretarie burocratizzate
protette da alti banconi di reception, dove il medico diventa un’entità frettolosa che entra ed esce da una
porta al fondo di un corridoio irraggiungibile, dove si ottengono esclusivamente prestazioni conformate
ai protocolli, dove si raggiungono procedure tanto efficaci quanto efficienti quanto anonime.
Mentre si delineano i contorni di tale inquietante cambiamento, si assiste sempre più spesso a goffi
tentativi da parte dei medici che lavorano da soli, di trasformarsi da bottega artigiana a ipermercato
senza le modifiche strutturali necessarie.
Pressati dalla necessità di rivolgersi all’insieme degli assistiti per ottenere risultati che riguardino la salute
dell’intera popolazione, i medici di famiglia compiono ingenui sforzi per aderire ai protocolli,
raggiungere gli obbiettivi validati dalla ricerca internazionale: LDL al di sotto dei 100, emoglobina
glicata al di sotto del 6,5, curva da carico per tutti coloro che hanno una glicemia a digiuno lievemente
alterata e così via.
Ne risulta uno spostamento dell’attenzione dalla parola del paziente al risultato, uno slittamento dal
sintomo soggettivo al valore numerico ideale, la tendenza a fare diagnosi in base a rigidi schemi
classificatori, la somministrazione di farmaci perché lo impongono le linee guida. Il rapporto con il
singolo viene decontestualizzato senza che tuttavia si riesca a raggiungere un efficace risultato in termini
di salute di popolazione.
E’ ormai assodato ed irreversibile che vi debba essere da parte della medicina generale un passaggio
dalla clinica dell’individuo ad una clinica di popolazione, tuttavia questo mutamento avviene in una
quadro globale di liquidità delle patologie (Gori), di una loro flessibilità legata alla continua ridefinizione
dei valori normali. Si materializzano mensilmente epidemie (ipertrofia prostatica, calvizie, psoriasi,
colon irritabile, disfunzione erettile, carie, miopia…), vengono escogitate patologie da adattare
all’esistenza di farmaci in cerca di utilizzo, è sempre più confusa la linea di demarcazione tra normalità e
patologia, diventa via via più disagevole distinguere la prescrizione terapeutica da quella cosmetica.
Tutti questi fenomeni insidiosi rendono impossibile comprendere di cosa e quanto soffrono davvero i
pazienti: l’inflazione classificatoria e l’invasione dei protocolli hanno trasferito l’attenzione del curante
verso un impossibile ideale di salute predefinita da altri a cui il medico di famiglia corre dietro
arrancando. Altre agenzie hanno la funzione di individuare target il cui unico scopo è confermare le
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persone nelle convinzioni che già possiedono per vendere loro i prodotti indispensabili al
raggiungimento della salute e della eterna felicità.
Diviene perciò impossibile capire i reali bisogni delle persone, laddove la pratica clinica si orienta verso
prescrizioni schematiche anziché alla osservazione attenta dei sintomi con la stessa considerazione
riservata ai segni clinici. L’applicazione di un risultato standard scientificamente riconosciuto alla
situazione problematica di ogni singolo individuo, deve essere un esito auspicabile, non imperativo.
I cambiamenti organizzativi dovrebbero basarsi su una analisi dei bisogni: varrebbe la pena riflettere sul
fatto che poco o nulla si sa sui motivi per cui una persona prende la decisione di rivolgersi al proprio
medico o quali siano le tappe della approvazione microsociale antecedenti la decisione di consultare una
struttura sanitaria. Una simile analisi potrebbe fornire reali informazioni circa le reali esigenze della
gente che al giorno d’oggi possiede una percezione del suo stato di salute mediamente peggiore di
quanto non avvenisse quando le condizioni erano davvero inferiori a quelle attuali.
Attraverso la conservazione dello stato fisico le persone cercano la felicità, ma c’è il rischio molto
concreto che manipolazioni o deformazioni concettuali conducano ad un modello di salute in cui la
soggettività rischia di andare perduta attraverso depersonalizzazione, livellamento, massificazione.
I rischi di un nuovo modello organizzativo
Al rischio di burocratizzazione si è accennato più sopra attraverso l’immagine di banconi da reception
invalicabili, posti a barriera tra il paziente ed un medico sempre meno accessibile. In una nuova
struttura multiprofessionale c’è anche il pericolo che i compiti vengano ritualizzati e che le procedure
vengano svolte in maniera ossessiva come avviene in strutture organizzative più vaste.
Nel lavoro d’equipe potrebbe avvenire una delega attraverso l’affidamento ad altri del compito a volte
gravoso di mantenere i rapporti con i pazienti; alcuni ritengono che un nuovo modello organizzativo
debba proprio servire a demandare funzioni ad altre figure professionali. E’ evidente l’ulteriore
possibilità che avvenga una confusione di ruoli e mansioni, che non sia immediatamente chiaro chi deve
fare cosa anche per l’inveterata abitudine del medico di famiglia di occuparsi di qualunque compito.
D’altra parte, una netta scissione dei ruoli creerebbe una artificiosa separazione nella percezione delle
persone, ne frammenterebbe l’unitarietà costringendole a rivolgersi a differenti responsabili per ciascun
settore della loro salute (il medico, l’infermiera, l’impiegata, il fisioterapista etc.).
Ecco perché sottolineare la necessità di mantenere una figura unificante nel medico dell’individuo. La
gente chiede oggi le stesse cose che chiedeva trent’anni fa: le chiede con maggiore insistenza, ne chiede
una quantità maggiore, crede di sapere di cosa ha bisogno, ma se il curante fa emergere problemi,
instilla dubbi, propone una visione critica, diventa esattamente come quell’esperto bottegaio di cui si
parlava in precedenza e non lo scaffale di un ipermercato dove basta servirsi da soli seguendo i consigli
della TV.
Una diversa e più efficiente organizzazione deve inserire nei propri compiti quello di mantenere nel
cliente un atteggiamento critico nei confronti della merce che gli si vende; dovranno prevalere le ragioni
del mercato o quelle della salute del consumatore?
Lo slogan aggiungere vita agli anni e anni alla vita è molto efficace, ciononostante è necessario mostrare ai
pazienti che non si tratta di un processo automatico, infinito, privo di costi, che dipende dal contesto di
ciascuno e non è la strada verso l’immortalità.
Fare coesistere un’organizzazione efficientistica di stampo aziendale con uno spirito dedicato al singolo
non è probabilmente così difficile, eppure va attentamente studiata perché i cambiamenti logistici non
possono piovere dall’alto, quando d’improvviso qualcuno si accorge che bisogna modificare gli assetti. I
molteplici mutamenti di recente proposti (UMG, Case della Salute) sembrano legati più al bisogno di
ridimensionare la spesa che non a reali necessità dei cittadini: non si dica che il problema principale
della sanità italiana sia la riduzione dei codici bianchi nei PS e nemmeno ci si illuda che un decreto legge
o un nuovo assetto organizzativo renda i medici italiani più disponibili nei confronti dei pazienti nè che
la vicinanza tra colleghi messi dall’oggi al domani a lavorare in gruppo possa migliorare la qualità della
prestazione.
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Conservare il rapporto a due
L’aziendalizzazione dello studio medico va valutata sia sotto il profilo organizzativo sia sotto il profilo
del lavoro in gruppo. Al medico verrebbero alleggerite le incombenze burocratiche e gli si affiderebbe
esclusivamente la parte più incontaminata della professione; verrebbe cancellato il vecchio modo di
lavorare nel corso del quale il medico di famiglia ha eseguito mansioni che in altri contesti vengono
svolte da altri professionisti, fino al punto da aver perso di vista quali siano le vere, uniche attribuzioni
di un clinico. In un ospedale sarebbe impensabile che un professionista consegni ricette a domicilio,
misuri pressioni, esegua vaccinazioni o medicazioni, eppure questa elasticità del ruolo è entrata a far
parte di una caratteristica di domesticità, elemento che ha reso il medico di famiglia più vicino alla gente,
che ha reso comprensibile il suo gesto liturgico, umanizzato il rito, ridotto le distanze tra il sacerdote e il
fedele rivelando nei sondaggi che il medico di famiglia resta una figura rassicurante e preferita.
La contrapposizione tra la bottega artigiana e l’ipermercato va superata. Negli ipermercati ci hanno
provato attraverso la creazione di una figura che assista il cliente nelle sue scelte: il giovane addetto con
il grembiule giallo non si fermerà tra uno scaffale e l’altro per dirvi se la punta da trapano che state
scegliendo è adatta al muro di mattoni pieni che dovete forare. Sarà gentile ma deve andare, si
comporterà proprio come gli specialisti e i medici nelle corsie ospedaliere. Circondati da altre figure
professionali (segretarie e infermiere) anche il medico di famiglia delegherà a loro l’onere delle
informazioni? Avrà anche lui sempre qualcosa di più importante da fare che non rispondere alle
domande dei pazienti? Diverrà meno raggiungibile? Si riprodurrà in ogni ambulatorio l’atmosfera ed i
rapporti tipici di ogni struttura sanitaria plasmata sul modello ospedaliero?
Un mutamento strutturale deve prevedere il mantenimento di una dimensione a due nel rapporto
clinico e deve impedire che il rapporto curante-paziente possa diventare facilmente ed impunemente
intercambiabile come se qualunque paziente fosse un paziente qualsiasi, qualunque medico un medico
sostituibile, qualunque ambulatorio un luogo indifferente. Si deve mantenere un rapporto intimo con i
pazienti anche in un contesto di lavoro di gruppo: si deve lavorare con l’individuo mentre si sviluppa
una contemporanea azione sulla popolazione.
Il medico di famiglia dovrebbe mantenere le caratteristiche di animale domestico dove il concetto di
domesticità sottolinei la facilità di comunicazione, di accesso ad una dimensione confidenziale e
familiare.
Come si diventa un gruppo?
Dinamiche di gruppo e lavoro in gruppo
Come abbiamo visto, una nuova organizzazione del lavoro è carica di implicazioni problematiche tra
le quali spiccano quelle relative al lavorare in gruppo.
Associare alcune persone in uno stesso luogo con lo scopo di farle lavorare assieme non vuol dire
automaticamente creare uno staff: per esercitare in gruppo bisogna formarsi ed essere consapevoli delle
sotterranee inevitabili dinamiche, dei meccanismi adattivi, aggressivi o regressivi che avvengono
all’interno.
Cosa è un gruppo
Per non disfare la compagine o mantenere una prestazione professionale su un crinale pericoloso e
sdrucciolevole è indispensabile considerare i meccanismi in gioco.
Un gruppo costituisce qualcosa di diverso rispetto alla somma dei suoi componenti: nella sua
etimologia la parola significava nodo, indica una struttura che si compone e che non è facile sciogliere;
chi vi appartiene accentua la definizione di sé e la propria identità sociale riducendo un poco quella
individuale.
Tre definizioni della struttura gruppale:
1) un gruppo è un tutto dinamico basato sull’interdipendenza e sulla percezione di un destino comune
2) E’ un insieme di persone che ritiene di far parte di un gruppo
3) Un gruppo esiste quando due o più persone definiscono sé stessi come membri e quando la sua
esistenza viene riconosciuta da almeno un’altra persona
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I gruppi si formano attraverso un processo di categorizzazione cognitiva attraverso la quale si stabilisce
un dentro in cui vengono accentuate le somiglianze ed un fuori in cui vengono sottolineate le differenze.
Il bisogno di affiliazione assomiglia all’esigenza di attaccamento, esiste un bisogno di appartenenza che
nasce dalla propensione istintiva ad avere relazioni: accanto a questa, si trova una dialettica tra la
necessità di associarsi e quella di sentirsi unici.
La realtà gruppale costituita da norme, regole, convenzioni, rassicura la maggioranza dei suoi membri
riducendo la sensazione di incertezza nelle azioni e nelle opinioni. Per di più l’appartenenza ad un
gruppo che gode di buona fama fa sentire supportati e sostenuti attraverso un incremento
dell’autostima; per chiunque vi entri, l’obbiettivo è la propria crescita, cioè l’ingresso a pieno titolo in
una struttura in cui non ci sia bisogno di annullare sé stesso.
La coesione favorisce la formazione di un insieme, ma solo se le persone si piacciono riescono ad essere
coese. Secondo un altro punto di vista la coesione si formerebbe in seguito alla formazione del gruppo.
Lavorare tra amici è un fatto immediato mentre un gruppo di lavoro necessita di attenzione,
preparazione, tempo.
In una organizzazione bisogna distinguere la sua struttura sociale dalla sua cultura (Jaques): la prima
comprende l'insieme dei ruoli occupati dalle persone ed il modo in cui i ruoli sono strutturati in una
gerarchia. Per cultura si intende le norme e le abitudini, i divieti non scritti che caratterizzano una
organizzazione. In un gruppo vale la metafora dei porcospini: bisogna cercare la giusta distanza che
permetta di sentirsi al caldo senza pungersi reciprocamente.
E’ necessario che si analizzino i reali vantaggi di un lavoro associato non solo in termini economicofinanziari o fiscali, ma anche in termini di vantaggi professionali per i clinici e per gli utenti.
Il team di lavoro costituisce un piccolo insieme dentro la quale ciascun individuo si differenzia dagli
altri e ha necessità o pretese differenti. Lavorare in gruppo implica un lavoro di gruppo: riunioni,
definizioni di obbiettivi, valutazione dei problemi insorti, attenzione alle dinamiche sotterranee legate a
stati di ansia, paura, aggressività, invidia.
Ruoli e gerarchie nel gruppo
In un gruppo, ciascun membro deve assumere un ruolo in modo da poter svolgere una attività in base
alle richieste che provengono dagli altri attraverso un principio regolatore condiviso.
E’ necessario che vi sia una figura che con chiarezza svolga la funzione del leader: egli non ha la
funzione di colui che pensa per gli altri, ma la responsabilità di stimolare gli altri al pensiero ed all’
attività, le funzioni di una guida che sappia elaborare progetti desiderabili per gli altri e che sia capace di
preoccuparsi (Perini).
Una democrazia chiara non può fare a meno di una inequivocabile leadership senza la quale prende
piede un assemblearismo confuso dentro il quale rischiano di svilupparsi leader nascosti o poteri
occulti. Per un gruppo una democrazia spontaneista costituisce un pericolo perché i ruoli restano mal
definiti dietro un apparente egualitarismo che finisce per provocare un impiego incongruente e
inefficace delle risorse.
Quando manca trasparenza o la struttura è confusa, quando un incarico appare oscuro, se i ruoli sono
incerti, se la struttura gerarchica e le decisioni sono incoerenti, i membri del gruppo sono ansiosi,
confusi, dubbiosi, diffidenti. Un leader manifesto ed una limpida struttura dell’autorità rappresentano
ancora il modo migliore per dirigere un gruppo di lavoro evitando populismo e dispotismo (Perini).
Gruppo ed emozioni
E’ facile che nei gruppi che lavorano nell’ambito sanitario si realizzino pervasivi meccanismi di difesa
contro le angosce generate dal contatto costante con la sofferenza: possono verificarsi meccanismi di
scissione, isolamento e spersonalizzazione nelle relazioni. Può accadere che i pazienti vengano trattati
come numeri, per difendersi si attua un distacco dalle loro problematiche, i sentimenti vengono negati,
si delega ai superiori per evitare le responsabilità, si finisce di volta in volta per idealizzare o svalutare la
dirigenza.
Ogni gruppo di lavoro ha sempre due obbiettivi: uno dichiarato che consiste nel raggiungere i suoi
compiti razionali ed una seconda finalità che consiste nel produrre difese contro le angosce. Tutto ciò
che si svolge in un ambito lavorativo (guadagno di denaro, raggiungimento di potere, esercizio della
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creatività, conseguimento di risultati) è connesso a fondamentali questioni di natura affettiva ed
emotiva.
Agli elementi descritti che sono comuni a tutte le attività, si deve sommare un aspetto specifico di chi
lavora in ambito sanitario: a livello manifesto si persegue la promozione della salute, ma ad un livello
più profondo ci si fa carico di quelle paure generali implicite che sono legate all’invecchiamento,
all’invalidità, alla perdita di autonomia e che vengono percepite da tutti coloro che hanno bisogno del
medico. I pazienti fanno fantasie riguardo l'organizzazione, la personalità dei singoli e le relazioni
all'interno del gruppo di lavoro. Nessun membro dello staff ne è immune; ciascuno scopre che le
aspettative del paziente riguardano anche lui, che l’intero gruppo è oggetto di speranze, di timori,
critiche, proiezioni.
Il ruolo professionale viene quindi sempre affiancato anche da un ruolo assistenziale che non va
respinto e di cui è necessario rendersi consapevoli.
Il coinvolgimento dei membri del gruppo nelle ansie degli utenti, può favorire un meccanismo di
regressione verso un livello di funzionamento mentale in cui si perde una parte della propria
individualità e si è portati a legarsi agli altri in base allo stato emotivo del momento. Una parte della vita
mentale del gruppo resta agganciata alla realtà e continua a perseguire gli obbiettivi da raggiungere, ma
contemporaneamente soffre di pressioni involutive.
Se le difese messe in atto per controllare le emozioni vengono lasciate a se stesse, creano molti
problemi e mettono in forse il compito principale del gruppo.
Conclusioni
I cambiamenti organizzativi debbono sempre presupporre una solida teoria che li sostenga, debbono
avere un significato volto alla esecuzione di un compito e non ad una modificazione formale del modo
di lavorare. Kant sosteneva che una pratica senza teoria è cieca tanto quanto una teoria senza pratica è
vuota.
Ciò che è necessario non appare sufficiente. Si rischia di credere che tutto sia sotto controllo attraverso
la razionalità delle strutture, le accurate analisi, le statistiche, le eccellenti elaborazioni teoriche, invece
per attuare una innovazione, oltre che fissare obbiettivi realistici bisogna anche tenere presente gli
elementi nascosti che possono influenzare il comportamento dei membri del gruppo. In via preliminare
ma soprattutto nel corso dell’azione, va effettuato un esame dei bisogni irrazionali che possono influire
pesantemente nella vita di una organizzazione e riconoscere le distorsioni cognitive che possono
impedire il funzionamento dei modelli gestionali proposti.
Tra gli elementi irrinunciabili in un nuovo assetto, l’accoglienza va perseguita e coltivata assieme alla
disponibilità ad accompagnare nei percorsi sanitari e alla mediazione tra le ragioni della tecnologia, della
medicalizzazione e quelle del singolo individuo.
Attraverso la creazione di un lavoro d’equipe e l’attivazione di una medicina dedicata alla popolazione si
facilita il lavoro e lo si rende più efficace attraverso la separazione dell’ambito dedicato al singolo e di
quello dedicato all’insieme dei pazienti, ma si mette anche in atto un artificio che non deve snaturare il
compito di mediazione e disponibilità.
L’obbiettivo ideale da raggiungere è una qualità artigianale associata ad una efficienza aziendale nella
quale vada mantenuta trasparenza e scambio continuo di informazioni all’interno dello staff.
Il pensiero popolazionale darwiniano sottolinea le differenze, enfatizza le caratteristiche del singolo,
costringe alla resa dei conti: fare coesistere la proverbiale variabilità prescrittiva del medico di famiglia
con la necessità di aderire ai protocolli diagnostico-terapeutici definitivamente validati dalla medicina
basata sulle prove di efficacia.
Si tratta di unificare e non di separare: una organizzazione in cui vi sia una divisione dei compiti e del
lavoro deve prevedere una permanente chiarezza riguardo le figure di riferimento, le quali devono
essere in grado di scambiare informazioni tra loro e possedere per ciascun soggetto una conoscenza
condivisa della sua specificità. Ogni membro dello staff dovrebbe essere in grado di distinguere il
singolo individuo, le sue peculiari caratteristiche e le sue uniche esigenze in modo da renderselo sempre
riconoscibile come persona e come paziente.
Il modello Pianezza deve prevedere un acrobatismo strutturale, attraverso il quale ciascun membro del
gruppo delle cure primarie, a suo modo e nell’ambito di ruoli definiti, sappia considerare il paziente un
individuo irripetibile da seguire con attenzione nei suoi bisogni reali e a cui togliere le illusioni indotte
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dal mercato. Ciascuno per sé e tutti come gruppo dovrebbero essere in grado di cogliere significati,
metafore, segnali corporei, influenze del contesto nelle decisioni e nelle richieste dell’utente.
Lavorare genera emozioni che è necessario non solo conoscere, ma anche padroneggiare per potersi
difendere efficacemente e con pochi costi da una loro possibile azione negativa. Esse possono diventare
una guida al comportamento del gruppo e venire canalizzate al servizio di uno scopo preciso. Da questa
attività può derivare la capacità di dare valore di esperienza all’azione, di apprendere dall’esperienza e di
riflettere nel corso dell’azione acquisendo consapevolezza di sé e raggiungendo la capacità di reggere le
emozioni altrui.
La sfida in atto consiste nel coniugare una medicina di popolazione con una medicina della persona:
prima che un’organizzazione si rinnovi è necessario riflettere sulle trasformazioni concettuali che
stanno alla radice del cambiamento. Non ci si può accontentare di una novità logistica da riempire solo
a posteriori di contenuti culturali o concettuali; si rischierebbe di creare un contenitore vuoto.
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62
I servizi visti dal Comune di Pianezza
Emiliano Aires - Assessore Comune Pianezza con delega alle Politiche per la Salute, Sport, Agricoltura e
Industria
È con estremo interesse che l’Amministrazione Comunale, di cui faccio parte, guarda ai servizi che il
nascente Gruppo di Cure Primarie sarà in grado di fornire ai cittadini, nell’ambito di uno sviluppo della
medicina generale che guarda sempre più ai Medici di Medicina Generale come ai veri gestori della
nostra salute.
Tutto ciò implica il coinvolgimento di vari operatori del settore, compresi i servizi sociali nell’ambito di
un progetto più ampio previsto dal nuovo PSSR 2007/2010, da poco approvato dalla Regione
Piemonte, mirante da un lato a migliorare la qualità dei servizi offerti ai cittadini, dall’altro ad un
contenimento della spesa sanitaria in questi ultimi anni cresciuta a dismisura.
Proprio per questo, sarà compito mio, in qualità di Assessore alla Sanità di questo Comune, con il
coinvolgimento di tutta l’amministrazione, fare in modo che il nostro paese divenga un centro di
riferimento regionale per lo sviluppo dei gruppi di cure primarie.
Ho voluto rimarcare l’interesse di tutta l’amministrazione comunale perché la salute è un bene primario,
che tutti gli amministratori pubblici, per quanto di loro competenza, devono difendere. Nella scuola,
nella viabilità, nell’ambiente, nell’urbanistica, nello sport, lo scopo ultimo deve sempre essere la tutela
della salute dei cittadini per una migliore qualità di vita possibile.
L’augurio mio è, quindi, che questo progetto si sviluppi celermente, trovando ampi consensi da parte
degli operatori del settore e, soprattutto, dei politici che devono, comunque e sempre, amministrare
nell’interesse dei cittadini.
63
I servizi visti dal CISSA
Gabriella Quaglia - Presidente Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali (CISSA)
Il Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio assistenziali di Pianezza (www.cissa.it) ha il compito di
garantire ai cittadini gli interventi a carattere sociosanitario insieme all’Azienda Sanitaria, per le persone
non autosufficienti.
Rientrano in questa categoria gli anziani, i disabili e i minori.
L’erogazione dei servizi vede un forte coinvolgimento dei medici di base, i quali sono i primi
interlocutori dei cittadini per i bisogni di salute.
Pertanto il raccordo tra i servizi del Consorzio e la medicina di base è fondamentale al fine di garantire
la necessaria continuità assistenziale, in particolare di fronte a patologie croniche.
Nel Piano di zona, strumento centrale di programmazione dei servizi sul territorio d cui alla legge
328/2000, l’integrazione tra i servizi e l’ottimizzazione delle risorse è stato assunto quale obiettivo
prioritario, inserito tra le linee di indirizzo approvate, da realizzare anche mediante la stipula di
protocolli operativi tra ASL e CISSA, per l’accesso ai servizi previsti dai L.E.A. di cui alla DGR n.51 del
2003.
Anche nel Piano Socio Sanitario Regionale 2007-2010 si individua nell’organizzazione territoriale il
nodo di svolta per dare al sistema sanitario un volto nuovo e più adeguato alla realtà dei bisogni della
popolazione.
Vengono indicati i sottoelencati snodi dell’organizzazione assistenziale da presidiare con modalità di
lavoro integrato:
a) la porta di accesso al sistema
b) i passaggi tra aree assistenziali diverse dove la mancata continuità indebolisce le condizioni di cura
c) i momenti di valutazione sulle condizioni di maggiore complessità;
In questa prospettiva definisce che l’integrazione operativa può essere rappresentata dal gruppo di
cure primarie: “promuovendo modelli organizzativi a forte impatto sul cittadino, al fine di ridurre e
semplificare i percorsi interni, facendo in modo che il servizio si accolli l’onere del percorso senza
riversarlo sul cittadino”;
Per tali ragioni si ritiene utile e opportuno l’avvio di un processo di integrazione con la MdG di
Pianezza al fine di sviluppare un Gruppo di Cure Primarie per dare risposte efficaci ed efficienti ai
bisogni di salute multidimensonali dei cittadini, con la prospettiva, una volta valutata l’efficacia, di
esportare la modalità sperimentata ed ottimizzata anche ad altre realtà del Consorzio;
A tal fine abbiamo approvato un protocollo d’intesa tra il CISSA e la Medicina di Gruppo di Pianezza,
per l’elaborazione di uno studio di fattibilità condiviso sugli obiettivi citati.
Dalla valutazione dello studio che verrà redatto, il Consorzio assumerà conseguenti provvedimenti per
dare attuazione al progetto compatibilmente alle risorse umane e finanziarie disponibili, nonché nel
rispetto degli strumenti di programmazione vigenti.
Nel protocollo d’intesa si riconosce che il Team della Medicina di Gruppo (MdG) di Pianezza ha
sviluppato in questi anni un percorso di crescita professionale che lo ha portato a ritenere non più
procrastinabile un processo di sviluppo della Medicina Generale di Territorio verso la costruzione di un
Gruppo di Cure Primarie multiprofessionale e multidisciplinare anche a livello locale. Ciò in pieno
accordo con le linee di indirizzo del Piano Socio-Sanitario Regionale Piemontese 2007-2010 e del
Servizio Sanitario Nazionale così come è stato descritto nel documento “Medicina di Gruppo a
Pianezza. Un progetto di sviluppo dalla Medicina di Gruppo all’Unità di Medicina Generale e la sua integrazione
con il Gruppo di Cure Primarie”.
In questo documento, la MdG riconosce come priorità professionale l’integrazione operativa con il
Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali (CISSA tra i Comuni Alpignano,
Druento, Givoletto, La Cassa, Pianezza, San Gillio, Val della Torre, Venaria).
Il CISSA valuta utile e opportuno sperimentare un modello di integrazione funzionale con la MdG di
Pianezza al fine dello sviluppo di un Gruppo di Cure Primarie capace di dare risposte sempre più
pertinenti, efficaci ed efficienti ai bisogni di salute multidimensionali dei cittadini.
A tal fine si concorda di elaborare uno studio di fattibilità, con relativo budget, su:
64
1. Inserimento nei siti rispettivi un Link di collegamento ai siti reciproci.
2. Uniformare l’informazione sociale e sanitaria fornita ai cittadini da parte del rispettivo
personale di segreteria su una serie di tematiche concordemente ritenute prioritarie. Questo
obiettivo potrà essere raggiunto attraverso un periodo di formazione del personale di segreteria
presso la sede del CISSA e presso la sede Principale della Medicina di Gruppo di Pianezza sulla
base di un progetto formativo concordato.
3. Collegamento in rete le due reti del CISSA e della MdG al fine di a) condividere documenti e
procedure; b) comunicare direttamente, anche da un punto di vista amministrativo, con il
trasferimento diretto di documenti; c) implementare una cartella socio-sanitaria condivisa su
casi comuni. Procedure, modalità e tempistica saranno concordate e descritte in un apposito
documento.
4. Costituzione di un gruppo di lavoro al fine di sviluppare un modello di Ambulatorio
Orientato (AmO) alla Fragilità (emergenza caldo, teleassistenza, semplificazione delle procedure
di accesso alle prestazioni etc etc). Le diverse aree di intervento saranno affrontate in singoli
progetti concrdati fra le parti che dovranno prevedere report regolari sullo stato di
avanzamento sino alla loro definitiva implementazione.
5. Partecipazione di operatori del CISSA nella futura sede del Gruppo di Cure Primarie:
per ottimizzare il livello di integrazione socio-sanitaria necessario a migliorare le risposte relative
ai bisogni di salute dei cittadini
Siamo quindi nelle condizioni di tradurre in atti concreti le aspettative e gli obiettivi indicati nel
protocollo d’intesa, con la convinzione di rendere sempre più efficace la nostra collaborazione al fine di
migliorare la qualità dei nostri servizi.
65
GCP: Riflessioni sulle prime esperienze e
prospettive
Paolo Marforio - Direttore Sanitario ASLTo3
Premessa
Uno degli obiettivi qualificanti che ci si è posti a seguito dell’accorpamento delle ASL 5 e 10 e con la
successiva aggregazione del Distretto di Venaria è stato quello di costruire una rete che garantisca livelli
di assistenza integrati, in accordo con quanto previsto dalla normativa nazionale e regionale, e che
traduca i diritti del cittadino in strumenti e percorsi chiari, garantiti e facilmente fruibili.
Le Cure Primarie
Nel loro complesso rappresentano un ambito privilegiato dove sviluppare la rete dei servizi e i gruppi
di cure primarie una articolazione innovativa per le attività territoriali
Il Gruppo di Cure Primarie
Può essere considerato come porta d’accesso ai servizi
Uno spazio dove
• costruire percorsi assistenziali condivisi
• garantire la continuità delle cure
• definire la possibile integrazione socio-sanitaria
Dati di Contesto
Le realtà della ASL TO3 presentano gradi e modalità di risposta ai bisogni fortemente differenziate e
ciò va senza dubbio imputato alla diversa storia dei territori, ai rapporti con le Autonomie Locali, alla
coesistenza di zone montane con aree significative di seconda e soprattutto di prima cintura
metropolitana.
Distribuzione dei MMG e PLS
Distretti ASL TO3
Collegno
Rivoli
Giaveno
Orbassano
Susa
Pinerolo
Torre Pellice
Pomaretto
Venaria
N° MMG
73
62
71
23
64
69
18
17
46
N° PLS
10
8
11
3
10
10
2
1
9
Totale
443
64
66
La Nuova ASL TO3
Le attese
La definizione di un progetto per la realizzazione di almeno un GCP per distretto entro il 2010
I progetti già definiti
•
•
•
Sono articolati sulla base della realtà locale e considerando la disponibilità di MMG e PLS a
partecipare alla sperimentazione di un nuovo modello operativo con la collaborazione di
personale amministrativo ed infermieristico dedicato
Sono stati pensati in accordo con le amministrazioni locali
Prevedono diversi livelli di integrazione
Le possibili integrazioni per attività amministrative
•
•
•
•
•
•
distribuzione da parte del personale di segreteria del gruppo di referti da portare poi in visione al
curante
prenotazione diretta per visite specialistiche e diagnostica
ritiro da parte del personale di segreteria del gruppo degli attestati preparati dal curante per il
rilascio di esenzioni
disponibilità di modulistica presso la segreteria del gruppo: per esempio moduli per la richiesta di
visita per l’invalidità civile
eventuale ritiro delle richieste di materiale sanitario o presidi per l’incontinenza per le successive
autorizzazioni
……………..
Le possibili integrazioni per attività infermieristiche
•
•
•
•
•
•
gestione congiunta delle attività infermieristiche ambulatoriali
definizione di ambulatori dedicati per patologia (diabete, insufficienza respiratoria, etc.) per gli
assistiti del gruppo, con attività definite sulla base di PDTA ed i necessari riferimenti per il II
livello
più stretta collaborazione nella gestione dei casi gestiti a domicilio in relazione alla fornitura
diretta di farmaci, presidi, ausili
integrazione per le attività di prevenzione oncologica (Progetto Serena)
eventuale integrazione per attività vaccinali
integrazione per le attività inerenti il percorso nascita in particolare con la pediatra
67
•
…………
Altre integrazioni
integrazione per le attività sociali
• definizione di percorsi condivisibili nell’ottica di una semplificazione delle procedure
• gestione congiunta dei casi
attività specialistica
• definizioni di spazi per la consulenza con specialisti già attivi a livello territoriale (geriatri,
fisiatra;…)
• maggior integrazione per la gestione di pazienti psichiatrici
Positività
•
•
•
•
•
L’apprezzamento della popolazione coinvolta
L’interesse degli altri possibili protagonisti
Il progressivo superamento delle diffidenze tra i diversi operatori
La presa di coscienza della necessità di proseguire a progettare insieme le fasi dell’integrazione
I primi riscontri dell’integrazione in particolare per le attività in ambito pediatrico e per le attività
infermieristiche semplici
Nel complesso
La sensazione che il GCP possa diventare davvero un punto di riferimento importante nella rete dei
servizi territoriali.
Ma ci sono anche criticità
Logistiche:
• per la ricerca di strutture adeguate sia nelle aree urbane sia nelle aree con più alta dispersione
della popolazione
• per la messa in comune di tecnologie, per esempio quelle informatiche
e
per l’effettiva integrazione tra gli operatori che in qualche modo vedono cambiare il loro ruolo.
Per il personale amministrativo è più chiaro il ruolo stesso. Per il personale infermieristico non è ad ora
stato prodotto un modello per le attività integrate e le possibili interpretazioni di parte rischiano di
creare conflittualità, per esempio tra il personale dipendente ASL ed i collaboratori dei MMG e PLS o
in ordine alla definizione di attività dovute o da rivalutare anche in termini economici
da parte dell’ASL
•
saranno definite iniziative utili al superamento dei problemi di tipo logistico in rapporto alle
diverse realtà, con il coinvolgimento di distretti, amministrazioni locali enti gestori
• si attueranno iniziative utili per definire condizioni di uniformità per lo sviluppo di attività
integrate in particolare per quanto attiene il ruolo dei MMG e PLS. Una ipotesi è quella della
definizione di un accordo quadro concordato a livello di comitato aziendale, anche in attesa di
indicazioni in merito frutto della contrattazione dei tavoli di lavoro regionali
Sempre nell’ambito del suddetto accordo dovranno essere concordati indicatori utili per valutare
l’efficacia e l’efficienza delle attività svolte per permettere una corretta valutazione nel quadro di un
continuo miglioramento della qualità garantita.
68
I servizi visti dall’ASL TO5
Giovanni Caruso - Direttore Generale Asl TO5 - Chieri
Le sollecitazioni ed osservazioni che si sono fatte sinora sono moltissime. Io mi soffermerò solo su
alcuni particolari elementi:
a) la condizione generale di discussione in atto;
b) alcuni aspetti strutturali presenti;
c) le opportunità di cui disponiamo;
d) le relazioni e i progetti possibili.
Dell’organizzazione sulle cure primarie se ne parla, se ne discute, si fanno progetti e si organizzano
interventi un po’ dappertutto e in modo diffuso.
In molti distretti, come qua a Pianezza, si sta verificando se ci sono le condizioni (disponibilità di
MMG -PLS, sede, etc.) per poter dar corso a progettazioni specifiche.
In alcune aree (abbiamo sentito le iniziali esperienze presentate anche se naturalmente parziali ma non
per questo non significative), si è passati a mettere in atto idee sulla base delle possibilità esistenti,
sicuramente diverse ma tutte partono dalla specifica condizione del loro territorio e rispetto alle proprie
condizioni ricercano le risposte e le condizioni assistenziali più avanzate.
In tutte le Aziende Sanitarie piemontesi è avviata l’analisi interna per identificare le iniziative da
assumere per garantire l’obiettivo regionale di costruire un GCP per Azienda Sanitaria nel 2008 ed uno
per Distretto nel 2010.
In molte regioni italiane, con tempi assai differenziati, non solo è cominciata la discussione (in
particolare nell’ambito degli accordi integrativi) ma ci sono aree (Veneto e molte regioni del Centro
Italia) in cui è già iniziata la valutazione di cosa è stato avviato cinque-dieci anni fa.
Molte organizzazioni sanitarie europee hanno nelle loro strutture modelli di lavoro decentrati in cui
pluriprofessionalità agiscono congiuntamente sulle condizioni di salute di popolazioni di territori ben
definiti.
Seminari e convegni un po’ ovunque concentrano e mettono a confronto idee, progetti ed esperienze.
Stiamo discutendo in questa sede non qualcosa di particolare e locale, ma abbiamo la responsabilità di
comprendere che le idee e le proposte che saremo in grado di mettere in campo, dovranno confrontarsi
con quanto sta accadendo in contesti di riferimento più ampi.
Tutto ciò accade perché il contesto di riferimento dell’assistenza e delle cure nel territorio si è
profondamente modificato e il tentativo che stiamo facendo è quello di far corrispondere
l’organizzazione territoriale ai cambiamenti già avvenuti, ai cambiamenti in atto e a quelli futuri.
La coscienza di ciò eleva la responsabilità e la rilevanza di ciò che stiamo facendo.
Il contesto sociale generale nel quale ci troviamo coinvolti nei processi di ridefinizione organizzativa è
caratterizzato da alcuni elementi che desidero solo ricordare:
a) lo sviluppo e l’ampliamento delle diseguaglianze assistenziali sulla popolazione che si manifestano
in modo diffuso in tutte le organizzazioni sanitarie con gradi differenziati nei percorsi relativi
all’accessibilità, ai processi di diagnosi e cura e, conseguentemente, si riflettono nei risultati in
termini di minori o maggiori guarigioni o minori o maggiori anni di vita;
b) l’aumento di fasce di popolazione in condizioni di povertà o limitatezza di redditi determinata
anche in alcuni settori specifici (anziani non autosufficienti in attesa di inserimento in strutture
residenziali) dalla mancanza di risposte adeguate.
69
Questi elementi ricordati sono determinati in parte dalla relazione individuale che il singolo cittadino
ha e, desidero sottolineare, che tali condizioni, se non risolte, sicuramente possono essere affrontate nel
lavoro organizzato e nelle scelte operative che il Gruppo di Cure Primarie può fare.
Onde evitare possibili, non voluti equivoci, desidero ribadire che il rapporto individuale tra il singolo
cittadino e il proprio medico curante deve essere salvaguardato come un bene e un patrimonio
prezioso, ma oggi la capacità di affrontare adeguatamente problemi vecchi (prevenzione) o in forte
evoluzione (malattie croniche) necessitano di una capacità di intervento non più del singolo
professionista sul singolo individuo ma richiede che pluriprofessionisti intervengano sulla popolazione
per promuovere stili di vita, valutare condizioni di criticità; sviluppare iniziative di diagnosi precoce,
garantire processi di formazione interna interprofessionali, seguire le condizioni di maggiore gravità.
La medicina di iniziativa, che potrà rappresentare uno dei capisaldi innovativi del modello di attività
intrapreso dai GCP, va alla ricerca nella popolazione delle condizioni alle quali si sceglie di dare risposta
e ciò rappresenta la strada che tendenzialmente non seleziona la popolazione sulla base di cultura o
condizioni di marginalità come viene rilevato nell’analisi dei processi a rapporto individuale.
La conoscenza e le capacità che un GCP può mettere in campo, permette di individuare le condizioni
di maggiore sofferenza e sostenere i necessari interventi condividendone il carico con i Servizi Sociali.
L’analisi delle condizioni organizzative della maggior parte dei servizi ha portato nel passato ed
evidenzia ancora oggi una condizione di multiformità, di più o meno elevata disomogeneità;
sostanzialmente non troviamo in territori diversi modelli organizzativi sovrapponibili in toto ma, a
volte, solo parzialmente.
Di questa condizione se ne trae un giudizio critico.
Io credo, in senso positivo, che le differenze esistenti nei modelli organizzativi se corrispondono alla
ricerca della migliore condizione per adeguare i servizi e i loro modelli di intervento alle specifiche
condizioni della popolazione, rappresentino un elemento di ricchezza.
La capacità non è quella di forzare i territori a modellarsi su condizioni predefinite, che non possono
tener conto delle innumerevoli variabili che i differenti territori offrono, ma debbono essere capaci di
valutare le iniziative dei territori che si sono dimostrate efficaci nel produrre risultati positivi e metterle
a disposizione del contesto generale.
Non c’è un inizio e una fine nel processo di relazione contesto generale/contesto locale è una
condizione costante in cui va rispettato reciprocamente il ruolo diverso tra chi opera per offrire punti di
riferimento generale e chi opera per tradurre in gestione ordinaria servizi ed attività.
In Piemonte dall’iniziale Proposta del PSSR (aprile 2006) si è sviluppata ed accelerata la discussione
sui modelli organizzativi delle cure primarie. Sono quindi due anni che se ne discute e sono state
attivate alcune esperienze che seppure limitate, sono assai significative per gli elementi che ci possono
offrire.
Credo che debbano essere valorizzate non solo per il lavoro svolto da molti medici, da tanti operatori
e dirigenti con impegno, dedizione, fatica e grande disponibilità ma per ciò che mettono a disposizione:
sarebbe imperdonabile non valutare le opportunità che le diverse sedi hanno utilizzato e non assumere
come elemento di riferimento le soluzioni che sono state adottate e che hanno portato ad un
significativo miglioramento immediato delle condizioni di erogazione delle attività ma che garantiscono
la condizione essenziale per intraprendere sviluppi rilevanti nei processi di riorganizzazione complessiva
delle Cure Primarie.
Sono convinto che il vestito di Arlecchino sta insieme se c’è una trama che tiene insieme i diversi
pezzi: non riusciremo mai (la nostra storia e la nostra cultura ce lo impedisce) a fare un vestito
monocolore come non riusciremo mai a fare un vestito se non costruiamo accanto ai pezzi colorati una
trama che li tiene insieme.
A fronte della scelta politica di individuare alcuni elementi essenziali del nuovo disegno dell’assistenza
territoriale basato sull’organizzazione dei GCP e sulle caratteristiche degli stessi (vedi PSSR 07-10) sono
70
state ricercate nell’Azienda dove lavoro (Asl To5 - Chieri) i due elementi fondamentali: la disponibilità
dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e la disponibilità di una sede.
Per quest’ultimo elemento abbiamo verificato con le Amministrazioni locali le reali possibilità e nelle
tre esperienze attualmente in evoluzione, il ruolo delle Amministrazioni locali (Vinovo, La Loggia, Pino
Torinese) è stato fondamentale.
Se la prima fase è ricercare le condizioni per “mettere insieme” operatori con professionalità e
contratti diversi appartenenti a sistemi profondamente diversi (Aziende sanitarie, Consorzi socioassistenziali) la seconda fase è quella di aiutare la costituzione del lavoro di gruppo con le interelazioni, i
metodi e le procedure condivise che permettono di operare con comunità di intenti.
Mettere insieme le due disponibilità è già qualcosa di importante ma questa prima condizione deve
essere accompagnata dall’impegno delle aziende sanitarie a garantire i processi di relazione tra il GCP e
il restante sistema aziendale attraverso l’implementazione di una rete informatica che sostenga l’opera
dei professionisti, che garantisca processi organizzativi più efficienti nei confronti del cittadino, che
permetta di disporre di informazioni per analizzare lo stato di salute della popolazione e l’efficacia degli
interventi.
Un’ultima osservazione.
E’ sintomatico che nei primi lavori avviati la presenza delle Amministrazioni locali sia assai
significativa; oltre le Amministrazioni ricordate, nel territorio dell’Asl TO5 molti altri Comuni si stanno
adoperando per ricercare l’opportunità che il loro territorio può offrire.
Questo elemento è assai significativo perché si è inteso che la riorganizzazione di cui stiamo
discutendo non è una operazione interna al sistema aziendale o al sistema professionale ma rappresenta
qualcosa in più che determina il ripensamento dei servizi della comunità nella quale operano i
professionisti ricercando anche una relazione tra servizi, cittadini e comunità che metta al centro del
proprio interesse la condizione della popolazione, le scelte di priorità e la valutazione degli interventi:
ciò è possibile fare se riusciamo a costruire unità di più professionisti superando l’attuale dispersione; se
identifichiamo un luogo di attività riconosciuto come proprio riferimento da parte dei cittadini e se
adottiamo processi di lavoro condivisi e relazionati con la Comunità.
71
La sede del gruppo
La case history Pianezzese
Sergio Bernabè
Sede
Premessa
Nel documento ufficiale della MdGP, del quale questa relazione costituisce un estratto, sono state
analizzate tre possibili diverse localizzazioni della sede del Gruppo di Cure Primarie (GCP) a Pianezza
evidenziando come l’impatto sul tessuto urbano circostante, vista la sua forza di attrazione, meritasse
una attenta analisi e valutazione di tutti i suoi effetti urbanistici e sociali diretti e indiretti. Per questo e
in considerazione dell’intenso livello di collaborazione che si è deciso di avviare e sviluppare con il
Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali (CISSA tra i Comuni Alpignano,
Druento, Givoletto, La Cassa, Pianezza, San Gillio, Val della Torre, Venaria) il documento principale è
stato presentato anche all’Amministrazione Comunale di Pianezza nella persona del Sindaco Ing.
Claudio Gagliardi. L’incontro è stato occasione per esprimere il convincimento della Medicina di
Gruppo Pianezzese che la Medicina -così come disegnata dal Piano Socio-Sanitario Regionale
Piemontese 2007-2010- costituisca un sottoinsieme della Sanità e del sistema onnicomprensivo della
Salute. All’interno di questo sistema la MdG riconosce all’Ente Locale e alle sue espressioni di
democrazia delegata, deliberativa e partecipata un ruolo, con la stesura dei profili e i piani per la salute,
di pianificazione e programmazione di azioni di tutela e promozione della salute e di controllo di qualità
dei servizi relativi fondamentale. Di rilevanza tale, per la locale MdG, da ritenere indispensabile l’avvio
di un processo di collaborazione profondo nel quale la riflessione sulle caratteristiche della sede
rappresentava solo un primo seppure fondamentale passo.
Dopo un’attenta analisi del progetto l’Amministrazione ha deciso di costituire un gruppo di lavoro
formato dal Sindaco stesso, dall’Ing. Fernando Genova (Vice Sindaco e incaricato delle Politiche del
territorio, Commercio e Artigianato); dal Dott. Emiliano Aires (incaricato delle Politiche di Agricoltura
e Industria, Sport, e delle Politiche per la Salute) e dal Dr. Sergio Bernabé (Referente della Medicina di
Gruppo di Pianezza promotrice del progetto) con l’incarico di giungere alla definizione di un progetto
di massima della sede per dimensioni interne e struttura funzionale da offrire come base di lavoro ad un
concorso di idee per la sua realizzazione architettonico-urbanistica.
Quanto segue è la proposta dettagliata della struttura, sulla base delle funzioni che dovrebbero essere
svolte al suo interno per fornire i servizi previsti, sviluppata dalla Medicina di Gruppo di Pianezza
(Infermiere, Medici e Segretarie) quale contributo al lavoro della commissione di cui sopra.
Introduzione
Le caratteristiche della nuova struttura devono rispondere a tutte le specifiche della normativa vigente
compresa l’assenza totale di barriere architettoniche, l’ecocompatibilità e la capacità di risparmio
energetico.
La valutazione qualitativa dei suoi parametri sarà fatta sulla base dei criteri adottati dal National
Health Service (NHS) Inglese per valutare adeguatezza e qualità degli edifici per le General Practice
Inglesi cosi come specificato dall’ Achieving Excellence Design Evaluation Toolkit reperibile
presso il Centre for Healthcare Architecture & Design (CHAD) dedicated to improving the
design of the built environment of the NHS all’indirizzo
http://195.92.246.148/nhsestates/chad/chad_content/home/home.asp
La descrizione che segue tratteggia gli spazi (fisici e virtuali) che i Pazienti si troveranno a percorre e a
vivere, e le azioni che si troveranno a dover compiere per poter usufruire dei servizi offerti dalla
struttura del Gruppo di Cure Primarie (GCP); la tipologia degli accessi prevedibili sulla base dei dati di
72
attività attuali; una proposta di dimensione della sede e di suddivisione dei suoi spazi interni; la
distribuzione dei flussi di accesso all’interno della struttura sulla base dei servizi richiesti/offerti e la loro
probabile distribuzione oraria diurna.
I servizi domiciliari offerti dal gruppo saranno affrontati in un altro documento.
Descrizione funzionale
L’accesso al GCP è possibile 1) via telefono fisso/mobile (tramite centralino unico); 2) via fax; 3)
via Internet (tramite il sito che offre servizi con accesso riservato sulle extranet dei diversi servizi attivi
in sede: UMG, CISSA, ASL); 4) fisicamente, tramite accesso diretto alla sede. Nei primi tre casi
l’accessibilità è garantita 24 ore al giorno. L’accesso fisico dei pazienti è possibile solo dalle 08.00 alle
20.00 dei giorni feriali sino a quando non sarà normata l’assistenza medica prefestiva, festiva e notturna
all’interno del modello emergente di funzionamento della Medicina Generale di Territorio.
1) L’Accesso Telefonico avviene tramite centralino che gestisce una rete di fonia interna sia fissa che
mobile. L’opzione di selezione dei servizi disponibili comprende sempre comunque la possibilità di
parlare direttamente (dalle 08.00 alle 20.00) con una segretaria che si fa carico di risolvere
personalmente il problema anche mettendo in contatto diretto il paziente con l’infermiera, con il suo
medico o altri professionisti del GCP.
2) L’Accesso via FAX viene gestito secondo le abituali modalità di gestione fax via intranet e non
richiede particolari descrizioni.
3) L’Accesso Virtuale via internet può avvenire da qualsiasi punto del mondo della rete accedendo
al sito. Il sito offre informazioni generali sull’assetto organizzativo, sui servizi e sulle modalità di
fruizione, comprensive dell’eventuale modulistica necessaria compilabile direttamente on line. Dalla
pagina principale del sito è possibile per i pazienti accedere ad un’area extranet riservata grazie all’uso di
un certificato digitale a chiave pubblica/privata rilasciato dal GCP a tutti i pazienti che si sono registrati
sul sito del GCP. Nell’area riservata il paziente trova 1) i dati personali del proprio account con la
possibilità di aggiornarli, variarli e selezionare diverse opzioni tipo la ricezione dei messaggi di reminding
dal GCP via SMS, mail o telefono; 2) l’estratto (lista dei problemi, terapie in atto, appuntamenti in
corso, …) della sua cartella clinica anche in versione inglese; 3) form personalizzati per la registrazione
di parametri sociali e/o biologici concordati con il proprio medico (peso, pressione, INR, diuresi ecc)
manualmente o tramite Point of Care Technology (POCT); 4) informazioni personalizzate in base alle
patologie e/o ai fattori di rischio scaricabili su terminali diversi (ad esempio informazioni di tipo
alimentare/dietetico, da scaricare su terminali diversi in previsione di un utilizzo interattivo con ‘etichette
parlanti’ dei prodotti acquistabili al supermercato); 5) l’agenda dello studio sulla quale può fissare, negli
slot temporali liberi, un appuntamento con il medico, l’infermiera, la segretaria o l’assistente sociale; 6)
l’elenco dei farmaci in uso con la possibilità di prenotarne la riprescrizione e -al costo del servizio
postale- l’invio a domicilio per posta ordinaria; 7) l’elenco degli accertamenti e le visite in scadenza con
la possibilità di chiederne la prescrizione e la prenotazione; data e ora dell’appuntamento vengono
confermati, via SMS o mail o telefono, in base alle opzioni scelte dal paziente.
4) l’Accesso Fisico Diurno :
La sede fisica è una struttura a uno/due piani immersa in un ‘giardino terapeutico’ (vedi
http://www.centromaderna.it/bd_cerca.php?indice=si&id_cat=191&desc=Giardino+Alzheimer),
bella, calda, luminosa, innovativa, trasparente, a bordi smussati e curve accoglienti con un solo piccolo
segno tecnologico che si affaccia su una piazzetta.
Il piano terra è tutto dedicato all’operatività socio sanitaria.
All’esterno un ampio parcheggio ha una parte “riservata” ai professionisti e ai collaboratori del GCP
(vicino ad un ingresso “posteriore di servizio”) e una parte riservata ai pazienti con spazi per poter
parcheggiare automobili ma anche moto, scooter e biciclette.
Un’area verde all’esterno consente uno spazio di accesso agevole a piedi e in auto con la possibilità di
portare l’auto vicino all’ingresso. Anche la fermata del mezzo di trasporto pubblico è in quest’area.
In questo spazio è posto un monolite indicante il nome della struttura (“CascinaLampo”), il nome del
team di servizio che vi ha sede (“Gruppo di Cure Primarie”) e il nome dei servizi che formano il team
(“Unità di Medicina Generale” “Unità di Pediatria” “CISSA ….” “Distretto..”)
73
Il percorso esterno dal punto di fermata dell’auto per la discesa dei pazienti all’ingresso alla struttura, è
breve (per le persone che hanno difficoltà motorie legate all’età o a patologie), agevolato da un
mancorrente e protetto dalle intemperie da una tettoia e da siepi frangivento. Un ampio display esterno
fornisce informazioni di accesso, d’uso della struttura e informa su iniziative in corso e future.
La porta d’ingresso scorrevole e automatica molto ampia, fatta a bussola, consente facilmente entrate
ed uscite contemporanee. Immette in uno spazio aperto che si affaccia su ampi spazi luminosi e caldi e
facilita l’incanalamento delle persone nelle differenti direzioni desiderate anche grazie ad un punto
informativo che indica in modo chiaro ed intuitivo percorsi che è possibile seguire immediatamente
senza difficoltà già con il solo sguardo e permette alle persone di annunciare al team del GCP il proprio
arrivo passando la tessera sanitario sotto lo scanner apposito inserito nello spazio dedicato
‘annunciarsi’. I punti informativi (circa 11 in tutto) sono distribuiti in aree critiche delle zone di attesa;
supportano informazioni fisse e informazioni variabili su monitor.
Subito sulla destra della bussola di entrata c’è il display interno di un Punto Giallo per il pagamento dei
Ticket dovuti ospitato in un ripostiglio blindato che offre anche un punto di pagamento con display
esterno.
Alla sinistra della bussola di entrata c’è l’area con le cassette postali dei singoli medici riservate alla
consegna di buste della procedura di Posta Interna; impostando le richieste con buste preaffrancate e
indirizzate i pazienti potranno ricevere per posta ordinaria le prescrizioni croniche al proprio domicilio.
A fianco una stanza addossata alla parete ed isolata dalle altre stanze è lo spogliatoio e il ripostiglio
del personale addetto alle pulizie.
La reception/segreteria è un punto di riferimento subito ben visibile dall’ingresso (anche l’ingresso e
il movimento di entrata ed uscita è ben visibile agli addetti alla segreteria; l’area è comunque
videosorvegliata). È abbastanza estesa con almeno 3 postazioni di lavoro; c’è anche il centralino. Il
bancone è ampio, fatto a forma di onda e a distanza adeguata vi è un’area di attesa per l’accesso agli
sportelli.
Alle spalle della reception c’è uno studio segretariale ampio non visibile al pubblico. Ad esso è
collegata una stanza dedicata all’archivio, magazzino consumabili ufficio e clinici dove sono
stoccati tutti materiali di consumo clinico e di cancelleria.
Una saletta per le consultazioni segretariali/amministrative, subito accessibile a destra della reception,
consente di affrontare problemi, non solo amministrativi, in modo riservato.
Lo spazio interno è ampio, molto luminoso con molte piante a cultura idroponica (utilizzate per
separare gli spazi e creare percorsi) e distribuito secondo le esigenze di servizio con spazi adeguati al
movimento direzionale delle Persone, con percorsi ed informazioni segnalate in modo chiaro e intuitivo
che conducono all’area a) della Reception, b) delle cassette di posta interna c) dell’attesa per una
visita medica di medicina generale o specialistica, d) di attesa per una visita pediatrica, e) di
attesa per una visita infermieristica o per un prelievo biologico o un esame strumentale, f) una
visita d’urgenza dalle infermiere e/o dal medico che conduce l’Ambulatorio Orientato all’Accesso
Libero, g) attesa per un consulto con le assistenti sociali, g) attesa al punto giallo per il pagamento
dei ticket.
I servizi igienici: quelli pubblici per adulti sono facilmente raggiungibili da ogni area d’attesa e
rispettano tutte le caratteristiche previste anche per i disabili; un angolo è dedicato al cambio dei lattanti.
Quelli pubblici per i bambini sono nell’area di attesa riservata agli studi pediatrici. Quelli privati sono
dedicati al personale maschile e femminile della struttura.
Un angolo ristoro offre bevande calde e frutta a pagamento e un distributore di acqua gratuito.
Ogni area d’attesa è dotata oltre che di posti a sedere anche di un punto informativo con una bacheca
elettronica per le comunicazioni/informazioni all’utente.
Tutta l’area è coperta da diffusori sonori che diffondono musica soft a basso volume, e all’occorrenza –
che si immagina molto rara- consente di fare annunci generali.
Tutti gli studi medici, infermieristici e delle assistenti sociali sono insonorizzati, luminosi,
facilmente areabili e pulibili. Sono dotati oltre che dell’arredo standard anche di un lavabo. Gli studi
sono in numero di 20 per i 9 MMG, 2 pediatre, 2 infermiere, 1 fisioterapista, 4 - 7 specialisti
(cardiologo, ginecologo, diabetologo, chirurgo, oculista?, ORL?, Dermatologo?), 2 per le assistenti
sociali e le assistenti domiciliari.
I 2 studi pediatrici sono collocati in testa a tutti gli studi con un area di attesa completamente separata
ed attrezzata in modo adeguato per rendere gradevole l’attesa ai piccoli pazienti.
74
A questi va aggiunto uno Studio per il Medico di Guardia nei giorni festivi e durante la notte con
accesso diretto videosorvegliato dall’esterno della struttura (al fine di evitare l’apertura notturna
dell’intera struttura in caso di consulto urgente in sede) con una piccola sala di attesa dedicata e un
piccolo locale attrezzato per dormire, con lavabo e doccia. La medesima entrata riservata all’accesso alla
sala di attesa NOTTURNA del medico di guardia consente l’accesso ad un locale Palestra/Sala
Riunioni di dimensioni adeguate per Rieducazione motoria in gruppo, psicoprofilassi al parto e
riunioni di gruppi di autoaiuto di pazienti o di gruppi mirati condotti dal personale. Nelle ore notturne
in caso di necessità particolari il MCA può accedere alla medicheria attraverso la Palestra.
Tra gli studi infermieristici e la sala visita del MCA si trova un locale Medicheria dedicato alla
Osservazione, Prelievi, ECG, Esami strumentali ampio, attrezzato e suddivisibile in aree
differenziate e modulabili con pareti mobili; vi trovano posto anche i frigoriferi per il materiale medico
che va conservato a basse temperature controllate e gli armadietti dei medicinali. Nel suo spazio è
compreso anche un locale, la Sala Pulizia Medica, adibito esclusivamente al lavaggio, la disinfezione, e
la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e degli altri presidi utilizzati e di stoccaggio dei Rifiuti sanitari
pericolosi.
C’è un locale spogliatoio per il personale con Ripostiglio e Lavanderia dedicato all’impresa di pulizia.
La sala riunione/biblioteca è un open-space con tavoli di lavoro ad isole e una zona riunione con
sedie a ribaltina e parete bianca per proiezione digitale dedicato alle riunioni di team, alla didattica, alla
ricerca, allo studio.
Tipologia degli accessi
Le Tipologie degli Accessi giornalieri delle Persone durante le ore diurne (ore 08.00 – 20.00)
attualmente prevedibili sulla base dell’analisi dei carichi di lavoro dei MMG, delle Pediatre, del distretto
(i dati di quest’ultimo sono ufficiosi e dunque approssimativi) sono un numero totale di 612 (100%).
Gli accessi sono distribuiti secondo il seguente rapporto percentuale: MMG 455 =74,35%; Distretto 97
=15,85%; Pediatria 60 =9,8%; Assistenti Sociali = non disponibile; Domiciliari = non disponibile;
telefonici = non disponibile).
Tutti questi accessi possono essere distinti in :
1) Accessi Programmati [234 (38,2%) visite da MMG + 42 (6,9%) prelievi + 19 (3,1%) visite specialistiche
+ 38 (6,2%) visite pediatriche = Totale 333 pari al 54,41%]: si tratta di Persone che, attraverso altri canali
(telefono, web, accesso precedente) hanno già ottenuto un appuntamento. Sanno l’ora alla quale
accedere alla struttura e sanno anche dove andare (sale di attesa di studio medico, studio specialistico,
studio infermieristico, sala medicazione/prelievi, assistente sociale, segreteria) aiutati anche da una
cartellonistica a display visibile, chiara e intuitiva anche a pavimento. Comunicano il loro arrivo
facendo leggere la propria carta sanitaria ad un lettore che stampa un biglietto di conferma dell’ora
dell’appuntamento e il numero/nome della sala visita davanti alla quale attendere l’appuntamento, e nel
contempo informa le segretarie e i medici dell’arrivo della nuova persona. Nelle sale d’attesa trovano
alcune sedie a ribaltina, sedie e tavoli e sedie a banco posizionati in modo da creare spazi quasi privati
(anche con l’aiuto di barriere ad esempio di piante) ed altri più aperti per agevolare la socializzazione fra
i pazienti o per permettere a famigliari e/o amici di stare insieme. I pazienti pediatrici sono accolti in
una sala d’attesa separata da quella degli adulti e a misura (anche sonora) dei piccoli pazienti prenotati,
ma anche per gli accompagnatori, con accesso diretto allo studio dei pediatri; i servizi igienici a loro
disposizione sono a loro dimensione. Un display indica ai pazienti quale appuntamento è stato
chiamato ed è in corso in ogni studio medico in modo da rendere visibile l’eventuale ritardo, momento
per momento. L’accesso agli studi medici è visibile solo dalle zona di attesa. L’accesso alle zone di
lavoro non è visibile al pubblico. Al termine della visita il paziente esce, se necessario, conoscendo già
data, ora e luogo del prossimo appuntamento segnato su foglio di prenotazione e sapendo che potrà
sempre consultare la sua agenda sociosanitaria con le scadenze relative nella propria area riservata sul
sito www.cascinalampo.it del Gruppo di Cure Primarie.
2) Accessi Liberi [221 (36,1%) per la MG + 36 (5,9%) per il Distretto + 22 (3,6%) per i Pediatri = Totale
279 pari al 45,6%]: si tratta di Persone che entrano ad accesso libero per 3 tipi di problemi: a) hanno
delle prescrizioni croniche o programmate da rinnovare o da ritirare; b) hanno un nuovo problema
clinico o amministrativo da affrontare e risolvere, c) hanno un problema amministrativo generale (il
numero di questa tipologia di accessi sostenuto sino ad oggi dal distretto è di circa 36 al giorno).
75
2.a.1) Prescrizioni da rinnovare (93 15,2%): si tratta di Persone che entrano nella struttura e,
sapendo già dove andare, si dirigono immediatamente verso l’area dedicata alla posta interna collocata
vicino all’ingresso, ma lontano dalla reception. Nell’area dedicata alla posta interna le persone trovano la
cassetta di Posta Interna del proprio medico ed un piccolo bancone di appoggio; su di esso si trova in
distribuzione la modulistica in uso per la posta interna, alcune penne, e spazio per appoggiarsi,
compilare e preparare la busta (va scoraggiato l’uso del bancone della reception). Le persone registrano
il proprio accesso alla struttura mostrando la Carta Sanitaria allo scanner dedicato, imbucano la busta
(pre-indirizzata e magari pre-affrancata) nella cassetta del proprio medico e se ne vanno via.
2.a.2) Prescrizioni da ritirare (93 15,2%): si tratta di Persone che, avendo deciso di non avvalersi del
servizio di recapito postale delle prescrizioni croniche o programmate in scadenza, entrano nella
struttura e, sapendo già dove andare, si dirigono immediatamente verso il bancone della reception dalla
segretaria addetta alla consegna della Posta Interna. Consegnano la propria Tessera Sanitaria alla
Segretaria che registra la consegna e consegna fisicamente la busta alla Persona e se ne vanno via.
2.b) Problema Nuovo [35 (5,7%) + 36 (5,9%) + 22 (3,6%) = Totale 93 pari al 15,2%]: si tratta di
Persone 1) malate che sono state male improvvisamente quello stesso giorno e hanno la necessità di
essere visitate con più o meno urgenza da un infermiere o da un medico; 2) malate di una patologia
lieve a causa della quale hanno comunque ritenuto opportuno assentarsi dal lavoro e per la quale
necessitano della certificazione INPS; 3) devono fare un controllo del peso corporeo; 4) devono far
correggere un errore sulla ricetta; 5) sono appena state dimesse (loro o un loro parente/conoscente) da
un ospedale e hanno bisogno della prescrizione dei farmaci per la prosecuzione della terapia; 6) hanno
bisogno di una prescrizione o di una certificazione urgente per i motivi più diversi; 7) varie ed eventuali.
Queste Persone quando entrano si registrano con la loro (o della persona per la quale sono venuti)
Tessera Sanitaria al Punto Registrazione dal quale ricevono un biglietto che indica lo sportello al quale
rivolgersi e il numero d’ordine. Si accomodano nell’area attesa della segreteria in attesa di essere
chiamati solo ed esclusivamente con la comparsa sul display del proprio numero. Espongono alla
segretaria il problema, questa provvederà a risolvere il problema nella maniera più adeguata, veloce e
pertinente possibile indirizzando quando e se necessario all’infermiera, al medico, all’assistente sociale.
Dimensioni della sede
La sede ha una dimensione totale di 805 mq dei quali 489,3 mq (60,8%) dedicati a spazi
chiusi/riservati e 315,7 mq (39,2%) dedicati a spazi aperti d’informazione, passaggio e attesa.
Gli spazi ipotizzabili ad oggi, le loro dimensioni ed aree parziali e totali sono :
Spazi
Funzione
Tot mq
20 Studi Medici
(3 m x 4 m) dedicati : a) 9 ai MMG; b) 4 a
specialisti; c) 2 ai pediatri; d) 1 al medico di
Guardia notturna prefestiva e festiva e al
Medico che conduce l’Ambulatorio Orientato
all’Accesso Libero; e) 2 alle infermiere; f) 2 alle
assistenti sociali;
1 Medicheria
(5 m x 7 m) incorpora anche una saletta di
pulizia e sterilizzazione medica
1 Sala Riunioni, studio, Biblioteca
(5 m x 7,5 m) per il personale del GCP
1 Sala Palestra, Riunioni
(5 m x 7 m) per i Pazienti
35
1 Spazio Reception
(2 m x 6 m) dedicato a tre sportelli segretariali
12
1 Spazio Cassette Posta Interna
(0,9 m x 3,5 m) dedicato alla consegna della
Posta Interna da parte dei pazienti
3,2
1 Sala Segreteria
(4 m x 5 m) dedicato alla Segreteria
20
1 Sala Archivio, Magazzino, Cassaforte
(4 m x 5 m) dedicato ad archivio magazzino
consumabili cancelleria e clinici
20
1 Saletta Segretariale
(3 m x 3 m) dedicato alle Consultazioni
Segretariali
240
35
37,5
9
76
1 Sala Servizi Igienici
(5 m x 6 m) per il Pubblico
30
1 Sala Servizi Igienici
(2,5 m x 3,5 m) per i Bambini
8,8
1 Sala Servizi Igienici
(2,5 m x 3,5 m) per il Personale
8,8
1 Sala Spogliatoio
(2,5 m x 3,5 m) per il Personale
8,8
1 Sala Blindata
(1,2 m x 1,2 m) dedicata al Punto Giallo per
pagamento ticket
1,4
1 Sala Spogliatoio magazzino
(2,5 m x 3,5 m) dedicata agli Addetti alla Pulizia
8,8
1 Saletta Spogliatoio e servizi igienici
(2,3 m x 3,3 m) (1,5 m x 2,3 m) per il Medico
di Guardia
11
Spazi liberi
Di attesa, passaggio e informazione
TOTALE Struttura (23 m x 35 m)
315,7
805
Qui di seguito è rappresentata una approssimazione della distribuzione topografica possibile degli
spazi, fatta tenendo prevalentemente conto dei percorsi di fruizione dei servizi offerti nella struttura:
Descrizione grafica della distribuzione dei flussi
I flussi di accesso delle persone, la loro consistenza e le loro direzioni sono rappresentati nella figura
che segue:
77
Distribuzione oraria dei flussi
La distribuzione oraria dei flussi di persone durante le ore diurne (08.00 – 20.00) di giorni feriali, sulla
base dei dati disponibili, sono distribuiti come segue:
SERVIZIO
persone in attesa per funzione
al giorno
all'ora
Punto giallo
0
Reception
186
Medicheria
Sala visita medica
Sala visita CA Notturna
Sala visita CA Diurna
Sala visita Pediatrica
Sala visita Infermieristica
Ufficio Ass Sociali
Posta Interna
42
0
253
0
35
38
22
0
0
0
0
93
612
ACCESSO
Tipo Accesso
FASCIA ORARIA
8-9
9-10 10-11
0
0
0
LIBERO
11
12
12
ritiro posta int
7
7
7
Probl nuovi x MMG
0
1
1
Probl nuovi x Pediatri
1
1
1
Probl nuovi Amministr 3
3
3
Appuntam
LIBERO
Appuntam
LIBERO
LIBERO
Appuntam
LIBERO
Appuntam
LIBERO
Appuntam
LIBERO
LIBERO
11-12
0
12
7
1
1
3
12-13
0
12
7
1
1
3
13-14
0
5
3
0
2
14-15
0
10
5
1
1
3
15-16
0
15
8
3
1
3
16-17
0
16
9
3
1
3
17-18
0
24
10
8
3
3
18-19
0
27
11
8
5
3
19-20
0
30
12
8
6
4
totale
0
186
93
35
22
36
21
0
22
0
0
0
0
0
0
0
0
8
21
0
22
0
0
4
2
0
0
0
0
8
0
0
22
0
0
4
2
0
0
0
0
8
0
0
22
0
0
5
2
0
0
0
0
8
0
0
22
0
0
5
2
0
0
0
0
8
0
0
9
0
0
0
0
0
0
0
0
7
0
0
21
0
0
0
0
0
0
0
0
7
0
0
21
0
0
5
3
0
0
0
0
7
0
0
22
0
0
5
3
0
0
0
0
8
0
0
22
0
11
5
4
0
0
0
0
8
0
0
24
0
12
5
4
0
0
0
0
8
0
0
24
0
12
0
0
0
0
0
0
8
42
0
253
0
35
38
22
0
0
0
0
93
62,0
67,0
46,0
47,0
47,0
21,0
38,0
48,0
51,0
59,0
64,0
62,0
612
Questa distribuzione è teorica e di minima in quanto non tiene in considerazione i flussi che si
creeranno con l’attivazione di nuovi servizi offerti dai diversi Ambulatori Orientati. Saranno comunque
flussi che essendo scanditi da un sistema di appuntamenti saranno automaticamente regolati e regolabili
78
e non dovrebbero costituire una criticità. Vale la pena di ricordare che alcuni dei problemi per i quali
saranno attivati degli AmO sono attualmente nella lista dei problemi (una media di 3 problemi per
ciascuno dei 7 incontri annuali = 21 problemi/anno) che i pazienti portano al medico. Questo significa
che se si riduce il numero dei problemi portati dal paziente ad ogni incontro non necessariamente si
assiste ad una riduzione del numero dei contatti, mentre è certo che aumenta il numero di contatti con
la struttura e le altre figure professionali (ad esempio infermiere) al suo interno. La conseguente
riduzione del numero dei problemi presentati al medico (da 3 a 2) per ogni incontro dovrebbe però
tradursi in un miglioramento medio della qualità reale e della qualità percepita in considerazione del
fatto che il tempo medio a disposizione dei due problemi residui dovrebbe aumentare automaticamente
di un 30% medio.
79
La Sede del Gruppo vista dal Sindaco di Pianezza
Claudio Gagliardi - Sindaco del Comune di Pianezza
La proposta di studiare una struttura in grado di raggruppare un insieme di servizi riguardanti la
medicina di base non poteva non suscitare l’interesse e l’attenzione dell’Amministrazione Comunale di
Pianezza, fortemente impegnata a gestire il grande sviluppo che il paese ha avuto negli ultimi anni.
Le componenti del progetto che più ci coinvolgono, senza per questo sottovalutare le altre, sono:
• il servizio alla cittadinanza;
• il problema urbanistico.
Per quanto riguarda il servizio, la proposta si configura come una straordinaria occasione per
un’evoluzione sostanziale dei ruoli e dei compiti del medico di base. Al rapporto di fiducia medicopaziente si aggiunge un rapporto di servizio con l’ambulatorio associato, cioè una struttura nella quale il
paziente può trovare sempre una risposta ai propri bisogni, grandi o piccoli che siano.
La nostra Amministrazione è molto attenta a tutto ciò che può migliorare il servizio percepito, quindi
ha deciso di approfondire l’argomento e di dare il proprio contributo allo sviluppo del progetto.
Il secondo aspetto, quello urbanistico, è altrettanto importante per un paese come il nostro che sta
cercando, dopo anni di grande sviluppo edilizio, delle soluzioni armoniche per le varie strutture
dedicate ai servizi.
Si è aperto subito un interessante dibattito sulla collocazione ottimale di questo centro, tenendo conto
degli effetti ad essa correlati.
L’Amministrazione si impegna a trovare la soluzione urbanistica ottimale, che possa anche indurre
sviluppo e rinnovamento per l’area circostante, e a cercare la collaborazione con l’imprenditoria privata
per la realizzazione della struttura. Chiede altresì un deciso appoggio da parte della Regione, soprattutto
per gli aspetti organizzativi e innovativi che hanno la caratteristica preminente della sperimentazione.
In conclusione il Comune di Pianezza condivide l’idea progettuale e si propone come partner per il
suo sviluppo e per la realizzazione.
80
La Sede del Gruppo vista dal Sindaco di Pino
Torinese
Andrea Biglia - Sindaco del Comune di Pino Torinese
Il piano regionale rende più trasparente e incisivo il rapporto Comune/Regione in materia di servizi
socio-sanitari. Il ruolo del Comune, quale ente istituzionale territorialmente più vicino al cittadino, è
fondamentale per esplicitare i bisogni di salute locali e svolgere un ruolo di supporto logistico a garanzia
della qualità dei servizi socio-sanitari diffusi sul territorio.
A questo proposito il progetto dei gruppi di cure primarie può rappresentare un importante banco di
prova della collaborazione ASL/Comune per il raggiungimento degli obbiettivi che il piano sanitario si
propone, in particolare verso quelle fasce di popolazione che più hanno bisogno di servizi di più facile
fruibilità.
Per quanto riguarda Pino Torinese questa collaborazione ha già dato vita a servizi che vanno
decisamente nella direzione indicata (prelievi del sangue in ambito comunale senza prenotazioni,
consegna dei referti quotidiana, presenza settimanale di uno specialista cardiologo, prenotazioni
specialistiche facilitate, trasporto gratuito di anziani per visite specialistiche presso poliambulatori e
ospedali).
Questi servizi sono nati grazie alla disponibilità di tutti gli attori coinvolti (volontari operanti nel
nostro comune-Alpini/Avo, i sei medici di medicina generale associati in gruppo, l’ASL TO5 e il
relativo distretto di Chieri e il Comune di Pino), ma richiedono di essere consolidati e implementati. E
qui l’orizzonte si fa più incerto.
Il comune Pino Torinese ha deciso un investimento importante, se rapportato al suo bilancio, per
locali più ampi e funzionali di quelli attualmente messi a disposizione dal gruppo di MMG, per poter
aumentare i servizi e migliorare le sinergie tra socio-assistenziale e servizi sanitari.
Per questo investimento abbiamo rinunciato ad altri progetti e l’incertezza nasce dal fatto che a oggi i
servizi a cui ho accennato in precedenza sono nati e si reggono più su basi di volontariato che di una
programmazione certa. Ci preoccupa per esempio la mancata definizione di una convenzione
Regione/MMG che chiarisca meglio le prestazioni richieste, una più precisa quantificazione delle
risorse finanziare destinate al progetto delle cure primarie. Non vorremmo trovarci alla fine della
realizzazione della struttura con obiettivi cambiati e altre spese per la riconversione della struttura
stessa.
81
La Sede del Gruppo vista dall’Assessore
all’Urbanistica di Pianezza
Fernando Genova - Assessore Comune Pianezza con Deleghe alle Politiche del Territorio, Commercio e
Artigianato
Il nostro approccio alla richiesta dei medici di base
Per i Comuni di dimensioni medio-piccole quale è Pianezza, la politica sanitaria si esplicita
prevalentemente nell’ambito socio-assistenziale attraverso i Consorzi Socio Sanitari, cui i Comuni
partecipano con un impegno finanziario non trascurabile. Minori, e spesso limitate ad aspetti
rivendicativi sull’accessibilità alle infrastrutture (ospedali, poliambulatori, …), sono invece le interazioni
con la Struttura Sanitaria regionale (ASL, Medicina di Base, …).
Fino ad ora, quindi, le interazioni fra Medici di Base ed Amministrazione Comunale sono state legate
principalmente ad eventi episodici (specifiche manifestazioni/iniziative) o incidentali (la presenza di un
medico di base nella composizione della Giunta). Da anni ero a conoscenza, come paziente del Dr.
Bernabè prima e collega di Giunta del dr. Aires poi, che a Pianezza una parte dei medici di base stava
proponendo ed attuando un progetto innovativo di Associazione fra Medici.
Quando, nello scorso autunno, all’Amministrazione è stato ufficialmente presentato il progetto per
avviare un Gruppo di Cure Primarie, tutti siamo rimasti sorpresi dal livello di elaborazione e
completezza del progetto stesso. Per la prima volta la maggioranza dei Medici di Pianezza si presentava
all’Ente Locale con una proposta di “politica sanitaria”, che non riguardava solo una migliore qualità del
servizio svolto verso i loro assistiti, ma anche l’Amministrazione, sia per le inevitabili interazioni con il
CISSA e la ASL (poliambulatorio), sia per l’impatto su traffico ed urbanistica del loro progetto.
Ci si è resi immediatamente conto che non bastavano dichiarazioni generiche, ma occorreva decidere
in breve tempo se, ed eventualmente come, appoggiare il progetto. L’Amministrazione non poteva
esimersi dal fornire una risposta, anche se negativa e doveva valutare a fondo le implicazioni di un suo
intervento, valutandone costi e benefici, rischi ed opportunità. Per questo nei mesi successivi sono state
approfonditi:
- La proposta di progetto di unità di medicina generale.
- Quali benefici avrebbe portato ai cittadini e quale rapporto avrebbe avuto nei confronti delle altre
strutture/servizi sanitari.
- Quale tipo di risposta poteva dare l’Amministrazione.
- Come inserire la sede unica del gruppo di medici nel contesto urbano.
- Inoltre, nel caso di intervento diretto dell’Amministrazione, quale modello economico poteva essere
applicato.
- Le modalità e tempistiche di realizzazione
Valutazione del progetto di UMG: risposte innovative per
esigenze nuove
Anche ad una prima lettura, si intuisce che il progetto dei medici di Pianezza si inserisce in un
contesto più ampio di modernizzazione della Sanità in Italia. L’impianto della proposta di per se non è
nuovo, ma addirittura propone di realizzare quanto previsto dalla legge, ma finora poco attuato, per lo
meno in Piemonte. Come spesso succede in Italia, le riforme hanno tempi di incubazione piuttosto
lunghi, prima di tradursi in operatività. Oggi, e questo Convegno ne è una dimostrazione, sembra che
per le Unità di Medicina generale i tempi siano finalmente maturi. Le driving force che spingono per
questa trasformazione sono diverse:
- Economiche, legate ai costi crescenti del sistema ospedaliero ed alla necessità di ridurre i tempi di
degenza post-operatoria
82
- Sociali, legate al crescente invecchiamento della popolazione ed alla gestione delle cronicità
- Tecnologiche, che consentono il trasferimento elettronico di reperti medici molto più facilmente che
in passato, il telemonitoraggio degli assistiti e la disponibilità di strumenti diagnostici anche
sofisticati presso il presidio medico di base.
Molto interessante è poi il ruolo “attivo” del Medico di Base in questo progetto, nel senso che
“l’agenda del medico” non sarà solamente decisa dall’assistito, che oggi sceglie quando andare in
ambulatorio, ma anche dal medico stesso che potrà proporre agli assistiti un programma di controlli ed
analisi sulla base delle eventuali cronicità presenti.
Dal punto di vista dell’Amministrazione ed in particolare dell’Assessorato di cui sono responsabile,
l’interesse per proposte di questo tipo è evidente. Oggi si tende a considerare il territorio come rete di
infrastrutture che interagiscono e si influenzano reciprocamente, quindi una proposta che prevede di
raggruppare tutti i nove medici, i pediatri ed i servizi socio assistenziali in un’unica struttura
centralizzata, ha un impatto rilevante sull’intera rete di servizi e sull’impianto urbanistico nel suo
complesso.
D’altra parte oggi più che nel passato l’Ente Locale svolge (o per lo meno prova a svolgere), il ruolo
di promotore dello sviluppo locale e rappresenta sempre più il riferimento per l’aggregazione sociale.
Anche in questo senso la proposta dei medici, per le caratteristiche innovative che possiede può
favorire lo sviluppo locale divenendo punto di riferimento ed eccellenza nella fornitura di un servizio
pubblico assolutamente essenziale come quello delle Cure Primarie.
Supporto/Adesione: quale risposta
Come si è già detto la presentazione di questo progetto ha aperto per la prima volta un confronto ed
un dialogo fra medici di base ed amministratori locali su tematiche di comune interesse. Dialogo che
permette diversi livelli di intervento dell’Amministrazione, che sinteticamente possiamo riassumere in
tre tipi:
- Formale: il progetto è molto bello, interessante, verifichiamo insieme le implicazioni e le compatibilità
urbanistiche, avete tutto il nostro appoggio e teneteci informati sugli sviluppi.
- Attiva: considerate le implicazioni e la rilevanza cercheremo di aiutarvi nel limite del possibile, per
esempio individuando un edificio di proprietà comunale da adattare, oppure mettendo a
disposizione a condizioni di favore un’area servizi presente nel PRGC.
- Strategica: il progetto ci interessa moltissimo, lo facciamo nostro a tutti gli effetti, interverremo
direttamente in modo da minimizzare i tempi di attuazione e ne faremo elemento strategico
dell’impianto urbanistico pianezzese.
Noi abbiamo scelto l’ultima possibilità, quella di fare di questa collaborazione un elemento strategico
della rete dei servizi. Abbiamo cioè ritenuto che la realizzazione di un servizio come quello proposto,
non potesse essere solo una questione che riguardava i medici ed i loro assistiti, ma un elemento da
usare per il rinnovamento del territorio e quindi da guidare ed indirizzare in tempi e modi condivisi con
l’Amministrazione.
Questo, si badi bene, non significa “regalare” ai medici la struttura ospitante, ma concordare una
operazione altrimenti più difficile da realizzare solamente dai privati, che coniughi la proposta dei
medici con le esigenze complessive dell’Amministrazione (localizzazione, qualità urbanistica, aspetti
logistici, sinergia con altri servizi, …). Il tutto per un risultato conveniente ad entrambi, che assicuri una
qualità dei servizi ottimale per i cittadini.
In modo semplificato e non troppo rigoroso, ma penso efficace, abbiamo cercato di sintetizzare in un
diagramma a quadranti l’analisi SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities and Threats) per quanto
riguarda la possibilità di un intervento diretto dell’Amministrazione nel progetto. Come si può
osservare dalla tabella le maggiori criticità derivano dal tipo di inserimento della struttura nel contesto
dei servizi, che dovrà esser oggetto di grande attenzione, mentre risulta indubbio il vantaggio in termini
di qualità del servizio.
83
Sede: inserimento nel contesto urbano e sociale
Nell’ambito del progetto, e su espressa richiesta dell’Amministrazione, il dr. Bernabè si è esercitato a
definire con meticolosità certosina il dimensionamento della struttura, i flussi di persone suddivisi per
fasce orarie, il possibile impatto dovuto all’accesso all’area e le esigenze di parcheggi.
Il dr. Bernabè ha anche individuato modelli edilizi di riferimento e criteri di valutazione dei progetti,
in prevalenza di matrice anglosassone, che risulteranno utilissimi in fase di definizione del bando di gara
Questo lavoro ha permesso di definire i principali requisiti urbanistici per un inserimento nel contesto
urbanistico. A questo si sono aggiunte le esigenze poste dall’Amministrazione, in particolare che:
- I cittadini dovranno identificarla come elemento di aggregazione sociale, a differenza di quanto accade
oggi ad esempio ai poliambulatori
- Deve essere funzionale alla rete dei servizi prevista nel PRGC
- Deve avere una valenza urbanistica e risultare di esempio per gli aspetti di efficienza energetica.
Per la localizzazione sono state prese in considerazione diverse aree di proprietà comunale, di cui due
sono risultate le favorite:
- Un’area di ~ 4500 mq contigua al centro storico nei pressi di Via Montegrappa (cui potrebbe
aggiungersi un’area privata di circa 1000 mq)
- Un’area più ampia ma meno centrale di ~ 8500 mq, in Via San Bernardo dove c’è attualmente il,
campo di calcio.
Entrambe le aree, disponibili immediatamente o nell’arco di alcuni mesi, presentano aspetti vantaggiosi
e criticità e sono stati oggetto di approfondimento e discussione, che non riporto in questa sede, in
quanto di minor rilevanza rispetto agli obiettivi del Convegno. Molto probabilmente, ma la decisione
ufficiale non è ancora stata presa, la struttura sarà collocata nell’area di Via S. Bernardo.
La compatibilità urbanistica dell’area sarà assicurata, molto probabilmente, da una variante di Piano
Regolatore. I tempi di approvazione della variante non saranno però inutilizzati, poiché consentiranno
di approfondire molti aspetti tecnici ed economici per ora solo tracciati a grandi linee e permetteranno
di promuovere un Concorso di Idee, con il duplice obiettivo di poter valutare molte soluzioni possibili
da cui prendere spunto per il progetto finale e nel contempo di pubblicizzare l’iniziativa..
Individuazione del modello economico applicabile
Come è già stato evidenziato, l’Amministrazione, pur incaricandosi di farsi promotrice in prima
persona del progetto, non può (e non deve) offrire una struttura ad uso gratuito ai medici, né può
permettersi, con i vincoli di bilancio esistenti, di finanziare l’opera accedendo a prestiti.
Il modello economico dell’intervento deve ancora essere definito per molti aspetti, ma si baserà su
una valorizzazione della superficie da edificare, in modo simile a quanto fatto per il finanziamento del
polo scolastico (Variante 12 del Piano Regolatore), e sulla vendita o l’affidamento in uso della struttura
ad una società che rimborserà con modalità e criteri da concordarsi, il valore dell’immobile. Per
esempio:
- L’Amministrazione potrebbe mettere a gara uno o più terreni di sua proprietà su cui realizzare la
struttura sanitaria, i parcheggi e l’edilizia residenziale/commerciale in proporzioni tali rendere
l’intervento privo di costi vivi per l’Amministrazione. Una stima preliminare di questa ipotesi, calata
sui due terreni di cui si è parlato in precedenza, ci rassicura sulla fattibilità.
- In cambio del terreno ceduto l’Amministrazione riceverebbe la proprietà della struttura,
l’urbanizzazione delle aree e una parte dei parcheggi.
- Una Società di Gestione della struttura potrebbe quindi acquisire la struttura stessa (o il suo uso)
dall’Amministrazione, con pagamento immediato o diluito nel tempo (per es. 15 anni), assicurando
un ritorno economico adeguato al valore dell’immobile .
Questa è solo una ipotesi che potrà essere modificata in base all’evoluzione del progetto e della
individuazione delle aree. In particolare deve ancora essere definito il tipo di rapporto che incorrerà fra
la proprietà della struttura e gli utilizzatori. Il rapporto dovrà in ogni modo essere basato sul reale valore
dell’immobile e non precludere una cessione in uso o vendita dello stesso al soggetto gestore.
84
Tempi di attuazione
Anche se da oltre sei mesi si è iniziato a discutere sul progetto UMG fra raggruppamento dei medici
ed Amministrazione, non si può ancora considerare questo periodo come un reale avvio dell’iniziativa,
ma più correttamente come una fase preliminare di analisi, non essendo ancora stati definiti protocolli
di intesa o altre azioni concrete. Probabilmente l’incontro di oggi può dirsi il primo intervento ufficiale
dell’Amministrazione sull’argomento.
Anche in relazione a quanto finora presentato, possiamo distinguere due fasi operative, una prima di
avvio dell’iniziativa ed una seconda di realizzazione vera e propria.
La fase di avvio si prevede della durata di circa un anno (9/2008 – 11/2009) e comprende:
9 Concorso di Idee per la struttura e proposte per le relazioni con le aree circostanti (9/2008 –
6/2009). L’incarico è già stato affidato ad uno Studio Professionale
9 Variante Strutturale di PRGC, per adeguare lo strumento urbanistico allo scopo (10/2008 –
11/2009). A cura dell’Ufficio Urbanistica del Comune
9 Approfondimento dei requisiti, sia per gli aspetti urbanistici, sia per quelli di tipo sanitario e
definizione delle specifiche di intervento
9 Individuazione dei criteri di valutazione dei progetti presentati al concorso di idee
9 Perfezionamento del modello economico
9 Check point finale sulla fattibilità
Fino a questa data, per quanto rilevante in termini di impegno dei soggetti coinvolti, il progetto UMG
può essere modificato o adattato a nuove esigenze, senza eccessivi problemi, non essendo ancora
iniziati i lavori e non essendo state impegnate risorse finanziarie importanti.
A questo punto inizia quindi la fase di realizzazione (9/2009 – 12/2011) che comprende:
9 Progettazione preliminare (8/2009 – 11/2009)
9 Gara per progettazione esecutiva e realizzazione (12/2009 – 12/2011)
85
Gli elementi critici e proposte operative
Guido Giustetto
I termini che possono sintetizzare queste prime tre sessioni sono quelli della complessità e in qualche
modo della sfida verso il nuovo.
Tutti gli interventi hanno avuto un po’ questo taglio e il punto centrale da cui siamo partiti è il
cambiamento di paradigma da una medicina basata sulla domanda del cittadino ad una medicina basata
sull’iniziativa della comunità.
Userei questo termine, emerso nell’ultima sessione, perché ci dà l’idea di un qualcosa che va oltre il
servizio sanitario in senso stretto, che va oltre gli interventi del servizio sociale e non è un caso che
molti interventi oggi siano stati fatti da amministratori pubblici, cosa che di solito nei nostri seminari e
convegni di tipo sanitario non c’è. Credo che questo ci dia il senso di come sia importante per la
comunità una medicina di famiglia rifondata, come dicevamo questa mattina, rifondata soprattutto nel
senso di dare una risposta anche a quei bisogni che i cittadini non percepiscono ancora e di governare la
loro domanda di salute.
Come arrivare a questo?
Abbiamo esaminato alcuni dei problemi principali: quali servizi offrire ai cittadini, come scegliere i
servizi da offrire, come riempire lo splendido vaso che Benincasa ci faceva vedere in una diapositiva
della sua relazione, cioè come i gruppi di cure primarie possono riuscire ad organizzare un’offerta di
servizi che sia gestionalmente sostenibile e corretta da un punto di vista amministrativo.
Sicuramente è emerso con chiarezza che quello che stiamo facendo adesso dal punto di vista
amministrativo è largamente inadeguato da tutti i punti di vista per gestire una situazione organizzativa
più complessa.
Per questo è giunta la proposta di definire il Gruppo di Cure Primarie come soggetto giuridico e di
chiarire le problematiche che nascono nel mettere all’opera una società professionale o una società di
servizi.
Abbiamo visto come sia importante il ruolo dei comuni anche parlando delle sedi da mettere a
disposizione dei gruppi di cure primarie, uno dei punti critici del nostro progetto. Dalle esperienze che
sono state presentate questa mattina emergono diverse tipologie possibili: locali nella disponibilità
dell’Asl che, in parte o in tutto, vengono dati ai GCP come sede (esempio Vinovo), oppure la sede è
messa a disposizione dal comune (a La Loggia i locali del comune sono gestiti dall’Asl che poi ospita la
Medicina di Gruppo), situazioni ancora diverse sono quelle in studio a Pianezza e in realizzazione a
Pino dove i comuni hanno deciso di farsi carico della costruzione dei locali dove si svolgeranno le
attività dei gruppi di cure primarie; un’ulteriore possibilità è la utilizzazione da parte dell’ASL dei locali
della Medicina di Gruppo con un rimborso da parte dell’Asl per le spese sostenute (attuale condizione
provvisoria di Pino Torinese).
Penso che tutti questi siano dei buoni esempi di approccio “di comunità “, nel significato che ho dato
prima a questo termine, all’attuazione di un progetto che si apra alla medicina di popolazione,
continuando a rispondere ai bisogni del singolo.
86
Il sistema informativo del
gruppo
La case history Pianezzese
Sergio Bernabè
L’attività clinica della MG sta, per quanto detto più sopra, procedendo ad una propria profonda
riorganizzazione strutturale sia a livello nazionale che regionale muovendosi a passi spediti verso
l’aggregazione dei singoli MMG in gruppi seppure fra molte difficoltà. Attualmente le due forme
organizzative della MG maggiormente rappresentate sul territorio Piemontese (raccolgono oltre il 40 %
dei MMG Piemontesi) sono l’associazione in rete e in gruppo. Entrambe obbligano i MMG ad essere
collegati in rete telematica per fornire i servizi on demand previsti dagli attuali accordi e forniti tramite la
condivisione delle cartelle cliniche dei pazienti reciprocamente in carico. All’interno di queste reti la
condivisione di strumenti dedicati ad una gestione comune dell’attività clinico-organizzativaamministrativa-fiscale rivolta anche ad interventi di medicina d’iniziativa sembra però essere scarsa,
quando non del tutto assente.
In effetti l’estensione temporale del servizio on demand e l’emergere dei nuovi servizi di medicina
d’iniziativa -in grado di tener conto dell’esistenza di due liste di problemi, una del paziente e una
propria del TEAM, caratterizzate spesso da obiettivi, priorità e temporalità a volte anche molto
differenti- obbliga i MMG (in considerazione della complessità e della estensione non solo temporale
dei servizi da offrire) ad aggregarsi in gruppi di lavoro che comprendono nuove professionalità:
segretarie, infermiere ed altre ancora dando così vita a veri gruppi multi professionali nucleo
fondamentale per favorire lo sviluppo dell’integrazione dei servizi.
Le diverse figure presenti in questi nuovi gruppi, poiché si trovano a fornire servizi disciplinari
differenti per singoli aspetti di un unico poliderico problema di salute di una singola persona, non
possono che avere caratteristiche isomorfiche. Vale a dire: devono poter condividere strutture,
strategie, processi e obiettivi nel rispondere -per quanto di propria competenza- alla domanda di salute
posta per lavorare in team (con efficienza, efficacia e soddisfazione alla risoluzione di aspetti diversi di
un medesimo problema) in modo parallelo e ben coordinato anche quando il processo lavorativo
richieda di essere svolto in modo fisicamente e/o temporalmente disgiunto o asincrono.
Questo è possibile solo se la figura professionale incaricata di valutare la condizione al fine di
prendere una decisione è in possesso di tutte le informazioni necessarie e pertinenti (dunque anche
quelle generate dagli altri membri del team) e di tutti gli strumenti efficaci ed efficienti per rendere
operative le decisioni proprie (e quelle dei colleghi) nei tempi previsti dal programma comune di lavoro
per quella tipologia di problema. Dunque: anche il sistema informativo e l’architettura informatica che
lo supporta deve avere caratteristiche isomorfiche al lavoro del team.
Il gruppo è allora identificabile, non solo e non necessariamente, con una struttura immobiliare unica,
ma soprattutto con una organizzazione funzionale multiprofessionale con assetti isomorfici e
funzionanti in parallelo che deve essere supportata da un Sistema Informativo anch’esso del tutto
isomorfico con l’assetto organizzativo e che ha il singolo paziente al suo centro quale pivot di tutti i
processi. Dunque gruppi con caratteristiche di aggregazione fisica differente, e magari fortemente
sparsa sul territorio, possono offrire servizi uniformi e trasparenti anche se fortemente localizzati.
Il sistema Informativo di un team che fornisce servizi alla persona ‘on demand’ e in modo ‘pro-attivo’
deve essere in grado di sapere:
- chi lo richiede;
- attraverso quale canale lo richiede (fisico, telefono, fax, e-mail, internet, SMS …);
- chi lo fornisce;
- quando;
- dove;
87
- perché lo richiede;
- cosa è stato osservato;
- quale valutazione è stata fatta;
- quale decisione è stata presa, attuata e con quale risultato;
Le informazioni generate dovranno essere monitorabili per misurarne nel tempo l’efficienza e l’efficacia
clinica ed economica delle decisioni; ma anche i processi che le producono devono poter essere
monitorati e valutati al fine di evitare inefficienze od errori anche gravi.
Sistemi di assistenza al processo decisionale devono essere resi disponibili ai decisori at time così da
agevolare il più possibile la pertinenza, la rilevanza e l’economicità della decisione nel momento stesso
nel quale deve essere presa.
Un SI con queste caratteristiche consente di procedere concretamente e rapidamente al processo di
integrazione funzionale con i consorzi di servizi socio-assistenziali; come dimostrano gli obiettivi
operativi indicati nel Protocollo d’Intesa siglato dalla Medicina di Gruppo di Pianezza con il Consorzio
Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali di Pianezza e parte integrante della progettazione e dello
sviluppo del SI della MdGP.
L’integrazione con altri livelli e settori del sistema sanitario dell’ASLTO3 e del SSR, data la complessità
dell’operazione e la necessità di verifiche puntuali dei singoli passi compiuti (per quanto concerne
efficienza, efficacia, appropriatezza, economicità, accessibilità ed equità delle prestazioni offerte)
impone una progettazione dello sviluppo dei servizi -anche quello informativo- per obiettivi a breve,
medio e lungo periodo. Sono comunque stati presi contatti con il Dr. Michelin Salomon Responsabile
del Sistema Informativo dell’ATo3 e con la Dr.ssa Cavallo Risk Mangement & Qualità sempre
dell’ATo3 -azienda alla quale fa capo il Distretto nel quale opera la MdG di Pianezza- al fine di
procedere congiuntamente allo sviluppo del progetto locale.
L’Anagrafica dei pazienti e dei membri del team, l’Agenda multipla condivisa, le cartelle cliniche
connesse, i moduli di servizio che li alimentano (autenticazione, profilazione, schedulazione, gestione
del contatto, stratificazione, gestione del protocollo, ecc) e i processi che li collegano, li autorizzano e
ne controllano il funzionamento e le prescrizioni che ne derivano divengono le strutture portanti del
Sistema Informativo. La sua struttura rizomatica piuttosto che ad albero gerarchico ne deve assicurare
specificità, flessibilità e adattabilità avvicinando il sistema al modello di sviluppo naturale darwiniano di
una rete neurale.
La forte modularità necessaria per lo sviluppo di efficienti localizzazioni di servizi e la certezza di una
interoperabilità e cooperazione applicativa tra i servizi ai diversi livelli del Sistema Integrato Regionale
di Sanità Elettronica (SIRSE) e del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), rispondenti ai modelli
definiti a livello nazionale dalle regole SPCoop, rende consigliabile la promozione, nell’Area delle Cure
Primarie, dello sviluppo di strumenti informatici innovativi, di supporto a questo modello
organizzativo. Tali esigenze, nell’ambito dei sistemi informativi, trovano soluzione nei modelli
architetturali basati sul paradigma SOA (Service-Oriented Architecture), ossia“un paradigma per
l'organizzazione e l'utilizzazione delle risorse distribuite che possono essere sotto il controllo di domini di proprietà
differenti. Fornisce un mezzo uniforme per offrire, scoprire, interagire ed usare le capacità di produrre gli effetti voluti
consistentemente con presupposti e aspettative misurabili”. Grazie alla disponibilità di nuove specifiche
tecnologie informatiche, quali i web-service, evolutesi a seguito dell’enorme espansione - soprattutto in
termini di complessità - dei servizi basati su internet, è oggi possibile progettare e sviluppare
infrastrutture e sistemi informativi che implementano questo paradigma.
Il risultato è la possibilità di adottare soluzioni applicative in grado di accompagnare anche nel tempo lo
sviluppo dei gruppi nell’offerta graduale e trasparente dei servizi ai diversi livelli e di soddisfare
efficacemente ogni debito informativo. Primo fra tutti quello di una prescrizione elettronica (la
Ricetta Elettronica) verso un sistema di order-entry delle strutture sanitarie al fine di facilitare e
migliorare i processi collegati di prenotazione ed accettazione, di erogazione di farmaci e a supporto dei
sistemi di analisi e controllo. La prescrizione elettronica supportata da un Sistema Informativo, in grado
di migliorare qualità e codificazione della diagnosi, garantisce: 1) un buon governo della domanda; 2)
una razionalizzazione dell’impiego delle risorse con contenimento dei costi; 3) la fattibilità di analisi
economiche, epidemiologiche, di processo e di outcome; 4) l’assistenza al cittadino, in particolare, in
condizioni di emergenza – urgenza in qualunque luogo di cura; 5) la rilevazione: a) del tempo di attesa
per la diagnosi e l’ingresso nel percorso; b) del tempo complessivo di attraversamento del percorso.
88
La Medicina di Gruppo di Pianezza conscia dell’importanza del Sistema Informativo per il proprio
sviluppo verso l’aggregazione in Gruppo di Cure Primarie ha iniziato a condurre un’analisi dettagliata e
puntuale dei servizi che intende offrire e dei processi informativi che li sottendono al fine di individuare
i singoli componenti del SI e il loro grado di priorità anche al fine di una ottimizzazione delle risorse
per la loro realizzazione concreta.
Questo sarà il compito che si intende svolgere all’interno del gruppo di lavoro dedicato al Sistema
Informativo che la MdGP avviare con i propri fornitori e con i diversi servizi competenti dell’ASL, del
CISSA, dell’Amministrazione Comunale e della Regione Piemonte al fine di condividere fattibilità,
priorità, integrazione e risorse.
89
Il Sistema Informativo visto dalla Regione
Piemonte
Domenico Nigro - Direzione regionale Sanità Regione Piemonte
Quadro di Riferimento
Approvato con DGR n. 15-8626 del 21/04/08
Obiettivo strategico di SIRSE
“Il documento “Programma SIRSE” deve essere inteso quale strumento di accompagnamento e
rafforzamento del Piano Socio Sanitario regionale 2007-2010, approvato dal Consiglio regionale il 24
ottobre 2007, che prevede espressamente un modello di “sanità in rete” che vede le tecnologie ICT
come fattore chiave per la realizzazione, tenuto conto degli investimenti già realizzati e delle
infrastrutture già operative, di una piattaforma di salute-assistenza integrata che possa costituire un
elemento abilitante e di supporto per migliorare l’efficacia del Sistema Sanitario Regionale,
garantendone la sostenibilità economica, consentire l’implementazione di nuovi modelli assistenziali,
facilitare l’accesso e la fruizione dei servizi sanitari da parte del cittadino.” (estratto della DGR n. 15-8626
del 21/04/08)
Articolazione di SIRSE
Il “Programma SIRSE” individua la strategia di evoluzione del Sistema Informativo Sanitario
regionale attraverso le iniziative progettuali riassumibili in quattro grandi aree:
• servizi di connettività
• servizi infrastrutturali di base e di integrazione applicativa
• servizi di utilità generale
• servizi applicativi.
Architettura del Sistema
La Piattaforma di realizzazione del SIRSE prevede la definizione di una architettura aperta di sanità
elettronica di tipo SOA (Service Oriented Architecture) basata sul Reference Information Model (RIM)
HL7[l’HL7 è la più grande organizzazione mondiale di standard informatici in sanità, presente in oltre 40 paesi, tra
cui l’Italia. La versione 3.0 è stata adottata per l’Infrastruttura di Base della Sanità Elettronica emanata dal Tavolo di
Sanità Elettronica] V. 3. Da un punto di vista architetturale sono previsti cinque differenti livelli logici:
90
Il Dominio Regione Piemonte
Il Dominio delle Aziende Sanitarie
Il Dominio Gruppi di Cure Primarie
In questo contesto i sistemi informativi devono consentire l’organizzazione dei dati dei pazienti e
della popolazione per facilitare un’assistenza efficiente ed efficace e quindi devono supportare:
91
•
•
•
•
l’identificazione dei sotto-gruppi di popolazione per organizzare un’assistenza proattiva;
la pianificazione e personalizzazione dell’assistenza;
la condivisione delle informazioni con i pazienti e gli erogatori di cure per organizzare
l’assistenza;
il monitoraggio della performance dei team e del sistema complessivo.
Questo dominio è logicamente e gerarchicamente collegato a quello delle Aziende Sanitarie Locali, di
cui condivide i primi due livelli architetturali. Si descrive pertanto soltanto il livello sistemi applicativi
che costituisce una estensione di quello delle ASL.
Sistemi applicativi
Il terzo livello di SIRSE per i Gruppi di Cure Primarie è formato da due tipologie di sistemi
applicativi. Questi sono formati da più componenti applicative che possiedono proprie interfacce
utente ed espongono servizi applicativi di tipo web services. I sistemi comunicano all’esterno
attraverso il middleware ed una porta di dominio coerente con il modello SPC Coop (Sistema Pubblico
di Connettività e Cooperazione: architettura dei servizi di cooperazione applicativa che impiega componenti tecnologici ed
organizzativi disegnati dal CNIPA -Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione- in aderenza
agli standard internazionali della SOA -Service Oriented Architecture).
Il terzo livello di SIRSE nel dominio GCP: In questo livello sono collocati i sistemi ed i servizi applicativi
aziendali che formano l’infrastruttura applicativa dei Gruppi di Cure Primarie.
Cartella Clinica Informatizzata
SIRSE prevede l’integrazione delle più diffuse cartelle cliniche informatizzate per la medicina
generale. Queste, grazie al supporto della medicina di gruppo o in rete, gestiscono gli assistiti e
consentono l’emissione di prescrizioni (ricette).
Sistema Informativo per la Medicina di Iniziativa - Care Management
Il sistema informativo per la medicina di iniziativa è rivolto alla prevenzione primaria ed alla gestione
dei pazienti cronici seguiti con un modello di care management. Il sistema deve includere le seguenti
funzioni:
• Definizione piani di prevenzione e di care management
• Selezione e reclutamento pazienti
• Pianificazione interventi – liste di lavoro
• Registrazione interventi
• Registrazione parametri sanitari
• Analisi e valutazione risultati
• Integrazione con il sistema di continuità assistenziale
Il Dominio Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta
Il ruolo degli MMG/PLS deve essere supportato da strumenti gestionali da usare all’interno dello
studio quali:
• cartella clinica informatizzata;
92
•
•
•
•
•
sistemi telematici per la condivisione dei dati clinici dei propri pazienti con i servizi di Pronto
Soccorso, Continuità assistenziale, Specialisti, Operatori sanitari delle unità operative delle cure
domiciliari;
sistemi telematici per lo scambio di dati clinici tra MMG/PLS ed i servizi aziendali;
ritorno dei referti di laboratorio direttamente nella cartella clinica del medico, la comunicazione
delle variazioni di scelta/revoca degli assistiti;
trasmissione della lettera di dimissione ospedaliera;
comunicazione delle vaccinazioni effettuate al paziente.
A differenza dei Gruppi di Cure Primarie, che sono considerati nel progetto SIRSE come
un’estensione logica del dominio delle Aziende Sanitarie Locali e Ospedaliere, per i medici di medicina
generale ed i pediatri di libera scelta è prevista una piattaforma molto leggera composta da una cartella
clinica informatizzata e una semplice infrastruttura di connessione Internet a banda larga con
l’implementazione di una rete privata virtuale (VPN) per la trasmissione sicura dei dati.
In particolare, il progetto di collegamento dei MMG e dei PLS prevede i seguenti obiettivi:
• favorire l’integrazione tra MMG/PLS con la continuità assistenziale, con il PS, con gli specialisti,
con l’ospedale, con gli infermieri del territorio facilitando così il processo di cura;
• fornire le informazioni sui bisogni di salute, patologie e fragilità, necessarie per la
programmazione territoriale;
• investire in prevenzione;
• prenotare le prestazioni anche tramite la segreteria dei MMG/PLS, mediante il collegamento
informativo indiretto al sistema CUP, attraverso le singole cartelle cliniche;
• prescrivere elettronicamente le prestazioni ed i farmaci.
Piano operativo per l’attuazione di SIRSE
La Giunta Regionale ha affidato all’A.Re.S.S. l’incarico di predisporre il piano operativo in cui
verranno identificate le azioni da porre in atto, organizzate per linee strategiche di intervento, con
l’obiettivo di:
• rendere esplicite le regole di governo e di governance del sistema con i soggetti interessati quali le
Direzioni Regionali, le Aziende sanitarie regionali, le Agenzie ed altri organismi attuatori su
materie specifiche;
• sulla base degli obiettivi e linee di indirizzo posti dal documento “Programma SIRSE”, definire la
politica regionale sul tema della sanità elettronica in termini di obiettivi raggiungibili in base alle
risorse economiche rese disponibili;
• predisporre il piano operativo degli interventi progettuali quantificando le risorse economiche
necessarie per la sua attuazione ed individuandone le fonti e le modalità di finanziamento;
• definire gli strumenti per assicurare il governo strategico ed operativo relativo alla realizzazione e
messa in esercizio del piano operativo stesso.
Realizzazione del Piano Operativo
Il Piano Operativo verrà predisposto dall’A.Re.S.S. sulla base delle indicazioni fornite dal Gruppo di
Lavoro all’uopo costituito presso l’ A.Re.S.S. stessa e di cui fanno parte:
• le Direzioni regionali Sanità e Innovazione, Ricerca ed Università;
• il CSP-Innovazione nelle ICT;
• il CPO-Piemonte;
• la Rete dei servizi sovrazonali di epidemiologia;
• il CSI Piemonte.
93
Attività Gruppo di lavoro SIRSE
Effettuate:
•
•
definite aree prioritarie di intervento, tra cui la progettazione del sistema Informativo per
l’Assistenza Territoriale;
assegnati ad ogni area dei facilitatori per identificare una componente organizzativa dedicata e le
relative modalità operative, idonea ad assumersi l’onere di definire più nel dettaglio gli aspetti
tecnici e/o funzionali dell’ambito di propria competenza.
In corso:
•
•
le evidenze dell’attività dei facilitatori verranno socializzate e validate nella riunione plenaria del
Gruppo di Lavoro SIRSE, fissata per il 10 giugno p.v. in A.Re.S.S.;
a seguito delle evidenze che emergeranno nella riunione plenaria del 10 giugno p.v., l’A.Re.S.S.
formalizzerà, con apposito atto deliberativo, i Sottogruppi di Lavoro che potranno così entrare
ufficialmente in operatività
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Il Sistema Informativo visto dall’ASLTo3
Duccio Michelin Salomon - Dirigente Responsabile S.C. Sistema Informatico ASL To3
GCP nuovi scenari
•
•
•
•
•
•
•
Continuità nel processo di cura
Integrazione con servizi ospedalieri
Assistenza domiciliare programmata e integrata con i servizi sociali
Attività di prevenzione
Ottimizzazione delle risorse
Nuovi modelli gestionali (workflow)
Integrazione dei processi
Supporto informatico / informativo
•
•
•
Esistono le tecnologie
Adeguamenti strutturali
Flessibilità e adattabilità
Architettura sist. inf. clinico sanitario
Modalità d’integrazione
WEB Services
•
•
•
Interfaccia software di interazione
Messaggi (HL7 v.3)
HTTP XML/SOAP
Integrazione applicativa
•
•
•
Unica interfaccia
Interfacce incapsulate
Collegamento mediante link
95
Motori d’integrazione applicativa EAI
La tecnologia - logica
La tecnologia - fisica
Il contesto
•
•
•
•
•
•
•
70 strutture sanitarie
500 MMG e PLS
8 presidi
Visione generale a livello aziendale
Strategie e piani allineati con le esigenze espresse dai GCP
Massima disponibilità e collaborazione
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La gestione del cambiamento
•
•
•
•
•
•
•
Può essere un’opportunità
Perseguire l’innovazione
Le soluzioni tecnologiche prodotti / servizi
Il mantenimento, l’evoluzione
Sinergie con enti / società
Il mercato
Il ruolo della Regione
97
Il Sistema Informativo visto dai Consulenti della
MdGP
Il Sistema Informativo dell’Unità di Medicina Generale
Luca Ferraris, NASH Consulenza Informatica
Il contributo di Nash, in qualità di società di consulenza informatica chiamata a supportare lo sviluppo
ICT della trasformazione intrapresa dalla Medicina di Gruppo di Pianezza verso l’Unità di Medicina
Generale, è stato mostrare come la tecnologia informatica sia oggi matura ed abbia un nome: SOA
(Architettura Orientata ai Servizi). Descrivere come su questa base tecnologica sia possibile fondare in
modo solido un Sistema Informativo duttile e interoperante a crescita modulare in grado di non solo di
sostenere ma anche alimentare il progetto di trasformazione della Medicina di Gruppo.
SOA
L’acronimo SOA in Italiano è facilmente traducibile in: Architettura Orientata ai Servizi. Quindi
un’organizzazione dei sistemi informativi (ossia un’architettura), organizzata e focalizzata sul concetto
di servizio. Il significato della parola “servizio” in ambito informatico possiamo parafrasarlo come una
“specifica capacità”, più o meno autosufficiente, fornita da un sistema informativo.
Questa interpretazione però identifica solo una piccola parte del concetto che vuole rappresentare. La
definizione ufficiale recita: “Un paradigma per l'organizzazione e l'utilizzazione delle risorse distribuite che possono
essere sotto il controllo di domini di proprietà differenti. Fornisce un mezzo uniforme per offrire, scoprire, interagire ed
usare le capacità di produrre gli effetti voluti consistentemente con presupposti e aspettative misurabili.”
La possibilità di adottare i concetti SOA è in pratica frutto di una quasi “naturale evoluzione” in più
settori: i linguaggi di programmazione, le architetture delle applicazioni, i protocolli di rete e la
connettività. Bisogna ribadire l’ultimo punto, perché è particolarmente critico nel contesto italiano: una
delle condizioni abilitanti ed allo stesso tempo indispensabili per l’adozione di soluzioni di tipo SOA è
la disponibilità di infrastrutture di rete in grado di dare connessione continua, ad elevata velocità e larga
banda.
La grande novità quindi non è nel concetto di SOA e nei principi che rappresenta, bensì il fatto di poter
disporre oggi di ciò che serve per poterli applicare.
Ma di cosa stiamo parlando? Non è una nuova tecnologia o semplicemente uno standard, leggi: Web
Service ad esempio. E non si traduce in un prodotto di Enterprise Service Bus come sostengono in genere
i produttori di questo tipo di prodotti. Diciamo che è modo di organizzare le cose, ossia un modo di
progettare i sistemi informativi, che include e pone particolare attenzione al modo in cui essi possono
interagire.
Oggi con l’adozione di soluzioni SOA si può certamente dire che si ha l’opportunità di fornire servizi
con un approccio nuovo, ma la novità di fatto riguarda solo i sistemi informativi, perché questo
approccio innovativo, in pratica, non fa che replicare il modo in cui le persone normalmente si
organizzano … in assenza dei computer !
Vediamo un esempio.
Prendiamo un Medico, ossia prendiamo la sua Capacità Professionale e mettiamola a disposizione dei
Pazienti tramite l’accesso ad una certa struttura. Semplificando molto, diciamo che potrebbe non servire
altro per fornire un servizio di tipo “Studio Medico”. Aggiungiamo le Capacità Professionali di un
Infermiere e di un Segretario. Ognuno di essi al di fuori del contesto dello Studio Medico è in grado di
fornire servizi utili specifici e indipendenti. Se inseriti nel contesto di uno stesso Studio Medico questi
professionisti, collaborando, hanno la possibilità di fornire nuovi tipi di servizio come ad esempio
costituire un Ambulatorio Orientato ai Problemi. Fondamentalmente si tratta di un problema di
organizzazione e di Ruoli.
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In pratica, se si parla di persone, definire un Servizio, significa identificare dei Ruoli ed il modo in cui
interagiscono. Per realizzare il Servizio si cercano (o creano) persone con le Capacità Professionali per
ricoprirli. Le capacità professionali o esistono o devono essere create. I servizi erogabili si ottengono
dall’interazione delle competenze professionali e dalla loro presentazione agli utenti in modo
coordinato e controllato.
Ma cosa succederebbe se il Segretario fosse Spagnolo, il Medico Indiano e l’Infermiere Cinese?
In ogni caso ciascuno di loro sarebbe in grado di fornire un Servizio impeccabile all’utenza che parla la
stessa lingua, ma sarebbe un grosso problema voler fornire un servizio che coinvolge le tre competenze
contemporaneamente. La soluzione ovvia quando si parla di persone è che per lavorare insieme si deve
conoscere una lingua comune.
Tutto ciò è molto meno ovvio quando le capacità professionali in gioco non sono quelle delle persone
ma quelle dei computer. La logica a cui ci hanno assuefatto i Personal Computer e che per fare una
cerca attività, serve un certo programma; ed ovviamente per fare un’altra attività, serve un altro
programma. Ma soprattutto ci hanno abituato a non stupirci se l’informazione che diamo ad uno, non è
utilizzabile dall’altro. Con l’esplosione di internet e delle reti aziendali, i programmi che forniscono
servizi sono diventati in grado di interagire anche con migliaia di utenze contemporaneamente, purché
siano persone.
In sostanza, per colpa dei sistemi informativi che abbiamo usato fino ad oggi, ci sembra ovvio che se lo
Studio Medico vuole organizzarsi in Ambulatorio Orientato ai Problemi l’unica soluzione è procurarsi
uno specifico programma. Ma soprattutto che questo programma non sia in grado di usare nulla di tutta
la mole di informazioni già all’interno degli altri programmi.
Cosa deve cambiare?
Deve cambiare prima di tutto la mentalità di chi produce il software. Le specifiche SOA descrivono
tutto ciò che serve agli analisti, progettisti e sviluppatori per poter realizzare applicazioni pensate fin da
subito per poter interagire con altre applicazioni. Sistemi in grado di delegare ad altri Sistemi le attività e
le competenze sulle problematiche che non costituiscono il focus del servizio che erogano ed a loro
volta in grado di fornire le proprie capacità ad altri Sistemi. A questo punto quello che era la creazione
di una nuova applicazione diventa sostanzialmente la creazione di una specifica interfaccia utente,
organizzata al fine di fornire una specifica modalità di accesso a tutti i servizi di base necessari al ruolo
che dovrà utilizzarla. Se cambia il Ruolo allora cambia l’interfaccia, ma i servizi a disposizione sono gli
stessi, e quindi possono condividere sia le funzioni, sia i dati.
Ma dal punto di vista dell’utente la novità che davvero può cambiare il suo modo di lavorare e
migliorare la qualità dei risultati che può produrre, è ciò che deriva dalla possibilità di delocalizzare i
servizi che contribuiscono al funzionamento del proprio sistema informativo. Immaginiamo, ad
esempio, di poter “estrarre” un servizio come la gestione Anagrafica dei Pazienti dall’interno del
Sistema Informativo dello Studio Medico per metterlo a disposizione di un altro Sistema. Questo
sistema potrebbe essere un Portale attraverso il quale gli stessi Pazienti possono aggiornare le proprie
anagrafiche. Lo stesso servizio potrebbe anche interagire o essere sostituito con un suo equivalente
fornito da qualche altro Ente.
Generalizzando al massimo possiamo arrivare ad immaginare un Sistema Informativo completamente
delocalizzato. Un Sistema nel quale non è significativo conoscere dove sono e da chi fisicamente sono
erogati i singoli servizi ed i relativi dati. Dove quello che conta è identificare i Ruoli, per poter definire a
chi dare il diritto di vedere e/o modificare i dati tramite l’accesso controllato alle funzionalità che
compongono i vari servizi.
Il progetto di Sistema Informativo per l’UMG
Il progetto in questione è la definizione di un Sistema Informativo pensato fin dall’inizio nel rispetto
delle indicazioni del paradigma SOA, volto a fornire il necessario supporto alle attività delle UMG.
La contemporanea richiesta di estensione temporale del tradizionale servizio “on demand” ed i nuovi
servizi di “medicina di popolazione” richiedono ai MMG/PLS di aggregarsi in gruppi di lavoro che
comprendono nuove professionalità, segretarie, infermiere ed altre ancora, dando così vita a veri gruppi
multidisciplinari e multiprofessionali.
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Le diverse figure presenti in questi nuovi gruppi, poiché si trovano a fornire servizi disciplinari
differenti per singoli aspetti di un unico problema di salute affrontato on demand o in ambulatori orientati al
problema, devono poter condividere strutture, strategie, processi e obiettivi nel rispondere, per quanto di
propria competenza, alla specifica domanda di salute lavorando in modo parallelo e ben coordinato,
anche quando il processo lavorativo richieda di essere svolto in modo fisicamente e/o temporalmente
non collegato o non consequenziale.
Questo è possibile se la figura professionale incaricata di valutare la condizione al fine di prendere una
decisione è in possesso di tutte le informazioni necessarie e pertinenti (dunque anche quelle generate
dagli altri membri del team) e di tutti gli strumenti efficaci ed efficienti per rendere operative le decisioni
proprie (e quelle dei colleghi) nei tempi previsti dal programma comune di lavoro per quella tipologia di
problema.
La soluzione proposta si pone, quindi, l’obiettivo di mettere a disposizione dell’UMG un sistema
informativo ed un’architettura informatica adeguata, che abbia le stesse caratteristiche di flessibilità e
complementarietà del gruppo di lavoro e che fornisca loro la possibilità di utilizzare soluzioni
applicative in grado di accompagnare, anche nel tempo, lo sviluppo della stessa UMG nell’offerta
graduale e trasparente dei servizi ai diversi livelli e di soddisfare efficacemente ogni debito informativo.
Il Sistema Informativo
Il sistema è composto di moduli applicativi che consistono in:
o servizi trasversali : Portale e Piattaforma di Interoperabililtà;
o componenti verticali:
• Gestione Visite
o Agende Visite
o Gestione Prenotazioni
o Gestione Accessi UMG
• Patient Relationship Manager (PRM)
o Gestione Processi AOP
o Modello SOVP
o Stratificazione del Rischio
• Prescrizione Elettronica
• Anagrafiche
• FSE e Repository HL7
• Telemonitoraggio (es. TAO, tele-cardiologia, tele-monitoraggio, tele-assistenza … )
• DSS Clinico
• Cruscotto clinico
Le componenti sopra elencate, operano tra loro in un sistema globale, integrato e finalizzato alla
gestione/monitoraggio del processo di cura a supporto di tutti gli attori che costituiscono l’Unità di
Medicina Generale (medico, infermiere, segretario, paziente, specialista, etc.).
Si accede al sistema tramite il Portale, che rappresenta la “porta di ingresso” per tutti gli utenti
riconosciuti e muniti di credenziali autorizzative. I servizi messi a disposizione riguardano l’intero
scenario della “Medicina di Gruppo” finalizzati alla consultazione o alla conduzione dell’intero
processo di cura in tutte le sue fasi: di valutazione, di intervento, di richiamo periodico, di
monitoraggio, prescrizione ed, eventualmente, di riavvio ciclico del processo.
Il Portale della UMG comprende una sezione ad accesso libero (non autenticato) organizzato per
esporre contenuti come: indirizzo e descrizione delle caratteristiche/funzioni/medici residenti di ogni
Sede; dati in tempo reale come la presenza del Medico in sede ed i tempi di attesa previsti per i vari tipi
di servizio; documentazione scaricabile.
La componente, “Gestione delle Visite”, risolve la gestione “amministrativa” del processo che riguarda,
in particolare, la definizione gli appuntamenti tramite il servizio di prenotazione, la gestione degli
appuntamenti sulle diverse agende gestite (agenda del medico, delle risorse, del paziente), e la gestione
degli accessi alle strutture della UMG.
100
Il PRM fornisce il supporto alla gestione delle funzioni di Ambulatorio on demand e di Ambulatorio
Orientato per problema (AmO), permettendo ai medici dell’UMG di definire anche i protocolli (ossia
processi) di visite periodiche, per poi fornire il supporto all’interazione che si viene a creare tra gli attori
coinvolti, ad esempio tra medico, infermiere e paziente. Supporto che si concretizza ad esempio nel
suggerire le tempistiche per gli appuntamenti e nel richiedere l’acquisizione di specifici valori. In tal
senso il PRM offre tutte le funzionalità necessarie per svolgere la visita. La raccolta dei dati clinici
(problema, accertamento, terapia, etc.) si svolge attraverso l’utilizzo del modello SOVP. La gestione
della “Stratificazione del Rischio” permette, sulla base di “valori sentinella”, di trasmettere in
automatico messaggi di avviso al medico.
La prescrizione elettronica supportata dal sistema UMG, assicura: un buon governo della domanda; una
razionalizzazione dell’impiego delle risorse con contenimento dei costi; la fattibilità di analisi
economiche, epidemiologiche, di processo e di outcome; l’assistenza al cittadino, in particolare, in
condizioni di emergenza - urgenza in qualunque luogo di cura; la rilevazione del tempo di attesa e del
tempo complessivo di attraversamento del percorso.
Tutte le informazioni prodotte dal sistema UMG (dati anagrafici del paziente, dati clinici, dati
amministrativi, referti, protocolli, bioimmagini, dati di sintesi presenti nella Scheda FSE, etc.) e/o le
informazioni prelevate dai sistemi di Enti esterni (ASL, Regione, etc.) tramite i servizi di
Interoperabilità, sono memorizzate nei “Repository HL7-DICOM-Documentale”.
I moduli che compongono il PRM, cooperano e sfruttano i servizi offerti dalle ulteriori componenti
“verticali” che completano il sistema globale. In particolare:
o il “DSS Clinico”, ovvero, il sistema software verticale che mette a disposizione del “decisore”, una
serie di funzionalità di analisi dei dati e utilizzo di modelli in maniera interattiva ed estremamente
semplice, allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia del processo decisionale;
o i sistemi di Telemedicina che racchiudono le funzionalità e gli strumenti volte a supportare il
monitoraggio ambulatoriale e domiciliare dei pazienti dell’UMG;
Il sistema di “Gestione del Cruscotto Clinico” permette di consultare, velocemente e facilmente, le
informazioni che rappresentano l’elemento di primaria importanza, ovvero il patrimonio informativo di
ciascuna UMG.
Creazione di una rete integrata per dei MMG organizzati in
medicina di Gruppo
Sigfrido Maina, CEO Net-@-Work
Lo scopo di questa breve presentazione è di illustrare come lo Studio Medico Associato, tramite
l'adozione di strumenti informatici di ultima generazione, si sia dotato di una rete di collegamento tra le
sue sedi che permette lo scambio dei dati tra le varie sedi e la centralizzazione dei processi informativi
relativi all'attività svolta.
Le esigenze espresse erano:
• Creare una rete rapida e sicura tra le sedi dai costi contenuti
• Gestire la rete in modo centralizzato e con il minimo impatto per gli utenti (i medici)
• Proteggere i dati da Virus, Spyware, Malware ed intrusioni non autorizzate
• Creare l'infrastruttura per future implementazioni quali
- L'unificazione dei database e degli applicativi
- Garantire la circolarità del dato (accesso alle informazioni da Internet)
- Creare un sistema di agende e calendari condivisi
- L'accesso alla rete da Casa o tramite Palmari o telefonini di ultima generazione
- Fornire servizi on-line ai pazienti
• Poter gestire collegamenti dalla rete verso altre strutture mediche o ospedaliere per scambio di
dati
• Fornire strumenti di autenticazione on-line per l'accesso controllato da parte delle utenze
(pazienti) es. ai propri dati clinici o per prenotazioni
101
Net at Work, in qualità di partner Check Point, leader mondiale nel campo della sicurezza informatica,
ha proposto e successivamente implementato (il sistema è già pienamente funzionante da Marzo 2008)
il servizio SMS (Security Management System); il servizio consiste nell'installazione in ogni sede di un
Firewall (su linea dedicata ADSL) e della configurazione su Server situati in Internet Data Center del
prodotto Security Management Portal (SMP).
Tramite SMP è possibile configurare e gestire da remoto i Firewall delle varie sedi, modificando a
seconda delle esigenze i permessi di accesso da e verso la rete. In ogni singola sede, inoltre, ogni
messaggio di email viene monitorato per verificare l'eventuale presenza di Virus o Spyware, bloccando
alla fonte la possibile minaccia per la rete stessa.
Il traffico tra le sedi viene costantemente monitorato impedendo l'accesso a siti pericolosi, a software di
peer-to-peer, etc..
Questo per garantire la massima efficienza della rete e limitare il traffico all'effettivo utilizzo
professionale.
La rete così configurata è quindi protetta da minacce informatiche di qualsivoglia natura, è gestibile
centralmente, e consente il tempestivo intervento per correggere anomalie o per assistenza agli utenti.
La scalabilità della rete è garantita: in qualsiasi momento è possibile aprire un collegamento con un altra
sede, con una struttura di supporto, con un unità ospedalera etc..
Le future implementazioni di cui sopra potranno accrescere significativamente l'organizzazione dello
Studio, e forniranno strumenti per accrescerne la capacità di recepire le esigenze dei pazienti e fornire
servizi quali la telediagnosi, l'assistenza remota, le prenotazioni on-line etc..
L’ICT a supporto dei Gruppi di Cure Primarie
Alessandro Dotti, TelecomItalia
Lo scenario
Il progetto e-Health di Telecom Italia, nasce da un’analisi approfondita su come la Sanità si sia
evoluta negli ultimi anni e come questa evoluzione sia stata abilitata delle tecnologie ICT, al fine di
migliorare i percorsi di cura e l’assistenza verso il cittadino. In particolare si sono delineati 3 trend
demografici e sociali che negli ultimi decenni hanno notevolmente inciso sull’erogazione, continuità e
sicurezza della Sanità:
1. La popolazione sta invecchiando: l’età media nel 2025 sarà di 56,3 anni contro i 42 attuali,
il 25% della popolazione sarà over-65 e aumenterà di conseguenza la domanda di cure
mediche
2. La cultura medica di base si sta diffondendo sempre di più: i cittadini sono più inclini
ad adottare stili di vita orientati al benessere e alla cura del corpo, e si assiste ad un maggior
ricorso alla diagnostica come strumento di prevenzione.
3. I percorsi di cura diventano sempre più articolati e sofisticati, uscendo dalle tradizionali
strutture ospedaliere per spostarsi sul territorio, orientandosi verso forme di cura alternative,
come i centri SPA o i massaggi fisioterapici.
Questi trend hanno contribuito a far crescere i costi associati alla Salute in Italia fino a livelli che,
senza significativi interventi correttivi, possono portare il sistema a livelli di insostenibilità. In
particolare si stima che, in assenza di interventi decisi, la Spesa Sanitaria possa salire dal 8.8% di oggi,
all’11.5% nel 2025, determinando un circolo vizioso caratterizzato da alti costi e bassa qualità dei servizi
erogati, senza tener conto delle conseguenti spese indirette legate al sociale, a carico delle istituzioni
pubbliche e dei cittadini. Inoltre, il costante aumento della domanda di servizi per la cura di malati
cronici, rispetto a quelli acuti, ha provocato oggi un forte sbilanciamento tra la domanda (sempre più
spostata a livello territoriale) e l’offerta di servizi (ancora molto concentrata a livello ospedaliero), che
diventa ancora più accentuato, se non si intraprendono misure correttive soprattutto a livello
territoriale.
I Gruppi di Cure Primarie, in questo senso, giocano un ruolo fondamentale all’interno del SSN. In
quanto primo punto di contatto con il paziente, costituiscono il punto di accesso della rete integrata di
assistenza socio sanitaria rapportandosi con il distretto, l’ospedale e gli altri punti della rete. Gestiscono
102
l’accesso del cittadino al SS (CUP), curano le campagne di prevenzione, erogano le cure primarie e
definiscono i percorsi assistenziali integrati per il controllo delle patologie croniche. A livello nazionale,
tutte le azioni di ammodernamento del SSN (Tessera sanitaria, NSIS, Progetto Mattoni) pongono come
requisito fondamentale la disponibilità del dato, affidabile e tempestivo, onnicomprensivo
dell’andamento economico (per controllare l’andamento della spesa) e organizzativo (per verificare
l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza - LEA) del sistema sanitario di ogni regione. Se
opportunamente supportati da tecnologie e strumenti informatici ad oggi già disponibili sul mercato, i
nuclei di cure primarie risulteranno fondamentali nel processo di implementazione regionale delle linee
guida divulgate a livello nazionale.
La strategia di Telecom Italia
Considerato lo scenario appena delineato, l’obiettivo primario di Telecom Italia e’ di contribuire al
salto di qualità necessario accompagnando le istituzioni e le strutture in questo cambiamento. La
strategia eHealth si innesta in uno scenario di forte rinnovamento delle infrastrutture tecnologiche del
Sistema Paese innescato dal piano di sviluppo a completamento dell’infrastruttura di Rete di Telecom
Italia (Next Generation Network 2) che, peraltro, secondo il Protocollo d’Intesa siglato il 21 giugno
2006 tra regione Piemonte e Telecom Italia,, porterà in Piemonte entro il 2009 l’estensione della Larga
Banda sino ad almeno il 96% della sua popolazione telefonica. Questo e’ primario fattore abilitante del
cuore della strategia eHealth di Telecom Italia: la eHealth Connecting Platform (eHCP). E’ una
piattaforma ICT che prevede una soluzione integrata in grado di garantire l’integrazione dei dati,
l’allineamento in real time e l’interoperabilità evoluta tra le diverse tipologie di soggetti pubblici e privati
(Strutture Sanitarie, MMG, Farmacie, Enti Finanziatori, Cittadini). La piattaforma, modulare e scalabile,
e’ implementabile su diversi livelli, rispondendo alle esigenze di disponibilità del dato sia a livello
centrale regionale che a livello territoriale. La sua Value Proposition si fonda sulla certezza
dell’abbinamento Dati-Assistito, la tempestività delle informazioni, la circolazione dei dati, la
compatibilità con le risorse economiche per l’aggregazione dei dati di costo e la valutazione delle
azioni di governace sulla spesa e la Torre di controllo per la gestione dei dati attraverso un motore a
regole personalizzabile.
Grazie alla eHCP, il SSN potrà intervenire per incidere non solo sui livelli di efficienza, ma anche a
livello strutturale, affiancando all’ottimizzazione ospedaliera lo sviluppo di una rete di assistenza
territoriale efficiente facendo leva sulle potenzialità innovative della telemedicina per abilitare una cura
“equilibrata” dei cronici e delle categorie fragili. Tale ribilanciamento ospedale-territorio si traduce in
una riorganizzazione della rete dei medici di medicina generale, nell’integrazione tra cure primarie,
servizi di emergenza e di pronto soccorso, cure ospedaliere, assistenza domiciliare e servizi sociali.
E’ chiaro che a questo punto l’ICT entra in gioco come elemento abilitante per il raggiungimento dei
punti elencati. In pratica, i modelli funzionali di successo cui Telecom Italia fa riferimento sono già
presenti e molto diffusi in altri settori, basti pensare al TELEPASS e al BANCOMAT ed alla necessità
in tali contesti di riservatezza dei dati, molteplicità di operatori ed applicazioni, interoperabilità,
riconoscimento univoco, grande copertura di territorio. Declinato in ambito sanitario, il “Telepass”
della sanità garantirà:
Condivisione di cartelle cliniche: Condivisione dinamica di informazioni sanitarie, cartelle
cliniche elettroniche, tracciati diagnostici, ecc.
Gestione dell’operatività: gestione delle attività del personale della struttura quale ad esempio
agende, organizzazione piani di cura e medicazioni pazienti sul territorio.
Telemonitoraggio: tempestività nelle diagnosi e nelle indicazioni terapeutiche di cittadini
distanti dalle strutture o impossibilitati a muoversi dalla propria abitazione.
Teleassistenza e Telesorveglianza: assistenza ai malati cronici, anziani o comunque “fragili”
Teleconsulto: Tra territorio e medico in ospedale o struttura sanitaria
Telesoccorso e gestione delle chiamate di emergenza sul territorio.
Prevenzione: Strumenti per la promozione dell’auto controllo della salute dei cittadini.
Per un miglioramento della qualità di vita dei pazienti ed una riduzione dei costi per le strutture
sanitarie, attraverso la riduzione del numero di ricoveri.
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Uno scenario possibile
I punti sopra elencati, se integrati, offrono scenari estremamente interessanti rivolti ad una più
efficiente operatività dei Gruppi di Cure Primarie, per il controllo ed il supporto a distanza dei pazienti,
il monitoraggio dei parametri fisiologici da remoto dei pazienti e per controllare l’effettiva efficacia delle
terapie, anche da remoto.
Si pensi ad esempio alle potenzialità di un medico di medicina generale integrato nella rete sanitaria,
dotato di una stazione di lavoro integrata e completa (Point of Care) costituita da un PC con
videocamera, microfono e stampante, connessione in rete a larga banda, strumenti per la diagnostica
cardiologica, analizzatori per parametri clinici di emergenza, eventualmente un defibrillatore. Il Medico
attraverso il Point-of-Care potrebbe gestire in forma elettronica la cartella clinica e il libretto sanitario
elettronico dell’assistito (integrandoli a sistema con la descrizione della terapia in atto e notizie
anamnestiche), eseguire analisi chimico cliniche, essere connesso in rete tramite un Centro Servizi
Tecnologico (CTS) a Centri di Eccellenza, altri medici di Medicina Generale, banche dati (es. Medline,),
Help Desk, per il supporto della “second opinion”. E sarebbe proprio la "second opinion" a legare ancora
di più le strutture ospedaliere agli ambulatori MMG che vanno così ad avvicinarsi sempre di più al
territorio.
E attraverso servizi integrati di telemonitoraggio e teleassistenza domiciliare, la casa del paziente
diventa una postazione domiciliare di Telemedicina, dotata non solo di semplici dispositivi di
rilevazione portatili e senza fili, per la rilevazione dei parametri fisiologici utili al controllo della terapia,
inviati automaticamente al Point of Care via Larga Banda o rete cellulare, ma anche di telecamere, sensori
ambientali di temperatura, umidità, luminosità etc per analizzare il paziente anche da postazione remota
sia in modalità indoor che outdoor. Il paziente sarebbe potenzialmente monitorabile a 360 gradi.
Infine, sulla base della rete sanitaria territoriale che si prefigura, sistemi IVR (Interactive Voice Response)
integrati a piattaforme di riconoscimento vocale di cui Loquendo, azienda del Gruppo Telecom
Italia e’ leader di mercato, offrirebbero una gestione automatizzata ed evoluta dell’interfaccia NCP –
cittadino. I benefici che scaturiscono dall’utilizzo di Contact Center evoluti sono molteplici:
Richieste vocali per prenotazione visite o consulti specialistici automaticamente smistate al
Medico del paziente, secondo l’agenda MMG integrata della rete, allo scopo di ridurre le liste
d’attesa.
Gestione delle campagne di cura o prevenzione attraverso l’invio multiplo di sms o messaggi
vocali, in concomitanza con ondate di calore o prestazioni stagionali, ad esempio.
Servizi di remind con messaggistica vocale legati ai servizi di telemonitoraggio, a supporto del
controllo della terapia dei malati cronici.
Quello appena delineato e’ uno scenario ambizioso ma assolutamente attuabile. Ovviamente la
tecnologia in quanto tale non è sufficiente. Occorre prevedere un diverso modello organizzativo, che
coinvolga tutti gli attori in gioco e che, soprattutto, affronti e risolva i problemi legati alla responsabilità
delle decisioni prese (es. diagnosi fatte in remoto) e preveda, ad esempio, il rimborso sul DRG per i
giorni di degenza a casa del paziente gestiti con strumenti telemedicali. Soltanto in questo modo
l’innovazione tecnologica farà decollare i servizi ed i benefici incontestabili per il Sistema Sanitario.
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Accountability & Quality per il Servizio Sanitario
Regionale
Maria Rita Cavallo
Rappresentante della Direzione del Sistema di Gestione per la Qualità ed il Rischio clinico dell’ ASL TO3
Gli obiettivi strategici del servizio sanitario regionale
Gli obiettivi sono :
• Migliorare lo stato di salute della popolazione
• Garantire una buona qualità di vita e la dignità della persona in tutte le situazioni
Accountability: dovere di rendicontare ciò che si è fatto a chi ci ha dato l’incarico e/o ci paga lo
stipendio e/o ci ha messo a disposizione risorse
Quality: fare bene le cose giuste
Il Piano socio sanitario regionale 2007-2010
Il Piano prevede:
• Forme di organizzazione dell’assistenza territoriale per realizzare la continuità delle cure
sviluppando connessioni e modalità di relazione con l’ospedale
• Una Rete di servizi per fornire ai cittadini una più continua responsabile e completa presa in
carico nei diversi luoghi di cura e promuovere salute. Presupposto di questa rete è il
DISTRETTO che deve svolgere funzione di stimolo, regolazione, controllo, monitoraggio delle
relazioni che intervengono tra i vari nodi della rete assistenziale
Integrazione e strumenti di Clinical Governance
Questa integrazione fra i vari nodi della rete assistenziale si realizza attraverso uno strumento della
clinical governance: i percorsi assistenziali o meglio i percorsi di salute.
Il GCP è una forma organizzata, operativa che assicura relazioni strutturate sulla base di percorsi
concordati e condivisi attraverso un modello flessibile ed adattabile alle esigenze peculiari del bacino di
riferimento ed attenta ad aspetti di accountability e qualità.
Una rete sanitaria attenta alla qualità e all’accountability ha come fulcro il governo clinico.
Il Governo clinico può essere definito “l’insieme degli strumenti con i quali l’organizzazione assicura
l’erogazione di assistenza sanitaria di alta qualità, responsabilizzando i professionisti sanitari sulla definizione, il
mantenimento e il monitoraggio di livelli ottimali di assistenza.”
Tra gli strumenti per realizzare il Governo Clinico : i percorsi assistenziali.
I percorsi assistenziali rappresentano il percorso che il cittadino compie nel sistema sanitario, attraverso
i servizi messi a disposizione, come il continuum assistenziale per risolvere il proprio bisogno di salute.
I percorsi assistenziali riguardano aspetti sia clinici, sociali e organizzativo gestionali.
Modificato da R. Russo da: J. Ovretveit, La qualità nel servizio sanitario, EdiSES, 1996
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Gestire la cronicità
I percorsi assistenziali sono una componente fondamentale del Chronic Care Model.
È infatti ampiamente dimostrato che la cronicità è caratterizzata da alcune necessità:
• multidisciplinarietà
• continua aderenza alla terapia nel lungo periodo
• diversi livelli di intervento sanitario integrati tra loro
• modelli sanitari complessi ed integrati che prevedono sistemi di controllo interni ed esterni
Definire un percorso significa applicare in un ciclo continuo uno degli strumenti cardine della Qualità
il ciclo del PDCA.
Nell’implementazione di un percorso infatti si pianifica non solo le attività per ogni livello di erogazione
(ospedale territorio MMG) secondo linee guida validate, ma soprattutto si definiscono con chiarezza i
rapporti tra i diversi livelli e le loro interazioni.
Pianificato il percorso e redatto il documento congiunto i vari livelli concordano nell’applicarlo
misurando i risultati con opportuni indicatori.
Verificati annualmente detti risultati si conferma la pianificazione delle attività o si individuano azioni
correttive o di miglioramento.
Accreditamento Istituzionale
La Regione Piemonte per accreditare le sue strutture pubbliche e private ha recepito in pieno questa
metodologia e ha definito un insieme di requisiti per verificare la qualità del servizio offerto e
l’applicazione dei percorsi assistenziali rispetto a standard prefissati ed evidenze scientifiche di provata
efficacia.
Ciò permette di rendicontare alla collettività sia le attività svolte sia le iniziative poste in essere per il
miglioramento continuo delle prestazioni.
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Accountability & Quality per la SIQuAS-VRQ
Franco Ripa - Direttore S.C. Controllo di Gestione ASL Torino 4 Presidente Regionale SIQuAS-VRQ
Introduzione
Malgrado la diversità di architetture dei sistemi sanitari, il posizionamento delle cure primarie è in
discussione nella maggior parte dei Paesi sviluppati a causa della necessità di sostenere i cambiamenti
nella domanda sanitaria, nella scienza, nelle tecnologie e nelle modalità di consumo (Docteur, 2003). Il
problema si concretizza non tanto nella rilevanza “in se” delle cure primarie, visto che è stato
dimostrato il suo contributo a migliorare outcome di salute a minori costi, bensì l’individuazione di
modelli organizzativi in grado di combinare gli elementi per “assicurare qualità”.
Ad un primo approccio il concetto di Qualità può metaforicamente evocare “l’aria fritta” o “il vaso
vuoto”; è questo il pericolo che si corre quando il percorso che si compie in una organizzazione non
viene ben strutturato: Lo stesso termine “Qualità” non dovrebbe essere utilizzato in modo disinvolto,
ma almeno rinforzato nelle sue articolazione più precise e comunque finalizzato a sviluppare tecnologie
per la risoluzione a basso costo dei problemi dell’organizzazione.
Al proposito è sempre attuale la definizione di Qualità dell’assistenza sanitaria dell’OMS (Gardini,
2007), che ricorda quali siano le vere parole chiave di riferimento: “Disponibilità di un mix di servizi sanitari
diagnostici e terapeutici tali da produrre, con la maggior probabilità per il paziente, l’esito di una assistenza sanitaria
ottimale compatibilmente con le conoscenze raggiunte dalla scienza medica ed il rapporto con fattori biologici quali l’età del
paziente, la malattia da cui è affetto ed altri fattori connessi, con il minimo rischio possibile di ulteriori danni o disabilità
in conseguenza a tale terapia, con il minimo dispendio di risorse per raggiungere questo risultato, con la massima
soddisfazione possibile del paziente riguardo al processo di assistenza e alla sua personale interazione con il sistema
sanitario” (OMS, 1997).
In tal senso lavorare per la Qualità significa semplicemente sviluppare tecniche di valutazione e
miglioramento basate sulle prove di efficacia e condivise da parte di tutti i professionisti
dell’organizzazione ed applicarle sistematicamente nel proprio ambito per assicurare al sistema la
tensione verso l’efficacia, l’efficienza, la sicurezza e la soddisfazione degli utenti e degli operatori.
Tale tipo di impostazione è concretamente applicabile ad ogni organizzazione e, ovviamente, anche
ad organizzazioni complesse come quelle delle cure primarie e della medicina generale.
Vecchie e nuove complessità delle organizzazioni sanitarie
La complessità delle organizzazioni sanitarie è senza dubbio molto elevata (Bonaldi, 1994), per
l’intrecciarsi di un insieme di fattori critici e non sempre ben controllabili.
La complessità negli “assi”
Un modello molto semplice e al tempo stesso efficace di lettura dell’organizzazione sanitaria
(Donabedian, 1990) e prevede la considerazione dei tipici assi della Qualità:
- struttura (che cosa si possiede)
- processo (come si lavora)
- risultato (che cosa si ottiene in termini gestionali e di salute).
Una organizzazione sanitaria può essere pertanto interpretata in primo luogo dal punto di vista delle
risorse disponibili come il personale, i locali, le dotazioni tecnologiche. Le risorse sono un elemento
imprescindibile, anche se in alcuni casi si tende ad enfatizzare la loro reale valenza.
In seconda battuta la stessa organizzazione è analizzabile per quanto riguarda gli specifici processi che
pone in atto per trasformare la struttura in risultati tecnici e gestionali. In termini semplici, i processi
sono sequenze interconnesse di attività che orientano le risorse al risultato finale. In ambito sanitario i
processi sono difficilmente standardizzabili e in rapida evoluzione tecnologica e scientifica, come in
107
continua evoluzione sono i bisogni di salute: non a caso l’ottimizzazione dei processi costituisce un
riferimento costante dei programmi di miglioramento.
Infine deve essere considerato attentamente il risultato dell’organizzazione in termini puramente
gestionali (output) e, anche, l’esito in termini di salute e di cambiamento dello stato del paziente
(outcome). Gli esiti sono le variazioni misurabili della salute, che possono essere specificati sulla base di
parametri clinici, fisiologici e biochimici, emozionali e cognitivi, psicosociali, o anche relativi alla
soddisfazione dell’utente. Misurare il miglioramento della salute conseguente alla adozione di pratiche
diagnostiche, terapeutiche od organizzative che si sono dimostrate efficaci sulla base di studi clinici
affidabili può, peraltro, non essere facile e immediato.
La relazione che lega le risorse al risultato, peraltro, non è puramente meccanicistica, ma è
sovraordinata a dinamiche spesso di non facile lettura e comprensione, come sempre accade nelle
organizzazioni complesse.
Tale modello è molto suggestivo perché sottolinea che qualunque sistema di analisi non può
prescindere nelle Aziende sanitarie dalla valutazione “multiassiale”, finalizzata ai risultati in termini
gestionali, ma anche e soprattutto agli esiti in termini di salute. Allo stesso tempo il modello evidenzia
che il risultato/esito è un contesto finale su cui vanno ad intervenire come determinanti diversi fattori,
tangibili od intangibili, che comunque devono essere per quanto possibile controllati ed orientati verso i
driver dell’organizzazione.
La complessità nelle “dimensioni”
In tal senso, riprendendo la definizione di Qualità dell’OMS, lo sviluppo di una organizzazione viene
a caratterizzarsi su quatto principi guida:
- efficacia ed appropriatezza clinica
- sicurezza e gestione del rischio
- efficienza ad appropriatezza organizzativa
- soddisfazione degli utenti e degli operatori.
Per quanto riguarda l’efficacia, l’evidence based medicine, l’evidence based nursing, l’evidence base health
care, rappresentano i riferimenti scientifici per l’implementazione a livello aziendale delle linee guida,
per lo sviluppo dei percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali, dei protocolli e delle procedure.
L’azione di valutazione sistematica dei processi e degli esiti (audit clinico ed assistenziale) è finalizzata
ad evidenziare le principali criticità, per la messa in atto di specifici interventi di ottimizzazione.
La sicurezza e la gestione del rischio rappresentano un irrinunciabile dovere etico che
un’organizzazione operante nel campo della salute deve mettere in atto. Si tratta di compiere ogni
sforzo, nel proteggere il cittadino/utente e gli operatori nei confronti di rischi prevedibili e prevenibili
con un atteggiamento di gestione ma anche di prevenzione.
L’efficienza per la ricerca continua di come utilizzare le risorse nel modo migliore possibile per
massimizzare i risultati a costi ragionevoli prevede una azione specifica finalizzata a comprendere le
aree critiche di spreco, di inappropriatezza e senza reale valore aggiunto per il sistema.
Sul versante della soddisfazione, il cliente (esterno ed interno) rappresenta il fondamentale interlocutore.
Pertanto la conoscenza, l’analisi e il monitoraggio nel tempo dei bisogni e delle aspettative dei vari
segmenti sono prioritari per mantenere l’Azienda attenta al singolo individuo e alla Comunità.
La difficoltà che si viene a determinare in tale contesto è soprattutto da ricondurre alla necessità di
trovare i giusti equilibri tra le diverse dimensioni, quando ad esempio la efficienza non si traduce in
soddisfazione o quanto l’efficacia non è correlata alla produttività.
La complessità negli “attori”
Il processo di cura è, comunque, un contesto che presenta molteplici attori (utenti, professionisti
sanitari ed amministrativi, manager, politici), che sono portatori di specifici punti di vista e variamente
responsabili di azioni e decisioni.
Se viene ampliato ulteriormente il livello di analisi, i rapporti che si vengono a determinare tra gli
attori del sistema sono in alcuni casi critici e, comunque, da mediare nel momento in cui le aspettative
108
tra professionisti ed amministratori non sempre sono convergenti, il peso delle evidenze scientifiche
nelle decisioni può essere limitato, gli interessi di dipartimenti, di unità operative, di gruppi e di singoli
professionisti non sono necessariamente univoci.
La complessità che si viene a determinare (mulitiassiale, multiprofessionale e multidimensionale) è, a
grandi linee, tracciata nella figura seguente.
operatori
utenti
STRUTTURA
STRUTTURA
PROCESSO
PROCESSO
politici
RISULTATO
RISULTATO
manager
Figura 1. Complessità delle organizzazioni sanitarie
Gli strumenti di lavoro
E indubbio comunque che qualunque organizzazione debba utilizzare correntemente specifici
strumenti di lavoro a supporto (Cartabellotta, 2007), come di seguito descritto.
Evidence-Based Practice
- formulare adeguatamente i quesiti clinici e ricercare con la massima efficienza le migliori evidenze
disponibili nelle letteratura scientifica
- integrare le evidenze nelle decisioni clinico-assistenziali.
Information management
- acquisire ed utilizzare, a livello istituzionale, i moderni strumenti per la “gestione” delle informazioni
scientifiche: banche dati biomediche, editoria elettronica, Internet, software di archiviazione della
bibliografia
- valutare criticamente le evidenze scientifiche: validità interna ed applicabilità clinica di studi primari
(osservazionali e sperimentali) ed integrativi (revisioni sistematiche, linee-guida).
Linee Guida e Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali
- sviluppare metodologie per l'adattamento locale di linee guida in percorsi diagnostici terapeutici
assistenziali, nella logica del disease management
Health Technology Assessment
- utilizzare modelli e report internazionali di HTA per riorganizzare le modalità di gestione aziendale
(acquisto, manutenzione, dismissione) delle tecnologie sanitarie
- promuovere la diffusione delle tecnologie efficaci e la dismissione di qualunque tecnologia di efficacia
non documentata o, comunque, obsoleta.
Risk Management
- considerare l’errore come “difetto del sistema" e non del singolo professionista.
- pianificare ed implementare programmi aziendali di gestione del rischio clinico.
109
Valutazione delle performance cliniche ed assistenziali
- identificare le inappropriatezze (in eccesso e in difetto) dell’assistenza erogata rispetto alle linee guida e
ai percorsi
- verificare i risultati in termini di esito.
Audit clinico
- pianificare e condurre audit clinici, confrontando la pratica corrente con gli standard definiti
(evidence-based, condivisi tra i professionisti, adattati al contesto locale).
Autoregolazione professionale
- sviluppare un processo sistematico di autovalutazione sugli aspetti tecnici ed organizzativi
- aderire ad un buon sistema di accreditamenti professionale.
Partecipazione degli utenti
- coinvolgere i cittadini nella valutazione e nelle modalità di erogazione di servizi e prestazioni sanitarie
perché è un loro diritto e il loro intervento può ridurre l’inappropriatezza della domanda.
Formazione continua, training
- consolidare tra gli operatori sanitari la cultura della formazione continua, intesa come parte integrante
della pratica professionale
- sviluppare strumenti per misurare la Qualità tecnico-professionale dei singoli operatori, sino a definire
specifici programmi di training.
Data Management
- sviluppare i database clinici, tenendo come riferimento gli standard specifici
- migliorare l’interazione e la comunicazione tra i diversi sistemi informativi aziendali.
In sintesi
In sintesi, attraverso una armonica impostazione degli strumenti operativi in precedenza citati è
possibile costruire un modello di vera governance clinico-assistenziale nelle cure primarie.
Elemento cruciale in tale contesto non è tanto lo sviluppo in modo articolato di uno o solo di alcuni
degli strumenti descritti, quanto soprattutto la capacità dell’organizzazione di far dialogare il più ampio
numero di questi, in una strategia sistemica ed integrata in cui i diversi attori possano trovare un
modello di lavoro comune in grado di assecondare compiutamente le esigenze professionali e
manageriali.
In tale ambito una delle nuove parole chiave di riferimento è “accountability”, peraltro particolarmente
difficile da tradurre; in sostanza essa indica il dovere di documentare e di fornire un rendiconto di ciò
che si è fatto a chi ha attribuito l'incarico e agli atri “portatori di interesse”. Non a caso “accountability”,
nell'ambito della sicurezza informatica è la capacità di un sistema di identificare un singolo utente, di
determinarne le azioni e il comportamento all'interno del sistema stesso. L'accountability è un aspetto del
controllo di accesso e si basa sulla concezione che gli individui siano responsabili delle loro azioni
all'interno del sistema.
In tal senso delle proprie scelte il medico deve costantemente rendere conto, oltre che a se stesso anche
a tre altre istanze: la scienza, il paziente e la società. Sono questi i tre "stakeholder di riferimento".
110
Riferimenti di interesse
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Guerini e Associati Editore
2. Cartabellotta A., Annichiarico M. Position statement. Il Governo Clinico nelle Aziende Sanitarie.
Versione 1.2 del 25 marzo 2007, www.gimbe.org
3. Docteur H., Oxley H., (2003). Health-care systems: lessons from the reform experience. Oecd health
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4. Donabedian A. (1990). La Qualità dell’assistenza sanitaria: principi e metodologie di valutazione. La
Nuova Italia Scientifica, Roma
5. Gardini A. (2007). Verso la Qualità. Percorsi, modelli, intuizioni ed appunti di viaggio per migliorare
l'assistenza sanitaria. Il Pensiero Scientifico Editore
111
Conclusioni
Eleonora ARTESIO
Assessore Regionale alla Tutela della Salute e Sanità Regione Piemonte
Buona sera,
questo è un seminario operativo e allora io vorrei provare a essere utile e operativa e quindi utilizzare
questo spazio, non tanto per complimentarmi e mi complimento, ma soprattutto per provare a mettere
a fuoco alcune questioni che mi sembrano cruciali per l’operatività dei nostri progetti. Vorrei partire da
esempi concreti per porli su una scala più generale al fine di renderli, laddove riuscissimo ad adottarla,
replicabili e quindi anche misurabili e valutabili in termini di efficacia e di corrispondenza alle attese.
Partiamo da un principio.
Non c’è luogo accademico, scientifico, pubblico, nel quale non si trovi condivisione nella descrizione
degli obiettivi di salute e nel quale non si trovi, almeno all’interno dei professionisti che operano nel
sistema sanitario pubblico, una dichiarazione di partecipazione e di collaborazione in relazione a quegli
obiettivi di salute. Così come non c’è testo di produzione normativa, credo nell’ultimo decennio
almeno, che non abbia fatto riferimento nei piani sanitari nazionali e nelle articolazioni regionali alla
necessità di promuovere l’organizzazione in associazione e in gruppo dei MMG. A livello istituzionale su questo tornerò più avanti perché credo sia una delle questioni che dobbiamo approfondire di più per
riuscire davvero a parlare un linguaggio comune e non soltanto per titoli che ci convincono, forse
perché non li approfondiamo abbastanza- non c’è norma nazionale nella quale non si faccia riferimento
a quella architettura della medicina generale nell’ambito del distretto e nell’organizzazione territoriale
che abbiamo chiamato gruppi di cure primarie e case della salute nella loro trasformazione evolutiva.
Orbene, se da molto tempo nella norma e nella cultura si fa riferimento a queste modalità
organizzative e a queste suggestioni via via più evolute, e se è pur vero che tutto questo è un processo,
come mai si fa così tanta fatica, accanto agli esempi interessanti territoriali che evolvono, a trovare un
quadro formale, di convinzione e quindi di programmazione perché questi processi si attivino sulle
linee generali almeno della programmazione regionale?
Io comincio a pensare che sia perché usiamo le stesse parole ma con riferimenti differenti.
Allora per riuscire a camminare insieme occorre svelare il doppio senso che attribuiamo alle stesse
parole.
Provo a svolgere questo compito a partire da alcuni esempi concreti.
È stato detto ripetutamente, negli interventi che ho ascoltato sino ad ora, che tutti condividiamo l’idea
che nella definizione della funzione professionale sia attivo un doppio principio di responsabilità: a) il
principio di responsabilità verso la persona alla quale ci lega la relazione di fiducia e di scelta, e b) il
principio di responsabilità nei confronti della popolazione.
Dal riconoscimento dell’esistenza di questi due principi di responsabilità, che non sono in
contrapposizione, è possibile derivare una serie di modalità riguardanti non soltanto il dove, il come, il
con chi si lavora ma anche il cosa si promuove, che immagino sia stato detto nella mattinata. Di
conseguenza si condivide di lavorare in una doppia dimensione: di responsabilità del professionista e di
aspettativa da parte dei livelli istituzionali che attendono il raggiungimento di obiettivi di salute.
Io vorrei provare ad andare ancora un po’ più all’interno di questo argomento.
Quando noi parliamo di popolazione o di territorio parliamo non solo di condizioni definite per
l’aggregazione territoriale e la densità, e per valori di esposizione al rischio di malattia, di
compromissione, di patologia cronica etc., ma parliamo anche di popolazione di territorio. Ciò in
ragione del fatto che quello -in quanto corpo sociale- è caratterizzato da forme di organizzazione a tutti
i livelli istituzionali. Forme che rappresentano quel corpo sociale e che a quel corpo sociale danno
definizione: non è un caso che ci troviamo a parlare di responsabilità delle amministrazioni comunali.
112
Se noi vedessimo la responsabilità della medicina generale verso la popolazione come un fatto
esclusivamente evolutivo della parte professionale, non si vedrebbe perché le amministrazioni comunali
dovrebbero essere chiamate in causa a concorrere e sostenere nuovi modelli organizzativi. Se noi
parlassimo della responsabilità nei confronti della popolazione esclusivamente come un fatto
organizzativo e progettuale del singolo professionista non si vedrebbe perché noi nell’organizzazione
istituzionale della sanità pensiamo a incardinare la medicina generale in direzione della responsabilità
verso la popolazione nell’organizzazione delle equipe di distretto. Noi abbiamo deciso di farlo perché in
quei luoghi si forma la visione condivisa –e dunque non solo sanitaria- dei bisogni di salute della
comunità; perché in quei luoghi si costruisce una capacità di comunicazione tra quella che è la
responsabilità delle istituzioni su quella popolazione e quella che è la responsabilità delle professioni
sanitarie su quella stessa popolazione.
Il tema del gruppo di cure primarie non è esclusivamente un tema di migliore
evoluzione/organizzazione della funzione della medicina generale e della pediatria di libera scelta,
quindi un fatto interno alla professione, ma è contestualmente una responsabilità dei livelli istituzionali
che rappresentano la popolazione. Quella popolazione non è infatti la somma dei singoli cittadini e non
è nemmeno il segmento del paziente cronico da seguire con percorsi di medicina d’iniziativa; la
popolazione è un tessuto complesso di relazioni, che si dà forme di rappresentanza nei livelli di
istituzionali ed è per questa ragione che i livelli istituzionali se ne occupano e se ne preoccupano, tant’è
che lo iscrivono nei propri piani di programmazione sanitaria, nazionali e regionali, tant’è che dicono ai
sindaci, “siete chiamati in causa con responsabilità dirette ad individuare terreni, a individuare sedi, a
individuare supporti amministrativi, a connettervi con i servizi socio-assistenziali” cosa che non sarebbe
-se non come espressione di buone relazioni- se il gruppo di cure primarie fosse un’evoluzione tutta
interna al modo di esercitare la professione della medicina generale.
La responsabilità del sistema pubblico è in questo modo contemporaneamente evoluzione
professionale e risposta al bisogno di salute che la comunità nelle sue forme organizzate, le istituzioni,
interpreta.
Questo ‘non detto’ fa si che quando leggiamo i documenti interni delle organizzazioni mediche
vediamo ricorrere con altri significati la locuzione “organizzazione delle cure primarie” e però ci viene
detto essere la medesima cosa del gruppo di cure primarie iscritto nel piano socio sanitario regionale;
oppure quando ci troviamo ad altri tavoli, impegnati a lavorare per la replicabilità e la diffusione di
queste esperienze, accade che ci si scontri sulla libertà in contrasto alla regola. Il modello che qui e là si
costruisce sulla base delle disponibilità e delle flessibilità territoriale, nel momento in cui lo si prova a
tradurre in un’idea operativa replicabile da’ luogo a contrapposizioni perché, si sostiene, non è possibile
avere un modello omogeneo o meglio è preferibile trovare prima il modello omogeneo perché solo dal
modello omogeneo potranno poi partire le esperienza territoriali.
Noi siamo un po’ congelati in questo passaggio, se onestamente vogliamo dirci qual è la situazione
attuale.
Il punto dunque è: la ricerca promossa dai professionisti trova soluzioni corrispondenti al modo di
svolgere il proprio lavoro e incrocia e si confronta con la disponibilità dei livelli istituzionali
producendo un’esperienza. Trova alcune coordinate che rendono quel modo di lavorare un modo
socialmente riconoscibile, riconoscibile per i livelli istituzionali, sulla cui base dire a quali rapporti di
popolazione, a quale quote di popolazione si rapporta, quali opportunità di servizio presta, quali
relazioni intrattiene con le organizzazioni distrettuali, quali collegamenti promuove con il servizio
sociale.
Si tratta di individuare alcuni parametri in grado di far emergere il collegamento coi modelli
istituzionali, con gli indirizzi di programmazione; e questi sono la trama sulla quale possiamo convenire
a livello regionale.
Il resto può appartenere agli elementi di flessibilità e di articolazione territoriale.
Gli uni e gli altri comportano a noi di trovare sistemi di incentivazione e di regolazione, che
favoriscono quei processi. L’uno e gli altri comportano impegni a livello delle amministrazioni locali, i
sindaci, per consentire che questi processi abbiano il requisito della programmazione regionale sanitaria
113
e contemporaneamente della risposta giusta, adatta, flessibile al territorio. Noi dovremmo avere da un
lato la crescita sul territorio di esperienze lasciando a livello regionale la valutazione che queste
esperienze non contraddicano i requisiti fondamentali, cioè non snaturino quella identità che è insieme
di lavoro professionale e di mandato pubblico che deriva dalla programmazione.
Una volta rispettati i parametri comuni le esperienze territoriali possono essere promosse con la
capacità che i territori hanno di renderle vantaggiose di renderle più fluide; dall’altro lato, il fatto che il
territorio riesca a trovare soluzioni, aggiungendo altri ingredienti, aggiungendo altri parametri di
funzionamento, non deve essere visto come un elemento anarchico dello sviluppo del sistema da
impedire ma deve essere visto, se vivono quelle coordinate comuni, come l’allargamento del processo.
In realtà, noi siamo in una situazione in cui si chiede un modello, si desidererebbe che finché non c’è
un modello sul territorio non avanzino le sperimentazioni e peraltro non si riconosce, laddove le
sperimentazioni territoriali sono avanzate, che quelle sono già supportate dalle aziende territoriali, dalle
aziende locali e che quindi un pezzo di investimento del sistema sanitario per farlo andare avanti c’è
stato, c’è, continua.
Se noi fossimo in una condizione di costruzione ex novo -cosa che non può esistere nella realtà- di
nuovi modelli di intervento e potessimo definire che da questo anno zero c’è un investimento di risorse,
di ingegno, di volontà per attivare questi percorsi, allora sarebbe esplicito e chiaro quanto l’ago della
bilancia si sposti a favore dell’assistenza territoriale.
Nella realtà nessun momento della vita dei singoli e delle collettività può partire da un anno zero. Si
opera in una continua situazione di compromesso e di riequilibrio cercato di volta in volta, condizione
per condizione.
Si sostiene da una parte che non è permesso credere abbastanza nell’investimento che la Regione
vuole fare verso l’assistenza territoriale e verso i gruppi di cure primarie perché non si vede un
trasferimento di risorse convinto e importante a sostegno di questo tipo di esperienze, le quali, non a
caso, vengono lasciate all’attivazione, territorio per territorio.
In modo assolutamente simmetrico dall’altra parte c’è, per chi si trova a dover fare l’ago e la
regolazione di questo sistema, tutta la diffusione delle reti dell’assistenza ospedaliera: finché non si vede
concretamente, nel concreto riequilibrarsi delle funzioni, il fatto di poter essere decongestionate da una
domanda inappropriata, la loro richiesta di funzionamento e di risorse può essere sminuita così come la
Regione appare fare volendo spostare il baricentro sull’assistenza territoriale.
Allora data questa interpretazione reciproca, in questo reciproco gioco delle posizioni quand’è che si
comincia?
Il tempo va tenuto parallelo, cioè dobbiamo mantenere la contemporaneità delle cose, senza che
questo significhi una percezione degli altri segmenti del sistema di disinvestimento quando invece
continuano a essere sollecitati, dicono, in maniera inappropriata perché il territorio non fa fronte a tutte
le responsabilità che gli sono proprie.
Dobbiamo uscire da questa impasse se vogliamo procedere nella esperienza di realizzazione del
gruppo di cure primarie.
E per farlo dobbiamo sciogliere il nodo posto da chi le vive come una evoluzione interna del proprio
modo di lavorare e da chi vorrebbe proporre che questo modo di lavorare corrispondesse a principi di
programmazione di quella popolazione che non è un indistinto ma un corpo sociale fondato sulle
istituzione.
Dall’altro lato dobbiamo credere che definite le categorie che non sono in contraddizione e che
queste categorie appartengono a livello regionale si possa procedere nelle sperimentazioni territoriali; e
si possa anche lavorare sul fatto che queste sperimentazioni territoriali possano procedere con la
conferma e la forza che le aziende e il territorio loro assegnano.
Se, per usare il modello del vestito di Arlecchino, nessuno vuole fare il disegno finché non vede le
pezze di colore e le pezze di colore non le possiamo ritagliare perché il disegno non è sufficientemente
rappresentativo continuiamo a giocare in una paralizzante situazione di interdizione reciproca.
114
Vittorio DEMICHELI
Direttore Regionale Sanità Piemonte
A dispetto del titolo assegnato al mio intervento non tenterò di concludere la discussione; al
contrario: cercherò di derivare dagli interventi che ho ascoltato alcune indicazioni per poterla
proseguire e approfondire.
Vorrei anch’io complimentarmi con gli organizzatori per la giornata odierna: credo che l’occasione sia
stata davvero utile non solo per focalizzare alcuni problemi concreti che occorre affrontare e risolvere
altrimenti i Gruppi di Cure primarie non partiranno mai, ma anche per riprendere un po’ di entusiasmo
e di voglia di fare che oggi, mi pare, prevalgano nonostante le difficoltà di cui vi è piena
consapevolezza.
Provo a sintetizzare in poche parole-chiave i punti principali.
C’è bisogno di unire, questo è il primo concetto che mi sembra vada affermato.
La pratica della medicina generale ha assunto una forma organizzativa così peculiare e specifica che
rischia di determinarne anche la divisione, la separazione dal resto del sistema delle cure primarie.
Questa lontananza va, in qualche modo, superata.
Intendiamoci, questo tipo di divisioni non è tipico della medicina generale, riguarda un po’ tutto il
servizio sanitario e un po’ tutte le discipline. Anzi, più il sistema di specializza, più si accentuano le
divisioni e si riduce la voglia di cooperare. Per questo il sistema sanitario attuale assomiglia quasi ad un
sistema di isole che non comunicano, che non si integrano e non lavorano insieme.
Invece i problemi di salute oggi prevalenti hanno bisogno di continuità per essere affrontati
nell’assistenza, nella cura e nella riabilitazione. Sono i problemi sanitari che dobbiamo affrontare che
portano un po’ tutti alla necessità di costruire dei ponti tra queste isole perché la gente percorra in
maniera continua la strada verso la risoluzione dei propri problemi.
Come si fa a unire? Non ho certo una ricetta ma, sicuramente, bisogna potenziare alcuni strumenti di
unione. Uno di questi è la comunicazione, che rappresenta una debolezza storica degli operatori e del
sistema sanitario.
La nostra formazione, ad esempio, non considera quasi mai questo aspetto, al massimo si preoccupa
della comunicazione tra medico e paziente, ma molto poco della comunicazione tra professionisti.
Eppure per collaborare bisogna comunicare e per praticare le cure primarie abbiamo bisogno di
collaborazione tra molti professionisti diversi e di molte parti del nostro sistema sanitario. Abbiamo
bisogno, comunicando, di vedere l’insieme: l’insieme dei problemi e l’insieme delle soluzioni praticabili.
Invece, spesso, concentriamo tutta la nostra attenzione, soprattutto quella organizzativa, su un aspetto
particolare, su un dettaglio.
E’ come se analizzassimo il legno senza considerare che appartiene all’albero che, a sua volta, fa parte di
una immensa foresta.
Ma come facciamo per unire il sistema?
Ovviamente la considerazione, qui come altrove, è che una cosa che nasce divisa richiede una quantità
enorme di energia per essere riunificata.
Un mucchio di fatica da tutti i punti di vista.
Oggi ho sentito che anche dal punto di vista fiscale la pratica della medicina generale è immaginata
solo come pratica individuale e che esiste addirittura un buco normativo che occorre colmare
rapidamente se vogliamo consentire la partenza dei gruppi di cure primarie.
Su questo mi sento di dover assumere un impegno: tra i tanti gruppi di studio e di lavoro che abbiamo
in Assessorato, forse, è il caso di incaricarne uno perché approfondisca questi aspetti pratici che mi
sembrano tutt’altro che banali o secondari.
Il secondo concetto chiave che vorrei raccogliere dalla discussione della giornata riguarda la funzione
di accoglienza.
Siamo andati avanti per anni, nel concepire e progettare il sistema delle cure primarie, con l’idea che la
sua funzione principale consistesse nel “fare la guardia” alla porta di ingresso del sistema sanitario ed
affidando questa funzione e questa responsabilità soprattutto al medico di medicina generale.
115
Bene: questa concezione è sicuramente sbagliata e il ruolo della medicina generale come “guardiano del
sistema” ha mostrato la propria inefficacia un po’ in tutto il mondo.
Un sistema così complesso, l’80% del quale viene fruito proprio tramite la porta delle cure primarie,
non ha bisogno di un guardiano.
Piuttosto ha bisogno di una presenza multiprofessionale (come ho sentito ben argomentare da Guido
Giustetto) che svolga una funzione di accoglienza.
Qualcuno che accolga, valuti e indirizzi verso la soluzione dei problemi, non qualcuno che faccia la
guardia e che respinga i pazienti.
Certo anche per questa funzione abbiamo bisogno di strumenti nuovi.
Una equipe multiprofessionale che accoglie deve conoscere bene tutto quello che sta dentro il sistema,
deve saper indicare la strada giusta, accompagnare lungo i percorsi di cura e riabilitazione, assumere una
responsabilità da garante, più che da guardiano del sistema.
Per realizzare tutto ciò, credo, occorre ancora molto approfondimento, molta ricerca.
Dobbiamo riconoscere la complessità di questa funzioni per non banalizzarle semplificandole.
Certo dobbiamo ricercare soluzioni semplici per poterle poi generalizzare.
Ad esempio per poterle portare al livello che normalmente ha la contrattazione sindacale, che
necessariamente deve trovare forme un semplici per poterle generalizzare, ma non possiamo pretendere
di dare oggi risposte semplici a problemi che sono ancora molto complessi.
Mi è piaciuto molto oggi sentire che all’inizio del percorso è stata messa la ricerca.
Bisogna prima ricercare, poi sperimentare e poi si potranno immaginare soluzioni generalizzabili.
Fino a quel momento, sul piano della negoziazione, dovremmo probabilmente pensare a forme di
medicina d’iniziativa più facilmente generalizzabili, come quella della gestione integrata del diabete, e
lasciare che i gruppi di cure primarie ricerchino e sperimentino ancora senza modelli precostituiti.
Non è solo questione di risorse, non credo che i soldi bastino a superare l’enorme complessità del
percorso che andiamo a costruire.
Ancora un esempio: ho sentito prima la riflessione su quali siano i bisogni reali a cui occorre dare
risposta e sull’esistenza di agende diversificate, del paziente e del medico.
Bene: come facciamo a decidere le priorità di salute unendo i vari punti di vista oggi divergenti?
Ricordiamoci che non ci sono solo le agende del medico e del paziente, ci sono anche quelle delle
famiglie, degli altri servizi (quelli sociosanitari, ad esempio), delle amministrazioni….
Il piano socio sanitario regionale indica la strada della partecipazione per giungere alla definizione di
queste priorità, ma anche questa strada è tutta da costruire, da sperimentare.
Sperimentare, quindi mi pare la terza parola chiave da evidenziare oggi.
Sperimentare e orientare una parte delle risorse verso strumenti in grado di sostenere la
sperimentazione: la comunicazione e l’informazione, per esempio, e poi la risoluzione dei problemi
normativi di cui si è parlato prima.
Se mi consentite una battuta finale: anche in questo caso prima bisogna sperimentare bene la funzione e
solo successivamente definire la sua forma organizzativa.
Troppe volte nei nostri servizi sanitari siamo partiti decidendo prima l’articolazione delle strutture, delle
catene di comando, senza aver una chiara definizione delle funzioni da svolgere.
Anche nel caso delle cure primarie dobbiamo evitare di anteporre la discussione su come ci
organizzeremo, su quale sarà la struttura, chi sarà il comandante, senza aver chiarito bene quale sarà la
funzione, quali le priorità da affrontare e i punti di vista di cui tener conto.
Chiudo ricordando il monito del premio nobel Dario Fò che qualche giorno fa, riferendosi ai rifiuti di
Napoli, ha detto che, di questi tempi, ad essere ottimisti, si rischia l’imbecillità.
Bene, oggi rischierò forse l’imbecillità, ma credo che tornerò a casa con un po’ di ottimismo in più
perché la profondità e la concretezza dei temi che oggi ho sentito affrontare mi portano a pensare che
qualche progresso verso la costruzione dei gruppi di cure primarie riusciremo a vederlo già in questa
legislatura.
Per questa speranza ringrazio tutti voi e Sergio Bernabè, in particolare, per tutto il lavoro che svolge
insieme ai suoi colleghi.
116
Bibliografia generale
1 “Il Piano di Zona è l'occasione offerta alle comunità locali per leggere, valutare, programmare e guidare il proprio sviluppo e va visto e realizzato come piano regolatore del
funzionamento dei servizi alle persone. In particolare, il Piano di zona è lo strumento promosso dai diversi soggetti istituzionali e comunitari per:
- analizzare i bisogni e i problemi della popolazione sotto il profilo qualitativo e quantitativo;
- riconoscere e mobilitare le risorse professionali, personali, strutturali, economiche pubbliche, private ( profit e non profit ) e del Volontariato;
- definire obiettivi e priorità, nel triennio di durata del piano attorno a cui finalizzare le risorse;
- individuare le unità d'offerta e le forme organizzative congrue, nel rispetto dei vincoli normativi e delle specificità e caratteristiche proprie delle singole comunità locali;
- stabilire forme e modalità gestionali atte a garantire approcci integrati e interventi connotati in termini di efficacia, efficienza ed economicità;
- prevedere sistemi, modalità, responsabilità e tempi per la verifica e la valutazione dei programmi e dei servizi.” (da: R.A. Borzetti http://www.edscuola.it/archivio/handicap/zona.html)
Vedi anche http://www.emiliaromagnasociale.it/wcm/emiliaromagnasociale/home/documentazione/pdz.htm
2 http://www.regione.piemonte.it/piemonteinforma/inevidenza/2007/novembre/sociosanitario/index.htm
3 http://www.med.virginia.edu/hs-library/historical/kerr-white/dawson.htm
4 K. White e coll., The Ecology of Medical Care, New England Journal of Medicine 1961.
5 National Commission on Community Health Service. Health is a Community Affair. Cambridge. Mass: Harvard University Press; 1966:26.
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