Rotavapor® Büchi: un successo lungo 50 anni

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Rotavapor® Büchi: un successo lungo 50 anni
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In primo piano Büchi
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un successo
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1957
Nasce il primo Rotavapor®
Raccontare la storia di un apparecchio scientifico che compie 50 anni significa raccontare
l’evoluzione delle scienze chimiche dal dopoguerra ai giorni nostri, fissando l’attenzione
sui progressi delle scoperte e sull’effetto che esse hanno apportato alla società moderna,
mentre in un piccolo villaggio del cantone di San Gallo c’è un artigiano che impara l’arte
del vetro soffiato, applicandola alle esigenze della chimica di laboratorio e segnando l’inizio
di un percorso che arriva fino a noi, grazie a un successo di livello mondiale
I
l Rotavapor nasce verso la fine degli anni ’50, quando tutto il
mondo sta ancora facendo i conti con il dramma della seconda
guerra mondiale, mentre va consolidandosi la supremazia economica e industriale americana, di conseguenza
anche nel settore della chimica. Sono
gli anni in cui compaiono alcune strepitose innovazioni tecnologiche nel
campo della chimica-fisica, che segneranno per decenni le metodologie analitiche di ricerca: pensiamo soltanto alla microscopia elettronica, alla spettroscopia IR e alle varie tecniche di cromatografia liquida e gassosa. In questa situazione si profila la nascita di una
nuova competizione, industriale e
scientifica, indirizzata contro gli USA
da parte della comunità scientifica europea, soprattutto da parte della Germania. Non è un caso, perciò, che il
Rotavapor nasca nella Svizzera tedesca, a pochi chilometri dal confine sul
Lago di Costanza e a stretto contatto
con gli ambienti universitari di Zurigo.
Già dall’origine si intuisce quale sarà il filo conduttore del successo che
Walter Büchi portò alla ribalta nel
1957 e che trasformò la sua piccola azienda in una multinazionale: la
collaborazione con il mondo della ricerca, mirata alla soddisfazione di
un’esigenza tecnica che diventa
dapprima idea, poi oggetto e infine
articolo di commercio mondiale. Il
Rotavapor non è un’invenzione
tout-court, modelli simili esistevano
già nel XVIII secolo, ma rappresenta il perfetto connubio tra l’arte del
vetro soffiato e la meccanica di precisione svizzera applicata ad essa.
È un esempio di sinergia che si riflette nelle grandi economie degli anni
’60, quando la produzione di polietilene e polipropilene, secondo i processi messi a punto da Ziegler e Natta, che riceveranno il Premio Nobel
nel 1963, raggiunge le 250.000 tonnellate e avvia l’impulso esplosivo dell’uso della plastica in tutti i settori dell’industria moderna e nell’ambiente domestico. È il decennio in cui
brillano le collaborazioni industriagoverno nella produzione di innovazioni tecnologiche: si pensi alla tedesca IG Farben, che realizza ben 30
innovazioni sulle 51 totali prodotte,
alla statunitense Du Pont, piuttosto
che la britannica ICI, che firmano in-
1964
sieme ai propri governi decine di
protocolli industriali innovativi.
Negli anni ’70 si sviluppano molti
settori delle scienze moderne, dalla
chimica macromolecolare si passa alla chimica supramolecolare, mentre
appare per la prima volta il termine
‘nanotecnologie’. L’attività della ricerca si focalizza su alcuni concetti
fondamentali, quali lo studio dei recettori, il riconoscimento molecolare, la coordinazione ioni-leganti, la
stabilità dei composti, il cosiddetto
self-assembly molecolare. In questa
epoca la produzione del Rotavapor
è giunta alla sua terza serie, quella
dei modelli RE/EL, riconosciuta unanimemente dalla Büchi come la serie di maggior successo, tanto che gli
strumenti di questa serie fanno ancora mostra di sé (e non come soprammobile) in moltissimi laboratori in tutto il mondo. Pensate che la
Büchi fornisce ancora tutti i ricambi originali della vetreria e del sistema di tenuta!
L’avvento dell’era ‘tecnologica’,
considerata dagli anni ’80 in avanti, mette in risalto le scienze della
vita, in particolare la biochimica legata alla scoperta del DNA, dunque
anche la chimica cambia orienta-
1984
mento e si focalizza sulle strutture proteiche, sulla sintesi peptidica
e proteica in fase solida (per la quale Merrifield riceverà il Nobel), fino alla riscoperta dei composti naturali e dell’attività sintetica ad essi correlata. In quest’ultima epoca,
anche il Rotavapor subisce i condizionamenti tecnologici, dunque
largo spazio all’elettronica e ai display digitali, all’ergonomia e al design funzionale ed estetico. Per la
prima volta Büchi affianca al Rotavapor una propria linea di pompe e
soluzioni per il controllo del vuoto
in laboratorio, mentre parallelamente prendono piede altri strumenti
eccezionali come il Mini Spray
Dryer e l’estrattore Soxhlet, fino ai
primi sintetizzatori/evaporatori multipli (Syncore) e al rinnovamento
della linea cromatografica MPLC.
Sono così passati 50 anni e il Rotavapor Büchi riesce a esprimere
ancora oggi i principi da cui è nato, ovvero la conoscenza delle attività di laboratorio e la sapiente
commistione di materiali ‘artigianali’ con alta tecnologia e design
d’avanguardia, ma soprattutto il
reciproco scambio di esperienze
con la propria clientela, che fa della Büchi un’azienda dal volto ancora umano.
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Distillazione ecologica per il
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L’evaporazione dei solventi è ormai diventata
un processo di routine per il laboratorio.
Per questa ragione, è indispensabile che gli
strumenti aiutino in modo ottimale gli utilizzatori
e che siano adattati alle condizioni e alle esigenze
specifiche del luogo di lavoro. L’utilizzo di
Rotavapor® e la tecnologia Büchi riducono
notevolmente le emissioni potenzialmente
velenose per l’atmosfera
P
er spiegare l’origine delle proposte tecniche che Büchi ha
immesso nel mercato a partire
dagli anni ’80 è necessario partire da una considerazione di fatto: nelle quotidiane applicazioni di laboratorio, l’utilizzo del Rotavapor come strumento per portare a secco soluzioni organiche è pratica ormai diffusissima e
consolidata. Pochi sanno, però, che tale attività è strettamente connessa al livello di emissioni potenzialmente velenose nell’atmosfera, specialmente
quando gli apparecchi utilizzati sono
obsoleti o non manutenuti, o ancora
quando gli strumenti accessori (pompe da vuoto) non sono perfettamente
controllati o dimensionati alle necessità del laboratorio.
La Büchi, che è sempre stata attenta a
questo tipo di considerazioni, stima che
nel mondo si disperdano ogni giorno fino a 200.000 litri di solvente organico,
sotto forma di vapori aspirati dalle sorgenti di vuoto ed emessi di conseguenza in atmosfera.
Essendo il dato allarmante, è necessario riflettere sulle possibili soluzioni, ma
soprattutto sulle cause che determinano tali effetti, partendo dalla teoria chimica della distillazione, che la Büchi raccomanda di applicare rigorosamente in
occasione dell’utilizzo dei propri strumenti. Bastano poche e semplici regole, peraltro contenute nella bellissima
guida didattica ‘L’assistente di Laboratorio’, che la Büchi Italia ha distribuito
gratuitamente a 3.000 operatori in Italia e scaricabile dal sito www.buchi.it
Bisogna, quindi, ripensare alla distillazione come processo chimico completo, pertanto avendo ben chiari gli obiettivi che muovono da questa tecnica di
base. L’obiettivo della distillazione è la
separazione di un solvente da ciò che
in esso è disciolto (soluto), attraverso un
procedimento dinamico che vede coinvolti equilibri chimico-fisici che devono
essere governati dall’operatore. È lecito ammettere che sempre più frequentemente l’attenzione degli operatori si
focalizza sulla rapidità di ottenere il ‘prodotto’, piuttosto che sull’esecuzione di
un processo distillativo completo, che
comprende anche il recupero del solvente distillato. Ciò trova riscontro sia nelle necessità del laboratorio analitico (che
appunto ha bisogno di analiti), che in
quelle del laboratorio sintetico (che attende con ansia il buon fine di una reazione, ovvero la formazione di un prodotto), dunque perfettamente in linea
con la ‘frenesia’ dell’attività moderna.
Se però ci si imbatte in una vecchia dispensa di chimica, alla voce “distillazione” si troverà una definizione che comprende i termini ‘evaporazione’ e ‘condensazione’ come fasi proprie del processo, dunque come obiettivi stessi, perciò è corretto porre la giusta attenzione anche sulla parte meno ‘interessante’ del fenomeno, ovvero il recupero del
solvente evaporato.
La distillazione nel Rotavapor comincia
con la fornitura di calore da un bagno
riscaldante (normalmente ad acqua),
che serve ad apportare la necessaria
energia cinetica alle molecole del solvente, perché queste possano liberarsi e
raggiungere il passaggio dalla fase liquida a quella gassosa (vapore), separandosi dalle molecole del soluto, che rimarrà così disponibile in forma concentrata o solida. La temperatura del bagno deve perciò essere correlata alle caratteristiche del solvente e alla struttura del soluto, poiché esso potrebbe essere termolabile (è il caso delle proteine o di alcuni inquinanti volatili), dunque è già necessario un compromesso che metta
d’accordo queste due esigenze. In questo senso l’aiuto viene dall’impiego del
‘vuoto’, o meglio dalla riduzione della
pressione atmosferica, che determina
l’abbassamento della tensione di vapore, quindi della temperatura di ebollizione del solvente. Per fare un esempio pratico, riducendo la pressione atmosferica a 72 mbar (dai 1016 di partenza), l’acqua raggiunge l’ebollizione a 40° C invece che a 100° C, premessa una temperatura riscaldante di 60° C.
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Prima regola della distillazione
secondo Büchi: la temperatura del bagno riscaldante deve essere prossima ai
60° C, o più in generale, la massima compatibile con la ‘sensibilità’ del prodotto.
Siamo dunque arrivati all’ebollizione del
solvente, mantenendo moderata la
temperatura del bagno, ma per ottenere questo risultato abbiamo dovuto ridurre la pressione atmosferica a un valore ben preciso. La domanda è lecita:
quanti operatori possono affermare di
aver regolato con precisione l’abbassamento di pressione? Ebbene, la risposta
è semplice: tutti gli operatori che abbiano a disposizione un dispositivo di controllo della pressione, installato tra il Rotavapor e la sorgente di vuoto. Si tratta di semplici vacuometri di precisione,
che intercettano il vuoto in un polmone e consentono di chiudere il circuito
di aspirazione solo quando si è raggiunto il valore di vuoto desiderato. Per conoscere il valore esatto, è sufficiente consultare la tabella dei solventi, stampata
nei manuali di istruzione e presente anche nei software dei nuovissimi strumenti Büchi V-850/855. L’utilizzo di questi
strumenti consente di mantenere costante la temperatura del vapore, che in questo modo si predispone alla fase di condensazione o di abbattimento, e di preservare le sorgenti di vuoto dall’aspirazione di vapori ‘indesiderati’.
Seconda regola della distillazione
secondo Büchi: applicare la riduzione
di pressione suggerita dalla tabella dei
solventi, o comunque in modo da avere una temperatura di vapore non inferiore a quella presente nel circuito di
condensazione.
Questa seconda regola ci introduce al-
Rotavapor® R-210/215 con vacuum controller per una gestione ottimale del processo
l’ultima fase della distillazione, quella
in cui il vapore di solvente viene fatto
condensare per mezzo del contatto diretto con una superficie più fredda, realizzando il principio della termodinamica secondo il quale “…il calore si sposta sempre da un corpo più caldo a un
corpo più freddo…”.
In questa fase non è importante soltanto la differenza di temperatura tra vapore e circuito di raffreddamento, ma
anche l’abbattimento dell’energia sviluppata dal vapore (calore di evaporazione), per mezzo di quella disponibile costantemente nel circuito. Questo
è il motivo per cui occorre disporre di
fluido corrente nella serpentina del condensatore: l’acqua di rete è la soluzio-
1982 Rotavapor RE-111: Uno dei Rotavapor più venduto nella storia della BUCHI
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ne più immediata, ma non certo la più
economica, efficiente, nè la più ecologica. Proprio per questo la Büchi ha introdotto nella gamma strumenti il Mini Chiller B-741 che va a sostituire idealmente il rubinetto dell’acqua, fornendo un circuito chiuso refrigerato costantemente a 10° C, con una velocità di 18 litri/minuto.
Terza regola della distillazione
secondo Büchi: verificare che la differenza di temperatura tra vapore e circuito di condensazione sia prossima ai
20° C e che vi sia un sufficiente rinnovamento del fluido corrente, in modo
da mantenere costante lo scambio termico in corso.
Per applicare questa regola non è necessario impiantare termometri in posizioni inaccessibili, ma più semplicemente osservare quanto avviene nel
Rotavapor. Se abbiamo seguito i suggerimenti tecnici precedenti e se conosciamo la temperatura del fluido di
raffreddamento, basterà guardare il
gocciolamento del vapore dalle serpentine del refrigerante, per stabilire
in che condizioni procede la condensazione. In generale si può affermare
che la colonna di vapore non debba
superare i due terzi dell’altezza del refrigerante, altrimenti significherebbe
che la pompa da vuoto sta aspirando
un eccesso di vapore, che inevitabilmente non verrebbe recuperato ma
‘sbuffato’ dalla pompa stessa in atmosfera, a meno che essa non sia provvista di un’apposita ‘trappola’ di
post-condensazione in grado di abbatterlo nuovamente. Naturalmente, chi
è dotato di controllore di vuoto può
intervenire sulla pressione per regolare con finezza il giusto grado di condensazione, anche se a scapito di qualche minuto di ritardo nell’esecuzione
del processo.
La sintesi di questa divagazione didattica è evidente: la distillazione è un
processo chimico quotidiano, che
deve essere condotto con rapidità e
precisione e i cui obiettivi sono l’ottenimento di un prodotto secco e il recupero di tutto il solvente di partenza, che deve essere poi smaltito (o riutilizzato) secondo le norme vigenti. Lasciamo alle aziende e alle strutture di
ricerca il compito di decidere se e
quanto si debba investire in tecnologia e qualità per adempiere pienamente a questa definizione.
1975 Rotavapor RE-110: Uno dei Rotavapor più venduto nella storia della BUCHI

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