glottologia e linguistica (3.3.2014)

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CHI SIAMO ARGOMENTI IDEE E PROSPETTIVE APPROFONDIMENTI SEGUICI RT, LA RIVISTA SOSTIENICI DOCUMENTI
Cahiers de doleASN: documentazione ASN e VQR [aggiornato al 3.3.2014 ]
Posted by Redazione ROARS on 3 marzo 2014 at 16:00 L’ultimo esercizio di valutazione nazionale (VQR) e la prima tornata dell’Abilitazione Nazionale (ASN) hanno provocato vivaci reazioni. Molte riflessioni, anche fortemente critiche, si concentrano sugli effetti di tali procedure su singole aree o settori Related Posts
disciplinari. La Redazione di Roars ha deciso di porre a disposizione dei lettori questo spazio, dove collocare, previa verifica dei requisiti di pubblicabilità, documenti relativi a ASN: Mission Impossible
queste procedure. I documenti qui pubblicati non riflettono l’orientamento della 11 gennaio 2014
Redazione, che per forza di cose non può che astenersi dal prendere posizione in relazione a casi specifici, ma sono messi a disposizione del pubblico al fine di favorire una Il CUN chiede un nuovo “ piano straordinario associati”
discussione informata.
10 febbraio 2014
INDICE
AIP contro l’uso improprio degli indicatori VQR e ASN
28. J. Papp, A proposito dell’ASN nel s.c. 10/G1 – glottologia e linguistica (3.3.2014)
29 ottobre 2013
27. M. Ferretti, Il mestiere di storico secondo la commissione di storia contemporanea: Programmare il declino: Carrozza segue la scia di Profumo e ne firma il decreto ﴾made by Gelmini & Giavazzi?﴿
quantità versus qualità (2.3.2014)
26. U. Melotti, Il caso del commissario­ministro (1.3.2014)
30 settembre 2013
25. Retevitruvio, Lettera aperta al Ministro dell’Università e della Ricerca (28.2.2014)
24. L. Bifulco, Abilitazioni e lotterie (27.2.2014)
23. R. Caso, M. Granieri, Vincitori e vinti? Alcune domande sull’ASN (26.2.2014)
Iscriviti alla mailing list
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22. A. Marradi, Replica agli interventi di P. Barbieri apparsi su Per la Sociologia (24.2.2014)
21. L’Associazione Artem docere a proposito dell’ASN per storia dell’arte (19.2.2014)
Email Address* 20. Nuova interrogazione parlamentare sulle procedure ASN (relativa a diritto comparato) (18.2.2014)
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19. A. D’Andrea, Tutto cambi affinché nulla cambi (17.2.2014)
17. Documento COMPALIT in merito ai risultati ASN (14.2.2014)
ASN: l’accesso agli atti come rimedio per le lungaggini delle commissioni
Cahiers de doleASN: documentazione ASN e VQR [aggiornato al 3.3.2014 ]
16. Gianfrancesco Vecchio, Lettera al Ministro sull’abilitazione scientifica per Diritto Privato Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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18. Ri.Uni.Ba., Lettera aperta di un ricercatore (16.2.2014)
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Giovanni Puglisi: «Chiudere una dozzina di sedi». Ma da che pulpito viene la predica?
(5.2.2014)
15. Francesco Ramella, Paolo Volonté, Smobilitare il risentimento (31.1.2014)
14. Maria Ferretti, Lettera al Ministro Carrozza sui tempi dei risultati ASN (30.1.2014)
13. Nuova interrogazione del sen. P. Corsini sul settore 11/A3 (30.1.2014)
L’AIDC sulla dichiarazione congiunta CUN­CRUI in materia di Open Access
Il ritorno del telos nel dibattito politico sull’università
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12. Paolo Scarpi, Riflessioni su ANVUR, VQR e ASN (30.1.2014)
Monitoring ASN 11. Luigi Pellizzoni, Una risposta a ‘Dove va la sociologia parte 2, riflessioni e 3097 comments
commenti’ (28.1.2014)
Riflessioni sui parametri ANVUR 10. Loriano Zurli, Commissari marziani, senza pubblicazioni (27.1.2014)
264 comments
9. Maria Luisa Bianco, Paolo Giovannini, Alberto Marradi, Franco Rositi, Loredana Sciolla, Giovanni Battista Sgritta, Dove va la sociologia parte 2, riflessioni e commenti (26.1.2014)
In pubblicazione gli esiti dell'abilitazione scientifica nazionale: al 30.11 chiuse 149 su 184 commissioni 8. Abilitazioni Scientifiche Nazionali. Primo bilancio e proposte di lavoro dell’Associazione 249 comments
Italiana di Sociologia (24.1.2014)
Il Nobel dei baroni 7. Lettera di protesta inviata al Ministro Carrozza da un gruppo di candidati all’Abilitazione Scientifica Nazionale nel settore concorsuale 11/A4 (23.1.2014)
6. Circolare ai Commissari del DG MIUR del 27.5.2013, nella quale si richiama la necessità di una valutazione analitica di titoli e pubblicazioni dei candidati (23.1.2014)
5. Ancora sugli esiti dell’ASN nei settori di sociologia (16.1.2014)
4. A proposito dell’Abilitazione Nazionale nel settore di storia medioevale (14.1.2014)
3. Interrogazione parlamentare di P. Corsini (Senato) sull’ASN del s.c. 11/A4, Scienze del libro e del documento e Scienze storico­religiose (11.1.2014)
2. L. De Matteo, La Storia economica, l’Anvur e la terza legge fondamentale della stupidità umana (11.1.2014)
236 comments
Salviamo le abilitazioni ﴾prima che sia troppo tardi﴿ 222 comments
Arrivano le liste di riviste in fascia A di ANVUR per le abilitazioni dei settori non bibliometrici 206 comments
Abilitazioni e mediane ANVUR: dipaniamo il “ caos strisciante” 202 comments
Attenzione: mediane in movimento! 193 comments
1. Dove va la sociologia italiana? (8.1.2014) Spesa, risultati, efficienza: miti, leggende e realtà dell'università italiana. 28 J. Papp, A proposito dell’ASN nel s.c. 10/G1 – glottologia e linguistica
189 comments
Le riviste "scientifiche" dell'ANVUR: dal sacro al profano e dalle stelle alle stalle 173 comments
antongiulio: @ shakerato. ...... si fanno passare candidati per innumere…
antongiulio: @shakerato. Ok allora di figli di nessuno ce ne sono tanti.…
Bruna Bruno: Caro Giacomo, sono quasi giunta alla conclusione che il pro…
Commenti recenti
ASN: l’accesso agli atti come rimedio per le lungaggini delle commissioni | News Novità Notizie Trita Web su ASN: l’accesso agli atti come rimedio per le lungaggini delle commissioni
antongiulio su Una ASN semplicemente illegale
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Bruna Bruno su Quanto è standardizzato il voto standardizzato?
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Nicola Ferrara su Giovanni Puglisi: «Chiudere una 042782
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27. M. Ferretti, Il mestiere di storico secondo la commissione di storia contemporanea: quantità versus qualità
dozzina di sedi». Ma da che pulpito viene la predica?
Odin su Monitoring ASN
Incurante delle raccomandazioni ministeriali, che insistevano sulla necessità di valutare in modo Plymouthian su Giovanni Puglisi: «Chiudere una analitico la qualità della produzione scientifica dei candidati, tenendo anche conto della rilevanza internazionale dei lavori[1], la commissione dell’ASN di storia contemporanea (11A/3) ha ben dozzina di sedi». Ma da che pulpito viene la predica?
creduto di procedere per vie più sbrigative e di stabilire, senza alcuna motivazione di merito, che per Tabusi su Giovanni Puglisi: «Chiudere una dozzina ottenere l’abilitazione di prima fascia fosse necessario presentare tre monografie, alzando in tal modo www.ecostampa.it
di sedi». Ma da che pulpito viene la predica?
l’asticella delle mediane per quel che riguardava un solo, e assai opinabile, indicatore. La commissione di contemporanea è stata, almeno a stare ai risultati usciti finora, l’unica nell’area a riprendere integralmente le prime indicazione date nell’ormai lontano 2011 dal GEV 11, presieduto da Andrea Graziosi, dimenticando però – curiosa amnesia – che lo stesso testo prevedeva, forse sotto la pressione del malcontento delle comunità scientifiche costrette a piegarsi a norme capricciose e incongrue per la produzione del sapere umanistico, una sorta di tabella di equivalenze, secondo cui la monografia “valeva” due saggi e un saggio in una rivista internazionale “pesava” addirittura di più
[2]. Perché tanto zelo? Perché, se condividiamo con i medievisti e i modernisti gli stessi strumenti e gli stessi problemi epistemologici del mestiere di storico (quel che cambia è il periodo studiato, non il Tag
abilitazione nazionale abilitazioni nazionali Andrea Ichino ANVUR asn Bibliometria Cineca classifiche classifiche di riviste c n r Concorsi Crui Cun diritto allo studio FFO metodo!), noi contemporaneisti ci siamo trovati con una barriera quantitativa particolare, peraltro finanziamento Francesco Giavazzi assai discutibile, che nessun altro aveva? Francesco Profumo Gelmini gev Hindex impact factor indici Sarà stato per il poco tempo che i commissari avevano a disposizione, visto che, coi tempi imposti dall’efficientismo tecnocratico dell’allora ministro Profumo e con tutti quei candidati (più di 500!), le ore da dedicare ai testi sottoposti a giudizio erano veramente pochine, e questo piccolo escamotage li ha esonerati dal doverli leggere con un minimo d’attenzione, in maniera da poter formulare il giudizio analitico e argomentato richiesto: leggere, checché se ne voglia dire, è infatti l’unico modo per bibliometrici indici citazionali Legge Gelmini Maria Chiara Carrozza Mariastella Gelmini mediane Merito M i u r ocse parametri bibliometrici reclutamento valutare la qualità della ricerca, e quindi il “merito” degli studiosi, che esce svilito e ridicolizzato da peer review rankings questa operazione. Già questo dovrebbe bastare a invalidare la procedura, i cui vizi erano evidenti, Research Assessment Exercise ricerca come ben sanno i lettori di roars, fin dall’inizio. A stare ai verbali, infatti, i commissari, se pure hanno Riforma Gelmini spending review Studenti lavorato indefessamente per 12 ore al giorno, senza nemmeno alzare il naso dalla scrivania, hanno tasse universitarie avuto 14 minuti per guardare le singole pubblicazioni, ovvero 3­4 ore a candidato in tutto; una volta Università e ricerca riuniti, hanno avuto meno di 5 minuti per ogni dossier, nemmeno 2 minuti per formulare il giudizio Valutazione VQR
definitivo. Per la seconda fascia, il tempo a disposizione è stato ancora più ridotto, come si può vedere dalla tabella acclusa. La fretta è stata cattiva consigliera, e i commissari non si sono accorti di università Pagina Facebook Roars
dare l’abilitazione a due ordinari a maggioranza semplice: ma niente paura, è bastato riaprire il procedimento in autotutela “al fine di emendare vizi formali” perché il presidente, senza alcuna motivazione di merito, cambiasse idea, modificando, con un procedimento di dubbia legittimità, la Redazione Roars
Mi piace 1.910
sostanza del suo giudizio.
I LAVORI DELLA COMMISSIONE IN CIFRE
Data
29 gennaio 2013
Durata
Oggetto
Note
5h30(10.30­
Insediamento – Dichiarazione Fra i criteri, la commissione decide di alzare 16.00)
assenza incompatibilità con i l’asticella .delle mediane: la quantità prevale candidati – Definizione criteri
sulla quantità
(Roma 3, Via Chiabrera)
6h30(11.00­
Discussione dei curricula, dei Pubblicazioni valutate: 5.100 se tutti ne 18.30)
profili e della produzione hanno presentate 12; giorni intercorsi dalla scientifica dei 425 candidati di prima riunione per leggerle: 65 giorni, 780 ore seconda fascia in base al se si calcola che vi abbiano lavorato 12 ore al lavoro istruttorio condotto dai giorno senza far altro, il che fa 9 minuti a singoli commissari(Roma 3, pubblicazione, oppure meno di due ore a Via Chiabrera)
candidatoTempo dedicato in media all’analisi Plug­in sociale di Facebook
ROARS on Twitter
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4 aprile 2013
Data
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dei giudizi su ogni candidato: meno di due minuti, senza prendere nemmeno un caffè o Tweets di @Redazione_ROARS andare in bagno
AAA: ROARS Network
Come sia stata possibile l’”ampia discussione dei curricula, dei profili e della produzione Euroscientists
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scientifica dei candidati”, sia pur “sulla base del lavoro istruttorio condotto dai singoli 5 aprile 2013
7h30(9.00­
Prosecuzione dei lavori del commissari”, resta per i comuni mortali un 16.30)
giorno precedente
mistero
A mente fredda – blog di Andrea Mariuzzo
16 maggio
Blog
Blog della Rete 29 Aprile
7h30(10.30­
Discussione dei curricula, dei Pubblicazioni valutate: 2.088; giorni 18.00)
profili e della produzione intercorsi dalla fine della valutazione della scientifica dei 116 candidati di seconda fascia: 40 giorni, 480 ore se si calcola Blog di Mario Ricciardi
prima fascia in base al lavoro che vi abbiano lavorato 12 ore al giorno senza Blog di Roberto Natalini
istruttorio condotto dai singoli far altro, il che fa un po’ meno di 14 minuti a commissari(Roma 3, Via pubblicazione, ovvero circa 4 ore a Blog Universita' di Udine CoUP
Chiabrera)
candidatoTempo dedicato in media all’analisi Controvento – blog di Matteo Motterlini
Blog di Francesco Sylos Labini
dei giudizi su ogni candidato: meno di cinque minuti, senza né caffè né pause di altro genere
Anche in questo caso, come sia stata possibile l’”ampia discussione dei curricula, dei profili e della produzione scientifica dei candidati”, sia pur “sulla base del lavoro istruttorio condotto 17 maggio 2013
2h00(9.00­
11.00)
13 giugno 2013
Prosecuzione dei lavori del giorno precedente
dai singoli commissari”, resta per i comuni mortali un mistero
I ricercatori non crescono sugli alberi
Inequalities
Io Non Faccio Niente
Keynes Blog
L'Italia che affonda – di Francesco Coniglione
L'Università che Vogliamo
Made in Italy – blog di Marco Cattaneo
Minima Academica – blog di Maria Chiara Pievatolo
5h30(10.30­
Discussione dei curricula, dei E’ presumibilmente in queste riunioni che si 16.00)
profili e della produzione formulano i giudiziTempo di riunione: 16 ore; scientifica dei 541 candidati di tempo dedicato in media per discutere il entrambe le fasce, sempre in giudizio su ogni candidato: meno di due base al lavoro istruttorio minuti
Rete Ricerca Pubblica – Ufficiale
Sito di Paolo Rossi ﴾U.Pisa﴿
condotto dai singoli commissari, e presumibile Squinternet – blog di Guido Martinotti
formulazione dei giudizi
(Roma 3, Via Chiabrera)
27 settembre 5h30(10.30­
Prosecuzione della 2013
16.00)
discussioneIl presidente, Rete Ricerca Pubblica – Proposte
The Enlightened Economist – Diane Coyle's blog
Univeritas: fatti e numeri, di Giuseppe De Nicolao
prof.Pivato, è collegato in via telematica
Siti
(Roma 3, Via Chiabrera)
Abilitazione Scientifica Nazionale
29 ottobre 2013
5h(11.00­
Prosecuzione della 16.00)
discussione(Roma 3, Via Appello pubblico in favore del finanziamento della Ricerca Scientifica e Tecnologica in Italia.
Chiabrera)
20 novembre 3h(11.00­
La commissione completa la 2013
14.00)
discussione e la messa a punto Chiusura delle pratiche
Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca
Associazione insubrica
dei giudizi collegiali; nel Associazione Paolo Sylos Labini
contempo, avvia la pubblicazione dei giudizi ASTRID
individuali sul sito ministeriale
Centro Riforma dello Stato ﴾Università e ricerca﴿
(Roma 3, Via Chiabrera)
29 novembre 2h15(14.00­
2013
16.15)
15 gennaio 2014
Seduta finale, telematica
Definitiva pubblicazione dei risultati sul sito Collegio di Milano
ministeriale e redazione della relazione decreto direttoriale del MIUR, una ulteriore proroga al 31 gennaio 2014 per “autotutelarsi”, proroga concessa con la motivazione Comitato Nazionale per la Tutela del Merito Universitario
Comitato Nazionale Valutazione Sistema Universitario
Coordinamento Precari Università
CUN – provvedimenti di attuazione della l.240/2010
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riassuntiva dei lavori
La commissione ottiene, con 03-03-2014
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di “consentire alla Dissent
commissione di procedere alla Federalismi.it
correzione dei predetti giudizi” 17 gennaio 2014
Federazione Lavoratori della Conoscenza
1h00(16.00­
La commissione, che opera in Per i due ordinari abilitati a maggioranza 17.00)
collegamento telematico, semplice, l’emendamento del vizio formale riapre i lavori “al fine di dovrebbe tradursi in un risultato negativo, visto emendare vizi formali presenti che così prevede la legge. Si procede invece a nei giudizi di alcuni una modifica sostanziale, in quanto il candidati” (c.m.)
presidente di commissione, che si era opposto Google Scholar
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In genere
IRPA
La Voce.info
all’abilitazione, cambia idea, senza peraltro fornire la motivazione della sua decisione
Link
Fonti: Master Reviews
verbali della commissione, giudizi sui candidati: https://abilitazione.cineca.it/ministero.php/public/elencodomande/settore/11%
Meno di Zero
252FA3/fascia/1; Nel merito
https://abilitazione.cineca.it/ministero.php/public/elencodomande/settore/11%252FA3/fascia/2
decreto di proroga: https://abilitazione.cineca.it/documenti/commissario/note/MIUR.AOODPUN.REGISTRO%
Rassegna Stampa Univ&Ricerca del CNR
Rete della Conoscenza
20DECRETI.0000089.15­01­2014.pdf
Rete29Aprile
Scienza in Rete
Tempi da record, no? Se la missione era impossibile, nulla impediva però ai commissari di protestare Scuola democratica – Learning for Democracy
o di sottrarsi al compito, dimettendosi. Perché è evidente che esser giudicati in questo modo è, per Ufficio Statistica MIUR
chi studia e fa ricerca sul serio, veramente umiliante. Ma a quanto mi risulta non si è dimesso nessuno. Valutare la ricerca scientifica di Alberto Baccini
Anche perché, ben celate al riparo della pretesa neutralità dei numeri (come se gli indicatori numerici Vloganza.tv
non si costruissero, ma fossero una sorta di dato oggettivo), le diverse consorterie accademiche hanno negoziato e trattato, col risultato che la tanto esaltata e “moderna” abilitazione nazionale per reclutare docenti universitari all’altezza dei loro compiti si è tradotta, secondo le migliori tradizioni Siti Internazionali
nazionali, in una colossale operazione gattopardesca ammantata dalla retorica del merito, operazione Association of American Colleges and Universities
che sarà ben presto coronata da concorsi locali, dove le baronie faranno, nel bene e nel male, il bello Campaign for the Public University
e il cattivo tempo. Niente male come risultato, per una legge che aveva strombazzato ai quattro venti CEON/CEES
l’intenzione di voler metter fine a familismi, clientelismi e potentati accademici in nome del merito e Council for the Defense of British Universities
prometteva di garantire la selezione dei “migliori”. Per dirla con le parole del premier russo ai tempi di El’cin, Viktor Černomyrdin, artefice di una disastrosa riforma monetaria, “volevamo fare per il meglio, ma è andata come al solito”. Anzi, se è per questo da noi è andata pure peggio, perché nei tanti biasimati vecchi concorsi almeno i commissari leggevano i testi e formulavano giudizi di merito.
ECONOMIC ACADEMICS
EQUNET
Global Higher Education
Inside Higher Education
Se il problema fosse soltanto questo, non varrebbe nemmeno la pena di perderci tempo; meglio voltar pagina e mettere l’ASN in soffitta, assieme alle tante ingiustizie e soprusi a cui ormai siamo da tempo Journal of Academic Freedom
abituati, visto che ancora una volta è stato promosso, con poche eccezioni, chi doveva. Il problema OECD – OCSE
vero, però, è che il modo in cui la commissione di contemporanea ha solertemente applicato i criteri The Chronicle of Higher Education
quantitativi di valutazione promossi dall’Anvur ha conseguenze gravissime sia a breve che a lungo Times Higher Education
periodo. Per capirlo, basta andare a vedere cosa c’è dietro la pretesa oggettività degli indicatori University Ranking Watch
quantitativi adottati dalla commissione. “Monografia” è in realtà un termine piuttosto abusato dai University World News
contemporaneisti. Tradizionalmente, come recitano i dizionari, una monografia è uno studio esaustivo World University Forum
e dettagliato su un tema preciso, in genere limitato: un lavoro che, se ben fatto, diventa un’opera di riferimento da tener nello scaffale. E questo richiede in genere anni di paziente lavoro, perché nelle scienze umane il sapere si accumula lentamente e si affina a lungo: le buone monografie sono in genere il risultato distillato di molti anni di ricerca e riflessione (pensate, per esempio, a Il formaggio e i Archivi
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vermi di Carlo Ginzburg o Una guerra civile. Saggio storico sull’etica della Resistenza di Claudio Pavone). Ma fra i contemporaneisti, gente moderna, è invalsa invece la pratica (peraltro moda oggi, con una bibliografia finale più o meno nutrita e completa che le sostituisce – questione su cui tornerò più avanti. Questo slittamento terminologico, peraltro avallato anche dal CUN[3], fa sì che Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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contagiosissima) di definire monografia un qualsivoglia libro stampato, purché con note o, come va di Data
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si richiedano non tre studi monografici, del resto difficilmente producibili nel breve lasso di tempo indicato, ma tre semplici libri, che possono essere di natura assai diversa: monografie, saggi, sintesi di tipo manualistico, libri d’occasione (che non mancano, vista la febbre degli anniversari che caratterizza la nostre epoca satura di memoria), testi divulgativi e via dicendo. Generi tutti legittimi e molto utili se www.ecostampa.it
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ben fatti, naturalmente, ma che, se proprio vogliamo restare sul quantitativo, implicano quantità assai diverse di lavoro incorporato: quanto più è complesso il tema affrontato, quanto più esaustivo e innovativo è il lavoro, quanto più è complesso reperire le fonti – cioè quanto più si fa quella che gli scienziati chiamano ricerca di base ­, tanto più tempo è necessario per scriverlo. Ma a parte questo, il problema vero, che rende queste “misurazioni” sbagliate e pericolose, è un altro. In Italia si pubblicano, nel campo della storia contemporanea, troppi libri e troppi pochi libri che valga la pena leggere, perché infarciti di stereotipi e luoghi comuni triti e ritriti, non di rado con errori e castronerie, libri da cui non si impara niente di nuovo, testi più che discutibili su piano scientifico che vengono poi somministrati ai malcapitati studenti. Perché allora si pubblicano?, vi chiederete. Perché siccome tutti sanno che “il libro serve” per la contabilità concorsuale, o, nel migliore dei casi, per la visibilità anche coi colleghi, si fanno carte false per averlo. Tutti sappiamo, del resto, come, in vista dell’abilitazione, le case editrici siano state prese d’assalto dagli aspiranti candidati, ansiosi di ottenere almeno un codice ISBN da presentare. Le pratiche per pubblicare un testo sono molteplici, in un paese l’editoria è in crisi da anni e in cui non esiste una politica seria e trasparente di sostegno alle pubblicazioni scientifiche, che ovviamente non possono, nella stragrande maggioranza dei casi, reggersi sul mercato, tanto più che le biblioteche universitarie, che dovrebbero esserne i principali destinatari, sono in ginocchio e non comprano quasi più nulla. Per poter pubblicare il libro, allora, se ne garantisce all’editore l’adozione, di modo da assicuragli le vendite, spesso con un sistema di favori incrociati: è un gesto di gentilezza verso un collega adottare il suo libro, cortesia che sarà presumibilmente ricambiata. Siccome poi ormai i libri, per essere adottati, non devono superare un certo numero di pagine (possibilmente 200­250) per il “tetto” messo sui testi che gli studenti devono portare agli esami (così aumenta la quantità dei somari laureati!), molti colleghi si sono messi a fare in fretta e furia volumetti assai generali adatti alla bisogna, per avere anche un po’ di mercato – il che ha la perversa ricaduta che gli editori storcono il naso davanti a volumi più corposi, che “non vanno”, con la conseguenza di creare un circolo vizioso che fa abbassare ulteriormente il livello, tanto più che i vecchi libri vengono tolti dalla circolazione per i costi che comporta mantenerli. Senza contare che la scomparsa accelerata di opere di riferimento, sostituite da testi più agili, distrugge un altro istituto cruciale della vita culturale quali erano (e sono in molti paesi, come la Francia) i cataloghi editoriali. Se non si può far adottare il proprio libro, l’alternativa c’è: pagare gli editori, ridotti ormai al triste ruolo di stampatori. Si paga, e anche profumatamente, usando fondi pubblici, magari dirottati tacitamente ad hoc dai fondi di ricerca, oppure di tasca propria, attingendo magari, nel caso dei giovani ricercatori, al patrimonio familiare, perché tanto più prestigioso è l’editore, con prezzario conseguente, tanto maggiori saranno le possibilità di riuscita del rampollo ­ nuova edizione del medievale acquisto delle cariche. Pecunia non olet, e nessun editore, nemmeno i più rinomati per la loro serietà, disdegna di incassare senza troppo rumore qualche migliaia di euro, una volta che la richiesta è appoggiata dall’accademico di riferimento, che così ricompensa l’allievo schiavo a cui magari poi fa fare corsi e esami gratis, nella più pura logica della clientela universitaria. C’è poi la pletora dei piccoli editori locali, a volte sovvenzionati dalle amministrazioni o da fondazioni private, che si sono moltiplicati come funghi negli ultimi tempi e ci invadono di offerte pubblicitarie per pubblicare con loro a prezzi competitivi. L’ultima che ho ricevuto, particolarmente grottesca, offre per meno di mille euro il libro “chiavi in mano” in 5 giorni lavorativi, e garantisce tutti i requisiti formali richiesti dall’ANVUR – presenza nelle banche dati internazionali, citazioni e via dicendo. Con questo, pubblichino testi assolutamente degni: dico soltanto che la sede editoriale in quanto tale non è Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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non voglio affatto dire che non ci siano ottime piccole case editrici e che gli editori locali non Data
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necessariamente una garanzia di qualità, e che quindi l’idea che circola nell’Anvur di fare, dopo i pasticci fatti con le riviste, anche una lista di editori “scientifici” è sbagliata, perché serve soltanto a far lievitare i prezzi. Non c’è niente da fare, se si vuole valutare un testo, l’unico modo è leggerlo. Non ci si può nemmeno affidare alle recensioni, e non solo sulla stampa, fatte in genere in base alle reti di conoscenza personale, ma nemmeno sulle riviste specializzate, perché le recensioni critiche sono www.ecostampa.it
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passate di moda (uno sgarbo al collega o al suo protégé?), il che inquina la vita scientifica – del resto l’Anvur le scoraggia, visto che nel totopunti dell’Agenzia le recensioni contano pochissimo. E questo incoraggia la superficialità e l’ignoranza, uccide il pensiero critico. Se serve per dare visibilità, nuovo idolo dell’era dello spettacolo, il libro in sé serve quindi a ben poco come indicatore del valore della ricerca. Anche perché nell’epoca del copia­incolla fare un libro in fretta, approfittando delle diverse opportunità, è spesso più semplice e veloce che non scrivere un buon saggio di ricerca. La commissione avrebbe quindi dovuto usare, almeno a pari merito, gli articoli pubblicati in sedi qualificate, perché, quando si porta avanti una ricerca di un certo respiro, prima di approdare alla monografia in genere si espongono e si approfondiscono singole parti del lavoro in corso d’opera in una serie di saggi, che vengono sottoposti al giudizio della comunità scientifica prima
di arrivare al pubblico più vasto. Questo permette, tra l’altro, di snellire il prodotto finale, perché una serie di dettagli specialistici per addetti ai lavori vengono sostituiti col rinvio a testi precedenti, scritti, questi, con le regole filologiche classiche della costruzione del sapere, cioè con le note che rinviano alle fonti, primarie e secondarie, su cui si basano le affermazioni sostenute. Se la mia affermazione non ti convince, puoi andare a verificare la fonte e avanzare le tue obiezioni. Prendere o lasciare. Senza contare che l’umile e paziente lavoro di verifica che serve per far le note è certo assai dispendioso in termini di tempo, ma è indispensabile, non solo perché evita sviste e castronerie, visto che la memoria è fallace, ma anche perché impone quel rigore del metodo che solo legittima le pretese della storia di essere una disciplina “scientifica” e non un’arte. Questo è, come insegnava Marc Bloch, uno dei più grandi storici del XX secolo, le métier d’historien. Proprio per questa ragione trovo sconcertante la nuova moda, assai in voga fra i contemporaneisti (incoraggiati dagli editori, preoccupati dall’abbattimento dei costi), di non mettere più le note, col comodo pretesto che “appesantiscono” il testo, e sostituirle con magari corpose bibliografie, che spesso colpiscono però soltanto chi non è al corrente dello stato dell’arte: questo mina alla base la costruzione stessa del sapere e rende il discorso molto più autoritario, svilendo il pensiero critico (è vero perché lo dico io). E trovo altrettanto sconcertante che la mediana degli articoli in fascia A degli ordinari fosse… zero! Forse per questo la commissione di storia contemporanea ha ritenuto di non tenere in alcun conto, in barba alla normativa, i saggi, nemmeno appunto quelli della cosiddetta fascia A, che dovrebbero avere un grado di scientificità indiscutibile. Peraltro, è bene ricordare che, per contemporanea, la fascia A era stata stabilita in modo del tutto arbitrario e immotivato, tale da far pensare a una spartizione, al riparo da sguardi indiscreti, fra consorterie accademiche. L’associazione dei contemporaneisti, la Sissco, non ne ha mai discusso. Con la motivazione della strettezza dei tempi (cosa che però non è avvenuta, per esempio, fra i modernisti), il presidente Agostino Giovagnoli, erede di Andrea Graziosi e a lui assai vicino, ha chiesto che gli venissero inviate personalmente le nostre osservazioni, senza passare per la lista; ha accolto alcune osservazioni rifiutandone altre, ma senza una pubblica discussione e quindi senza alcuna condivisione da parte della comunità scientifica, le cui perplessità sono state messe a tacere – anche perché molti, soprattutto quelli in posizione più debole, hanno spesso paura di parlare, perché si sa (o si teme) che il mondo accademico non perdoni. Come poi la lista sia stata confezionata all’Anvur, da quali esperti e con quali criteri non ci è stato dato di sapere, poiché i verbali con le motivazioni, se esistono (come dovrebbero), non sono stati mai resi pubblici. E questo alla faccia della tanto decantata “trasparenza”, che, col “merito”, è operazione è stato che tre delle principali riviste nazionali sono state degradate in serie B: Parolechiave, la rivista della Fondazione Basso, nella cui redazione siedono alcuni fra i più stimati Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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l’altra parola chiave della neolingua di orwelliana memoria dell’Agenzia. Il risultato di questa Data
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contemporaneisti italiani, seppure ormai in pensione, quali Mariuccia Salvati e Claudio Pavone – paradossalmente Parolechiave, che è in effetti interdisciplinare (ma tutto è storia, come insegnava sempre Marc Bloch!), è in fascia A in diverse altre discipline; Italia Contemporanea, la rivista degli Istituti di storia della Resistenza (omaggio allo spirito dei tempi?); Meridiana, che è stata una delle www.ecostampa.it
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riviste più innovative degli ultimi vent’anni e forse ha il solo difetto di essere stata fondata da Piero Bevilacqua, storico certo di indubbio valore, che ha però apertamente rifiutato fin da subito, per protestare contro la Gelmini, di prestarsi ai giochetti dell’Anvur. Si è salvata Studi storici, della Fondazione Gramsci, soltanto perché, avendo fiutato subito l’aria che tirava, ha energicamente protestato per tempo, visto che era al tempo l’unica rivista storica italiana a esser presente sul prestigioso J­store. E’ vero che le riviste italiane di storia contemporanea sono tutte in stato di sofferenza perché sono specchio di una ricerca che manca di mezzi e finanziamenti ormai da anni; ma questa non è una buona ragione per procedere in modo così palesemente arbitrario. La discrezionalità non è stata minore per le riviste straniere, anzi: sono finite in fascia A riviste che hanno pochissimo credito in campo internazionale, tanto da far pensare che fossero lì ad personam, per favorire qualche pupillo, mentre altre di nota reputazione ne sono state incomprensibilmente escluse. La commissione di storia contemporanea, quindi, per valutare il merito, ha usato un indicatore quantitativo che non dice nulla della qualità della ricerca, non ha tenuto in alcun conto il solo indicatore che, con tutti i limiti, poteva riflettere effettivamente il valore delle ricerche e ha ignorato il terzo, il che vista la definizione della fascia A, poteva dare utili elementi di giudizio sull’attività di ricerca. Per non parlare del trattamento riservato all’internazionalizzazione, altra parola di cui si riempiono la bocca i signori dell’Anvur. Tenendo in dovuto conto lo smaccato provincialismo della stragrande maggioranza dei nostri candidati, la commissione ha stabilito che, per vedersi riconosciuto il requisito aggiuntivo dell’internazionalizzazione, bastasse… aver trascorso un mese a far ricerca o insegnare all’estero, oppure aver pubblicato un articolo in lingua straniera! Intendiamoci, nemmeno l’internazionalizzazione può diventare un feticcio, perché è evidente che, per quanto il sapere sia universale, come insegnavano i Lumi, nelle discipline umanistiche c’è molta più frammentazione specialistica. Se uno studioso si occupa di storia locale, per esempio, è ragionevole pensare che pubblichi prevalentemente in italiano (il che non toglie che possano essere testi preziosi) e abbia minori occasioni di scambio con l’estero rispetto a colleghi che studiano questioni più ampie, che maggiormente si prestano a collaborazioni e pubblicazioni internazionali. Il problema anche qui è che un indicatore quantitativo non serve a niente. Anche perché sappiamo tutti che, poiché l’internazionalizzazione è fra le parole d’ordine europee, tutti si sono affrettati, negli ultimi anni, a cercare contatti con le università straniere, che avevano il nostro stesso problema di “internazionalizzarsi” – donde il moltiplicarsi di scambi con centri di ricerca spesso sconosciuti, che pesano però come i più celebri.
A conti fatti, quindi, per il tanto decantato merito in versione ANVUR non conta la qualità della ricerca, ma conta essenzialmente la quantità: ed è questa la cosa più grave e pericolosa, perché da un lato distrugge le fondamenta stessa del sapere e, dall’altro, dà ai giovani ricercatori un messaggio del tutto fuorviante. L’importanza accordata agli indici meramente quantitativi, e al libro in particolare, servirà infatti forse a stanare i “fannulloni” di brunettiana memoria (che, se non hanno niente da dire, è meglio che non scrivano, almeno si risparmiano carta e tempo!), ma è deleteria per la costruzione del sapere, che ne viene svilita e corrotta, perché, costringendo a fare in fretta, porta a far scivolare in secondo piano il rigore metodologico e spinge alla superficialità, visto che un libro serio è mediamente frutto di anni di paziente lavoro, di lento accumulo del sapere. Non solo. Se conta solo il numero, tanto vale occuparsi di questioni semplici, o ancor meglio alla moda se non addirittura scandalistiche, che garantiscono pubblicità e notorietà immediata, indipendentemente dal contenuto e dalla serietà. Il che vuol dire scoraggiare la ricerca di base, su questioni fondamentali e di ampio respiro, che infinitamente maggiore di temi circoscritti o di moda. Il principio del “publish or perish”, rozzamente Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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richiedono tempi lunghi per essere fatte come si deve, perché incorporano una quantità di lavoro Data
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scimmiottato dagli Stati Uniti in nome della modernità, è inoltre devastante per i giovani – gli studiosi di domani ­, spinti a sbrigarsi a pubblicare a tutti i costi il “libro” senza avere il tempo di maturare, cosicché materiali come le tesi di dottorato, che potrebbero dare ottimi articoli, diventano facilmente mediocri volumi, anche perché, con la moltiplicazione esponenziale delle conoscenze e delle pubblicazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, riuscire soltanto a padroneggiare la www.ecostampa.it
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produzione esistente e tenersi aggiornati richiede un tempo notevole. Del resto, per quel che io posso giudicare nel mio settore sulla produzione statunitense, l’imperativo di pubblicare un libro ogni tre anni fa sì che quello che potrebbe essere un buon saggio di ricerca viene allungato e sbrodolato fino a dar vita a un volumetto di un paio di centinaia di paginette, confezionato ricorrendo agli schemi stereotipati delle diverse scuole, il che porta a una sempre maggiore omologazione del sapere e svilisce ancora una volta il pensiero critico, con buona pace dello spreco di carta e inchiostro. Quanto ai nostri ricercatori, questi si trovano inoltre costretti, per poter aumentare il numero delle pubblicazioni, a preferire a un saggio impegnativo, momento importante nella maturazione di un giovane studioso, uno “spezzatino” di 3 o 4 articoli brevi, che, purché superino la fatidica soglia delle 20.000 battute, valgono ben di più di un solo scritto più lungo e ponderato. Questo sistema li incita ulteriormente a scegliere temi facili, che permettono di fare più in fretta a pubblicare e aumentare così la produzione quantitativa. Per chi insegna a fare ricerca e ha a che fare coi giovani, insorge a questo punto un problema etico: come faccio a insegnare a lavorare sul serio, a mettere in discussione i luoghi comuni, a studiare e limare anche cento volte una frase, se poi so che il mio sventurato allievo verrà penalizzato da un sistema che premia le quantità senza andar troppo per il sottile? Non contenta dei disastrosi risultati dell’esperimento dell’abilitazione nazionale e incurante della protesta delle comunità scientifiche, l’ANVUR sta continuando a tirar dritta per la sua strada e sta mettendo a punto, anche per le scienze umane e sociali, un ulteriore sistema di valutazione quantitativa basato su pretesi indicatori ancor più “oggettivi”, come se i numeri non si costruissero, ma fossero neutri. Il nuovo idolo dell’Anvur, come è noto, è la bibliometria, che vorrebbe “misurare” il valore di uno scritto a partire dalle citazioni ricevute, come se queste potessero render conto della qualità della ricerca (se scrivi idiozie, e ti cito per confutarti, tu guadagni punti! Ne guadagni ancora di più con scritti scandalistici o alla moda, naturalmente!). Del resto, siccome dell’introduzione della bibliometria come parametro di valutazione della ricerca si vocifera da anni, i più furbetti hanno cominciato già a metter le mani avanti e le note, da un po’ di tempo a questa parte, hanno assunto un particolare valore mercantile: ti cito se mi citi, cito il tale perché me lo voglio ingraziare, non cito il tal’altro perché, anche se ha scritto cose fondamentali, fa parte di un’altra consorteria e via dicendo. Cambia così la natura delle note, che da strumento – e prova – di rigore scientifico diventano merce di scambio di un mercato invisibile ai più. Possibile che nessuno riesca a fermare questo teatro dell’assurdo in cui la Gelmini ha fatto precipitare l’università e a vederne le conseguenze? Eppure basterebbe anche solo ricordare il disastroso fallimento della pianificazione sovietica, basata proprio sull’esaltazione degli indici quantitativi a discapito della qualità. Negozi desolatamente vuoti, con scaffali colmi magari di stivali di gomma numero 48, perché la produzione della relativa impresa era misurata in quantità di gomma utilizzata e i responsabili, costretti a rispettare formalmente il piano, se ne infischiavano del fatto che i piedi dei loro malcapitati concittadini fossero più corti; casalinghi in cui potevi trovare soltanto, con disperazione degli aspiranti acquirenti, padelle pesantissime, ma non altri utensili metallici insostituibili come apriscatole o schiacciapatate, perché la produzione degli articoli da cucina era valutata secondo con l’indice della quantità di metallo impiegato, il che non rendeva conveniente produrre oggetti che richiedevano quantità di metallo inferiori – questi si potevano trovare, magari, fra souvenir, pagandoli naturalmente a prezzo ben più alto per via del manico decorato in stile nazional­
popolare. E gli esempi potrebbero essere infiniti. Era la logica conseguenza non solo (e nello specifico non tanto) della mancanza del feed­back del mercato, panacea dei neoliberisti, ma di una norma Sarebbe interessante sapere quant’è costata ai cittadini, in un paese sull’orlo della bancarotta, questa Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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sbagliata, che faceva della quantità un feticcio. Data
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grottesca operazione dell’abilitazione nazionale, quanto costa l’ANVUR, che ha dimostrato di non essere minimamente all’altezza dei compiti che le erano stati affidati e dei poteri che si è arrogata. Non sarebbe stato molto meglio, se veramente si vuole migliorare la qualità della ricerca, che versa in uno stato di gravissima sofferenza, usare quei soldi per comprare libri e attrezzature da lavoro per www.ecostampa.it
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studiosi e scienziati?
Post­scriptum:
Prego i critici di non cercare di delegittimare quanto ho scritto col fatto che, nonostante gli elogi che mi sono stati tributati dai commissari e il riconoscimento di una ricca produzione scientifica internazionale, non sono stata abilitata proprio per via delle famose tre monografie. Usate, per cortesia, argomenti più seri, di sostanza. Sono, e sono sempre stata, profondamente convinta del fatto che il merito, misurato in termini di qualità della produzione scientifica e di arricchimento del sapere, dovesse essere il criterio fondamentale per selezionale il personale docente dell’università, che ritengo abbia una funzione essenziale in una società che si vuole democratica e moderna. E proprio per questo sono stata sin dall’inizio contraria al sostanziale commissariamento dell’università da parte dell’ANVUR, organo assolutamente discrezionale, di nomina politica, investito di vasti poteri senza peraltro averne le competenze necessarie (dove sono gli esperti di valutazione?), e sono stata con roars contraria all’abilitazione scientifica nazionale così come è stata concepita, perché ero e sono convinta che fosse una procedura che, dietro l’apparenza tecnocratica e il ricorso a una pretesa oggettività quantitativa, avrebbe solo potuto discreditare il concetto stesso di merito, come del resto sta accadendo. Per quel che mi riguarda, non vi preoccupate. Se sono rimasta sorpresa, è stato per l’arroganza della commissione, che ha applicato acriticamente criteri meramente quantitativi senza degnarsi di leggere i testi e di dare di conseguenza dei giudizi di merito, come prescritto. Anch’io ero a conoscenza, come tutti i miei colleghi, del fatto che “servisse” un nuovo libro. E non mi sono nemmeno, pensate un po’, mancate le offerte. E’ stata una mia scelta consapevole, nonostante mi fosse stato da più parti suggerito, non precipitarmi a confezionarne uno in fretta e furia in vista dell’abilitazione, perché così fan tutti. Ho troppo amore e troppo rispetto per i libri per farlo, e non lo farò nemmeno in futuro. Quando la Storia del Gulag su cui sto lavorando ormai da diversi anni sarà pronta, quando cioè avrò trovato una risposta convincente se non a tutte le domande, almeno a quelle fondamentali, la pubblicherò. E questo non perché io sia una perfezionista o perché soffra del complesso di Penelope, ma perché sono convinta che è così che si deve lavorare, se si vuole dare il proprio modesto contributo alla costruzione di un sapere che non sia funzionale soltanto all’attimo fuggente. Se qualcuno mi convincerà del contrario, sono pronta a cedere le armi e a chiudere il lavoro a breve termine, smettendo di scavare.
[1] Si veda, in particolare, la nota circolare n 754 del MIUR dell’11.1.2013, che precisava tra l’altro che l’abilitazione poteva esser data anche a chi non avesse passato le mediane, ovvero negata a chi le aveva passate in base a un giudizio di merito di cui si raccomandava l’analiticità (http://www.anvur.org/attachments/article/252/Circolare%
20Profumo%20ASN%20gennaio%202013.pdf).
[2]http://www.anvur.org/attachments/article/44/documento01_11.pdf.
26. U. Melotti, Il caso del commissario­ministro
Una delle più gravi anomalie della recente ASN concerne un settore sociologico: Sociologia economica, del lavoro, dell’ambiente e del territorio (14/D1). La vistosa anomalia (la presenza fra i commissari di un ministro in carica) è stata oggetto anche di un’interrogazione ministro nel governo Letta, ha così dovuto rispondere alla Camera, il 12 febbraio 2014, su quel Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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parlamentare. Carlo Trigilia, il membro di quella commissione che era contemporaneamente Data
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suo duplice ruolo, non solo inopportuno per molti, che ne avevano subito parlato, ma, a giudizio dell’interrogante, anche illegittimo, perché in contrasto con le norme sull’incompatibilità, di cui all’art. 13 del DPR 382 del 1980.
Sintetizzo qui le risposte del commissario­ministro:
1) per quanto concerne l’incompatibilità, Trigilia ha sostenuto che il suo caso costituirebbe www.ecostampa.it
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un’eccezione prevista da quello stesso DPR, perché era divenuto ministro quando già era commissario. L’interrogante, “insoddisfatto”, ha ribadito che l’eccezione invocata da Trigilia è formulata in modo “ambiguo”. Sul piano formale, probabilmente Trigilia non ha violato la legge, anche se la ratio sostanziale della norma, secondo i suoi proponenti, era, come ha sottolineato l’interrogante, quella di evitare l’indebita influenza di un commissario con un rilevante ruolo politico;
2) per quanto concerne l’inopportunità della sua “doppia presenza”, Trigilia ha sostenuto che i giudizi individuali sui candidati di prima fascia erano in gran parte già stati formulati prima della sua nomina a ministro e che le sue eventuali dimissioni dalla commissione avrebbero comportato un allungamento dei tempi, mentre i lavori della commissione sarebbero stati, a suo dire, in dirittura di arrivo. Ciò però non era affatto vero, perché, come emerge chiaramente dai verbali, ai 221 giudizi individuali sui candidati di seconda fascia i commissari hanno cominciato a dedicarsi solo dopo la nomina di Trigilia a ministro e i lavori della commissione erano quindi ben lungi dalla conclusione. In effetti si sono poi conclusi non il 30 maggio 2013 (la data addotta da Trigilia a sua parziale giustificazione), ma quasi sei mesi dopo, il 20 novembre.
Nessuna parola Trigilia ha speso sulla più ovvia alternativa a sua disposizione: se riteneva davvero tanto importante continuare a fare il commissario, poteva benissimo non fare il ministro, cosa che nessuno gli aveva prescritto. L’Italia non avrebbe certamente avvertito la sua mancanza (come sembra confermare anche il fatto che, nella formazione del successivo governo Renzi, il suo nome non è mai neppure apparso nel totoministri).
Nessuna parola Trigilia ha speso anche sulla possibilità di assolvere in modo adeguato entrambe le funzioni: dedicarsi alle molte incombenze previste dalle numerose e impegnative deleghe di governo a lui affidate (visibili digitando su Google “ministro Carlo Trigilia deleghe”), per tacere delle riunioni ministeriali, delle presenze in Parlamento, delle visite e delle trasferte legate alle sue funzioni, delle interviste e delle polemiche politiche (come quella ben nota sui fatti dell’Aquila), e, contemporaneamente, leggere e valutare attentamente e serenamente le pubblicazioni dei residui candidati di prima fascia e di tutti i 221 candidati di seconda fascia. Gioverà ricordare che ogni candidato presentava sino a 18 pubblicazioni per la prima fascia e sino a 12 pubblicazioni per la seconda fascia, fra cui libri anche assai complessi, di centinaia di pagine, in parte scritti in lingue straniere.
Nessuna risposta Trigilia ha dato anche alla critica mossagli dall’interrogante per l’utilizzazione di una sede politica, quella del suo ministero a Roma, in luogo della sede a suo tempo designata secondo le procedure, l’Università di Macerata, per la seduta conclusiva della commissione (tutte le altre sedute, dopo la prima, erano state tenute solo per via telematica). Un’utilizzazione del tutto indebita, a giudizio dell’interrogante, che mostra la soggezione degli altri commissari alle particolari esigenze del commissario­ministro.
I giudizi del commissario Trigilia, sommari ed estremamente sintetici (anche di una sola riga e mezza o due), in luogo dei prescritti giudizi “analitici” per tutti e “rigorosamente motivati” per i candidati non abilitati nonostante il superamento delle “mediane”, sembrano confermare l’impossibilità pratica di svolgere contemporaneamente i due ruoli nel rispetto della normativa. Si aggiunga che molti giudizi di Trigilia sembrano singolarmente simili a quelli del Presidente della commissione.
Ma perché il ministro Trigilia non ha utilizzato la sua posizione per chiedere a tutti i membri della commissione di rispettare almeno le norme sui giudizi “analitici” e “rigorosamente motivati”? Perché non ha dato lui per primo il buon esempio in proposito e non ha affermato che come ministro non poteva avallare una così palese violazione delle norme? Perché non ha sollevato il problema della non pertinenza disciplinare di un altro commissario, cosa di per sé sufficiente a inficiare tutta la procedura? (uno dei commissari era un docente di criminologia, materia non compresa fra quelle del settore 14/D1 e neppure loro “affine”).
Per accedere al video integrale con la risposta di Trigilia alla Camera si può digitare su Google “Incompatibilità­Trigilia­ ministro­ in­ aula”.
Umberto Melotti 25. Retevitruvio, Lettera aperta al Ministro dell’Università e della Ricerca
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Onorevole Ministro
A nome dell’Associazione Scientifica Nazionale RETEVITRUVIO, Rete interuniversitaria italiana di architettura per i SSD ICAR 14­15­16, Le chiediamo di rivedere integralmente la procedura relativa all’ASN 2012 per il settore concorsuale 08/D1, Progettazione architettonica. Si tratta di un settore complesso da giudicare per la sua natura doppia: scientifica e artistica, che avrebbe www.ecostampa.it
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meritato il massimo della responsabilità istituzionale da parte della Commissione giudicatrice, che qui invece ha mostrato di muoversi senza i necessari fondamenti della disciplina. La richiesta di invalidazione si basa sui seguenti motivi:
■ Per la prima volta, a nostra memoria, nella storia del reclutamento italiano universitario nel settore della progettazione architettonica, i risultati lasciano intendere che i criteri di selezione siano stati applicati in maniera deliberata non ai singoli candidati, ma a “insiemi” di individui appartenenti a “scuole” o più semplicemente a “schieramenti” culturali. Per la prima volta non ci sono Commissari “sconfitti”, complice la richiesta maggioranza di 4 commissari su cinque su un numero di candidati “privo di limite”.
■ Gli “insiemi” di individui che non hanno ottenuto l’abilitazione sembrano identificabili con aree scientifico–culturali e/o professionali considerate come “nemico culturale” da rimuovere sulla base di un sistema competitivo fondato sul “business” dell’industria culturale e del professionismo.
■ La relazione intercorrente fra i “criteri dichiarati” nella prima seduta, e i “criteri applicati” nella valutazione dei titoli è stata nel corso dei lavori una variante opzionale.
■ Una parte consistente dei giudizi espressi è di natura offensiva e lesiva dell’immagine disciplinare e professionale del settore: essi sono motivati in modo generico, molto lontano dalla loro necessaria qualità scientifica.
Stiamo così assistendo al tentativo di distorcere il fine istituzionale dell’ASN, teso a una verifica dei titoli per accedere all’abilitazione, e quindi alle possibili tornate di chiamate o di upgrading delle strutture. Un cambiamento di rotta che entra nel merito non solo dei titoli ma della natura stessa delle ricerche con pesanti valutazioni e giudizi, spesso emessi in base a pregiudiziali ideologiche. In questo modo l’ASN finirebbe per ridurre al minimo le prerogative degli atenei per costruire la loro docenza: alcuni di essi, non avendo abilitati o avendone in numero estremamente esiguo, non avranno possibilità di scelta, e i loro docenti saranno tagliati fuori da qualunque possibile rientro nel gioco.
Il disegno generale sotteso a questi risultati può dunque sommariamente descriversi come un tentativo di ridisegnare la mappa culturale dell’architettura in Italia basandola su una visione di parte:
■ il maggior numero degli abilitati appartiene alle sedi del nord, con la parte del leone fatta dalle sedi dove è molto attiva la lobby milanese­veneziana che fa capo all’industria editoriale di ELECTA e CASABELLA, SKIRA, DOMUS.
■ Chirurgicamente è stata decapitata la redazione dell’unica rivista “indipendente” di classe A, AIÒN, che sfugge al circuito mediatico delle Archistar.
■ Alcune abilitazioni nell’Italia centrale si devono all’appartenenza geografica di alcuni commissari (Firenze, Ascoli, Ancona), e sono sproporzionate in numero rispetto al panorama nazionale.
■ Residue le concessioni a Roma e Napoli, con alcuni abilitati “impossibili” quale premio ad personam per qualcuno dei Commissari;
■ Pochissime le abilitazioni nei politecnici di Torino e di Bari (qui nessuna in prima fascia) e negli atenei di Cesena, Reggio Calabria, Palermo.
■ A più dei due terzi degli aderenti a RETEVITRUVIO che hanno partecipato all’ASN è staa negata l’abilitazione.
Onorevole Ministro
di tutto ciò le sarà consegnato a breve un dossier documentale che dimostrerà quanto da noi sostenuto, e Le chiediamo a nome dell’associazione scientifica che rappresentiamo, i cui membri sono stati notevolmente decimati, di salvaguardare la nostra dignità di docenti e ricercatori impegnati in prima linea in una battaglia a favore di una architettura libera dai Prof. Franco Purini, Presidente RETEVITRUVIO
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pregiudizi ideologici e dai lacci con i comitati d’affari della professione e dell’industria culturale.
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Prof. Claudio D’Amato, Direttore RETEVITRUVIO
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24. L. Bifulco, Abilitazioni e lotterie
Nessuna delle molti voci critiche che si sono espresse in questi giorni sulle abilitazioni nazionali ha posto finora un problema: a cosa serve effettivamente a questo punto l’abilitazione? Lo pongo io, sociologa abilitata alla prima fascia in due settori disciplinari. Siamo in tante e tanti ad avercela fatta nel mio Dipartimento, Milano­Bicocca. Nel quadro delle attuali scelte allocative riguardo all’università pubblica, questo significa che la probabilità individuale di riuscire a passare alla fascia superiore (ovviamente attraverso il concorso locale) è bassissima. O meglio, ricercatrici e ricercatori hanno qualche chances in più, grazie al piano straordinario. Ma per noi della seconda fascia si parla di uno, forse due posti a concorso. Non dico nell’immediato ma nei prossimi quattro anni. Detto diversamente, l’abilitazione è una colossale presa in giro. Qualche giorno fa parlavo con una collega dell’eventualità di affidare a una lotteria le selezioni dei troppi candidati abilitati: un criterio per decidere altrettanto iniquo ma, stando così le cose, più accettabile di altri.
Alla prova delle sue conseguenze concrete, il meccanismo di valutazione e reclutamento introdotto dalla Gelmini, lungi dall’introdurre finalmente criteri di merito ecc. ecc., si conferma come un potentissimo strumento per:
­ ridurre la spesa
­ esacerbare la conflittualità di tutti contro tutti
­ svilire competenze (dopo averle certificate)
­ rafforzare lo stampo già abbondantemente verticistico del modello di governo (non chiamiamolo governance, per favore, perchè la governance è un’altra cosa!) delineato dalla riforma
­ far implodere l’università pubblica.
I nostri colleghi sociologi francesi direbbero: per attuare una politica di smantellamento dell’università pubblica senza dirlo.
Queste considerazioni, mi rendo conto, andrebbero, argomentate molto di più. Per amor di brevità mi limito ad aggiungere che, presi congiuntamente, la (tiepida) mobilitazione a favore di un piano straordinario associati e il silenzio rispetto alla prima fascia la dicono lunga sul modello istituzionale di università che stiamo mettendo in atto grazie alle scelte assunte sia a livello nazionale sia a quello locale: poteri fortemente centralizzati e concentrati nelle mani di pochi, a livello di ateneo (appunto: altro che governance); un numero ristretto di ordinari con compiti di gestione e di fund raising, una moltitudine (si fa per dire) di associati che coprono quasi tutta la didattica, ricercatori quanto basta per corrispondere alla retorica del “largo ai giovani perché meritevoli” ma comunque a tempo determinato, a livello di dipartimenti. Tutto questo, oltre a evidenziare deficit sempre più elevati di democraticità, sostenibilità ed efficacia, ha poco o niente a che fare con un modello basato sul merito come misura delle attribuzioni delle posizioni e dei riconoscimenti.
Tengo molto sia al mio futuro (benché da un pezzo non più giovane), sia al futuro della sociologia, sia a quello dell’università italiana. Spero perciò davvero che su questo punto si sviluppi non solo un dibattito ma anche qualche proposta, che nel mio scoramento di doppia abilitata non riesco proprio a immaginare.
Lavinia Bifulco, Dipartimento di Sociologia, Milano­Bicocca 23. R. Caso, M. Granieri, Vincitori e vinti? Alcune domande sull’ASN
Sia detto chiaramente e in principio: gli autori di queste pagine sono tra coloro risultati “non abilitati” nella procedura dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), in particolare per quanto attiene alla prima fascia nel settore concorsuale 12/E2 – Diritto comparato. Se qualcuno pensasse che gli argomenti esposti di seguito siano interessati e giustificati dall’esito della valutazione, avrebbe tutte le ragioni. I nostri curricula sono disponibili on­line, la nostra Sull’ASN – incredibilmente ancora non conclusa – piovono critiche circostanziate a tutti i livelli: Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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produzione scientifica è facilmente reperibile e ognuno può farsi la propria idea.
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politico (con interrogazioni parlamentari al Ministro competente per materia), giudiziario (con ricorsi al TAR) e mediatico (con testate, blog e social network che denunciano, commentato e discutono). Ora, se fosse soltanto un manipolo di esclusi a parlarne, nelle alte sfere del potere ministeriale, nelle associazioni scientifiche, nelle scuole accademiche e, per quel che più conta, nella società civile si potrebbe ben concludere che, statisticamente, qualcuno è sempre scontento di come vanno le cose; si tratterebbe, in altri termini, di fisiologico (e marginale) www.ecostampa.it
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dissenso.
Purtroppo, però, nel caso dell’ASN la statistica appare ribaltata, perché quando è una moltitudine a parlarne e a dolersi di risultati che, in molti casi, vanno dal grottesco al vergognoso, i rapporti tra ciò che è normale e ciò che è patologico sono ribaltati. Fare finta di nulla, in questi frangenti, non solo non è possibile, giuridicamente, politicamente, ed eticamente, ma è addirittura sospetto, esattamente come sarebbe sospetta la lettera aperta di due “esclusi” in un mare di abilitati.
In questo gioco del silenzio (da parte di chi ha la responsabilità) si sta consumando l’ennesimo eccidio all’università italiana, quella stessa che – in una sorta di intollerabile schizofrenia istituzionale – viene blandita perché vittima di sistematici tagli e di improbabili riforme normative, ma parallelamente aiutata nell’eutanasia con la messa in opera di procedure di valutazione mal congegnate e – anche con il fine incoffessabile di scatenare una guerra tra poveri – peggio attuate.
Non c’è dubbio che, in molti casi, l’ASN sia stata travisata e trasformata, all’insegna della più classica eterogenesi dei fini, in una procedura di valutazione comparativa sotto mentite spoglie, ispirata a logiche che nulla hanno a che vedere con le finalità della legge. Nel settore 12/E2 il risultato è macroscopico e persino l’Associazione Italiana di Diritto Comparato ne ha preso (timidamente) atto.
Con la Delibera del 10 gennaio scorso, infatti, il Direttivo dell’AIDC ha espresso alcune considerazioni critiche a margine del sistema dell’ASN. In particolare, il Direttivo ha sottolineato i seguenti punti.
­ “E’ sempre opportuno ricordare che la procedura in oggetto non è finalizzata alla selezione di un numerus clausus di idonei ‘vincitori’, ma mira all’individuazione di una ‘platea’ di abilitati, potenziali concorrenti nelle singole selezioni indette su base locale. E’ auspicabile pertanto che, ferme restando la sussistenza dei presupposti di legge per l’abilitazione e la valutazione di merito della commissione, tale ‘platea’ sia la più estesa possibile proprio in funzione delle successive selezioni da parte dei singoli atenei, che vanno messi in condizione di scegliere tra differenti profili, caratteristiche e peculiarità di un numero ampio di candidati”.
­ “E’ auspicabile che nella valutazione di afferenza delle pubblicazioni dei candidati al settore disciplinare si tenga conto [della “declaratoria” che descrive il settore Diritto comparato 12/E2], siccome è stata intesa nell’esperienza ‘vivente’ del diritto comparato in questi anni, ad esempio nei colloqui biennali dell’Associazione, sempre aperti, nel rispetto del pluralismo delle metodologie, sia alla micro­comparazione che alla macro­comparazione nonché a tutti quei fenomeni, modelli, tendenze che contraddistinguono o favoriscono o condizionano, anche nella dimensione sovranazionale, processi di integrazione e di uniformazione giuridica”.
­ “Nel suo insieme la disciplina dell’ASN sembra condizionata da una grave contraddizione, che è complessiva e di ‘sistema’, tra la prospettiva della ‘valutazione’ quantitativa (…di cui è espressione il modello delle ‘mediane’ e prima ancora della VQR) e l’ineludibile valutazione scientifica, siccome consolidata nella tradizione accademica, del merito scientifico dei candidati. Di ciò è riflesso l’opzione della commissione – e non soltanto del settore 12E2 – di tener conto, ma non in termini esclusivi, delle mediane, dando tuttavia prevalenza alla qualità dei lavori allegati da ciascun candidato. Nondimeno, la scansione temporale del procedimento, afflitto dalla tendenza, legislativa ed amministrativa, a misurare l’efficienza in ‘rapidità’, rischia di incidere sulla valutazione e sulle scelte compiute dai commissari […]”.
Vorremmo muovere da quest’ultimo rilievo che attiene alle contraddizioni “complessive e di sistema” per porre alcune questioni alla comunità scientifica e a tutti coloro che hanno a cuore l’università.
I vizi complessivi e di sistema dell’ASN sono, a nostro modo di vedere, numerosi e gravissimi.
a) Ruolo dell’ANVUR, metodo di selezione dei commissari e trasparenza della procedura.
a1) L’ANVUR elabora, con propri atti, i parametri per la valutazione dei commissari e dei candidati In altre parole, l’ANVUR – agenzia ministeriale i cui componenti sono nominati e non rappresentano la comunità scientifica – è al tempo stesso “legislatore” e “giudice” nel Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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all’ASN, ma seleziona altresì i commissari giudicando sulla “qualificazione scientifica” degli stessi. Data
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reclutamento dei professori universitari. È legittimo questo accentramento di potere? È fisiologico? È auspicabile che questo scenario rimanga immutato?
a2) Mentre i documenti – domande, parametri quantitativi e giudizi finali – relativi ai candidati al conseguimento dell’ASN sono accessibili per diversi mesi (per la precisione: 120 giorni) su Internet dal sito dell’ASN, gli atti con i quali l’ANVUR ha selezionato i commissari non risultano www.ecostampa.it
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accessibili dal medesimo sito né da quello dell’ANVUR. Come si spiega questa disparità di trattamento? La trasparenza dell’operato dell’ANVUR – solennemente declamata all’art. 13 del DPR 76/2010 – non dovrebbe valere per tutti, anche in funzione della valutazione della “coerenza” (criterio previsto dalla legge) tra i profili dei commissari e quelli dei candidati?
a3) L’art. 8, c. 2, lett. b) del DM 76/2012 prevede che il curriculum e la documentazione acclusa dell’aspirante commissario debbano attestare “il possesso di una qualificazione scientifica coerente con quella richiesta per il conseguimento dell’abilitazione per la prima fascia dei professori nel settore concorsuale di appartenenza”. Tra gli elementi che determinano la qualificazione scientifica dei candidati al conseguimento dell’ASN vi sono quelli indicati dall’art. 4, c. 4, lett. b) – i) del medesimo DM 76/2012. Ad es., la responsabilità scientifica per progetti di ricerca internazionali e nazionali, ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi che prevedano la revisione tra pari, l’attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) ufficiale presso atenei e istituti di ricerca, esteri e internazionali, di alta qualificazione, il conseguimento di premi e riconoscimenti per l’attività scientifica. Sennonché l’art. 8, c. 3, del DM 76/2012 stabilisce che il possesso della qualificazione scientifica con riferimento agli elementi ora ricordati è “assicurato dall’appartenenza al ruolo di prima fascia”. Si tratta di una sorta di presunzione assoluta (addirittura di “assicurazione”) di qualificazione scientifica, posta per decreto ministeriale, che non figura nella L. 240/2010. È legittimo e sensato questo criterio di selezione dei commissari? Non espone al rischio – o meglio: la certezza – che siano sorteggiabili commissari selezionati, di fatto, sulla base di criteri “morbidi”? In altre parole, i commissari non dovrebbero rispondere a un criterio di elevata qualificazione scientifica (verosimilmente superiore a quella dei soggetti che devono essere valutati)?
b) Giudici legislatori. La contraddizione evidenziata a proposito del ruolo ibrido dell’ANVUR si ripete per le commissioni. L’art. 4, c. 1, DM 76/2012 veste la commissione giudicatrice di una funzione normativa. Infatti, la medesima norma conferisce alla commissione il potere di non utilizzare uno o più degli “ulteriori criteri di valutazione”, previsti dallo stesso decreto, in relazione alla specificità del settore concorsuale. Anche l’art. 6, c. 5, attribuisce, a proposito degli “indicatori di attività scientifica”, un analogo potere normativo in capo alla commissione. È legittima questa commistione di ruoli? Ha senso, ad es., dare il potere di escludere dai criteri di valutazione per le candidature alla prima fascia la capacità di supervisionare dottorandi o, in riferimento alle pubblicazioni, le tematiche interdisciplinari?
c) Criteri e parametri. L’oggettività che sembrava dover ispirare l’ASN si basa anche su parametri quantitativi e qualitativi che sono stati elaborati dall’ANVUR. In particolare, il riferimento è alle mediane. Le mediane sono un criterio affidabile e scientificamente robusto? Viene effettuato un serio controllo sull’auto­qualificazione in termini di generi letterari – monografia, capitolo di libro, articolo su rivista etc. – fatta da coloro – candidati commissari e candidati all’ASN – che popolano il sito CINECA? È legittimo applicare retroattivamente un criterio nuovo, e completamente estraneo alla tradizione dei concorsi universitari, come quello del superamento delle mediane? Con riferimento alla terza mediana relativa alle riviste di fascia A per tutta l’Area 12, la cui elaborazione è avvenuta solo il 23 novembre 2012 (si badi: dopo la chiusura dei termini per la presentazione delle domande al conseguimento dell’ASN per la tornata 2012), i candidati all’ASN non solo non erano in grado di orientare le proprie scelte editoriali ma non potevano nemmeno compilare consapevolmente la domanda. È legittimo tutto questo? Non innesca un’insanabile disparità di trattamento tra i candidati della tornata 2012 e quelli delle successive tornate? In un’intervista rilasciata dal Prof. Onida a ROARS l’8 agosto 2012 in occasione dell’impugnazione davanti al TAR da parte dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti dei criteri e parametri posti dall’allegato B del DM 76/2012, l’autorevole giurista sottolineava: “[q]uello che noi abbiamo impugnato è l’allegato B del regolamento 7 giugno 2012 n. 76, dove si stabiliscono i criteri per calcolare e valorizzare le famose ‘mediane’. Quello che secondo noi è violato è l’elementare principio dell’affidamento legittimo nei confronti delle norme che costituiscono il quadro nel cui ambito il cittadino agisce. La legge non può liberamente disporre in modo retroattivo (ora per allora): è un principio generale dell’ordinamento (‘La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo’: art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile). Lo può fare, in determinate circostanze, in nome di determinati interessi generali e con rigorosi limiti, senza violare il principio di affidamento, che appunto è un caposaldo dello Stato di diritto. Stato di diritto vuol dire che l’attività delle autorità pubbliche si od omissioni siano valutate in base alle norme che erano in vigore nel momento in cui sono Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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fonda e si conforma alle norme, e quindi i cittadini si aspettano legittimamente che le loro azioni Data
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state poste in essere, non che si cambino le carte in tavola a posteriori”. Agli argomenti del Prof. Onida nessuno ha mai dato risposta. Sono intervenuti fattori che legittimano l’operato del MIUR e dell’ANVUR rendendo obsolete queste domande?
d) Le nuove tornate dell’ASN. L’art. 16, c. 3, lett. m) della L. 240/2010 prevede “la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa o per l’attribuzione dell’abilitazione alla www.ecostampa.it
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funzione superiore […]”. Se l’ASN è condizionata da una “grave contraddizione, che è complessiva e di sistema”, ha senso mantenere una preclusione di questo genere? Quale posizione intendono assumere il Parlamento, il Governo e il Ministero competente a fronte di questa assurda e ingiustificata preclusione?
Di sicuro le domande qui poste non esauriscono i dubbi generati da un sistema di reclutamento che rischia di minare in via definitiva la credibilità dell’università italiana, ma pongono problemi concreti sui quali chi scrive e, immaginiamo, tanti altri comparatisti, giuristi e colleghi di altre discipline attendono in tempi brevi soluzioni efficaci.
Non siamo alla ricerca di risposte consolatorie e pacche sulle spalle, o riservate (molto riservate) manifestazioni di simpatia e condivisione degli argomenti sollevati. Le risposte e le prese di posizione, se ci devono essere, devono essere pubbliche e argomentate, come vuole un dibattito illuminato, serio e costruttivo. O è meglio che non siano. E se fosse dato esprimere un desiderio qui ci si attenderebbero risposte da almeno due fronti.
La prima voce che sarebbe il caso di ascoltare è quella del soggetto che finora ha conservato il più rigoroso silenzio: il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Il quale Ministero ha una responsabilità giuridica, oltre che politica, perché l’art. 97 della Costituzione si applica, è inutile dirlo, anche alle sedi ministeriali. Buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione non pare siano i principi che spiccano nell’ambito dell’ASN, nelle norme che la disciplinano nonché nell’operato del Ministero e dell’Agenzia.
Dal dicembre 2013 si consumano tempo ed energie a dibattere della procedura dell’ASN che, come avevano previsto gli osservatori più attenti, sta inesorabilmente implodendo.
Non pare che il Ministero abbia mai inteso prevenire il concretizzarsi dei prevedibili risultati aberranti, né che – a danno avvenuto – abbia fatto capire, sul piano politico o sul piano giuridico, cosa ci si sarebbe dovuti attendere per provare a rimediare il disastro in atto. C’è una tradizione di silenzio ministeriale; non si tratta di un fatto isolato. Ed è di fronte alla dimensione macroscopica del problema che il silenzio prolungato diviene sospetto e inaccettabile.
C’è poi l’altra voce che farebbe piacere ascoltare, con toni chiari, forti e univoci, ed è quella delle associazioni scientifiche, che condividono una responsabilità politica, perché sono le stesse che interloquiscono con gli uffici ministeriali, che forniscono rappresentanti in seno all’ANVUR e, quando serve, anche ministri o sottosegretari. Su questo fronte l’inerzia, il silenzio o le mezze parole sono ancora più gravi, perché il quadro che si è andato delineando, fino a culminare nell’aberrazione dei risultati della prima tornata dell’ASN, non è un fatto istantaneo o puntuale. Siamo di fronte a un progetto politico, rispetto al quale le società scientifiche (e, a onor del vero, noi al loro interno), troppo spesso sono rimaste mute e ossequiose, perché era comodo così, perché distogliersi dalle occupazioni individuali è faticoso, perché il dissenso è spiacevole, talora doloroso.
Non si tratta di scegliere tra abilitati che hanno “vinto” e non abilitati che hanno “perso”, perché in un sistema di regole opache e contraddittorie, di arbitrio ricorrente, di assenza di controllo in realtà hanno perso tutti.
La vera scelta è se si vuole difendere la dignità della pubblica amministrazione e della professione accademica impostando un dibattito culturale, spostando lo sguardo dal dito alla luna, dall’esito di una procedura scelerata alle sue cause, dai destini individuali alle ragioni del fallimento collettivo, dal tecnicismo della norma all’etica che dovrebbe ispirare il comportamento di ciascuno e soprattutto di chi riveste alti ruoli istituzionali.
I nostri giovani studiosi, quelli onesti, bravi e operosi, quelli costretti in un precariato sempre più dilatato e incerto, possono sperare in un’università migliore?
Attendiamo le voci che su questo tema già da molto avrebbero dovuto levarsi.
Prof. Roberto Caso e Prof. Massimiliano Granieri 042782
22. A. Marradi, Replica agli interventi di P. Barbieri apparsi su Per la Sociologia
Caro prof. Barbieri:
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