che disgrazia solo it - Dipartimento di Lingue e Letterature
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che disgrazia solo it - Dipartimento di Lingue e Letterature
A. GRIBOEDOV. L’INGEGNO PORTA GUAI. Estratti della commedia (Trad. di. G. Gandolfo, Torino, Einaudi, 1992) LIZA Tutta la notte ha letto. FAMUSOV Ma guarda un po’ che ghiribizzi! LIZA In francese, a voce alta, chiusa dentro. <…> SOFIJA Che mi importa di quel che dice la gente? Dica quello che vuole, è il papà che mi preoccupa: brontolone, Inquieto, impulsivo lo è sempre stato, ma adesso... dimmi tu... LIZA Lo so per esperienza. Vi mette sotto chiave, e questo a me andrebbe ancora bene. Perché, Dio non voglia, potrebbe anche cacciar di casa me, Molčalin e gli altri in un noi colpo. SOFIJA Ma guarda un po’ i capricci della sorte! Ne fai di grosse e tutto passa liscio. Ma quando tutto è sereno e non pensi che alla musica, il tempo scorre tranquillo e il destino sembra proteggerci, senza dubbi e inquietudini, la sventura ci aspetta all’angolo. LIZA Ecco cosa succede a non dar mai retta ai miei consigli stupidi. Ecco i guai. Ma a che serve essere buon profeta? lo ve lo dicevo: da questo amore nulla verrà di buono, né oggi né mai. Vostro padre è come tutti i moscoviti, vorrebbe un genero con le decorazioni al petto e molto titolato. Ma si sa quelli con le medaglie non sempre hanno denaro, e lui vorrebbe che avesse pure quello, per viver bene, per poter dare dei balli. Come Skalozub il colonnello, di soldi ne ha gran tanti e forse sarà presto generale. SOFIJA Bello davvero quello! E che allegria sentir parlare! sempre di guerre e di soldati. In vita sua non ha mai detto una parola saggia. Piuttosto che sposarlo, nel fiume affogherei. LIZA Certo parole ne ha gran tante, ma è di ingegno corto. Ma, militare о no che sia, chi c’è più sensibile, più gaio e spiritoso di Aleksandr Andreič Čackij? Non lo dico per mettervi a disagio. È acqua passata, che non torna più, eppur non me lo scordo. SOFIJA Che cosa non ti scordi? È bravo a prender tutti ini giro, chiacchiera, scherza, è divertente. Ridere con qualcuno fa piacere a tutti. LIZA Soltanto questo? E basta? Aveva le lacrime, ricordo, ed era bianco in viso quando vi salutò partendo. «Perché! piangete, - dissi, - signore? Pensate a vivere e a stare allegro». Lui mi rispose: « Se piango, Liza, ho la mia ragione. Chissà che troverò tornando, e quello che avrò perso allora?» Come se lo sapesse, poveretto, che di lì a tre anni… SOFIJA Non prenderti troppe libertà, sta attenta. Forse mi sono comportata con molta leggerezza, lo so e lo confesso. Ma dov’è che ho tradito? E chi? Nessuno mi può accusare di infedeltà. È vero, Čackij ed io siamo cresciuti e siamo stati educati insieme. L’abitudine di passare insieme ogni giorno ci ha legati di giovanile amicizia. Ma poi è partito. Da noi si annoiava e veniva a trovarci di rado. Poi è tornato a far l’innamorato, mai contento e tormentato. Caustico, acuto, eloquente, felice soprattutto fra gli amici. Pensava di esser chi sa chi, gli venne voglia di andare per il mondo. Bella questa! Ma se uno ama davvero, perché andare a cercar l’intelligenza in capo al mondo? LIZA Dove sarà mai? In che parte del mondo? Dicono sia andato a far la cura delle acque, ma non perché ammalato. Forse era annoiato. SOFIJA Certo, dove più gente c’è da farsi beffe, più è felice. Quello che amo io non è così. Molčalin è pronto per gli altri a scordar se stesso, nemico dell’insolenza, sempre timido e timoroso. Con chi altro potresti mai passare la notte come con lui? Stiamo seduti e fuori è quasi giorno. E noi cosa facciamo? Cosa ne pensi tu? <…> ČACKIJ Forse è cosi. Beato chi crede, non avrà freddo al mondo! Dio mio, possibile che io sia di nuovo qui, a Mosca, da voi! Ma come riconoscervi! Dov’è quel tempo? Dov’è quell’età innocente, quando nelle lunghe sere sbucavamo da ogni parte, giocando tra i tavoli e le sedie. Vostro padre con madame faceva una partita a piquet... e noi in un cantuccio buio, forse questo - ricordate? - trasalivamo appena un tavolino scricchiolava, о una porta... SOFIJA Cose da bambini! ČACKIJ E vero. Adesso avete diciassette anni, siete fiorita e siete affascinante. Non c’è nessuna come voi, e lo sapete. Perciò siete modesta e non curate il mondo. Non sarete per caso innamorata? Rispondete senza pensare, vi prego, via la timidezza. SOFIJA Ma come non confondermi a questa pioggia di domande e al vostro sguardo indagatore... ČACKIJ Di chi meravigliarmi, se non di voi? Che mai di nuovo ci sarà a Mosca? Ieri c’è stato un ballo, domani saran due. Uno ha chiesto la tale in moglie, e c’è riuscito, l’altro ha fatto fiasco, invece. Le ciance solite, gli stessi versi sui quaderni. SOFIJA Addosso a Mosca, sempre. Ecco cosa vuol dire girare il mondo! Ma dov’è meglio ČACKIJ Dove noi non siamo. E vostro padre? Sempre, fino alla morte, vecchio e fedele membro del Club Inglese? Lo zio è già volato all’altro mondo? E quel tale, come si chiama? Turco о greco?... Quello bruno, con le gambe da cicogna, non ricordo il nome, ma dovunque uno vada e lo trova sempre, nelle sale da pranzo e nei salotti?... E quei tre tipi da boulevard? Da cinquant’anni fanno i giovanotti, hanno un milione di parenti e con l’aiuto delle sorelle s’imparenteranno con tutta Europa. E il nostro sole, il nostro tesoro? Ha scritto in fronte «teatro e mascherate». Ha dipinto la casa di verde quasi fosse un bosco. Lui è grasso, magri sono gli artisti. Ricordate quando durante un ballo abbiamo scoperto insieme in una camera tra le più segrete, nascosto dietro un paravento, un uomo che fischiava come un usignolo, cantore invernale del tempo estivo? E quel tale tisico, parente vostro, nemico dei libri, che si insediò in un comitato di dotti ed esigeva a gran voce che tutti giurassero di non sapere né leggere, né scrivere, e promettessero di non imparare mai. Vuole il destino adesso che io debba rivederli! Che noia stare accanto a loro, ma chi non ha difetti? Ma poi, quando, si torna da un viaggio lontano, anche il fumo della patria ci sembra dolce e grato. <…> SOFIJA (a parte) Non è un uomo, è un serpe! (Ad alta voce, disinvolta) Vorrei chiedervi se non vi è mai capitato, per scherzo о per tristezza, о solo per isbaglio, di dire bene talvolta di qualcuno.„ Se non adesso, magari da bambino? <…> FAMUSOV Non sarebbe forse male chiederlo a me, che le sono un po’ parente? Ci sarà pure una ragione, se da un pezzo mi chiamano papà. ČACKIJ E se io la chiedessi, cosa rispondereste? FAMUSOV Direi per prima cosa: metti la testa a segno, cura con zelo la tua proprietà, ma soprattutto prendi servizio in qualche ufficio, ČACKIJ Prender servizio, volentieri lo farei. Ma essere servile, non ci riuscirei. […] ČACKIJ Proprio cosi. Potete sospirare e dire che il mondo è istupidito. Guardiamo e confrontiamo il secolo passato con quello d’oggi. Cose di ieri appena, ma a crederle si stenta. Chi più spesso piegava, più lode aveva. Non si acquistava gloria tenendo alta la fronte in guerra, ma battendola a terra senza ritegno in pace! Chi era nel bisogno stesse pur giù, confuso, nella polvere. Chi stava in alto non altro che lodi riceveva, tessute in un ricamo. Un secolo di servi e di paura, sotto il manto della devozione allo zar, Non parlo di vostro zio, riposi pure in pace. Ma a chi verrebbe oggi in mente, anche se mosso da servile ardore, di rompersi la testa per far ridere la gente? Eppure qualcun del vostro tempo, qualche vecchietto, un fremito avrà sentito sulla pelle raggrinzita, al capitombolo: perché non è successo a me? Dappertutto c’è gente pronta a leccare i piedi, ma oggi a trattenerla c’è il riso de gli altri e la vergogna. Non per nulla i sovrani non sono più generosi nell’elargire favori. FAMUSOV Dio santo! Un carbonaro! ČACKIJ No, oggi il mondo non è più cosi. FAMUSOV È un uomo pericoloso ! ČACKIJ Tutti respirano più liberamente e non corrono a scrivere il proprio nome nella lista dei buffoni. FAMUSOV Oh come parla! E parla come scrive! ČACKIJ ... a sbadigliare al vento accanto ai protettori, farsi vedere e non dir parola, strisciare i piedi attorno, cenare, porgere la sedia, raccogliere il fazzoletto... FAMUSOV Vuole predicare la libertà! ČACKIJ Chi viaggia, chi vive in campagna... FAMUSOV Nega l’autorità! ČACKIJ ... chi serve un’istituzione e non una persona... FAMUSOV A gente come questa io proibirei nel modo più assoluto di avvicinarsi alle capitali a meno di un tiro di schioppo. ČACKIJ Ma basta, non voglio più tediarvi. FAMUSOV M’è scappata la pazienza, non ne posso più, povero me. ČACKIJ Ho criticato senza pietà il vostro tempo. Adesso passo la parola a voi. Rovesciate sul nostro almeno un po’ di quel che ho detto. Fate pure, non me ne dorrò. FAMUSOV Non voglio saperne di voi, non sopporto le eresie. ČACKIJ Io ho finito. FAMUSOV Meno male, ho le orecchie tappate. ČACKIJ Perché? Mica le ho offese. FAMUSOV (come in uno scioglilingua) Ecco, trottano per il mondo a gingillarsi e tornano. Che idee vuoi che abbiano? ČACKIJ Non parlo più... FAMUSOV Abbi pietà, ti prego. ČACKIJ Non mi piace tirare in lungo le discussioni. FAMUSOV Lascia almeno che chieda a Dio perdono! <…> MOLČALIN Sei un tipetto allegro tu! piena di vita! LIZA Giù le mani. senza di me siete già in due MOLČALIN Che bel visetto hai! Come ti amo! LIZA E la signorina? MOLČALIN Lei per dovere, tu... LIZA Per noia. Le mani a posto, prego! MOLČALIN Ho tre belle cosette: una toilette, lavoro molto fine. Di fuori uno specchietto, e dentro un altro, a intarsio tutt’intorno e ben dorato. Un cuscinetto con ricamo di perline. E un necessaire di madreperla: un piccolo agoraio, forbicine. Proprio carini! Perline pestate nella cipria. C’è una pomata per le labbra e altri usi, e bottiglini di profumo: reseda e gelsomino. LIZA Non mi faccio corrompere <…> ČACKIJ L’aspetto e le chiedo di parlar chiaro: a chi vuol bene, insomma? Molčalin! Skalozub! Molčalin prima era cosi stupido! Un essere meschino! Possibile sia diventato intelligente?... E quest’altro blaterone strozzato, trombone, costellazione di manovre e mazurche! È destino dell’amore giocare a mosca cieca. A me però... (Entra Sofija). Voi qui? Ne sono lieto, lo speravo. SOFIJA (tra sé) Brutta combinazione. ČACKIJ Non era certo me che cercavate? SOFIJA No, non cercavo voi. ČАСКЦ Potrei sapere, comunque, chi è che amate? SOFIJA Oh, santo Iddio, il mondo intero. ČACKIJ Ma chi vi è più caro? SOFIJA Sono molti, dei parenti. ČACKIJ E tutti più di me? SOFIJA Alcuni si ČACKIJ Ma cosa voglio io, se tutto è già deciso? Se io m’impicco, lei ci ride sopra. SOFIJA Volete in due parole saper la verità? Se uno ha un minimo difetto, vi ci scagliate sopra gongolante. Ma , quanto a voi... ČACKIJ Io? Faccio ridere io, vero? SOFIJA Si! Sguardo feroce e tono brusco. Quanti ne avete voi di questi tratti, e scagliar fulmini dovreste su voi stesso. ČACKIJ Io sono strano, ma chi mai non lo è? Solo chi rassomiglia a tutti gli altri sciocchi. Molčalin, ad esempio... SOFIJA non è la prima volta che lo sento. A sputar fiele siete sempre pronto. Ma io vi lascio dire e me ne vado <…> PLATON MICHAJLOVIČ Adesso, amico mio, non son più quello. NATAL’JA DMITRIEVNA Angelo mio, per l’amor del cielo, via dalla porta. PLATON MICHAJLOVIČ (volgendo gli occhi al cielo) Oh, benedetta! ČACKIJ Dio ti perdoni, è vero, poco tempo è passato, e già non sei più quello. Non è lo scorso anno, verso la fine, che t’ho incontrato al reggimento? Appena giorno, già volavi via col piede nella staffa su uno stallone focoso... tirasse pure in fronte il vento, oppur da tergo. PLATON MICHAJLOVIČ (con un sospiro) Bella la vita allora, caro mio. […] NATAL’JA DMITRIEVNA (con voce leziosa) Il principe Petr Il’ič, la principessa! Dio mio! La principessina Zizi! Mimi! Baci sonori, poi si siedono squadrandosi l’un l’altra d testa ai piedi. PRIMA PRINCIPESSINA Che modello stupendo! SECONDA PRINCIPESSINA Che belle pieghettine! PRIMA PRINCIPESSINA Guarnito di frangia NATAL’JA DMITRIEVNA Se vedeste il mio turluru di raso TERZA PRINCIPESSINA E quale écharpe mi ha regalato mè cousin! QUARTA PRINCIPESSINA Ah! Si, di barège. QUINTA PRINCIPESSINA Ah, che meraviglia! SESTA PRINCIPESSINA Ah, com’è grazioso! PRINCIPESSA Sst! Chi è là nell’angolo, che quando siamo entrati s’è inchinato? NATAL’JA DMITRIEVNA Uno appena arrivato: Čackij. PRINCIPESSA Con-ge-da-to? NATAL’JA DMITRIEVNA Si, ha viaggiato e adesso è ritornato. PRINCIPESSA è sca-po-lo? NATAL’JA DMITRIEVNA Si, non è sposato. PRINCIPESSA Principe, principe, qua! Svelto. PRINCIPE (voltando verso di lei il cornetto acustico) Ohm PRINCIPESSA Invita subito da noi per giovedì questo conoscente di Natal’ja Dmitrievna. Quello là. PRINCIPE Ihm! ! (Si dirige verso Čackij e gli gira attorno tossicchiando). PRINCIPESSA Ma guarda un poco i figli! Per loro è un ballo, ma per il padre è un trascinarsi attorno a fare inchini. Son cosi rari i ballerini al giorno d’oggi! È un gentiluomo di camera? NATAL’JA DMITRIEVNA No. PRINCIPESSA È ric-co? NATAL’JA DMITRIEVNA Oh, no! PRINCIPESSA (a tutta voce) Principe, principe! Dietro front […] CHLESTOVA Che fatica, a sessantacinque anni, trascinarmi da te! Nipote mia, che martirio! Un’ora buona dalla Pokrovka a qui, non ne posso più. Una nottata, un finimondo. Per compagnia mi son portata appresso la negretta e il cagnolino. Di’ che gli dian qualcosa da mangiare cara, qualche avanzo della cena. Principessa, buonasera! (Si siede) Vedessi, Sof’ja, cara, che negretta ho al mio servizio! Tutta riccia, spalle gobbe, pronta all’ira, ha tutti i modi di una gatta! E quanto è nera! Fa paura! Ma che razza di gente ha mai creato Domine Iddio! Un belzebù. È nella stanza della servitù. Se vuoi la chiamo? SOFIJA No, un’altra volta, CHLESTOVA Pensa un po’. In mostra le mettono come animali strani. Laggiù in Turchia, ho sentito dire... Sai chi me l’ha procurata? Zagoreckij. (Zagoreckij si fa avanti). Un contafrottole, un giocatore, un ladro. (Zagoreckij scompare). Volevo quasi chiudergli la porta in faccia. Ma per far favori come lui non c’è nessuno. A me e a mia sorella Praskov’ja ha trovato due negretti, al mercato. Dice che li ha comprati, ma li avrà vinti barando al gioco. E mi ha fatto il regalino, che Dio lo protegga. ČACKIJ (a Platon Michajlovic, ridendo forte) Bei complimenti, c’è da restarne secco. Zagoreckij stesso non ha retto ed è scomparso. CHLESTOVA Chi è quello spiritoso? Che grado ha? SOFIJA Questo? è Čackij. CHLESTOVA Ma cosa c’era di tanto divertente? Perché è cosi contento? Perché ride? Non si ride dei vecchi. Da bambina, ricordo, ballavi con lui spesso, e io gli tiravo le orecchie, ma gliele ho tirate poco. […] G. N. (avvicinandosi) Siete preoccupata. SOFIJA Per Čackij. G. N. Come lo trovate, adesso che è tornato? SOFIJA Non ha la testa a posto. G. N. Volete dire che è pazzo? SOFIJA (dopo un po’ di silenzio) Non proprio... G. N. Ma ci sono dei sintomi? SOFIJA (lo guarda fisso) Sembra di si. G. N. Alla sua età? Possibile? SOFIJA Che farci! (A parte) E pronto a crederci! Ah, Čackij, vi piace tanto mettere in testa agli altri il berretto del buffone. Provate un poco voi, adesso, a misurarlo sulla vostra testa. […] Il signor G. N., poi il signor G. D. G. N. È ammattito!... Le sembra... Ma guarda! Una ragione c’è, probabilmente. Sennò, perché l’avrebbe detto! Hai sentito? G. D. Che cosa? G. N. Di Čackij? G. D. E che cosa? G. N. È diventato matto! G. D. Sciocchezze. G. N. Non son io a dirlo, sono gli altri. G. D. E tu gioisci a spargere la voce? G. N. Vado a informarmi, qualcuno lo saprà. (Esce). […] CHLESTOVA Impazzito! Ma guarda un po’! E tutto a un tratto! Hai sentito Sof’ja? PLATON MICHAJLOVIČ Chi è stato il primo a dirlo? NATAL’JA DMITRIEVNA Tutti, mio caro! PLATON MICHAJLOVIČ Se sono tutti bisogna allora crederci. FAMUSOV (entrando) Di che parlate? Di Čackij? C’è qualche dubbio ancora? L’ho scoperto io per primo, e da un pezzo mi chiedo perché ancor non l’abbiano legato! Provate un po’ a parlargli delle autorità e vedrete quel che tira fuori! Se fai un inchino profondo, se anche davanti al sovrano ti curvi a terra, basta, per lui tu sei un verme! CHLESTOVA Ride di tutto. Gli ho detto poco fa qualcosa e lui giù a sghignazzare. MOLČALIN A me ha sconsigliato di prestar servizio a Mosca negli archivi. CONTESSA NIPOTE E me? M’ha chiamato «modista»! NATAL’JA DMITRIEVNA A mio marito ha consigliato di ritirarsi a vivere in campagna. ZAGORECKIJ Da tutto si capisce che è impazzito. […] CONTESSA NIPOTE Dagli occhi l’hо capito. FAMUSOV Ha preso dalla madre, da Anna Aleksevna <sic!>, poveretta impazzì otto volte. CHLESTOVA A questo mondo succedono cose strane! Impazzire alla sua età! Forse beveva troppo per gli anni che ha. PRINCIPESSA Oh ! Certo... CONTESSA NIPOTE Non c’è dubbio. CHLESTOVA Lo champagne lo tracannava a bicchieri! NATAL’JA DMITRIEVNA A bottiglie, e di quelle grosse! ZAGORECKIJ (con trasporto) Macché, a barili da quaranta! FAMUSOV Ma no! Non è gran male bere un goccio in più! Lo studio, ecco la peste! La scienza, ecco la causa che oggi più che mai, fa tutti matti, uomini, idee e fatti CHLESTOVA C’è da impazzire davvero con questi collegi, scuole, licei, come si chiamano, con l’insegnamento reciproco delle carte geografiche. PRINCIPESSA A Pietroburgo c’è un Istituto, dicono, Pe-da-go-gi-co. I professori insegnano eresie e miscredenze, ci ha studiato un nostro parente e ne è venuto fuori un mezzo farmacista. Sfugge le donne, me persino! Di carriera non ne vuol sapere. È un chimico, un botanico; il principe Fedor, mio nipote. SKALOZUB Rallegratevi: tutti parlano di un progetto di legge sui licei, i ginnasi e scuole tutte. Solo a marciare insegneranno, come ai soldati, un-due, un-due. E i libri li terranno per le occasioni rare. FAMUSOV Sergej Sergeič, no. Per stroncare il male alla radice occorre prendere i libri occorre, e dargli a tutti fuoco. Se mi nominassero censore, mi butterei sulle favole: sono il mio tormento! Sempre il leone messo alla berlina, e l’aquila. Sono animali, certo, ma sempre dei sovrani. CHLESTOVA Amici miei, se uno è matto, libri о bicchiere in fondo fa lo stesso. A me Čackij fa pena. Siamo cristiani, merità pietà. Era un uomo intelligente, possedeva quasi trecento anime. <…> SOFIJA (a Čackij) Dite, cosa vi infastidisce tanto? ČACKIJ Un incontro per caso in quella sala: un piccolo francese venuto da Bordeaux, parlando con calore, raccolto intorno a sé un’assemblea. Narrava che partendo per la Russia, timore aveva e lacrime, quasi dovesse andar tra i barbari. Arriva e trova invece solo cortesia, non uno che parli russo, non una faccia russa incontra, quasi fosse rimasto tra gli amici in patria, nella sua provincia. Si direbbe, guardandolo, che si senta qui come reuccio: il cicalar delle signore e le toilette sono gli stessi... Lui è contento, ma non lo siamo noi. Quando tacqui attorno a lui solo struggenti suoni, sospiri, esclamazioni «Oh, Francia! Non c’è al mondo un paese più bello! Così han decretato due principessine sorelline, ripetendo il ritornello, che hanno imparato dall’infanzia. Come salvarsi dalle principessine! Io ho espresso a parte, modestamente, ma a voce alta, il desiderio che Iddio voglia sterminare questo spirito impuro dell’imitazione vuota, servile e cieca. E che faccia cadere una scintilla in qualcuno, che abbia un’anima e possa, con la briglia ferma della parola e dell’esempio, trattenerci da questa meschina e nauseante passione per un paese straniero. Dicano pure che son retrivo, ma il nostro Settentrione è diventato cento volte peggio da quando ha barattato tutto ciò aveva per costumi nuovi: usanze, lingua, il santo retaggio antico. Ha trasformato le sue vesti maestose in fogge di pagliaccio: dietro una coda, davanti un buco strano, senza alcun senso e contro la natura, che lega i movimenti e nulla dona al viso. Mento buffo, rasato e scolorito! Anche i cervelli son più corti adesso, come i vestiti e i capelli!... Ma se proprio tutto dobbiamo prendere dagli altri, perché non prendere qualcosa almeno dai cinesi, dalla loro saggezza, che ignora tutto quel che vien da fuori? Ci sottrarremo mai al giogo delle mode forestiere? Così che il nostro popolo intelligente e arguto non ci prenda per tedeschi sentendoci parlare. «Ma si può confrontare ciò che è europeo con quel che è nazionale? La cosa non sta insieme! Come tradurre madame e mademoiselle? Non certo con signora, mi disse un giorno un tale. Pensate che risate alle mie spalle: «Signora!» Ah, ah, ah! Stupendo! Signora! Ah, ah, ah! Che orrore! Imprecando e incollerito stavo già per fulminarlo con la risposta pronta, ma tutti se l’eran già svignata. È capitato a me, e non è cosa nuova. A Mosca, a Pietroburgo e nella Russia intera succede come al francesino di Bordeaux: basta che gente come lui apra la bocca, che l’applauso avrà d’ogni principessina. E chi, a Mosca о a Pietroburgo, detesti le facce d’imitazione, le stravaganze e le parole manierate, e per sventura abbia in testa quattro idee sensate e osi dirle, ecco guardate... (Si guarda intorno). Gli ospiti volteggiano con gran trasporto, mentre le persone anziane sono andate a disporsi ai tavoli da gioco. <…> ZAGORECKIJ Principessine, prego, la vostra opinione, È pazzo Čackij, о no? PRIMA PRINCIPESSINA E chi può dubitarne? SECONDA PRINCIPESSINA Lo sanno tutti. TERZA PRINCIPESSINA I Drjanskij, gli Chvorov, i Vrjanskij e gli Skačkov. QUARTA PRINCIPESSINA Son cose risapute, chi ancora non le sa? QUINTA PRINCIPESSINA Chi non è ancor sicuro? ZAGORECKIJ Ecco chi non ci crede... SESTA PRINCIPESSINA Voi! TUTTE INSIEME Monsieur Repetilov! Voi! Monsieur Repetilov, come mai! Come potete! Ma siete contro tutti! E poi perché? Dovreste vergognarvi. REPETILOV (turandosi le orecchie) Scusate, non sapevo che è cosa risaputa. PRINCIPESSA Vorrei vedere ancor che non lo fosse. C’è pericolo con lui anche a parlare. Rinchiuderlo dovevano, di un pezzo. A sentirlo, il suo mignolo ha più ingegno di tutti noi, persino del principe Petr! Io penso sia soltanto un giacobino questo Čackij! Andiamo. Principe, tu potresti portare con te Katiche о Zizi, noi prendiamo la carrozza a sei posti. <…> SCENA DECIMA Si spegne l’ultima luce. ČACKIJ (esce dalla guardiola del portiere) Cos’è mai questo? Eppure l’hanno udito le mie orecchie. Non è uno scherzo, è una malignità. Per quale mai magia, per quale sortilegio tutti di me van ripetendo in coro questa voce assurda? Alcuni con tono di trionfo, altri mostrando compassione... Se si potesse entrar nel cuore umano. Cos’è peggiore: l’anima о la lingua? Chi ha inventato questa storia? Gli sciocchi vi han creduto, altri diffondono la voce, le vecchie suonano l’allarme ed ecco fatta la pubblica opinione! Questa è la patria... Appena giunto vedo che questa volta non resisto. Ma Sof’ja lo saprà? Gliel’hanno detto certo, non è che voglia divertirsi alle mie spalle. Ma vero о no che sia, a lei che gliene importa? Io о un altro, a lei in fondo non sta a cuore nessuno. Perché è svenuta allora, e il deliquio? Uno scherzo dei nervi, un semplice capriccio. Nascono da un nonnulla, e con un nulla passano... Li ho presi per un segno di passione vivi. Neppur per sogno. Avrebbe perso i sensi anche se avessero pestato la coda al cane о al gatto. SOFIJA (sulla scala al piano superiore con una candela) Molčalin, siete voi? (Rinchiude in fretta la porta). ČACKIJ Lei! Proprio lei! La testa ahimè mi brucia, ho il sangue che ribolle. Era lei! Non era lei! Era solo una visione? Non sarò davvero pazzo? A veder cose strane sono pronto, ma questa no, non è una visione, è un incontrai già fissato. Perché cerco di ingannare me stesso? Chiamava Molčalin, la sua camera è questa. CAMERIERE (dall’ingresso) La carro... ČACKIJ Sssh. (Lo spinge fuori) Starò con gli occhi aperti, qui, sia pur fino al mattino. Se devo ingoiare l’amaro calice, meglio in un sorso, che poco a poco. Non sfuggi le disgrazie tirando in lungo. Si apre la porta. (Si nasconde dietro una colonna). <…> SCENA DODICESIMA Čackij dietro la colonna, Liza, Molčalin (che si stira sbadigliando). Sofija scende furtiva le scale. LIZA Siete una pietra, signore, un pezzo di ghiaccio! MOLČALIN Ah, Lizan’ka, ti sei decisa a venire? LIZA Da parte della signorina. MOLČALIN Chi crederebbe che su queste piccole gote e in queste vene delicate non abbia ancor giocato il fuoco dell’amore! Perché far sol da messaggera? LIZA Voi cacciatori di fidanzate non dovreste poltrire e far sbadigli. Bello e caro è solo chi fino alle nozze non mangia e non dorme. MOLČALIN Quali nozze? Con chi? LIZA Con la signorina. MOLČALIN Lascia stare, altre speranze ho in cuore. Passeremo il tempo anche senza nozze. LIZA Ma cosa dite, signore! E che marito mai potremmo avere in mente? MOLČALIN Non so. I brividi mi vengono, e tremo al sol pensiero che Pavel Afanas’ič un giorno ci sorprenda, mi cacci e maledica!... E poi, posso aprirvi il cuore? Io in Sofija Pavlovna non vedo niente di meraviglioso. Dio le conceda di vivere sempre prospera. Un tempo amava Čackij e cesserà d’amarmi un giorno, come lui. Angelo caro, vorrei provar per lei almeno la metà di quel che per te sento. M’impegno e mi ci provo a esser dolce, ma se la vedo appena, mi raffreddo. SOFIJA (da parte) Che bassezza! ČACKIJ (dietro la colonna) Mascalzone! LIZA E non vi vergognate? MOLČALIN Mio padre lasciò detto in testamento che, regola prima, bisogna compiacere tutti, senza esclusione: il padrone di casa presso cui viviamo, il principale per cui lavoriamo, il suo domestico che spazzola i vestiti, l’usciere e il portiere, per non avere guai, e il cane del portiere, perché ti faccia festa. LIZA Un mar di cose, signore, cui tenere dietro! MOLČALIN E io fingo d’essere amante per compiacere la figlia di un tale uomo... LIZA Che vi dà da mangiare e da bere e ogni tanto un grado in su nella carriera? Andiamo, basta con i discorsi... MOLČALIN Andiamo a dividere l’amore della nostra lagnosa bellezza. Lascia che ti abbracci, brucio di passione. (Liza si divincola). Perché non sei tu lei?! Molčalin fa per andarsene, ma Sofija gli sbarra il passo. SOFIJA (Quasi con un bisbiglio. Tutta la scena è recitata a mezza voce) Restate pure qui, tutto ho sentito, miserabile! Ho vergogna di me, di questi muri. MOLČALIN Come! Sof’ja Pavlovna... SOFIJA Non una parola, per amor di Dio. Tacete. Sono pronta a tutto. Molčalin si butta in ginocchio, Sofija lo allontana MOLČALIN Ricordate, calmatevi, guardate !... SOFIJA Non ricordo nulla, la misura è colma. I ricordi! Sono per me lame pungenti... MOLČALIN (Trascinandosi ai piedi di lei) Abbiate pietà... SOFIJA Smettete di strisciare, alzatevi, non voglio una risposta. So cosa direte, ancora una bugia... MOLČALIN Fatemi la grazia... SOFIJA No, no, no. MOLČALIN Scherzavo, e non ho detto altro che... SOFIJA Smettetela, vi dico, e subito, se no io grido e sveglio tutti in casa. Rovino me e voi. (Molčalin si alza). Da questo momento è come mai vi avessi conosciuto. Non aspettatevi rimproveri da me, né lamentele о lacrime. Ne siete indegno. Ma l’alba non vi trovi in questa casa, che io non senta più parlare di voi. MOLČALIN Come comandate. SOFIJA О per la rabbia tutto dirò a mio padre. Sapete che di me nulla mi importa. Via di qui. Un momento! Ringraziate Iddio, d’essere stato nei nostri incontri al buio della notte più pavido che al chiar del giorno, allo scoperto, davanti a tutti. Più che sfrontato, siete losco. Sono contenta di aver scoperto tutto da sola e nella notte, senza testimoni che possan biasimarmi come stamane, quando son svenuta. Čackij era qui... ČACKIJ (Lanciandosi tra di loro) E ancor ci sono, ipocrita ! LIZA E SOF’IJA Ah! ah! Per la paura Liza lascia cadere la candela. Molčalin si rifugia nella propria stanza. SCENA TREDICESIMA Gli stessi, tranne Molčalin. ČACKIJ Svenite ora, è il momento adesso. Ce n’è motivo ora più di prima, ecco infine svelato il mistero! Ecco a chi io son sacrificato! Non so come ho fatto a trattener la furia! Guardavo, vedevo e non credevo! L’amato, per il quale hai dimenticato l’amico di una volta, il ritegno femminile, il pudore, se ne sta lì dietro la porta, teme di render conto. Difficile capire il gioco della sorte! Tormenta e sferza chi ha in petto un cuore, mentre nel mondo trionfano i Molčalin. SOFIJA (in lacrime) Basta, è colpa mia, di tutto. Chi poteva pensare che fosse tanto perfido? LIZA Che colpi, che fracasso, ah Dio mio! Accorron tutti quei di casa! Arriva vostro padre a dirvi grazie. […] ČACKIJ (dopo un po’ di silenzio) Non riesco a capire... Scusate. Sento, ma non intendo, come se ancora volessero spiegarmi tutto. Ho la mente in subbuglio... Aspetto qualcosa. (Con calore) Cieco! Dove ho cercato una ricompensa alle mie fatiche! Ho corso... volato, tremato! Ecco, pensavo, la felicità è vicina. A chi ancora poco fa dicevo umile tante parole tenere, piene di passione! Ma voi, Dio mio, chi mai avete scelto! A chi mi avete preferito! Perché mi avete lusingato con speranze? Perché non mi diceste senza indugio che il passato era per voi ormai solo uno scherzo? Che si era estinto in voi anche il ricordo dei sentimenti, dei nostri palpiti che pure nulla in me, né lontananza, svaghi, о l’andar di luogo in luogo hanno mai spento. Erano la mia vita, il mio respiro, il mio operare ovunque. Se mi aveste detto che il mio ritorno improvviso, il mio aspetto, le mie parole, il mio comportamento vi andavano a dispetto, avrei subito rotto ogni rapporto, e prima di andar via per sempre non avrei fatto tanto per capire chi era l’uomo amato. (In tono beffardo) Farete pace con lui, se ben ci riflettete. Perché affliggervi! Potrete sempre fargli da chioccia, tenerlo nell’ovatta, mandarlo in giro a fare commissioni. Un marito-bamboccio, un marito-servitore, un paggio coniugale. Supremo ideale d’ogni marito a Mosca. Basta! Sono fiero di rompere con voi. E voi, signore e padre, che amate tanto i gradi, dormite pure ignaro. Tanti auguri! Non vi minaccerò chiedendo la sua mano. Ne troverete un altro, per bene, a modo, leccapiedi e scaltro, degno per meriti del suo futuro suocero. E cosi, son proprio rinsavito. Via i sogni, è caduto il velo, vorrei sfogare adesso tutta la rabbia e il fiele sulla figlia, il padre e sull’amante sciocco, e il mondo intero. Con chi son capitato! Dove mai il destino mi ha cacciato! i Tutti mi dànno addosso, tutti ce l’han con me. Razza di aguzzini, traditori in amore, tenaci nell’odio, ciarloni impenitenti, ingegni sgangherati, maligni semplicioni, vecchiette perfide, vecchi rimbambiti su favole e scemenze. Tutti in coro mi avete detto pazzo. Sarebbe come passare indenne in mezzo al fuoco. Via da Mosca. Qui non metto piede, coro senza voltarmi, vado a cercar nel mondo un angolo che accolga il cuore ferito! La carrozza, dov’è la mia carrozza! (Esce). SCENA QUINDICESIMA Tutti tranne Čackij. FAMUSOV (resta per un po’ come istupidito) Ebbene? Non vedi che è uscito di senno? Puoi dir davvero, è matto! Quante sciocchezze ha detto! Suocero! Leccapiedi! E poi su Mosca quanto ha vomitato! E tu, vuoi proprio la mia morte? Non è già miserando il mio destino? Oh, santo Iddio, che dirà adesso la principessa Mar’ja Aleksevnа <sic!>?!