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 Vol. 1 (2014), numero 2
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FILIPPO TORIELLO (CUR.), La Bibbia al tempo dell’intercultura. Contesti, confronti, prospettive, Verbum Ferens, Napoli 2013, pp.5-227, ISBN 9788897232070
Eleonora Di Nuzzo1*
Docente di IRC nella scuola secondaria di secondo grado, ha conseguito il titolo accademico in
Scienze Religiose nell’a.a. 1997-98 e la Laura Magistrale in Scienze Religiose nell’a.a. 2010-11
presso l'I.S.S.R. “San Roberto Bellarmino” di Capua.
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* e-mail: [email protected]
Il testo, curato da F. Toriello1, nasce all’interno di un ampio progetto, cofinanziato dalla CEI, in collaborazione con docenti di diverse discipline della
sez. San Tommaso d’Aquino della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale,
con l’intento di convogliare gli sforzi di ricerca sul rapporto tra Bibbia, intercultura e interreligiosità. Il curatore affronta il problema della interculturalità e dell’interreligiosità con prospettive pedagogiche, concentrando
l’attenzione sulle due dimensioni concettuali dialogiche: lifelong learning e
lifewide learning. La ricchezza semantica e pratica, oltre che pedagogica,
delle dimensioni considerate, permette di focalizzare l’attenzione sulla vita
quotidiana degli individui, sul loro modo di interagire e di relazionarsi; e
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Dottore di ricerca in scienze pedagogiche e psicologiche (XIX ciclo) con indirizzo Pedagogia della
Formazione presso l’Università Federico II di Napoli, è attualmente docente di Pedagogia ed Educazione degli adulti nella Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale sezione “San Tommaso” di Napoli.
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quindi non solo nell’affermazione dei propri diritti, ma anche nella formazione di atteggiamenti e comportamenti di rispetto dei doveri come cittadini.
A partire da queste due prospettive concettuali è possibile riflettere sulle
problematiche interculturali, con un occhio di riguardo all’apprendimento
permanente che Ospina situa come primo grande riferimento per
l’educazione.
Per
un’autentica
formazione
all’intercultura
e
all’interreligiosità è necessario sviluppare atteggiamenti di reale rispetto verso l’altro, di acquisire modalità interculturali di approccio formativo e relazionale nei confronti dello straniero anche di fede diversa. In quest’ottica lo
spazio diventa la cifra del riconoscimento reciproco: “abitare” l’altro e “abitarvi” con l’altro. In un sistema democratico, l’individuazione dei diritti fondamentali costituisce una condizione preliminare per il dialogo interculturale, in particolare è urgente identificare, come valori portanti, le pari dignità di uomo e donna e il rispetto reciproco. Tuttavia, spesso la parità dei
sessi, costituisce una discriminante, un ostacolo al godimento dei diritti e
doveri dell’uomo. È necessario che tale apprendimento si realizzi in tempi
“educazionali”, dilatati durante tutto il corso della vita, in cui l’accoglienza
ha un ruolo fondamentale. L’ospitalità è un processo formativo integrato, basato sulla reciprocità, che manifesta l’identità costitutiva del quadro formativo. Ogni incontro tra le diversità presuppone uno scambio relazionale che
non impegna solo il gruppo o il paese che accoglie, ma anche chi viene accolto. Oggi la situazione è mutata, il mondo è in continua trasformazione,
tanto che è giunto il momento di passare dal dialogo delle culture alla cultura
del dialogo, superando la fase delle belle maniere e avviando un costruttivo
confronto di idee ed esperienze, incentrato sui problemi umani. La pace, la
tutela del creato, la dignità, i diritti umani, l’equa distribuzione delle risorse
economiche sono divenuti i contenuti del confronto tra i credenti. È una pace, quella tra le nazioni, debole, che può rompersi alla più piccola incomprensione. Può esserci solo se c’è dialogo tra le religioni; più grande è la differenza tra loro, maggiore può risultarne l’arricchimento. Cultura è anche
fede. La scuola, nel suo ruolo educativo, è chiamata in primis ad un compito
non semplice, teso a garantire non solo pari opportunità a studenti di diversa
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nazionalità, ma anche a valorizzare il più possibile le loro culture, partendo
dalle differenze religiose e dalle diverse esperienze. Bisogna tener presente
che il sacro stesso è un’esperienza ed è necessario che diventi cultura, perché
“una fede che non diventa cultura”, “è una fede non pienamente accolta, non
interamente pensata, non fedelmente vissuta” (Giovanni Paolo II). Affinché
ciò avvenga, Dunne afferma che occorre acquisire una prospettiva identitaria
transculturale; ciò significa possedere un’identità capace di guardare in prospettiva, di apprezzare e discernere il vero anche all’interno dei valori delle
altre culture. La chiusura dell’ordinamento e la preferenzialità per una sola
simbologia o un unico rito porta alla pressione sociale e al privilegio: diversamente l’apertura ad altri simboli e riti provoca accoglienza e pluralismo e
fa della multiculturalità una risorsa educativa. Nelle Scritture la “Risurrezione di Cristo” è intesa in modo transculturale, cioè Cristo non è più considerato un uomo legato a una singola cultura, ma è un uomo universale, come
universale è il divino. Queste dinamiche di globalizzazione sembrano avviare sul piano socio-economico dei processi di omogeneizzazione e omologazione delle differenti identità settoriali e periferiche, ma proprio a motivo
delle grandi migrazioni e della crisi economica, nasce e cresce dovunque la
passione per l’identità di gruppo o di tribù, ciascuno con la sua storia, la sua
lingua, la sua cultura. Globali e universalizzabili sono i testi sacri, che presuppongono un modo comune d’intendere i principi di rispetto e di pari dignità tra le culture e tra tutti i soggetti umani. Del resto il vero oggetto, di cui
le Scritture dicono, resta Gesù Cristo. Gesù stesso era forestiero, si pensi a
Mt 25,35-40 “Ero forestiero e mi avete ospitato”. Il fenomeno della immigrazione ha rappresentato una questione di rilievo nazionale, interessando
ancora la scuola. È ormai chiaro che la scuola è occasione d’incontro e di
confronto, entro cui sperimentare il valore della tolleranza e della convivenza civile. Il centro di accoglienza “Fernandez” di Castel Volturno ha sposato
in toto questa missione, attivandosi con un percorso finalizzato a comprendere il tema dello straniero nella Bibbia e nella società. L’approfondimento,
anche attraverso gruppi di studio e con l’impiego del brainstorming, ha consentito di capire che esistono almeno tre termini che rendono l’idea di stra-
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niero: Zar, lo straniero lontano; NoKri, lo straniero di passaggio; Gher, lo
straniero che risiede. Accogliere lo straniero, emblema del divenire prossimo, può aiutare a superare tutte le barriere di razza e di religione, attuando il
carisma più grande: la carità. Nella Bibbia affondano le radici di una comunicazione reciproca e di dialogo che si traducono, sul piano operativo e laboratoriale, nel maturare la consapevolezza che il linguaggio biblico trasforma
l’uomo e il mondo in cui vive, divenendo linguaggio di attuazione. Già in
passato, le comunità cristiane si erano affermate come luoghi d’incontro, il
cui fine principale era la condivisione. Da qui la comunità cristiana diventa
palestra di responsabilità e di crescita verso valori imprescindibili sia cristiani che umani. È necessario accettare l’invito di Giovanni Paolo II che sollecita a una evangelizzazione della cultura e a vivere in pienezza il Vangelo,
come itinerario che dà valore all’esistenza. Ciò vuol dire creare un modello
pastorale, in grado di rispondere alle diverse esigenze perché formato da
persone con esperienze diverse e da culture differenti. Un progetto portato
avanti dall’Azione Cattolica, per favorire la partecipazione degli immigrati
alle nostre comunità è: Il pozzo di Sicar. Questo è il luogo in cui Gesù incontra la samaritana senza pregiudizi e diffidenza, instaurando un rapporto di fiducia e un nuovo legame; è, quindi, l’immagine di una chiesa che parla a tutti, anche ai lontani o a chi è di cultura, nazionalità e credo diverso. Un altro
lavoro che ha avuto un certo successo è il progetto ipertestuale e multimediale del prof. P. Troia, Bibbia Educational. Con una chiara ispirazione interculturale e interreligiosa, Troia analizza temi e personaggi rintracciabili
negli scritti biblici in cui convivono una pretesa di universalità di fede in un
Dio unico, creatore dell’intero universo; di esclusività del popolo prescelto
nella missione di popolo sacerdotale, chiamato a camminare con il proprio
Dio in vista di un riconoscimento universale dell’unicità di Dio. L’elezione
di Israele e la consegna dei precetti della Torah, sono frutto della scelta gratuita di Dio verso un popolo chiamato a vivere la sua missione sacerdotale
per la salvezza del mondo intero. A questa partecipa anche l’apostolo Paolo
che, nell’annunziare Gesù Cristo in mezzo ai pagani, evidenzia una formazione interculturale. Questi riesce ad essere interculturale e interreligioso
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usando termini che appartengono a due culture diverse, quella giudaica e
quella ellenistica; poiché ha la convinzione che il Vangelo è destinato ad essere universale. Anche due testi sacri come Bibbia e Corano, dal punto di vista interculturale, hanno qualcosa in comune: sono due libri ritenuti sacri dai
credenti delle religioni abramitiche e rispettivamente da ebrei, cristiani e
musulmani. Il Corano è Parola rivelata come, per noi cristiani, Cristo è il
Verbo incarnato. L’importanza e l’urgenza del dialogo tra le culture e le religioni sono paradossalmente rilevate dagli assassinii di esseri umani che
continuano a essere compiuti in nome di Dio. Occorre moltiplicare le occasioni d’incontro e dialogo, aver fiducia nel loro valore e nella loro forza. In
questo contesto, i cristiani dovranno abbattere tutta una serie di pregiudizi
che ancora nutrono nei confronti delle altre religioni. Lavorare per una pastorale delle comunità, animata biblicamente, in uno scenario multiculturale
e multireligioso come quello odierno, non può non caratterizzarsi anche per
una consapevole accoglienza e una costante apertura al dialogo in prospettiva interculturale e interreligiosa, esaltando così la vitale attualità della Parola
di Dio.