2013 Baglini A4.indd - Polincontri Classica
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Allegro con brio Largo e sostenuto Finale. Presto, ma non troppo Sonata in fa maggiore Hob XVI n. 29 Moderato Adagio Tempo di menuet Sonata in do maggiore Hob XVI n. 50 Allegro Adagio Allegro molto 2013 I CONCERTI DEL POLITECNICO POLINCONTRI CLASSICA 2014 Lunedì 14 ottobre 2013 - ore 18 Maurizio Baglini pianoforte Haydn POLITECNICO DI TORINO Aula Magna “Giovanni Agnelli” Variazioni in re maggiore Hob XVII n. 7 La fortuna delle Sonate pianistiche di Haydn in sede di concerto è più tardiva rispetto a quella di Mozart e Beethoven. Nell’ultimo mezzo secolo, tuttavia, agevolate anche da edizioni critiche sempre più accurate e via via rese popolari dai maggiori interpreti, anch’esse - specie i lavori composti nell’ultimo ventennio dell’Ottocento - hanno preso il posto che meritano e non cessano di entusiasmare per la varietà di scrittura e per un senso inconfondibile del ‘Witz’, dell’arguzia, che è tra i caratteri salienti di tutto Haydn. Composta intorno al 1781-82 e pubblicata nel 1784, la Sonata in mi minore Hob XVI n. 34 sembra voler passare in rassegna le nuove possibilità del fortepiano, soprattutto per l’alternanza di legato e staccato che ci investono vivacemente fin dall’attacco del Presto: la mano sinistra trasforma un semplice sostegno in motivo principale (che resiste infatti anche nello sviluppo), la mano destra dialoga e al tempo stesso resta senza peso, sospesa sugli accenti forti del basso. Ancora clavicembalistica è la rapidità dei passaggi digitali, ma già pianistico l’impeto dei passi in forte. L’Adagio va in cerca di una cantabilità tutta strumentale, con lunghe note lasciate vibrare, come solo il pianoforte può fare, e passi lievi che solcano la tastiera in lunghe fioriture, stemperando l’Adagio in una XXII edizione Sonata in re maggiore Hob XVI n. 37 Il fascicolo di Sei Sonate che comprende anche quella in re maggiore oggi catalogata come Hoboken XVI n. 37 uscì a stampa nel 1780 come op. 30 e inaugurò la collaborazione, poi duratura e fruttuosa, fra Haydn e il maggiore editore viennese del tempo, Artaria. L’uso di pubblicare per gruppi di sei, sarebbe diventato impensabile per Beethoven, che tuttavia fino alla maturità (op. 31) le pubblicò spesso in gruppi di tre, e fu già di fatto abbandonato da Mozart, che ricevuta nel 1789 la committenza per Sei sonate dal re di Prussia preferì scriverne una sola, ma di maggior respiro e personalità (la K 576). E tuttavia anche dentro il fascicolo da sei qualcosa si sta muovendo, e questa Sonata in re maggiore si è rivelata - in tempi recenti fra le più originali e anche fra quelle che obiettivamente hanno una tenuta eccellente nei programmi da concerto per la loro ricchezza interna e la loro novità. La brillantezza della tonalità di re maggiore (all’epoca si era abituati ad associarla, nei brani orchestrali, alla presenza delle trombe, e questo le aveva dato una fisionomia inconfondibile e briosa) si sposa fin dal tema d’apertura dell’Allegro con brio a quel tono spiritoso che è la caratteristica di Haydn: sembra quasi una piccola fanfara messa in burletta, enunciata ridendo anziché mettendosi col petto in fuori. Il movimento centrale, Largo e sostenuto, dura sulla carta appena una paginetta, ma ha un’intensità emotiva che forse non è azzardato paragonare all’Adagio, anch’esso così breve, della Sonata op. 53 di Beethoven. Il Finale, Presto, ma non troppo condivide una caratteristica dei Finali delle Sinfonie, pieni di umorismo e sorprese interne, dove l’energia accumulata in precedenza si scarica in uno stile più rustico: qui rappresentato persino da alcuni echi episodici dello stile tzigano, inseriti in alcuni inserti secondari che movimentano la struttura a rondò e incatenano l’ascoltatore senza mai lasciargli prevedere quel che verrà. Quanto alla Sonata in fa maggiore Hob XVI n. 29 venne composta nel 1774, all’epoca in cui Haydn s’era ormai felicemente attestato in qualità di Kapellmeister presso la lussuosa dimora del principe Nicolaus Esterházy, «Il Magnifico» suo munifico mecenate. Pagina di buona fattura e lineare conio concerto Presto Adagio Finale. Allegro nuvola di suoni. Per concludere, il Finale, Allegro, con l’insolita indicazione ‘innocentemente’, ruota tutto intorno a una frase melodica che torna periodicamente, ora all’acuto ora al grave, ora in maggiore ora in minore, con quelle tipiche sorprese e quel gusto umoristico per ripetizioni e travestimenti delle stesse idee che è una peculiarità di tutto il catalogo di Haydn. 3° Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) Sonata in mi minore Hob XVI n. 34 formale, contiene indicazioni dinamiche che ne rivelano la natura ormai segnatamente pianistica imponendosi all’ascolto per la scorrevolezza dell’eloquio. Siffatta Sonata si segnala inoltre in special modo per l’intimismo dell’Adagio, non immemore di Carl Philipp Emanuel Bach: in bilico tra stile galante e stile emfindsamer secondo i gusti del tempo. A incorniciarlo, in apertura un Moderato dagli icastici ritmi e dalle curiose striature armoniche, percorso da arguti e scorrevoli arpeggi, nonché contraddistinto da una spiccata dicotomia tra i due temi, quindi da ultimo un garbato Menuet in forma di variazioni: con una zona centrale in minore e passaggi moderatamente contrappuntistici. Le ultime tre Sonate di Haydn, e dunque anche la Hob XVI n. 50 in do maggiore, furono scritte durante il secondo viaggio del compositore a Londra, nel 1795; oltretutto, essendo pensate per una pianista professionista, Theresa Jansen, sviscerarono tutte le possibilità e le potenziali innovazioni legate alla scrittura più moderna del pianoforte, sicché ormai qui non restano più tracce dell’eredità clavicembalistica, anzi, si potrebbero piuttosto ipotizzare occasionali tangenze con il pianismo atletico di Muzio Clementi. E tuttavia, specialmente in questa Sonata in do maggiore, è così evidente la libertà inventiva di Haydn, il suo modo di divertirsi componendo, da limitare i paragoni all’evidente crescita tecnica, ivi compreso l’uso esplicito del pedale di risonanza, che contribuisce a modificare la sonorità. Anche in questo caso lo staccato di sapore clavicembalistico non viene abbandonato, ma compare in antitesi col legato e crea quindi una più varia definizione del timbro; il profilo stesso dei temi, fin da quello memorabile dell’attacco (Allegro), è insolitamente autonomo da una vera e propria melodia e deriva piuttosto dai vuoti e pieni delle frasi e dall’irresistibile abbrivo ritmico. L’Adagio sembra riscrivere ad uso del pianoforte le vertiginose colorature delle opere serie; mentre l’Allegro molto è spiritosissimo, tutto attese, echi, soste e ripartenze, una specie di Minuetto deformato dalle continue esitazioni interne, come di un ballerino inesperto; e si noti come dalla civettuola ‘nota di volta’ del tema d’apertura via via si sviluppi una ripetizione più marcata che sa di danza e poi una ripetizione ancor più evidente, che pare un trillo rallentato: proprio con questo ‘trillo’ lento il brano si chiude quasi a sorpresa. Era il 1766 quando l’editore Breitkopf annunciò la pubblicazione imminente di un piccolo florilegio di lavori clavicembalistici di Haydn, tra i quali figurano anche le Variazioni in re maggiore più tardi archiviate come XVII n. 7 del catalogo compilato da Hoboken. In realtà non c’è tuttora un consenso unanime sulla loro autenticità: la prima edizione moderna (Henle, 1969) le accoglie con riserva in un’appendice, ma dato che Haydn pare averle riconosciute e col suo nome sono giunte fino a noi in ben cinque copie manoscritte si propende a considerarle di sua mano. La tonalità di re maggiore, che ragioni tecniche legavano nei brani orchestrali alla presenza delle trombe, sollecita l’invenzione di un tema più ‘squillante’ di quanto ci si aspetti di norma da un brano per tastiera, e forse per questo meno efficace, anche se un pianoforte moderno può ovviare meglio all’incongruenza. Su questo tema (Andante) Haydn scrive cinque variazioni di tipo ornamentale, la prima sincopata, la seconda e la quinta fiorite, la terza e la quarta ancora di tipo ‘trombettistico’: un brano semplice e gradevole, adatto allo smercio immediato auspicato dall’editore. Elisabetta Fava Maurizio Baglini Tra i musicisti più brillanti e apprezzati, ha al suo attivo un’intensa carriera in Europa, America e Asia: oltre 1200 concerti come solista e 900 di musica da camera. Nato a Pisa nel 1975 e vincitore a 24 anni del ‘World Music Piano Master’ di Montecarlo, da allora è ospite dei più prestigiosi festival (Yokohama Piano Festival, Australian Chamber Music Festival, ‘Benedetti Michelangeli’ di Bergamo e Brescia, Rossini Opera Festival, Israel Festival, Sagra Musicale Umbra); è invitato come solista e in formazioni di musica da camera dalle maggiori istituzioni internazionali (Salle Gaveau di Parigi, Kennedy Center di Washington, Auditorium del Louvre, Gasteig di Monaco di Baviera, Victoria Hall di Ginevra, Comunale di Bologna, Concerti del Quirinale). Collabora con direttori quali Krivine, Renzetti, Griffiths, Bisanti, Rudner e altri. Dal 2005 forma un duo con la violoncellista Silvia Chiesa. Il suo vasto repertorio spazia da Byrd ai contemporanei. Dal 2008 esegue in tutto il mondo la Nona di Beethoven nella trascrizione per pianoforte di Liszt (Musée d’Orsay, Teatro Ponchielli di Cremona, Monaco, Tel Aviv, Rio de Janeiro, Beirut, Milano) ed è stato ospite principale della trasmissione televisiva Toute la Musique qu’ils aiment, su France 3. Nel 2010 debutta con l’OSNRai nella prima mondiale del Concerto scritto per lui da Azio Corghi. Intenso l’impegno discografico (Studi di Chopin, su strumenti originali e pianoforte moderno, Carnaval, Variazioni Abegg, Papillons e Carnevale di Vienna di Schumann, integrale delle trascrizioni di Busoni da Bach, dvd con il Concerto n. 1 di Chopin, New Japan Philharmonic Orchestra). I suoi cd più recenti editi da Decca registrano ampi consensi di critica (Nona di Beethoven, Studi Trascendentali di Liszt, Sonate per violoncello e pianoforte di Brahms e Arpeggione di Schubert). Con Lang Lang, Ramin Bahrami e Stefano Bollani è tra i protagonisti della compilation ‘Classica 2011’ prodotta da DG. Dal 2004 Direttore artistico dell’Amiata Piano Festival, dal 2011 curatore di lezioni-concerto a Palazzo Reale di Pisa e del festival da camera ‘Les musiques de Montcaud’, dal 2013 consulente artistico del Teatro ‘Verdi’ di Pordenone. Insegna Pianoforte al Conservatorio ‘Marenzio’ di Brescia. Con il patrocinio di Con il sostegno di Con il contributo di Per inf.: POLINCONTRI - Orario: 9-13/13.30-17.00 Tel +39.011.090.79.26/7 - Fax +39.011.090.79.89 http://www.polincontri.polito.it/classica/