Politiche pensionistiche e modello sociale europeo: La MOC Pensioni

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Politiche pensionistiche e modello sociale europeo: La MOC Pensioni
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Politiche pensionistiche e modello sociale europeo:
La MOC Pensioni
Intervista a Luigina DE SANTIS
Segretaria Generale della FERPA
Federazione europea dei pensionati e delle persone anziane
Bruxelles, 2 giugno 2005
A cura di Carlo CALDARINI e Maria MERLANTE
Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa
Chi è Luigina De Santis?
Sono una sindacalista e lo sono diventata dopo gli studi universitari. Mi sono
laureata in sociologia nel 1975, a Roma, ed ho iniziato l’attività di
sindacalista per dare una mano, come si faceva allora. In quegli anni, infatti,
gli studenti subivano moltissimo il fascino dei sindacati, che erano veramente
un faro di cultura e di rinnovamento, e non c’era iniziativa di CGIL, CISL e UIL
che non destasse l’interesse di migliaia di giovani universitari in Italia.
Ho cominciato a frequentare una sede sindacale come volontaria e mi
occupavo un po’ di tutto. Erano gli anni in cui si faceva tanta contrattazione
con le aziende, in cui c’era una forte attività di vertenze individuali, perché
tanti contratti di lavoro non venivano rispettati; il settore della sanità non era
ancora stato unificato.
Mi occupavo in particolare di lavoro agricolo ed ho iniziato un percorso
sindacale che, dopo qualche anno, mi ha portato alla segreteria della Camera
del Lavoro di Vasto, in provincia di Chieti. Poi sono stata Segretaria regionale
dei lavoratori agricoli in Abruzzo, poi Segretaria della Camera del Lavoro di
Chieti ed è stato lì che, a seguito di una vicenda personale, ho deciso di
cambiare totalmente scenario ed ho accettato di andare a lavorare a Roma
nel sindacato dei pensionati (SPI).
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Cosa facevi nello SPI?
Ho lavorato un anno come funzionaria e mi occupavo del coordinamento
delle donne, che avevo formato insieme ad un’altra compagna, e della
formazione dei dirigenti sindacali, altro settore che non esisteva prima. A
quell’epoca (1989), il sindacato dei pensionati non era ancora quella forza
che è poi diventato negli anni seguenti.
Nel 1990 sono entrata nella Segretaria nazionale dello SPI, responsabile delle
politiche sociali.
Nel 1999 sei stata candidata alla segreteria generale della FERPA, che dirigi
appunto da 6 anni. Cos’è la FERPA?
La FERPA (Federazione europea dei pensionati e delle persone anziane) è una
federazione
sindacale
costituita
da
sindacati
dei
pensionati
delle
confederazioni aderenti alla CES (Confederazione europea dei sindacati). È
un’organizzazione nata nel 1993, vent’anni dopo la costituzione della CES.
C’è un articolo dello statuto della CES che la riconosce come “federazione dei
pensionati e degli anziani” della CES, ma si tratta di un’organizzazione sui
generis, perché abbiamo diritto di partecipazione e di proposta, ma non
abbiamo diritto di voto, a causa delle diversità di valutazione che esistono
sulla forma dell’organizzazione dei pensionati all’interno del sindacalismo
europeo.
La FERPA ha circa 10 milioni d’iscritti, attraverso 43 organizzazioni nazionali.
Siamo presenti in 24 paesi, perché recentemente un’organizzazione tedesca
ci ha lasciato.
Il nostro obiettivo è quello di essere “la voce dei pensionati in Europa”, di far
valere dunque i diritti dei pensionati e delle persone anziane di fronte alla
Commissione europea, al Parlamento e al Consiglio Europeo. Noi ci
rapportiamo ai ministri del Consiglio europeo e alle altre istituzioni europee
per tutto ciò che riguarda i problemi dei pensionati.
Com’è strutturato in Europa il sindacalismo dei pensionati?
In Europa ci sono tre modelli. Nel “modello all’italiana”, l’uscita dal mondo
del lavoro coincide con l’uscita dalla categoria sindacale professionale di
appartenenza, e la persona deve firmare un’altra delega sindacale se vuole
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aderire ad un sindacato dei pensionati. C’è dunque una vera e propria
organizzazione specifica, a piena autonomia politica e organizzativa, dei
sindacati dei pensionati CGIL, CISL e UIL.
Nel “modello misto”, come quello francese, è possibile aderire all’unione
confederale dei pensionati, o iscriversi ad esempio alla federazione dei
meccanici in pensione, il che significa che all’interno della federazione
professionale c’è un gruppo di pensionati che aderisce all’unione confederale
dei pensionati, e un altro che aderisce ancora al sindacato di categoria.
Nel “modello tedesco”, infine, i pensionati restano iscritti alla categoria
professionale di provenienza e ne costituiscono un coordinamento al suo
interno.
Potremmo aggiungere che esiste anche un “quarto modello”, che però
appartiene soltanto ai paesi scandinavi, costituito da organizzazioni
specifiche vicine al sindacato ma autonome dal punto di vista politico. Per
fare un esempio, il governo svedese, sulla questione dell’organizzazione dei
servizi, negozia solamente con le organizzazioni dei pensionati.
Veniamo ora al tema della nostra intervista. Qual è l’opinione della FERPA
riguardo al Metodo di Coordinamento Aperto (Méthode Ouverte de
Coordination = MOC) nell’ambito delle pensioni?
La FERPA ha un parere in linea di massima positivo sulla MOC come
strumento. La MOC si applica a settori e campi che non sono di competenza
dell’Unione europea ed è quindi un tentativo di coordinare politiche che
appartengono agli stati membri. In materia di pensioni, la competenza resta
dunque degli stati membri, ma noi abbiamo appoggiato il fatto che l’UE abbia
fissato indicatori e obiettivi comuni, che abbia chiesto agli Stati membri un
rapporto sul loro sistema pensionistico e che abbia prodotto nel 2002 il
primo “Rapporto sulle pensioni in Europa”.
Che cosa invece non ha funzionato, secondo voi?
La FERPA ha criticato il fatto che l’UE abbia messo, nella MOC, i tre pilastri
sullo stesso piano, quando la FERPA, invece, sostiene solamente il primo.
Vogliamo ricordare quali sono i tre pilastri?
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Il “primo pilastro” consiste nel sistema pensionistico tripartito, caratterizzato
dall’iscrizione obbligatoria di tutti i lavoratori per tutte le tipologie di lavoro.
Si tratta quindi di una “prestazione assicurativa universalistica” con regole
che noi diciamo “omogenee” tra diversi settori.
Il “secondo pilastro” è il fondo pensionistico professionale, per esempio i
fondi chiusi italiani. Di questo pilastro noi siamo sostenitori, ma non siamo
dei fanatici, perché abbiamo potuto constatare che questi fondi finiscono
sempre per gestire titoli di borsa con dei rischi molto elevati. In Italia questo
sistema ha portato qualche vantaggio rispetto al problema dell’indennità di
fine rapporto di lavoro, che restava in mano ai datori di lavoro e che dava un
rendimento bassissimo. Poi però questi fondi chiusi sono finiti, la borsa è
crollata e ci sono state diverse perdite. Per questo noi siamo molto più per la
tutela e il rafforzamento del primo pilastro.
Il “terzo pilastro” è l’assicurazione privata, ovvero il fondo aperto pensioni,
che consiste nella possibilità di acquistare un’assicurazione privata.
Noi non condividiamo la parificazione dei tre pilastri.
La Commissione aveva definito la MOC come uno strumento ad alto tasso di
partecipazione delle forze sociali coinvolte. Per esempio si era detto che non
si sarebbe potuto fare il Rapporto Nazionale sulle pensioni senza coinvolgere
i sindacati. Invece poi la MOC è stata usata dai governi nazionali come
argomento per tagliare le pensioni, senza considerare l’opinione dei
sindacati. L’elemento del coinvolgimento e della corresponsabilizzazione è
venuto meno e la MOC è rimasta come una “spada di Damocle” che i governi
hanno utilizzato per cercare di ridurre le prestazioni pensionistiche,
nascondendosi dietro il paravento costituito dalla MOC stessa.
Come si è comportata l’Italia rispetto agli altri paesi?
Non mi risulta che il Governo italiano abbia consultato i sindacati prima di
stendere il rapporto in base al quale poi la Commissione ha prodotto il suo
Rapporto nel 2002. L’assenza di confronto con i sindacati è caratteristica del
governo italiano, infatti, quella procedura di consultazione che vigeva con il
precedente governo di centro sinistra è venuta meno, e i sindacati dei
pensionati non riescono a farsi ricevere dal governo, nemmeno organizzando
grandi manifestazioni, com’è successo l’anno scorso.
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C’è invece qualche altro paese europeo che è più all’avanguardia in questo
ambito?
Si, nel Nord Europa, secondo un’indagine svolta dalla FERPA, i sindacati sono
stati consultati e quindi corresponsabilizzati sulla MOC. Infatti, come dice
giustamente la Commissione negli obiettivi comuni, tutto quello che riguarda
le pensioni richiede un altissimo consenso sociale e il fatto di coinvolgere le
parti sociali nelle procedure di verifica dei conti, di verifica dei risultati, è un
aspetto molto importante.
In sintesi?
Per riassumere, la FERPA si è trovata in disaccordo rispetto alla parificazione
dei tre pilastri e sul modo in cui è stato utilizzato lo strumento MOC, mentre
gli obiettivi comuni erano in larga parte condivisibili. La FERPA ha condiviso
anche la costruzione d’indicatori comuni, perché un paese può affermare che
il suo sistema funziona benissimo secondo degli indicatori nazionali, ma che
poi sullo sfondo europeo si rivela invece poco funzionale.
Quale sarà la prossima scadenza?
La Commissione europea sta organizzando una consultazione sociale sulla
qualità della MOC pensioni, che si chiuderà a fine mese e che dovrebbe
produrre una sua valutazione per migliorare la MOC entro la fine di
quest’anno. Si tratta di una procedura abbastanza aperta, io stessa ho potuto
mandare
il
parere
della
FERPA
direttamente
alla
Commissione.
La
Commissione dovrà poi dare una valutazione su come ha funzionato la MOC
e produrre un rapporto di sintesi entro la fine dell’anno.
Luigina DE SANTIS
Segretaria generale FERPA
Boulevard Roi Albert II, 5
1210 Bruxelles
Tel. +32 2 2240576
[email protected]
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