Giovani rifugiati: costruiamo il futuro
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Giovani rifugiati: costruiamo il futuro
No. 28 Giugno 2003 Servir Giovani rifugiati: costruiamo il futuro GIUGNO 2003 Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati 1 EDITORIALE Giovani rifugiati: il presente e il futuro I l 20 giugno si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, unoccasione per riflettere e prendere coscienza delle difficoltà e delle sofferenze che i circa 50 milioni di rifugiati e sfollati nel mondo sono costretti ad affrontare. Questanno la giornata è stata dedicata ai giovani rifugiati, tema ufficiale sarà dunque: Giovani rifugiati, costruiamo il futuro. La decisione di focalizzare lattenzione su questa categoria di rifugiati, particolarmente vulnerabile, è assai significativa. Secondo lUNHCR, nella categoria giovani rientrano gli individui tra i 13 e i 25 anni di età ovvero gli adolescenti e coloro che vivono i primissimi anni della loro età adulta. Coloro che rientrano in questa fascia di età sono esposti a pericoli molto specifici e sono particolarmente vulnerabili in tempi di guerra e di conflitto, che sono la principale causa dei fenomeni di sfollamento. Quando un conflitto colpisce un Paese, producendo sfollamenti forzati su larga scala, listruzione dei giovani è normalmente interrotta, privando a volte unintera generazione di quello che è un diritto basilare. Senza unistruzione, i giovani vedono spesso ridursi lautostima e le opportunità nella vita seriamente ridotte. I giovani rifugiati affrontano anche altri rischi connessi allo svilupparsi del conflitto. Spesso sono separati dalle famiglie o, peggio, traumatizzati dalla perdita di un genitore, di un fratello o di una sorella. Sono esposti a rischi di sfruttamento e/o di abusi e violenze sessuali, che lasciano profonde cicatrici molto difficili da curare. Il reclutamento forzato in gruppi armati o i lavori forzati costituiscono, in tempi di conflitto, un pericolo soprattutto per 2 Giovani studenti nella scuola del JRS nel campo di Osire, in Namibia i più giovani, nonostante trattati e convenzioni internazionali abbiano dichiarato illegali azioni di questo tipo. I costi di questi abusi sono altissimi. Che futuro ha una nazione in cui giovani vite sono state distrutte da guerre e sfollamenti forzati? Quali opportunità di sviluppo futuro ha una comunità i cui giovani sono privi di istruzione e portano le profonde cicatrici di traumi, abusi o reclutamenti forzati? È dovere e compito di organizzazioni come il JRS proteggere i giovani rifugiati da tali abusi e aiutarli a difendere i propri diritti, come listruzione e lassistenza sanitaria durante il periodo in cui sono sfollati; ma è anche doveroso offrire loro attività alternative, come la formazione professionale e altre iniziative per la generazione di reddito. Il JRS lavora con centinaia di migliaia di giovani rifugiati e sfollati in tutto il mondo, e questo numero di Servir si occupa dei pericoli a cui sono esposti e delle risposte che il JRS è riuscito a dare, con alcuni esempi dallAmerica Latina, dallAfrica e dallEuropa. Il numero contiene anche un articolo dedicato alla piaga dei rifugiati birmani in Thailandia, vecchi e giovani. Nella giornata mondiale del rifugiato, il 20 giugno, focalizziamo la nostra attenzione su tutti i rifugiati, specialmente sui giovani, e rinnoviamo i nostri sforzi per aiutarli a ricostruire le loro vite e a lavorare per un futuro migliore. Lluís Magriñà SJ è il Direttore Internazionale del JRS REPUBBLICA DOMINICANA Marciare per il riconoscimento Melanie Teff Con lappoggio del JRS, migliaia di bambini dominicani privi di documenti hanno marciato per il riconoscimento del loro diritto di cittadinanza. I l 20 marzo 2003, circa 2.000 bambini dominicani privi di documenti hanno marciato sino al palazzo della Suprema Corte Dominicana per dar forza alla loro richiesta di essere riconosciuti come cittadini dominicani e di ottenere il rilascio dei loro certificati di nascita. Nel corso di questa marcia, che è stata la prima marcia pubblica di questo tipo nella Repubblica Dominicana, i bambini hanno letto un testo dove spiegavano in che modo la mancanza di un certificato di nascita condiziona pesantemente le loro vite negando loro laccesso a servizi pubblici, come leducazione e la sanità, e lasciandoli nella costante paura di essere deportati dallunico Paese che abbiano mai conosciuto. La maggior parte di questi bambini è di origine haitiana ma nonostante la Costituzione Dominicana affermi che tutti i bambini nati sul suolo della Repubblica Dominicana sono dominicani (tranne i figli dei diplomatici e delle persone in transito) si sono visti negare i loro certificati di nascita dagli Uffici del Registro Civile dominicano. Il JRS della Repubblica Dominicana teme che il rifiuto dei certificati di nascita a questi bambini sia espressione di pregiudizi razziali e di xenofobia, e che ciò li lasci in una situazione di permanente emarginazione. Per questo il JRS lavora, con una rete di organizzazioni laiche nella Repubblica Dominicana, a una campagna per il riconoscimento della nazionalità a tutti i bambini nati sul Melanie Teff è responsabile del servizio di difesa legale del JRS Internazionale e ha lavorato sul tema della difesa dei diritti con il JRS nella Repubblica Dominicana e ad Haiti dal 2000 al 2003. GIUGNO 2003 Una giovane dominicana afferma i suoi diritti suolo della Repubblica. La marcia ha costituito, allinterno di questa campagna, unopportunità significativa per i bambini, così toccati dalla politica del governo dominicano, per perorare loro stessi la loro causa. Della marcia hanno ampiamente riferito i mass media e si è largamente dibattuto. La data della marcia era stata scelta appositamente affinché la notizia venisse riportata il 21 marzo Giornata Internazionale contro la Discriminazione Razziale. La marcia 3 BURUNDI Preparando i giovani a un futuro migliore Nicolas Dorronsoro Nel campo per gli sfollati di Kiyange, in Burundi, dove due terzi della popolazione ha meno di 24 anni, il JRS assiste più di 300 giovani con corsi di formazione professionale, attività culturali e altri servizi. I l Burundi attraversa una profonda crisi politica, economica e sociale sin da quando ha conquistato lindipendenza dal Belgio nel 1962. Il processo di decolonizzazione in Burundi ha dato il via a una lotta per il potere che ha posto le diverse élites e i diversi gruppi etnici gli uni contro gli altri. Come in Ruanda, questa battaglia ha rapidamente rivelato una profonda rivalità fra due gruppi: gli Hutu e i Tutsi. Nel 1963, lassassinio del principe Louis Rwagasore membro della famiglia reale che era riuscito a mettere insieme gli Hutu e i Tutsi nel partito politico Unione per il Progresso Nazionale (UPRONA) ha segnato linizio degli attuali disordini. Assai scossa dallascesa al potere degli Una giovane madre con il suo bambino in Burundi Hutu in Ruanda nel 1965, la società burundese è stata colpita da paure etniche che si sono radicate in settori significativi della società. Questa paura ha avuto un grande peso nellistituzionalizzazione dellesclusione politica e nella repressione, generando così movimenti pronti a usare la violenza in modo indiscriminato contro altri gruppi etnici. Lassassinio nel 1993 di Melchior Ndadaye, il presidente Hutu, eletto in occasione del primo voto libero nella storia dello stato, e il colpo di stato del 1996 di Pierre Buyoya, un Tutsi, hanno determinato la recente storia del Paese. Da allora, il Burundi è precipitato in una guerra sanguinosa tra due gruppi armati Hutu FDD (Forze per la Difesa della Democrazia) e FNL (Forze di Liberazione Nazionale) da una parte e lesercito, dove i Tutsi facevano parte dei ranghi più elevati ed erano molto numerosi nella sua composizione. Circa 300.000 persone sono morte nel paese in questi ultimi 10 anni di conflitto. I civili sono le principali vittime della guerra. Allinterno del Paese gli spostamenti della popolazione a seguito dei continui attacchi dellesercito e dei gruppi armati Hutu costituiscono un grave problema. Ogni giorno hanno luogo uccisioni indiscriminate, violenze, saccheggi, distruzioni delle proprietà e umiliazioni. Nonostante il Burundi sia tra i firmatari della Convenzione di Ginevra, linterno del Paese è unarea senza legge dove gruppi armati operano nella totale impunità. Come risultato della violenza, 387.469 sfollati interni attualmente vivono in 226 siti in tutto il Paese, incluso il campo di Kiyange, dove il JRS lavora dal 1997. Situato a 15 chilometri a nord di Bujumbura, Kiyange fa parte del distretto di Buterere, larea più povera della capitale. Quando il campo fu aperto, le condizioni di vita erano estremamente precarie. Migliaia di profughi urbani presenti in diversi distretti di Bujumbura furono forzati a lasciare la città alla volta di nuove sistemazioni nei sobborghi, che mancavano persino delle più basilari attrezzature igieniche. Fu allora che il Vescovo di Bujumbura chiese lassi- 4 BURUNDI stenza del JRS per rispondere alle necessità più urgenti. Dopo questa prima fase di emergenza, il compito del JRS a Kiyange e nel distretto di Buterere si è focalizzato in due direzioni. Prima di tutto il lavoro è stato indirizzato alle necessità basilari dei 5.000 profughi di Kiyange: assistenza medica e nutrizionale, ricostruzione delle infrastrutture, animazione culturale, asili infantili. Successivamente il progetto si è preoccupato di aiutare gli abitanti del campo a interrompere il ciclo della povertà attraverso lo sviluppo di attività per la produzione di reddito. Kiyange è giovane non solo in termini di età del campo ma anche in termini di popolazione: i giovani al di sotto dei 24 anni rappresentano due terzi dei suoi abitanti. Molti di essi sono adolescenti, alcuni agli ultimi anni di scuola secondaria, altri mancano completamente di scolarizzazione. La disoccupazione è il problema fondamentale per i giovani del campo. La mancanza di opportunità di lavoro rende larruolamento nellesercito unopzione reale per molti di essi, una scelta che determina il destino di migliaia di ragazzi burundesi. Un altro problema, qui, è lAIDS che è profondamente radicato nel campo: più del 20% della popolazione di Kiyange è affetta dal virus HIV (lUNAIDS mette il Burundi al 13o posto tra i paesi più colpiti dal HIV nel mondo). Facendo fronte a queste circostanze, più di duecento giovani uomini e donne, sono assistiti dal JRS con corsi di formazione professionale in diversi laboratori: forno, falegnameria, lavorazione di cesti, concia, lavorazione del cuoio e cucito sono i corsi più frequentati e di maggior successo. Listruzione qui non ha un carattere formale, il possesso di un titolo di studio non è necessario per diventare un apprendista. Gli unici requisiti necessari sono la voglia di lavorare e il senso di responsabilità personale. Per far sì che gli studenti non debbano impegnarsi a cercare altre forme di reddito, nel periodo della formazione ricevono una piccola indennità mensile. Il lavoro è integrato nel contesto di una cooperativa promossa dal JRS con lobiettivo dellauto-sostentamento. I prodotti vengono venduti nei diversi punti vendita del JRS in città. importante anche per il campo: le canalizzazioni e i pozzi scavati per le latrine sono unottima misura preventiva contro le inondazioni e per migliorare le condizioni igieniche della zona. I giovani di Kiyange ci mostrano ogni giorno il desiderio del popolo del Burundi di una vita pacifica e dignitosa. Pace non significa solo assenza di guerra ma anche soluzione del conflitto subito dallintera società. Pace significa lavvento di una società giusta in cui tutti i burundesi possano usufruire delle stesse opportunità. Per questo, la motivazione dei giovani è la nostra speranza. Lontano da Kiyange, comunque, la situazione politica sembra evolvere molto lentamente. Ci piacerebbe sapere quando arriverà la pace, ma possiamo solo sognare, aiutando nel frattempo i giovani ad acquisire competenze, a imparare a vivere insieme, a costruire il loro futuro così che quando la pace giungerà saranno in grado di afferrarla a piene mani e di costruire un Burundi migliore. Nicolas Dorronsoro è responsabile dellinformazione del JRS Grandi Laghi Due terzi degli abitanti di Kiyange sono sotto i 24 anni di età Children living in Baringa, location of JRS newest project in DR Congo Oltre al progetto di formazione professionale, il JRS organizza molte attività culturali che offrono occasione di svago ai giovani del campo: un gruppo di percussionisti, danza tradizionale e moderna, una compagnia teatrale, un coro religioso, un movimento di azione cattolica, attività sportive, proiezione di film, colloqui, e una piccola biblioteca. Una delle attività più apprezzate dai giovani di Kiyange sono i campi di lavoro estivo. 300 adolescenti e giovani vi hanno partecipato nellestate del 2002, e un nuovo campo estivo è stato preparato per il 2003. Lobiettivo era di mettere insieme i giovani di Kiyange per lavorare insieme per due settimane, ma il lavoro realizzato si è rivelato molto GIUGNO 2003 5 Rifugiati Karenni in Thailandia Dove non si può dimenticare: i rifugiati birmani in Thailandia Cynthia Buiza U na delle situazioni penose che si protrae da più tempo nellAsia sudorientale è quella dei rifugiati birmani in Thailandia. Al momento, secondo i dati del Consorzio della Frontiera Birmana, ci sono 144.358 rifugiati birmani registrati in diversi campi lungo il confine tra Thailandia e Birmania. Inoltre ci sono circa un milione di lavoratori birmani che vivono a Bangkok e nelle province vicine, in una situazione simile a quella dei rifugiati. La maggior parte dei rifugiati appartiene ai gruppi etnici birmani Karen, Karenni e Mon. Un numero imprecisato (si stima fra i 100.000 e i 300.000) di rifugiati provenienti dallo Stato birmano di Shan vive fuori dai campi nel nord-est della Thailandia, e questi, dopo essere stati costretti a fuggire dal loro Paese, sono ancora più esposti ad abusi e violazione dei loro diritti. Il grande afflusso di rifugiati birmani in Thailandia cominciò nel 1984, quando lesercito birmano penetrò nello stato dissidente di Karen e stabilì sue basi al confine con la Thailandia. A quel tempo, un vasto sforzo internazionale provvedeva al sostegno di circa 500.000 rifugiati cambogiani al confine orientale della Thailandia. Nonostante lUNHCR non sia stato coinvolto fino al 1998, la Thailandia permise 6 a questi rifugiati di restare sul suo suolo ricevendo aiuti da diverse ONG che lavoravano attraverso il Comitato per il Coordinamento dei Servizi ai Profughi in Thailandia. Fino al 1988, i rifugiati erano per lo più immigrati che tornavano in Birmania appena diminuiva lintensità dei combattimenti e alla fine di ogni stagione delle piogge. Dopo la soppressione di ogni dimostrazione in favore della democrazia nel 1988, e dopo il fallimento delle elezioni democratiche del 1990, un gran numero di esponenti della popolazione civile, giovani studenti e altri, che si battevano per la democrazia fuggirono in Thailandia in cerca di protezione. Da allora, e a causa delle continue violazioni dei diritti umani negli Stati confinanti, cè stato un numero sempre crescente di richiedenti asilo in Thailandia. Mancanza di protezione In Thailandia, definire cosa sia un rifugiato è materia delicata. Il governo non è tra i firmatari della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951, né del Protocollo del 1967, e, secondo la legislazione nazionale, i richiedenti asilo in Thailandia sono tecnicamente immigrati illegali. Verso la fine degli anni 90, la politica thailandese si è ufficial- THAILANDIA mente espressa definendoli profughi che fuggono dai combattimenti (invece che rifugiati) e parlando di rifugi temporanei (invece che campi per rifugiati). Comunque, nella pratica, i birmani sono riconosciuti de facto come rifugiati e come gruppo che ha diritto di richiedere asilo. il rimpatrio è possibile solo quando le condizioni nel Paese di origine sono cambiate e le cause di conflitto sradicate definitivamente. Questo non è vero per la Birmania. Allo stesso tempo, la Thailandia sta attivamente perseguendo una futura politica di rimpatri. Questo riconoscimento ha permesso allUNHCR e ad altre organizzazioni umanitarie di fornire servizi ai rifugiati anche in assenza di una chiara politica. Latteggiamento generale del governo di Bangkok è stato quello di assistere i profughi su base umanitaria, una situazione simile a quella dei rifugiati indocinesi negli anni 70. Sotto il presente regime, le autorità birmane negano ogni responsabilità per i rifugiati accampati lungo il confine tra Thailandia e Birmania. La posizione del regime passa da un deciso negare lesistenza dei rifugiati, al collegare i rifugiati con le forze ribelli. Dopo l11 settembre, il reinsediamento in Paesi terzi è sempre più spesso una soluzione alternativa per molti rifugiati birmani e non-birmani che attualmente vivono in Thailandia. La mancanza di un quadro normativo definito che preveda la protezione totale dei rifugiati ha contribuito ad aumentare la loro insicurezza e a nascondere insidiose violazioni dei loro diritti. Queste violazioni vanno dagli oltraggi gravi come le violenze sessuali e quelle legate alla discriminazione di genere contro le donne rifugiate, commesse sia dai soldati thailandesi che dai rifugiati stessi ai confinamenti prolungati nei campi senza alcun diritto di lavorare o senza alcuna libertà di movimento (i campi per i rifugiati sono recintati); alle limitazioni dellistruzione per i bambini e per i giovani; alla crescente demonizzazione dei rifugiati. La vulnerabilità dei rifugiati birmani in Thailandia non è aiutata dalle relazioni molto cordiali tra il governo thailandese e lattuale governo birmano. Ciò si accorda con la politica corrente di impegno costruttivo nei confronti della Birmania condotta dagli Stati membri dellASEAN. La protezione dei rifugiati dopo l11 settembre La necessità di migliorare la protezione dei rifugiati non è mai stata così critica come dopo gli eventi dell11 settembre. Le severe restrizioni imposte ai richiedenti asilo e ai rifugiati hanno peggiorato ulteriormente la situazione dei rifugiati. Dopo l11 settembre, la giunta birmana non ha perso tempo nelletichettare i sostenitori dei vari gruppi etnici nella zona di confine e gli attivisti esiliati in Thailandia, come terroristi. Questo ha portato allapplicazione di regole più ristrette, ad aumentare la sorveglianza sugli attivisti politici birmani che vivono in diverse zone della Thailandia e ad attuare restrizioni nei confronti delle ONG che assistono i rifugiati birmani. Nel frattempo i profughi interni della Birmania, attualmente stimati tra 600.000 e un milione di persone, continuano a fuggire per salvare le loro vite, e le ONG continuano a cercare strategie alternative per essere loro vicine. Dove non si può dimenticare I rifugiati che continuano ad arrivare nei campi in Thailandia esprimono bene la portata della crisi umanitaria in Birmania. Circola sufficiente informazione per stimolare uniniziativa meglio concertata della comunità internazionale per dare, al di là del contesto contingente, una risposta a questa situazione. Le disperate condizioni in cui si trovano i profughi birmani potrebbero un giorno provocare un problema umanitario su larga scala che si aggiungerebbe a quello già esistente. È cruciale per le agenzie dellONU e per le organizzazioni internazionali valutare i rischi e gli scenari, e formulare soluzioni praticabili. Cynthia Buiza è responsabile dellinformazione del JRS Asia del Pacifico Rifugiati Karenni In questo scenario, è molto problematico immaginare una soluzione durevole della situazione dei rifugiati birmani. Le classiche norme della protezione dei rifugiati rimpatrio volontario, integrazione e reinsediamento diventano una vera e propria sfida quando si affronta il problema dei rifugiati birmani. In termini internazionalmente accettabili, GIUGNO 2003 7 COLOMBIA Aiutare i profughi ad aiutare sé stessi Jorge Serrano SJ Jorge Serrano SJ, ex direttore del JRS Colombia, ci offre le sue riflessioni sul lavoro con i profughi e sulle particolari sfide con cui si confrontano i giovani in situazioni di conflitto. I n occasione di uno scambio di informazioni con il JRS Africa occidentale circa il loro lavoro con i rifugiati, ho riflettuto su alcuni aspetti importanti della mia esperienza di lavoro con gli sfollati interni in Colombia. Cè una grande differenza tra il lavorare con i rifugiati e il lavorare con gli sfollati interni. Quando qualcuno diventa un rifugiato, vuol dire che è scappato dal suo Paese ed è entrato in unaltra nazione confinante dove può aspettarsi di ricevere assistenza legale e materiale e aiuti dallUNHCR, dai governi e da altre organizzazioni il cui mandato e il cui dovere è proteggere i rifugiati. Invece, quando una persona resta sfollata allinterno del proprio Paese, deve continuare a vivere sotto lo stesso regime che spesso è il primo responsabile del problema che lha costretta a fuggire. Unorganizzazione che lavora con gli sfollati interni deve coprire tutti i loro bisogni, dal momento che spesso non viene riconosciuto loro nessun diritto in termini di protezione internazionale, legale e fisica. Nel nostro lavoro con gli sfollati interni spesso siamo coinvolti in questioni politiche, una materia spinosa che tocca anche il problema dellimparzialità. Quando parlo di politica non voglio dire che ci impegniamo in discussioni politiche o che sosteniamo singoli esponenti politici, ma che siamo impegnati a creare un Giovani profughi in Colombia ambiente nel quale la società civile possa riemergere come una forza positiva per un cambiamento nel Paese. Noi aiutiamo i singoli individui a diventare soggetti politici, a riconoscere i propri diritti e i propri doveri, a essere consapevoli di poter incidere sui processi che condizionano la loro vita e quella delle loro comunità, così che possano non avere più bisogno del nostro aiuto e camminare con le proprie gambe. Persone i cui diritti basilari sono stati negati per unintera generazione diventano soggetti politici quando diventano consapevoli che listruzione è un loro diritto basilare, non un favore, ma un diritto costituzionale; quando capiscono che lassistenza sanitaria in ospedale è un diritto perché sono persone e non perché il dottore appartiene al loro stesso partito politico. In Colombia, il JRS non ha mai intrapreso nulla senza aver prima verificato cosa la gente si aspettasse. Chiediamo loro quali sono i loro bisogni. Potrebbero dire che non hanno bisogno di nulla, noi risponderemmo va bene, se però doveste avere bisogno di qualcosa in futuro noi ci saremo. In questo consiste il costruire un rapporto di fiducia con i profughi, quando essi comprendono che il JRS ha a cuore il loro interesse. Più del 50% dei profughi in Colombia ha meno di 18 anni La vita per i giovani profughi interni in un Paese lacerato da un conflitto può essere dura, specialmente nelle zone rurali dove non ci sono opportunità di frequentare la scuola, di guardare la televisione, di andare a ballare o di giocare a calcio o a pallacanestro. La vita in un ambiente rurale offre aria buona e unatmosfera non inquinata, ma non evoca memorie piacevoli in coloro che sono stati obbligati a lasciare le loro case. Dallinfanzia gli sfollati interni devono lavorare sodo, devono camminare, a volte per 5 km ogni giorno, per andare a prendere lacqua; devono sfamare i maiali che allevano. Alcuni di essi sono andati a scuola per 3 o 4 anni, ma magari sono rima- 8 COLOMBIA sti tutto il tempo nella stessa classe perché non cerano insegnanti per i livelli successivi. Lascolto di quello che i giovani hanno da dire è parte integrante di ogni programma del JRS in Colombia. Una politica del JRS è quella di lavorare apertamente con tutti gli sfollati interni, invitando tutti, donne, uomini, giovani e bambini, a prendere parte ai processi decisionali. Lobiettivo è quello di offrir loro lopportunità di esercitare il diritto di dire la loro. È un compito duro perché i vecchi capi ritengono che solo gli uomini anziani (non le donne) abbiano il diritto di parlare. Il lavoro del JRS consiste, appunto, nel facilitare questo processo. Il JRS aiuta i giovani anche nella ricerca di nuove opportunità di lavoro nel nuovo ambiente in cui sono inseriti. Nel 2000, a Barrancabermeja, il JRS ha partecipato con altre quattro agenzie a un programma di formazione professionale nel settore della meccanica rivolto a 45 giovani (uomini e donne). Nel 2001, un programma congiunto con la parrocchia e la Croce Rossa locale a Tierralta, Cordoba, ha coinvolto 13 giovani (uomini e donne) in attività di formazione, attività per la produzione di reddito e un programma per facilitare laccesso allistruzione. In un altro importante programma che stiamo sviluppando a Barrancabermeja, il JRS lavora per far sì che i giovani non si uniscano ai vari gruppi armati in conflitto. Questo programma, iniziato nel 2001, si svolge in 7 scuole, coinvolgendo insegnanti, genitori e 300 giovani tra gli 8 e i 18 anni. Con questo programma, il JRS tenta di creare un nuovo ambiente nel quale i giovani possano sperimentare una giovinezza normale. Il JRS vuole aiutare genitori e professori a diventare accompagnatori nella formazione delle capacità di reagire con lobiettivo di offrire a questi giovani gli strumenti per rispondere alla sfida di vivere in uno stato di povertà che nega i loro diritti umani. In Colombia abbiamo sempre tentato di lavorare per rendere più forti gli individui e le comunità, affinché siano consapevoli dei loro diritti e si sentano in grado di perorarli, fronteggiando i gruppi e il sistema che li offendono e li feriscono. Il processo è allinizio: si parte con linformazione, parlando con i medici e richiedendo laccesso alle cure mediche; consiste nellaffrontare i presidi con i codici delle leggi alla mano, obbligandoli ad ammettere i giovani profughi nelle scuole. Ma consiste anche nellinformare i genitori sui diritti dei loro figli, così che i figli possano diventare consapevoli sin dalla più giovane età di avere dei diritti. È un processo a lungo termine, che vuole portare a un cambiamento radicale negli atteggiamenti, non a una rapida soluzione temporanea. Jorge Serrano SJ è stato Direttore del JRS Colombia dal 1996 al 2002 Il lavoro del JRS con i giovani rifugiati Qualche altro esempio del lavoro del JRS con i giovani: VENEZUELA: Il JRS offre assistenza sanitaria ai giovani rifugiati dalla Colombia e appoggio psicologico agli adolescenti. Il programma prevede anche un processo di riconciliazione. THAILANDIA: Il progetto del JRS al confine thailandese-birmano ha avuto grande impatto nello sviluppo dei giovani rifugiati Shan, con 300 studenti accompagnati nella loro istruzione. BOSNIA-ERZEGOVINA: Da quando è stato attivato, nel 1998, il programma per giovani vittime delle mine ha assistito 300 sopravvissuti. Esso comprende anche un campo annuale di riabilitazione per 30 giovani. SUDAFRICA: A Pretoria e Johannesburg, più di 100 rifugiati minori non accompagnati sono assistiti attraverso un programma di affidamenti e con supporti economici per la loro istruzione. KENIA: Assistenza giornaliera e terapia psicologica sono offerte a più di 110 giovani rifugiati, traumatizzati e malati mentali, nel campo di Kakuma. AFRICA: I beneficiari dei progetti di istruzione del JRS in Africa sono più di 76.000. NEPAL: Il JRS assiste la Caritas del Nepal con progetti educativi nel contesto di un progetto su larga scala che include il supporto, nelle scuole del campo, a 946 studenti particolarmente bisognosi di sostegno. GIUGNO 2003 ITALIA: Finestre Storie di Rifugiati, un programma per far crescere la consapevolezza sulle problematiche dei rifugiati e dei richiedenti asilo condotto nelle scuole secondarie, ha raggiunto 1.600 studenti nel 2002. 9 MALTA Giovani volontari: la spina dorsale del JRS Malta Danielle Vella Con laiuto di molti giovani volontari, il JRS Malta ha avviato un progetto per fare uscire i minori non accompagnati dai centri di detenzione per i rifugiati. LONU afferma senza possibilità di equivoco che i minori non accompagnati richiedenti asilo non dovrebbero essere detenuti. La festa di Natale del JRS Malta 10 N on abbiamo libertà. È come una prigione. Mangiamo e dormiamo, nientaltro. Tigist (non è il suo vero nome) sta parlando della vita a Malta. La ragazza etiope, 16 anni, è detenuta dalle autorità perché è entrata a Malta senza documenti validi. È una cosiddetta clandestina, che ha violato i regolamenti per limmigrazione. Se passate una giornata qui, vi accorgerete di quantè difficile, continua Tigist, tentando di esprimere la cupezza della vita da reclusa. Tigist è dietro le sbarre con centinaia di altre persone, per lo più provenienti da Etiopia, Eritrea, Somalia e Iraq. La politica governativa è stata di detenere gli immigrati irregolari dal momento dellarrivo, alcuni sono stati reclusi per circa un anno. Dice Tigist: Non ci permettono di uscire, non vediamo mai il sole. Se i soldati sono molto gentili, ci lasciano uscire, ma non lo fanno sempre. Hanno paura che scappiamo, ci dicono. Alcuni gruppi di detenuti soffrono più di altri, specialmente i giovani che sono soli. Ganet, 15 anni, è unaltra richiedente asilo detenuta da nove mesi. Orfana, è rimasta sola da quando aveva 12 anni, quando è stata separata dai suoi fratelli maggiori durante una deportazione forzata di gruppo dallEtiopia allEritrea. Sarebbe stato meglio se fossi morta nel mio Paese. Per quattro anni sono stata sola. Ora ho aspettato mesi per nulla. Sono stanca. È come una prigione e sento che è troppo, dice Ganet. LONU afferma inequivocabilmente che i minori non accompagnati richiedenti asilo non dovrebbero essere detenuti e che strategie alternative dovrebbero essere assunte da parte delle autorità responsabili della tutela dei minori. La responsabilità legale per i minori attualmente detenuti a Malta ricade sul governo e, in linea con la legge internazionale e nazionale, si stanno facendo dei passi per sistemare i minori che hanno avuto il riconoscimento dello status di rifugiati o della temporanea protezione umanitaria nella comunità. Il JRS durante questi tentativi era in prima linea; da gennaio abbiamo lavorato insieme ai servizi sociali del governo per allestire una sede residenziale nella comunità e così rispondere alle esigenze di circa 20 minori. Laffidamento è stato identificato come una possibile opzione a lungo termine, ma è urgente trovare una soluzione più veloce, una casa/residenza sarà la risposta iniziale. Il JRS è aiutato da volontari il cui entusiasmo e impegno si stanno dimostrando indispensabili: un primo nucleo di studenti e giovani professionisti che già collaborano ai nostri progetti ha immediatamente offerto il suo supporto e ancora altri si sono fatti avanti in risposta a una richiesta di aiuto. I MALTA preparativi fervono. I mobili sono stati ordinati, i lavori di restauro dei locali sono in corso, e i volontari sono al lavoro per dipingere, andare a prendere e trasportare gli arredi, cercare donazioni e fondi aggiuntivi. trebbe fermarla. O Thomas, che nonostante il suo impegno di studente di medicina, visita ogni settimana un centro di detenzione e, ogni fine settimana, prende i bambini dei rifugiati e li porta a vivere nella comunità. Nel frattempo, il JRS e gli operatori sociali del governo stanno cooperando nella selezione e formazione del personale e nel pianificare le procedure per la gestione della casa. Quando la sede sarà operativa, il JRS provvederà a trovare volontari per collaborare con léquipe degli operatori della casa durante il giorno e per promuovere attività indirizzate allintegrazione e allo sviluppo personale. Molti volontari, giovani e meno giovani, si sono messi in lista per essere inseriti nel servizio e ora si incontrano settimanalmente per elaborare idee per le attività sociali. Così abbiamo cori, classi di aerobica, pittura, cucina e tante altre attività che i minori potranno scegliere. A fronte dellaumento dellincremento degli arrivi di immigrati irregolari a Malta nellultimo anno, nel Paese cè stata anche una crescita nel pregiudizio. Quindi la dedizione dei giovani che vogliono cambiare tutto ciò e tenUna giovane rifugiata a Malta dere la mano ai rifugiati e agli immigrati irregolari è una fonte di incoraggiamento. Come Katie e Patsy, studentesse della stessa scuola che, vergognandosi del comportamento dei loro compagni, hanno offerto i loro servizi al JRS. Ora insegnano inglese ad alcune famiglie nella comunità e sperano di collaborare nel nuovo progetto. Allapertura della sede, i minori saranno rilasciati. Non sarà mai troppo presto dal momento che ogni giorno diventano più frustrati e depressi. Nellattesa léquipe del JRS e i volontari li visitano quotidianamente per tirarli su di morale e per assicurali che ci sono persone fuori che stanno facendo del loro meglio per accelerare le cose. Siamo stati testimoni altre volte dello stesso accanimento dei volontari nel fare tutto quello che possono e sempre di più. Volontari impegnati, con diverse esperienze di vita, formano la spina dorsale dei nostri servizi: visitano le famiglie rifugiate e gli immigrati detenuti, forniscono consulenza legale, insegnano inglese, aiutano i bambini nel doposcuola e ora supportano lultimo progetto per i minori non accompagnati. La cosa più importante è che i volontari accompagnano davvero i rifugiati: di solito iniziano con visite settimanali per insegnare linglese o per offrire altre forme di assistenza, ma presto sorge una vera amicizia e aiutano i rifugiati a integrarsi nella società maltese. La loro dedizione può essere notevole. Prendete, ad esempio, Marie-Claire, una studentessa di fisioterapia di 17 anni, che raggiunge in bicicletta ogni sabato un campo di detenzione per giocare con i bambini reclusi. Neanche una pioggia intensa poGIUGNO 2003 Come operatori del JRS, senza i nostri volontari, ci saremmo probabilmente scoraggiati già da molto tempo. Loro ci spingono a perseverare quando i tipici contrattempi la disperazione dei detenuti, le politiche ingiuste e inflessibili del governo, la quasi totale mancanza di servizi della comunità sembrano sopraffarci. Oltre al sostegno morale, sarebbe fisicamente impossibile realizzare la maggior parte di quel che facciamo senza lapporto dei volontari. Negli anni, i volontari ci hanno aiutato a dar forma ai nostri servizi con creatività e dedizione. Il nostro più recente contributo, il progetto per i minori non accompagnati, è fattibile solo grazie al loro aiuto e noi siamo ansiosi di vivere questa eccitante avventura insieme. Negli anni, i volontari ci hanno aiutato a dar forma ai nostri servizi con creatività e dedizione. Danielle Vella è responsabile dellinformazione del JRS Malta 11 Come aiutare una persona L Per provvedere allassistenza medica di un richiedente asilo in detenzione temporanea a Bangkok, Thailandia a missione del JRS è quella di accompagnare, servire e difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati, specialmente coloro che sono dimenticati e la cui situazione non attira lattenzione internazionale. Lo facciamo attraverso i nostri progetti in più di 50 paesi in tutto il mondo, dando assistenza tramite istruzione, assistenza medica, lavoro pastorale, formazione professionale, attività generatrici di reddito e molte altre attività e servizi ai rifugiati. $15 USA Per educare un bambino rifugiato per un anno in Tamil Nadu, India $50 USA Per provvedere a un rifugio di emergenza per una famiglia sfollata in Guinea, Africa Occidentale $50 USA Per pagare lo stipendio mensile di un insegnante in un campo profughi in Angola (Viana) $60 USA Per assistere un rifugiato urbano in Etiopia con supporto medico, finanziario, educativo o psicologico Il JRS può contare soprattutto su donazioni da parte di privati, di agenzie di sviluppo e organizzazioni ecclesiali. $60 USA Per assistere un bambino vittima delle mine a Sarajevo, in BosniaErzegovina, con supporto medico, materiale, educativo o psicologico Alcuni esempi di come vengono utilizzati i fondi del JRS: $570 USA SOSTIENI IL NOSTRO LAVORO CON I RIFUGIATI Il vostro continuo sostegno rende possibile per noi laiuto ai rifugiati e richiedenti asilo in più di 50 nazioni. Se desideri fare una donazione, compila per cortesia il tagliando e spediscilo allufficio internazionale del JRS. Grazie per laiuto. (Si prega di intestare gli assegni allordine del Jesuit Refugee Service) Desidero sostenere il lavoro del JRS Ammontare della donazione Allego un assegno Cognome: Nome: Indirizzo: Città: Servir è pubblicato dal Jesuit Refugee Service, creato da P. Pedro Arrupe SJ nel 1980. Il JRS, unorganizzazione cattolica internazionale, accompagna, serve e difende la causa dei rifugiati e degli sfollati. Direttore: Francesco De Luccia SJ Direttore Responsabile: Vittoria Prisciandaro Produzione: Stefano Maero Servir è disponibile gratuitamente in italiano, inglese, spagnolo e francese. e-mail: [email protected] indirizzo: Jesuit Refugee Service C.P. 6139 00195 Roma Prati ITALIA fax: +39 06 687 9283 Dispatches, un bollettino quindicinale via e-mail che raccoglie notizie sui progetti del JRS nel mondo, riflessioni spirituali e informazioni sulle possibilità di lavoro allinterno del JRS, è disponibile gratuitamente in italiano, inglese, spagnolo e francese. Per abbonarsi a Dispatches: http://www.jrs.net/lists/manage.php Foto di copertina: Burundi; Mark Raper SJ/JRS Foto di: Joanne Whitaker RSM (p. 2 in alto); JRS Repubblica Dominicana (p. 3); Lolín Menéndez RSCJ/JRS (p. 4); Amaya Valcárcel/JRS (p. 5); Lluís Magriñà SJ/JRS (pp. 6 e 7); Ledys Bohórquez/JRS (p. 8); Darrin Zammi Lupi (pp. 10 e 11), Mark Raper SJ/JRS (p. 12). Codice postale: Nazione: Telefono: Fax: Email: Per trasferimenti bancari al JRS 12 Banca: Banca Popolare di Sondrio, Roma (Italia), Ag. 12 ABI: 05696 CAB: 03212 SWIFT: POSOIT22 IBAN: IT86 Y056 9603 2120 0000 3410 X05 Nome del conto: JRS Numeri del conto: per euro: 3410/05 per dollari USA: VAR 3410/05 www.jrs.net