Diocesi di Cassano All`Ionio

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Omelia Concelebrazione Eucaristica del santo Natale
Cattedrale 25 Dicembre 2007
Care sorelle e cari fratelli,
non vi sembri irriguardoso che il vostro vescovo inizi
questa riflessione sul Vangelo del Natale con le parole, amare, di un grande
poeta e commediografo tedesco, Bertold Brecht. “Quando Cristo venne al
mondo – afferma Brecht ricostruendo secondo il suo sentire la nascita di Gesù –
tutto andò per il meglio. La stalla era calda e la paglia morbida. C’erano
anche un bue e un asino, in modo che ogni cosa fosse al suo posto. A sera
anche il vento era placido e non era più così freddo come sono i venti di solito.
Anzi, era quasi un vento tiepido. E la stalla era calda e il Bambino era
splendido”. Conclude Brecht: “Maria e Giuseppe erano lieti e soddisfatti. Si
misero contenti a riposare. Di più, per il Cristo, il mondo non poteva fare”.
In queste righe, intrise di ironia e amaro realismo, risuona l’invito a
riscoprire il senso autentico del Natale. Per un vecchio proverbio turco, il
giorno della Natività è un giorno amico degli uomini. È bene, allora, che esso
torni perché abbiamo bisogno di giorni che siano amici degli uomini e della
vita, di chi sta male, dei giovani e degli anziani. Abbiamo bisogno di giorni più
sereni, che siano di vera rinascita della vita, ma abbiamo bisogno del giorno del
Natale anche perché il buio dei nostri giorni sia illuminato da quella luce che
già rischiarò la notte dei pastori.
Oggi, come di certo avrete notato, l’evento è segnato in maniera
particolare dalla gioia. La cattedrale è come vestita a festa con gli abiti della
solennità per la nascita di Gesù. È l’attenzione che si deve ad un giorno così
importante da aver diviso la storia in due: in prima e dopo di Cristo.
Già Platone aveva intuito che per spiegare l’umana sorte v’è solo la ragione, ma
pure che questa «non è che una povera zattera su cui attraversare
pericolosamente il mare della vita». Meglio sarebbe coprire il tragitto annotava ancora il filosofo greco - «su una più solida barca, affidandosi alla
divina rivelazione». Con la venuta di Cristo si ha un radicale mutamento della
condizione umana, che Egli assume e trasfigura. Nulla è più come prima; più
nessuno è un numero tra i tanti o un fenomeno insignificante. «Il Verbo si è
fatto carne e ha posto la sua tenda tra noi» (Gv 1,14): Dio s’inserisce nella
storia, cioè nello spazio e nel tempo; è accanto a ognuno di noi, ne condivide le
ansie, ne ascolta la voce, fa propria la vicenda umana con quanto essa ha di
grande e di miserabile. Ha un volto come il nostro, e con Lui l’uomo non è più
un «atomo irrisorio, sperduto nel cosmo, senza significato e senza scopo» (J.
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Rostand), ma una persona restituita alla sua originaria bellezza di «immagine di
Dio», unica e irripetibile. È l’immagine vivente del “Cristo sparpagliato per
tutta la terra” (D. M. Turoldo), perché in lui ci sono tutti gli uomini: «Egli si è
incorporato alla nostra umanità e ha incorporato questa umanità a se stesso».
(H. de Lubac).
Il Natale è l’evento di questa rivelazione divina, che pone l’uomo su uno
sfondo di dignità, di valore, di immortalità. «Una sorgente è scaturita da
Bethelem: l’amore incontenibile di Dio fattosi nostro fratello e nostro modello,
nostro maestro, nostro amico, nostro salvatore e redentore, nostro capo e
nostra vita, si è riversato sulla terra e ancora la inonda» (Paolo VI).
Ecco perché il Natale torna e noi continuiamo ad accoglierlo. Ne abbiamo
bisogno, perché abbiamo bisogno di un amore che privilegia gli altri prima di se
stessi. A Natale accade esattamente questo. L’apostolo Giovanni, quasi a
commentare il mistero del Natale, scriveva: “Dio ha tanto amato il mondo da
dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.
Sì, Dio ama a tal punto gli uomini che chiede al Figlio di lasciare il cielo
per venire ad abitare sulla terra in mezzo agli uomini per salvarli. Chiunque lo
accolga nel cuore, non importa in quale condizione egli si trovi, è salvato. E per
non spaventare o incutere timore, si presenta come un bambino, che accetta
anche di nascere in una stalla. Aveva bussato a qualche porta, ma tutte gli erano
state sbattute in faccia. Ma non se ne è andato in cielo, stizzito e arrabbiato. Si è
fermato là dove ha trovato un po’ di spazio: in una stalla.
Care sorelle e cari fratelli, le parole di Brecht potranno essere giudicate
infondate, e lasciate alla loro collocazione naturale, ovvero al campo della
commedia, solo se correggeremo il nostro modo di fare, di essere e di pensare:
le nostre menti, i nostri cuori sono troppo spesso occupati solo dagli affari o
dagli affanni. Non si ha tempo per pensare agli altri, talora neppure per pensare
alla moglie, ai figli, agli amici, a coloro che hanno bisogno, e tanto meno
pensiamo a Gesù.
Emblematicamente, con una crudezza e un’efficacia indubbi, così lo
scrittore e giornalista Erri De Luca descrive la società contemporanea in
rapporto a Gesù ed alla Natività: “Nascesse oggi – dice De Luca – sarebbe in
una barca di immigrati insieme a Maria, gettato a mare in vista della costa di
Puglia o Calabria. Forse continua a nascere così, senza sopravvivere, e il
venticinque dicembre è solo il più celebre dei suoi compleanni”. Aggiunge De
Luca: “Dopo di lui il tempo si è ridotto a un frattempo, a una parentesi di
veglia tra la sua morte e la sua rivenuta. Dopo di lui nessuno è residente, ma
tutti ospiti in attesa di un visto”.
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Non possiamo più essere ciò che vogliamo essere. Dobbiamo diventare
ciò che Dio vuole che siamo. Per cambiare, dobbiamo fare spazio al Signore, a
partire dalla Messa della domenica e dall’ascolto del Vangelo.
Questo anno, in Diocesi, come ben sa chi ha partecipato al recente
convegno diocesano sul tema, stiamo riflettendo in particolare sulla centralità
della Parola di Dio nella nostra vita. Anche la Bibbia, in certo modo, è come la
mangiatoia, perché in essa è contenuta appunto la Parola divina. L’evangelista
Giovanni apre il suo Vangelo con straordinarie parole: “Il Verbo si è fatto
carne”. Nelle parole della Scrittura è Dio che parla. Se nel pane e nel vino Gesù
si fa carne, nella Bibbia si fa parola.
Ogni domenica, perciò, è Natale. Ogni domenica il Verbo si fa carne e viene ad
abitare in mezzo a noi. Non dimentichiamo questo mistero che oggi ci viene
donato. E’ facile essere distratti, ed è facile che anche da noi si dica con
tristezza: “Non c’è posto per lui nel nostro cuore”.
Pensiamo, invece, allo stupore di Maria mentre guardava il bambino, e
alla cura che aveva quando lo prendeva tra le mani! Non dobbiamo avere anche
noi lo stupore guardando il pane santo e il calice della salvezza? E non
dobbiamo avere lo stesso cuore nell’accogliere il Vangelo?
Vorrei che nel 2008 sorgesse tra noi l’amore per la Parola. Aprire la
Bibbia e leggerla ogni giorno è la via per amare Gesù e gustare la sua sapienza.
Il Vangelo ci indica come vivere e come amare. E fin dall’inizio ci dice
che l’amore inizia non da se stessi, ma dai poveri. Il Natale è un dono per noi;
non dobbiamo portare nulla al presepe, ma andarci per ricevere quello che il
Bambino di Betlemme ci dona: l’amore. L’amore per i piccoli che vanno amati
e rispettati; l’amore tra i coniugi, che richiede accettazione, parità di diritti,
riconoscimento di uguaglianza piena; amore per i giovani che ricercano
insoddisfatti e spesso senza bussola la strada della loro realizzazione; amore per
lo straniero, per il nemico, per il diverso. Amore per questo mondo travagliato
dalle guerre, dai cataclismi, dalle ingiustizie che insieme all’ignoranza
producono fame, malattie, emarginazione.
Il Natale chiede a noi di cambiare, di essere disposti ad accettare novità e
pensieri nuovi, di rinascere nella nostra vera, autentica dignità: quella di essere
in Gesù, per la sua nascita, figli di Dio.
Questo è lo sconvolgente annuncio del Natale cristiano. Non di altro
abbiamo bisogno più che del dono dell’amore che Gesù reca con sé.
Spalanchiamogli le porte dei nostri cuori: dimostreremo che per il Cristo, con
Cristo, il mondo può fare molto di più di quanto non abbia fatto finora.
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Così inteso, il Natale del Signore, carissimi fedeli, non sarà più una data
da ricordare per far festa, una semplice parola, un’idea, lo spunto per una
chiacchierata, ma la Parola diventata Fatto, Evento, Storia. Auguro allora ad
ognuno di noi di diventare, ogni giorno, evento di gioia e di salvezza per tutti
coloro che il Signore Gesù porrà lungo la nostra strada, sul nostro cammino.
Buon Natale. Amen.
? Vincenzo, vescovo
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