Le cattive ragazze? Loro sì che vanno in Paradiso

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Le cattive ragazze? Loro sì che vanno in Paradiso
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Le cattive ragazze? Loro sì che vanno in Paradiso...
Martedì, 21 settembre 2010 - 09:00:00
Il mito della brava ragazza accompagna le bambine da quando mettono il
piede fuori dalla culla. La mamma, il papà, i nonni, l'intera società si aspettano
da ogni piccola donna che cresca carina, educata, modesta, altruista. Che sorrida
sempre, che non litighi con nessuno, che non dica parolacce. Che sia bella, ma
non sexy. Una signorina a modo, che da grande porterà a termine gli studi col
massimo dei voti, troverà un buon lavoro, si mariterà a un ottimo partito, avrà dei
figli, ovviamente bravi, soprattutto se femmine. Un cammino tracciato che la
renderà l'orgoglio della famiglia. E invece, quando la piccola donna sarà grande, si
accorgerà che la vita rosa confetto che le è stata prefigurata così rosa poi non è.
Che non è vero che le brave ragazze vanno in Paradiso e le cattive all'Inferno,
come recitano tutte le magliette di Carnaby Street a Londra.
Perché essere una brava ragazza non è un vantaggio, è una maledizione. A
sostenerlo è l'americana Rachel Simmons, insegnante, educatrice e saggista, da
anni impegnata a studiare i comportamenti sociali delle adolescenti. Dopo il
successo del best seller Odd Girl Out, il primo saggio sul bullismo al femminile, a
fine settembre uscirà in libreria "La maledizione della brava ragazza", edito da
Nutrimenti. Un rivoluzionario manuale di self-help, pratico, brillante, efficace. Un A scuola di cattiveria
invito a buttare il filo di perle e indossare lo stiletto, si potrebbe dire. Basta cercare
di piacere sempre a tutti. Basta reprimere la rabbia e i cattivi sentimenti. Basta fare sempre la cosa giusta,
chiedere scusa e ringraziare senza motivo.
LE IMMAGINI
Perché la brava ragazza a tutti i costi alla fine si ritrova con un'identità imposta dalle convenzioni sociali,
l'autostima sotto le scarpe, i nervi a fior di pelle. Le brave ragazze prima o poi scoppiano. Troppa pressione.
Troppe difficoltà che non si sanno affrontare. Troppi conflitti che non si sanno risolvere. E non è un caso che le
donne a scuola se la cavino di gran lunga meglio degli uomini, ma nel lavoro s'imbattano subito nel tetto di
cristallo. Le brave ragazze non fanno carriera, perché il bon ton impedisce loro di sgomitare, comandare,
aggredire l'avversario.
In fondo, tutte le donne di cognome fanno Jones. Di nome, Bridget oppure Samantha. La prima è la
protagonista dell'omonimo Diario. Col suo golfino bon ton, entra nel mondo in punta di piedi, è insicura, al
primo errore sente il mondo cascarle addosso, rimugina in compagnia della nutella, sfugge al confronto perché
si teme di perdere irrimediabilmente. Tutti comportamenti tipici della brava ragazza. La protagonista di Sex
and The City, invece, entra fragorosamente nel mondo e non vede l'ora di essere faccia a faccia con altre
donne per vedere chi si aggiudicherà l'uomo conteso. E' in carriera, comanda, non si preoccupa di avere una
buona reputazione. In poche parole, è se stessa, senza paura del giudizio altrui.
Dal grande schermo alla vita reale, seppure patinata. L'incarnazione della brava ragazza è Jennifer
Aniston, viso pulito e stile raffinato, che non a caso piaceva ai genitori di Brad Pitt. Ma si è vista soffiare il
fidanzato dalla "cattiva" Angelina Jolie, che nella vita ne ha combinate di tutte i colori, ma ha imparato a
difendersi e prendersi quello che vuole. E mentre i Brangelina progettano un numero interminabile di figli, la
brava Jen resta ferma al palo. Insomma, a fare le brave ragazze, nel lavoro come in amore, alla fine ci si
smena sempre.
Maria Carla Rota
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