la revisione costituzionale - Dipartimento di Comunicazione e

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la revisione costituzionale - Dipartimento di Comunicazione e
COSA PREVEDE IL PROGETTO DI REVISIONE COSTITUZIONALE (SINTESI AGGIORNATA AL 04/09/2016)
LE FASI DEL PROCEDIMENTO
Disegno di legge di revisione costituzionale n. 1429, intitolato Disposizioni per il superamento del
bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di
funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della
Costituzione, approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 marzo 2014 e comunicato alla presidenza del Senato
l’8 aprile 2014.
Prima deliberazione: prima lettura
Al Senato il ddl S. 1429 è stato approvato in prima lettura il 7 agosto 2014. Il giorno successivo il ddl è stato
trasmesso alla Camera dei Deputati.
Alla Camera dei Deputati il ddl C. 2613 è stato approvato con modificazioni a larga maggioranza il 10 marzo
2015 e il 13 marzo il ddl è stato nuovamente trasmesso al Senato (S. 1429-bis).
Prima deliberazione: seconda lettura
Il Senato ha iniziato l’esame del ddl 1429-bis il 2 luglio 2015. Poiché è emersa la volontà politica di
apportare alcuni emendamenti ad articoli riguardanti le modalità di elezione dei Senatori, già approvati da
entrambe le camere in versione conforme, nel mese di settembre 2015 il dibattito in Assemblea si è
concentrato sull’ammissibilità di tale procedura. L’esame degli articoli è iniziato quindi il 29 settembre e si è
concluso il 13 ottobre 2015 con l’approvazione del disegno di legge, modificato rispetto alla versione già
approvata dalla Camera dei Deputati.
Si è reso dunque un ulteriore passaggio alla Camera dei Deputati, perché l’iter legis prevede che le due
Camere concordino su un testo identico.
Il 15 ottobre 2015 il ddl è stato assegnato alla Camera dei Deputati (C. 2613-bis), che lo ha approvato senza
modificazioni l’11 gennaio 2016 a maggioranza assoluta (C-2613-B).
Successivamente si è pronunciato il Senato: approvazione senza modificazioni il 20 gennaio 2016 a
maggioranza assoluta (S. 1429-D).
I due rami del Parlamento hanno così approvato un testo identico.
Seconda deliberazione
L’art. 138 Cost. (procedimento di revisione costituzionale) richiede una seconda deliberazione a distanza
non inferiore a tre mesi dalla prima, che si concluda con l’approvazione senza modifiche del testo già
approvato in prima lettura (doppia conforme).
La seconda deliberazione da parte di entrambi i rami del Parlamento è avvenuta il 12 aprile 2016, con i voti
della sola maggioranza (le opposizioni hanno disertato l’aula).
Quindi, non essendo stata raggiunta la maggioranza dei 2/3, la proposta di revisione è stata pubblicata in
Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016. Da tale data decorrono tre mesi di tempo entro cui
cinquecentomila elettori o un quinto dei membri di una delle due Camere o cinque consigli regionali
possono proporre un referendum. In particolare, alcuni parlamentari (appartenenti sia alla maggioranza sia
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all'opposizione) si sono avvalsi di tale facoltà; le prime istanze formali sono state depositate presso la
cancelleria della Corte suprema di Cassazione il 20 aprile 2016. L'Ufficio centrale per il referendum ha
confermato la regolarità delle richieste il 10 maggio 2016. Parallelamente altre richieste di referendum di
iniziativa popolare sono state presentate (tanto dai sostenitori del si quanto da quelli del no), ma una sola
fra queste ha superato le cinquecentomila firme valide.
Il 26 settembre 2016 il Consiglio dei ministri ha quindi stabilito per domenica 4 dicembre la data della
consultazione referendaria. Per il referendum costituzionale non è previsto il quorum strutturale (l’esito del
referendum sarà comunque valido a prescindere dal numero dei votanti). Se dovesse prevalese il SI, la
riforma entrerà in vigore il giorno successivo alla ripubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale successiva
all'eventuale promulgazione.
IL CONTENUTO
1) SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO E INTRODUZIONE DEL BICAMERALISMO DIFFERENZIATO
Secondo le modifiche apportate all’art. 55 Cost., solo i deputati continueranno ad essere eletti dai cittadini
e non più i senatori. La durata della legislatura continuerà ad essere di cinque anni per la sola Camera. Solo
la Camera eserciterà la funzione legislativa (nuovo art. 70), mentre il Senato vi concorrerà soltanto (ma per
alcune materie è previsto un procedimento legislativo bicamerale).
Solo la Camera e non anche il Senato sarà titolare del rapporto fiduciario con il Governo (nuovi artt. 55 e
94). Quindi, la sola Camera potrà essere sciolta dal Presidente della Repubblica (nuovo art. 88). Inoltre, la
sola Camera avrà il potere di autorizzare la sottoposizione del Presidente del Consiglio e dei Ministri alla
giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni (nuovo art. 96). Ancora, solo i
Deputati percepiranno l’indennità parlamentare (nuovo art. 69). Solo la Camera delibererà lo stato di
guerra a maggioranza assoluta (nuovo art. 78), approverà le leggi di amnistia e indulto (nuovo art. 79) e
quelle di autorizzazione alla ratifica del trattati internazionali (nuovo art. 80), infine potrà autorizzare il
ricorso all’indebitamento in caso di eventi eccezionali (nuovo art. 81).
Va sottolineato che quando entrerà in vigore la nuova legge elettorale (c. d. “Italicum”), per via del premio
di maggioranza vi sarà nella Camera una salda maggioranza politica che sostiene il Governo. Non vi sarà più
la possibilità che il Senato, in cui potrebbe essere presente una maggioranza diversa, metta in crisi il
rapporto fiduciario fra Camera e Governo.
Il nuovo Senato (nuovo art. 55), invece, rappresenterà le istituzioni territoriali, avrà funzione di raccordo tra
lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l’Unione europea, parteciperà alle
decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea,
valuterà le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni, verificherà l’impatto delle
politiche dell’UE sui territori, concorrerà ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei
casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato.
Il nuovo Senato avrà una funzione legislativa limitata ai procedimenti bicamerali e a quelli in cui il suo
parere è richiesto, pur non essendo vincolante (vedi sotto).
Il nuovo Senato (art. 57) sarà composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da 5
senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I 95 seggi “territoriali” saranno
ripartiti fra le Regioni in proporzione alla loro popolazione, ma nessuna Regione potrà avere meno di due
senatori (ciascuna delle province autonome di Trento e Bolzano ne avrà due). I senatori saranno eletti con
metodo proporzionale dai Consigli regionali (e dai Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano) fra
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i membri degli stessi Consigli oppure fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori (un sindaco per ciascuna
Regione). La durata del mandato dei senatori coinciderà con quella del loro mandato “territoriale” (come
consigliere regionale o come sindaco): ciò significa che vi sarà un continuo ricambio di senatori (rinnovo
parziale continuo) e non un’elezione dell’intero Senato a scadenza fissa. Il Senato peraltro non potrà essere
sciolto. In sede di riesame del ddl al Senato è stato aggiunto il seguente inciso: « in conformità alle scelte
espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le
modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma». Ciò significa che, qualora un consigliere regionale o
sindaco che è contemporaneamente senatore dovesse essere rieletto per un secondo mandato, con
modalità che la legge dovrà stabilire potrebbe essere riconfermato anche nel suo incarico di senatore.
L’ultimo comma del nuovo art. 57 rimanda ad una legge ordinaria, che dovrà essere approvata, il compito
di definire le modalità di elezione dei senatori, di attribuzione di seggi e di sostituzione dei senatori
decaduti.
I senatori, dunque, non saranno più eletti direttamente dai cittadini, ma saranno elettivi soltanto
indirettamente (perché le cariche di consigliere regionale e di sindaco sono elettive).
Oltre ai 95 senatori in rappresentanza delle istituzioni territoriali, il Senato sarà composto anche dagli ex
Presidenti della Repubblica (che continueranno ad essere senatori a vita) e da un massimo di cinque
senatori nominati dal Presidente della Repubblica (ma non più a vita, solo per sette anni senza possibilità di
rinnovo).
2) LO STATUS DI PARLAMENTARE
Tanto i deputati quanto i senatori godranno dell’immunità parlamentare come avviene attualmente. Però i
senatori non percepiranno alcuna indennità parlamentare, che spetterà invece ai soli deputati. (nuovo art.
69); il trattamento economico dei senatori sindaci e dei senatori consiglieri regionali eletti in secondo grado
sarà quello spettante per la carica di rappresentanza territoriale che rivestono; per i senatori di nomina
presidenziale non sarà prevista alcuna indennità, mentre la manterranno gli ex Presidenti della Repubblica
e i senatori a vita attualmente in carica.
Solo i deputati e non anche i senatori rappresenteranno la Nazione (nuovo art. 67); ad entrambi continuerà
però a riferirsi il divieto di mandato imperativo.
Nuovo art. 55: le modalità di elezione delle Camere dovranno promuovere l'equilibrio tra donne e uomini
nella rappresentanza.
Un nuovo comma inserito nell’art. 64 attribuirà ai regolamenti di entrambe le Camere la garanzia dei diritti
delle minoranze parlamentari, ma al solo regolamento della Camera de Deputati anche la definizione di
una disciplina dello statuto delle opposizioni.
Il nuovo sesto comma dell'articolo 64 Cost. sancirà il dovere, per i membri del Parlamento, di partecipare
alle sedute dell'Assemblea e ai lavori delle Commissioni (attualmente ciò è previsto solo dai regolamenti
parlamentari).
3) IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO (BICAMERALE E MONOCAMERALE)
Il procedimento legislativo rimarrà bicamerale solo in alcuni casi (nuovo art. 70):
- leggi di revisione costituzionale e altre leggi costituzionali;
- leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di tutela delle minoranze linguistiche,
di referendum popolare e di altre forme di consultazione pubblica;
- leggi su comuni e città metropolitane (ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo
funzioni fondamentali su disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni);
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la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla
formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;
- la legge che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore;
- leggi sull'elezione dei membri del Senato (in attuazione dell’art. 57 Cost., sesto comma);
- leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all'appartenenza dell'Italia all'Unione europea
(80 Cost., primo comma, secondo periodo);
- legge sull’ordinamento di Roma capitale (art. 114 Cost., terzo comma);
- legge che può attribuire alle regioni ordinarie ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia
(art. 116 Cost., terzo comma);
- legge che disciplina il potere dello Stato in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione e
nell’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea (art. 117 Cost., quinto
comma);
- leggi sulla piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e sulla
parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive (art. 117 Cost., nono comma);
- leggi su risorse aggiuntive ed interventi speciali in favore di Regioni e altri enti territoriali (art. 119
Cost., sesto comma);
- leggi che regolano i poteri sostitutivi del Governo nei confronti di Regioni ed altri enti territoriali
(art. 120 Cost. secondo comma);
- leggi sui sistemi elettorali regionali (art. 122 Cost., primo comma): sistema d'elezione, casi di
ineleggibilità e di incompatibilità, durata degli organi elettivi;
- leggi relative ai referendum per consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano
staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra (art. 132 Cost. secondo comma);
- ogni modifica, abrogazione o deroga delle leggi sopra elencate.
Nei suddetti casi, il procedimento legislativo potrà iniziare indifferentemente nell’una o nell’altra Camera,
secondo il procedimento della navette che già conosciamo (nuovo art. 72, primo comma).
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In tutte le altre materie, invece, il procedimento sarà monocamerale (nuovo art. 70): le leggi verranno
presentate alla sola Camera dei deputati e solo da questa verranno approvate. Però ogni disegno di legge
approvato dalla Camera dei Deputati dovrà essere trasmesso al Senato, il quale entro dieci giorni, su
richiesta di un terzo dei suoi membri, potrà chiedere di esaminarlo e avrà trenta giorni di tempo per
proporre modifiche, su cui però è la Camera che dovrà pronunciarsi in via definitiva.
I tempi a disposizione del Senato sono abbreviati nel caso delle leggi in attuazione del quarto comma
dell’art. 117 Cost. (Stato che interviene in materie di legislazione regionale) e del quarto comma dell’art. 81
Cost. (leggi di bilancio e rendiconto consultivo).
Eventuali conflitti di competenza verranno regolati dai Presidenti delle due Camere, di intesa fra loro.
Il Senato potrà sempre, comunque, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o
documenti all’esame della Camera dei deputati.
Secondo il nuovo art. 71, il Senato avrà un ruolo di impulso nell’iter legislativo. Infatti, con deliberazione
adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, potrà richiedere alla Camera dei deputati di
procedere all’esame di un disegno di legge. In tal caso, la Camera dei deputati procederà all’esame e si
pronuncerà entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione del Senato.
4) I PROCEDIMENTI LEGISLATIVI SPECIALI (ABBREVIATI)
Secondo il nuovo art. 72, i regolamenti parlamentari potranno stabilire procedimenti abbreviati per i
disegni di legge urgenti e stabiliranno i casi in cui l’esame e l’approvazione dei disegni di legge saranno
deferiti a Commissioni permanenti (che solo alla Camera dei Deputati saranno composte in modo da
rispecchiare la proporzione fra i gruppi parlamentari). Però, come già accade ora, il Governo o un decimo
dei componenti della Camera o un quinto della Commissione potranno richiedere di tornare al
procedimento di approvazione ordinario. Come già accade ora, la procedura normale di esame e di
approvazione diretta da parte della Camera continuerà ad essere adottata per i disegni di legge in materia
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costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di
decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati interna-zionali e per quelli di approvazione di bilanci
e consuntivi.
Il nuovo art. 72 prevederà anche un iter più rapido per l’approvazione dei disegni di legge che il Governo
riterrà essenziali per l’attuazione del suo programma. Questo dovrebbe indurre il Governo a non ricorrere
con eccessiva frequenza allo strumento del decreto-legge.
Quindi, il Governo potrà chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta,
che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione del programma di governo sia iscritto con
priorità all'ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il
termine di 70 giorni dalla deliberazione; in tali casi, saranno dimezzati i termini per la deliberazione di
proposte di modificazioni da parte del Senato; in ragione della complessità del provvedimento la Camera
potrà chiedere un differimento del termine di massimo 15 giorni.
Alcune disegni di legge governativi però non potranno beneficiare di questo iter urgente: si tratta dei
disegni di legge di concessione dell'amnistia e dell'indulto (articolo 79 Cost.); dei ddl recanti il contenuto
della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri per l'equilibrio di bilancio (art. 81, sesto comma);
dei ddl nelle materie per cui è previsto un procedimento di approvazione bicamerale; dei ddl in materia
elettorale; dei ddl di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
5) IL PREVENTIVO GIUDIZIO DI LEGITTIMITA’ SULLE LEGGI ELETTORALI
Nuovo art. 73: le leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica potranno essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità
costituzionale della Corte costituzionale (su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei
componenti della Camera dei deputati o almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro
dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata); la Corte
dovrà pronunciarsi entro 30 giorni. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non potrà
essere promulgata. Questo sarà l’unico caso costituzionalmente previsto di giudizio di legittimità
preventivo.
Le leggi di cui sopra, peraltro, saranno sottoposte al sindacato della Corte costituzionale in via successiva
come tutte le altre leggi.
Norma transitoria: in sede di prima applicazione, nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della
Camera dei deputati o un terzo dei componenti del Senato della Repubblica, le leggi promulgate nella
medesima legislatura che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica possono essere sottoposte al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La Corte
costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni.
In altre parole, se questo disegno di legge costituzionale entrerà in vigore, tanto la nuova legge elettorale
per il Senato quanto la nuova legge per l’elezione della Camera dei Deputati (il c. d. “Italicum”) potranno
essere sottoposte a giudizio di costituzionalità.
6) LA DECRETAZIONE D’URGENZA
Il nuovo art. 77 mira a restituire al decreto-legge la sua originaria natura di strumento soltanto
emergenziale.
Il Governo presenterà i decreti-legge alla sola Camera dei Deputati (anche nelle materie riservate al
procedimento legislativo bicamerale).
Sarà introdotto il divieto di disciplinare con decreto-legge le materie per cui la Costituzione (art. 72, quinto
comma) prevede la c.d. riserva di Assemblea, ossia: la materia costituzionale ed elettorale (ad eccezione
della disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni), la
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delegazione legislativa, la conversione in legge di decreti, l'autorizzazione a ratificare trattati internazionali
e per l'approvazione di bilanci e consuntivi.
Verrà altresì previsto il divieto di reiterare le disposizioni adottate con decreti non convertiti e di ripristinare
l'efficacia di norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non procedurali.
I decreti-legge inoltre dovranno recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico,
omogeneo e corrispondente al titolo; nel corso dell'esame parlamentare dei disegni di legge di conversione
non potranno essere approvate disposizioni estranee all'oggetto o alle finalità del decreto.
I disegni di legge di conversione dei decreti-legge non potranno essere approvati dalla Commissione
parlamentare in sede legislativa (come già accade per quelli in materia costituzionale ed elettorale, di
delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e
consuntivi). Inoltre, se la legge di conversione del decreto-legge è stata oggetto di rinvio presidenziale, i
termini per la sua approvazione saranno non più di sessanta, ma di novanta giorni (nuovo art. 74).
Il Senato potrà chiedere di esaminare i disegni di legge di conversione: la loro approvazione spetta alla
Camera, ma il Senato potrà proporre delle modificazioni.
Nuovi artt. 78-80: la sola Camera dei deputati sarà competente a deliberare lo stato di guerra (a
maggioranza assoluta), a concedere l’amnistia e l’indulto con legge approvata a maggioranza dei 2/3, ad
autorizzare con legge la ratifica dei trattati internazionali (ma il Senato potrà esaminare i disegni di legge di
autorizzazione alla ratifica di trattati riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’UE).
7) GLI ISTITUTI DI DEMOCRAZIA DIRETTA
Iniziativa legislativa popolare: secondo il nuovo art. 71 (iniziativa legislativa) verrà elevato da cinquantamila
centocinquantamila il numero di firme necessario per la presentazione di un progetto di legge da parte del
popolo, introducendo al contempo il principio che ne deve essere garantito l'esame e la deliberazione
finale, pur nei tempi, forme e limiti da definire nei regolamenti parlamentari.
All’art. 71 verrà aggiunto un nuovo comma: «Al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alla
determinazione delle politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di
referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle
formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione».
Referendum abrogativo (nuovo art. 75): verrà modificato il quorum per la validità del referendum. Se la
richiesta di referendum verrà avanzata da un numero di elettori compreso fra 500.000 e 800.000, il
referendum sarà valido se avrà partecipato alla consultazione la metà più uno degli aventi diritto (come
accade attualmente). Se invece la richiesta di referendum verrà avanzata da più di 800.00 elettori, il
quorum di validità corrisponderà alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera.
8) ALTRE QUESTIONI LEGISLATIVE
Commissioni di inchiesta (nuovo art. 82): solo la Camera potrà disporre inchieste su materie di pubblico
interesse, istituendo commissioni formate in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi
parlamentari; il Senato potrà solo disporre inchieste su materie di pubblico interesse concernenti le
autonomie territoriali (non è richiesto il requisito della proporzionalità ai gruppi parlamentari).
Pareggio di bilancio: solo la Camera (e non più anche il Senato) potrà autorizzare il ricorso
all’indebitamento in caso di eventi eccezionali (art. 81), definire il contenuto della legge di bilancio e
approvare il consuntivo presentato dal Governo.
Amnistia e indulto (nuovo art. 79): verranno decisi con legge approvata a maggioranza dei due terzi della
sola Camera dei Deputati.
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Legge di autorizzazione dei trattati internazionali: se ne occuperà la sola Camera dei Deputati (nuovo art.
80). Ma le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea
saranno approvate da entrambe le Camere
9) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Sarà eletto dal Parlamento in seduta comune, ma senza più i 58 delegati regionali. Il nuovo art. 83
prevederà la maggioranza dei due terzi dei componenti fino al quarto scrutinio, la maggioranza dei tre
quinti dei componenti dal quinto scrutinio e la maggioranza dei tre quinti dei votanti dal settimo scrutinio.
In caso di impedimento, la funzione di supplente del PdR sarà esercitata dal Presidente della Camera dei
Deputati (non più da quello del Senato, che invece avrà il compito di convocare il Parlamento in seduta
comune per l'elezione del Presidente della Repubblica secondo il nuovo art. 85).
Le elezioni del PdR saranno indette dal Presidente del Senato (nuovo art. 86).
Il potere di scioglimento riguarderà la sola Camera dei Deputati (nuovo art. 88).
10) LA REVISIONE DEL TITOLO V
Verrà modificato l'articolo 114 Cost., sopprimendo il riferimento alle Province quali enti costitutivi della
Repubblica. Conseguentemente, verrà eliminato il riferimento alle Province in tutto il testo costituzionale.
Le Province dunque scompariranno quali enti costituzionalmente necessari, dotati di funzioni
amministrative proprie. Restano i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni.
Verrà modificato l’art. 116 Cost. (regionalismo differenziato) riducendo l'ambito delle materie nelle quali
potranno essere attribuite particolari forme di autonomia alle regioni ordinarie. Verranno infatti introdotte
nuove condizioni:
1. sarà necessario che la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio
bilancio;
2. l'iniziativa della Regione interessata non sarà più presupposto necessario per l'attivazione del
procedimento legislativo aggravato, ma solo condizione eventuale;
3. l'attribuzione delle forme speciali di autonomia avverrà con legge approvata da entrambe le
Camere, senza però richiedere più la maggioranza assoluta dei componenti, ferma restando la
necessità dell'intesa tra lo Stato e la Regione interessata.
Verrà ampiamente riscritto l'art. 117 Cost., in tema di riparto di competenza legislativa e regolamentare tra
Stato e regioni. Il catalogo delle materie verrà ampiamente modificato e verrà soppressa la competenza
concorrente, con una redistribuzione delle materie solo tra competenza esclusiva statale e competenza
regionale. Sostanzialmente viene ristretta l’area della competenza legislativa regionale in favore di quella
statale. Le Regioni avranno alcune competenze legislative tassativamente indicate, oltre ad una
competenza residuale generale (nelle materie non riservate allo Stato).
Queste disposizioni però non si applicheranno alle Regioni a statuto speciale né alla province autonome di
Trento e Bolzano, finché non si modificheranno con legge costituzionale i loro statuti.
Per agevolare la transizione, le leggi regionali ad oggi vigenti continueranno ad applicarsi finché non
entreranno in vigore le leggi statali o regionali fondate sul nuovo riparto di competenze definito mediante
la riscrittura dell'articolo 117.
Di significativo rilievo è inoltre l'introduzione di una ‘clausola di supremazia', che consentirà alla legge dello
Stato, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva statale
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quando però lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela
dell'interesse nazionale. Questa clausola consentirà allo Stato di intervenire anche nelle materie riservate
alla legislazione regionale.
Anche i criteri di riparto della potestà regolamentare verranno modificati, introducendo un parallelismo tra
competenze legislative e competenze regolamentari. La potestà regolamentare spetterà infatti allo Stato e
alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative (nel sistema vigente invece la potestà
regolamentare statale è limitata alle materie di competenza esclusiva, mentre nella materie di competenza
concorrente e regionale è riconosciuto il potere regolamentare delle Regioni). Lo Stato potrà delegare alle
Regioni la competenza regolamentare nelle materie di esclusiva legislazione statale.
Verrà modificato l'art. 119 Cost., che disciplina l'autonomia finanziaria degli enti territoriali. Quest’ultima
dovrà essere esercitata, oltre che in armonia con la Costituzione, anche secondo quanto disposto dalla
legge dello Stato a fini di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Anche la
disponibilità di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile agli enti territoriali verrà ricondotta
alla necessaria armonia con la Costituzione, oltre che a quanto disposto dalla legge statale. Di fatto, quindi,
l’autonomia finanziaria degli enti territoriali verrà ridotta.
Per quanto concerne invece la riscrittura del quarto comma (dedicato al principio del parallelismo tra le
funzioni esercitate dall'ente territoriale e il complesso delle risorse necessarie per esercitare tali compiti) si
stabilisce che le risorse di cui dispongono gli enti territoriali "assicurano" il finanziamento integrale delle
funzioni pubbliche loro attribuite sulla base di indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che
promuovono condizioni di efficienza (laddove il testo vigente prevede che le risorse degli enti territoriali
"consentono" di finanziare in modo integrale le funzioni pubbliche loro attribuite).
Nuovo art. 120: per esercitare il potere sostitutivo nei confronti delle autonomie territoriali il Governo
necessiterà del parere preventivo espresso dal Senato.
Inoltre, la legge dovrà definire i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali
dall'esercizio delle rispettive funzioni "quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario
dell'ente".
Nuovo art. 126: anche il decreto motivato del Presidente della Repubblica, con il quale sono disposti lo
scioglimento anticipato del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta, dovrà essere
adottato previo parere del Senato della Repubblica. Verrà eliminata la Commissione parlamentare
bicamerale per le questioni regionali.
Nuovo art. 122: una legge statale bicamerale dovrà approvare un limite agli emolumenti spettanti al
Presidente e agli altri membri degli organi elettivi regionali, in modo che non possano comunque superare
l'importo di quelli spettanti ai Sindaci dei comuni capoluogo di Regione. Inoltre, l’art. 40 della legge di
revisione costituzionale introdurrà un divieto di corrispondere ai gruppi consiliari "rimborsi o analoghi
trasferimenti monetari" con oneri a carico della finanza pubblica, vale a dire a carico delle Regioni
medesime (come è attualmente) o a carico di qualsiasi altro ente pubblico.
Sempre il nuovo art. 122 imporrà l’equilibrio fra donne e uomini nella rappresentanza.
11) ALTRE MODIFICHE
Il Parlamento in seduta comune si riunirà per l’elezione del Presidente della Repubblica, per la sua messa in
Stato d’accusa e per l’elezione di membri “laici” del Csm. Sarà presieduto dal Presidente della Camera dei
Deputati. Data l’esiguità numerica dei Senatori, il loro peso politico nel Parlamento in seduta comune sarà
minore.
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Nuovo art. 97: la pubblica amministrazione dovrà assicurare, oltre al buon andamento e all’imparzialità,
anche il rispetto della trasparenza.
Verrà soppresso il CNEL (abrogato l’art. 99). Il Ministro dell'economia e delle finanze nominerà un
commissario straordinario cui affidare la gestione provvisoria del CNEL, per la liquidazione del suo
patrimonio e per la riallocazione delle risorse umane.
Elezione dei giudici della Corte costituzionale: dei cinque giudici di nomina parlamentare, due saranno eletti
dal Senato e tre dalla Camera dei Deputati (nuovo art. 137). Non più, quindi, dal Parlamento in seduta
comune.
Nell’attesa che venga approvata la legge che disciplinerà le modalità di elezione dei membri del Senato,
vigerà una disciplina transitoria dettata dall’art. 39 della legge di revisione costituzionale (un sistema
elettorale proporzionale con liste bloccate, in cui ogni consigliere potrà votare per una unica lista di
candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei comuni compresi nel relativo territorio). La prima
costituzione del Senato avrà luogo entro dieci giorni dalla data della prima riunione della Camera dei
deputati successiva alle elezioni svolte dopo la data di entrata in vigore del disegno di legge costituzionale
in esame.
La nuova legge entrerà in vigore il giorno seguente a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
successiva alla promulgazione. Tuttavia, le nuove disposizioni non si applicheranno da quel momento, ma a
decorrere dalla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere, fatte salve alcune
disposizioni specificamente individuate (fra cui: soppressione del CNEL, limiti agli emolumenti dei
componenti degli organi regionali, divieto di corresponsione di contributi ai gruppi nei Consigli regionali).
ASPETTI PROBLEMATICI DELLA RIFORMA
Questo disegno di legge di revisione costituzionale è stato esaminato e approvato da un Parlamento che,
essendo stato eletto in base a una legge elettorale che la Corte costituzionale ha giudicato per taluni aspetti
incostituzionale (sentenza n. 1/2014), secondo alcuni è delegittimato e non dovrebbe compiere atti di tale
rilevanza.
Nella relazione introduttiva al ddl di revisione costituzionale si legge che la riforma intenderebbe valorizzare
l’autonomia regionale. In realtà, però, le modifiche al Titolo V Cost. non aumentano ma sacrificano
l’autonomia delle Regioni in favore dello Stato. Il nuovo Senato – che rappresenta le istituzioni territoriali –
non è dotato di sufficienti competenze legislative e di indirizzo politico per compensare questo sacrificio.
Qualcuno ha detto che con la revisione costituzionale le Regioni diverrebbero enti prevalentemente vocati
all’amministrazione e al coordinamento delle amministrazioni locali.
Questa riduzione dell’autonomia delle regionale è motivata dal fatto che, negli anni, molte Regioni sono
andate incontro a dissesti finanziari e hanno espresso una classe politica inadeguata. Il ritorno al
centralismo statalista può anche essere condivisibile per coloro che valutano negativamente il risultato
della accresciuta autonomia concessa alla Regioni nel 2001, ma contraddice comunque apertamente
quanto enunciato nella relazione introduttiva al ddl.
L’autonomia legislativa delle Regioni è sacrificata per via della “clausola di supremazia” in favore dello
Stato, attivabile su proposta del Governo, che può essere esercitata anche per tutelare l’interesse nazionale
(formula da confini incerti e quindi potenzialmente dilatabile). La clausola di supremazia è attivabile tramite
un procedimento legislativo monocamerale, in cui il parere del Senato sarebbe comunque superabile dalla
Camera a maggioranza assoluta.
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Fra le competenze riservate esclusivamente allo Stato figurano inoltre alcune materie “trasversali” (ad
esempio la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali, che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale, oppure il coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario) suscettibili di condizionare l’autonomia legislativa regionale. Il Governo mantiene la possibilità di
sostituirsi agli organi degli enti territoriali, come già avviene ai sensi dell’art. 120, e può escludere i titolari d
organi di governo territoriali dalle loro funzioni in caso di grave dissesto finanziario. Il nuovo art. 119 riduce
l’autonomia finanziaria degli enti territoriali. Infine sarà lo Stato e non la Regione a legiferare
sull’ordinamento, sulla legislazione elettorale, sugli organi di governo e sulle funzioni fondamentali dei
Comuni e delle Città metropolitane.
La ripartizione della competenza legislativa fra Stato e Regioni e soprattutto la clausola di supremazia
lasciano presagire che il contenzioso dinanzi alla Corte costituzionale – che negli ultimi quindi anni è
progressivamente cresciuto – non accennerà affatto a diminuire. L’obiettivo di ridurre il contenzioso,
enunciato nella relazione introduttiva al ddl, non sarà quindi raggiunto.
Alcuni, infine, deplorano il fatto che le Regioni a statuto speciale continuino a beneficiare di uno status
privilegiato rispetto alle altre Regioni, ritenendo che non sussistano più le condizioni che originariamente
avevano motivato questa differenziazione. La riforma infatti si applicherà alle Regioni speciali solo dopo che
il loro statuti saranno revisionati, ma questa revisione dovrà avvenire sulla base di un intesa fra lo Stato e le
Regioni speciali o province autonome.
Per quanto riguarda gli aspetti della riforma diversi dal regionalismo, va detto che la revisione
costituzionale è stata motivata dall’esigenza – sentita ormai da tutti da molti anni – di eliminare il
bicameralismo perfetto. Se questa finalità trova un larghissimo consenso, molto dissenso è stato invece
espresso in relazione alle soluzioni che in concreto sono state individuate per raggiungere lo scopo.
In primo luogo, è stato evidenziato che la combinazione fra questa revisione costituzionale – che elimina il
bicameralismo perfetto e incardina il rapporto fiduciario nella sola Camera dei Deputati, dando ad essa la
netta preminenza nelle funzioni legislative – e la nuova legge elettorale c. d. “Italicum” (n. 52/2015) – che
attribuisce al partito più votato una salda maggioranza all’interno della Camera dei Deputati – trasforma di
fatto la forma di governo in Italia in un “premierato”, attribuendo una assoluta preminenza al capo del
Governo, senza un adeguato sistema di pesi e contrappesi. Contrariamente a questa tesi, però, va detto
anche che il Primo Ministro non viene eletto direttamente, non ha il potere di sciogliere la Camera né di
revocare i Ministri né di disporre dell’ordine del giorno.
Qualcuno inoltre ha parlato di “Senatori dopolavoristi” a proposito del fatto che i membri del nuovo Senato
detengono parallelamente una carica a livello regionale o locale e non percepiscono un’indennità
parlamentare in aggiunta alla retribuzione che già deriva loro dal mandato regionale/locale. Questo
potrebbe portare molti Senatori a dedicare il proprio tempo e la propria attenzione prevalentemente alle
attività legate alla carica regionale/locale e solo marginalmente a quelle connesse loro incarico
parlamentare.
Se il nuovo Senato rappresenta le istituzioni territoriali (art. 57 primo comma), ad alcuno pare incongruo
che ne facciano parte anche gli ex Presidenti della Repubblica – che ovviamente rappresentano interessi
unitari – e i Senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica. La loro presenza indebolisce la
rappresentatività territoriale del Senato. Sarebbe forse meglio che costoro fossero inseriti nella Camera dei
Deputati. Infatti, secondo il nuovo art. 67, solo di Deputati e non anche i Senatori rappresentano la
Nazione.
A proposito dei Senatori di nomina presidenziale, è stato obiettato che, poiché la loro carica non sarà più a
vita ma avrà una durata di sette anni (stessa durata del mandato del Presidente della Repubblica), essi
potrebbero rappresentare una sorta di “partito del Presidente” all’interno del Parlamento. Poiché il Senato
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sarà composto da soli 95 membri elettivi, anche soli 5 membri di nomina presidenziale potrebbero
influenzare i rapporti politici all’interno del Senato. Questo è un ulteriore motivo per il quale forse sarebbe
meglio che essi fossero inseriti non nel Senato, ma nella Camera.
I Senatori continueranno a godere dell’immunità parlamentare. Quindi, vi saranno alcuni membri dei
Consigli regionali e alcuni Sindaci che godranno di questa prerogativa in quanto eletti al Senato, a
differenza degli altri loro omologhi non facenti parte del Senato.
Alcuni non considerano sensata la presenza di alcuni Sindaci (uno eletto da ciascun Consiglio regionale) nel
Senato: la loro presenza è troppo esigua per poter rappresentare efficacemente gli interessi degli enti locali
e non si giustifica altrimenti.
Secondo alcuni, il fatto che il nuovo Senato rappresenti le istituzioni territoriali dovrebbe significare che i
Senatori eletti da ciascun Consiglio regionale siano vincolati a rappresentare l’indirizzo politico della
Regione da cui provengono. In Germania, ad esempio, i membri del Bundesrat eletti da uno stesso Land
sono tenuti a votare unitariamente. Invece la revisione costituzionale prevede il divieto di mandato
imperativo anche per i Senatori, come per i Deputati. Inoltre, non è previsto che i Presidenti di Regione
facciano parte del Senato: potrebbero farvi parte solo se sono parallelamente membri del Consiglio
regionale, altrimenti no. Per questo motivo, alcuni ritengono che di fatto il nuovo Senato non sia in grado di
rappresentare le istituzioni territoriali, proprio perché i Senatori non sono vincolati a seguire l’indirizzo
politico della Regione.
Se dunque anche all’interno del Senato prevarranno comunque i consueti rapporti di forza fra partiti politici
– e non l’effettiva rappresentanza politica regionale – alcuni ritengono incongruo che il nuovo art. 64
attribuisca solo al regolamento della Camera dei Deputati la definizione di una disciplina dello statuto delle
opposizioni. Perché non è stata prevista la stessa cosa per il Senato? Secondo qualcuno, si vuole fingere che
al’interno del Senato le dinamiche politico-partitiche non avranno peso, mentre nella realtà non sarà così: si
avrà una rappresentanza territoriale debole su cui inciderà il sistema dei partiti.
Molte critiche sono state mosse nei confronti della moltiplicazione e della complicazione dei procedimenti
legislativi. Nel ddl originario, le funzioni legislative del Senato erano più limitate, ma nel corso delle varie
letture parlamentari le sue funzioni legislative sono state incrementate, attribuendo al Senato la funzione
legislativa anche in materie non strettamente legate al’autonomia regionale/locale.
Se la necessità era quella di snellire le procedure legislative, oggi appesantite dal bicameralismo perfetto, la
pluralità di procedure decisionali che la riforma prevede e i connessi rischi di contenzioso fra i due rami del
Parlamento non sembrano rispondere pienamente allo scopo.
Comunque, sono stati previsti ben 8 diversi procedimenti legislativi, a seconda delle diverse materie:
1) funzioni legislative esercitate collettivamente dalle due camere (procedimento bicamerale nelle materie
indicate nell’art. 70 primo comma);
2) leggi approvate solo dalla Camera dei Deputati (procedimento ordinario, art. 70 terzo comma), con
possibilità per il Senato di chiedere l’esame del disegno di legge (entro dieci giorni) proporre modificazioni
(entro altri trenta giorni), ma è la Camera che si pronuncia in via definitiva a maggioranza semplice;
3) leggi di approvazione del bilancio e del rendiconto consuntivo ((art. 70 quinto comma): come il
procedimento ordinario, ma il Senato ha solo quindici giorni per deliberare proposte di modificazioni;
4) leggi approvate dalla sola Camera dei deputati quando, su proposta del Governo, lo Stato interviene
nelle materie non riservate alla sua competenza legislativa esclusiva (art. 70 quarto comma): qui il Senato
ha dieci giorni di tempo per modificare il testo approvato dalla Camera, ma la Camera può non conformarsi
alle modificazioni proposte dal Senato votando a maggioranza assoluta;
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5) iter abbreviato per i disegni di legge che il Governo ritiene essenziali per l’attuazione del programma di
governo (art. 72 settimo comma): la Camera ha cinque giorni per deliberare e i tempi per il Senato sono
dimezzati rispetto al procedimento ordinario.
6) Iter speciale per i disegni di legge di conversione dei decreti legge (art. 77 penultimo comma): il Senato
ha trenta giorni per chiedere l’esame del ddl e dieci giorni per proporre modificazioni;
7) ricorso preventivo di costituzionalità per le leggi elettorali (art. 73);
8) leggi per conferire alle Regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (art. 116):
procedimento bicamerale, previa intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
A proposito delle materie, qualcuno ritiene inappropriato che, secondo i nuovi articoli 78-80, sia la sola
Camera dei Deputati a deliberare lo stato di guerra (a maggioranza assoluta), a concedere l’amnistia e
l’indulto (a maggioranza dei 2/3) ad autorizzare con legge la ratifica dei trattati internazionali (ma il Senato
potrà esaminare i disegni di legge di autorizzazione alla ratifica di trattati riguardanti l’appartenenza
dell’Italia all’UE). Data la rilevanza di tali materie, alcuni ritengono che andrebbe coinvolto anche il Senato
nel procedimento legislativo.
I tempi concessi al Senato per l’esame e le proposte di modificazioni dei disegni di legge sono piuttosto
brevi: taluni, considerando anche il fatto che è presumibile che i Senatori non avranno molto tempo da
dedicare alle funzioni senatoriali, ritengono questi tempi insufficienti per consentire al Senato di influire
davvero nell’iter legislativo.
Il complicarsi dei procedimenti legislativi impone di trovare una soluzione per definire i conflitti di
competenza fra i due rami del Parlamento. Secondo il nuovo art. 70 (penultimo comma) ci penseranno i
Presidenti delle due Camere di intesa fra loro. Ma cosa succede se non dovessero raggiungere l’intesa? Non
è previsto. Alcuni ritengono che questa funzione avrebbe dovuto essere affidata ad un organo
giurisdizionale (la Corte Costituzionale?).
Alla Corte Costituzionale invece è stata attribuita una nuova competenza: quella di giudicare
preventivamente (prima della promulgazione) la legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano
l’elezione dei membri della Camera e del Senato. L’idea sarebbe quella di attribuire a una minoranza
parlamentare (1/4 dei componenti della Camera o 1/3 dei componenti del Senato) la possibilità di
richiedere il controllo della Corte nei confronti di una legge rispetto alla quale sono in disaccordo. Però il
controllo preventivo, tra l’altro svincolato dall’indicazione di specifici vizi di costituzionalità, è ignoto al
sistema italiano di giustizia costituzionale. La Corte costituzionale nel nostro sistema si pronuncia sempre
sulla incostituzionalità (in base di presunti vizi specificamente indicati) e non sulla costituzionalità delle
leggi. Quindi non è chiaro come dovrebbe articolarsi questo giudizio preventivo della Corte. Inoltre, non è
chiaro se l’impugnazione dinanzi alla Corte potrebbe comprendere anche la c.d. “legislazione di contorno”.
Infine, il Presidente della Repubblica (nuovo art. 83) potrebbe essere eletto, a partire dal settimo scrutinio
in poi, dai 3/5 dei votanti (non dei componenti) del Parlamento in seduta comune. Quindi, in pratica, dal
settimo scrutinio basterebbe una minoranza parlamentare per eleggere il Presidente. Bisogna inoltre
segnalare che, nel Parlamento in seduta comune, il peso di un Senato di soli 95 membri è poco influente,
quindi è probabile che per l’elezione del capo dello Stato prevarrà la volontà della maggioranza politica che
sostiene il Governo.
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