La trasfigurazione di Lulú la Belle

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La trasfigurazione di Lulú la Belle
LA TRASFIGURAZIONE DI LULÚ LA BELLE
Alicia Mariona
Alejo Chávez, giornalista, esita un istante davanti alla porta. Lì vive Lulú la Belle, regina nazionale del nudo, contemporanea dello pterodattilo. La stella torna in scena, così dicono, bella come
sempre. Protetto dagli dei dell’assoluta irriverenza giovanile vedrà da vicino l’icona del porno
creolo. Solo, senza fotografo, perché Lulú vuole essere intervistata molto presto, quando la mente
è fresca. Le foto di sera, per truccarsi quanto vuole.
Ale si prepara ad affrontare la muraglia fetida che lo aspetta, gli aromi caratteristici dell’avanguardia canina e gattesca dalla quale Lulú è protetta. Ma la porta che si apre lascia passare un’aria
fresca, che profuma di vaniglia. Di dentifricio, di pane e marmellata, di pan di Spagna, di meringa.
La Belle ha un buon profumo, la sua abluzione eterna continua, come quando usciva dal mare,
schizzando sale, o dai fiumi, dai laghi, dalle vasche, dalle cascate.
Appena entra vede l’immagine della regina delle acque. Le foto che tappezzano le pareti la
conservano sotto un eterno strato d’acqua lievissima, brillante come una foca, come un pesce,
con i capelli sciolti sulle spalle e le labbra socchiuse.
Un rumore acuto sorprende il ragazzo. Ale si volta e si prepara all’incontro. Una tenda si
muove. Ed ecco Lulú la Belle. Su una sedia a rotelle.
Non può essere. Ma non doveva ballare in teatro? È paralitica!
Perché l’hanno mandato a scrivere questo articolo?!
La sedia si avvicina comandata da una dama dai grandi globi. Ma nessuno di questi ammassi
di carne somiglia alle tette di Lulú, sfere apocalittiche che le traboccavano dalle mani quando la
Belle le afferrava al ritmo di un sospiro sensuale.
Il volto si nasconde tra boccoli di un nero assoluto, perfetto, come nylon. È Lulú. Sono i suoi
lineamenti. Ma le palpebre sembrano dei panzerotti, la pelle è ruvida e la bocca un gran pomodoro. Una voce roca, da alcolizzata, gli dà il benvenuto.
Non può essere: Lulú è sempre stata astemia. Non ha mai bevuto alcolici.
Invece col sesso era tutto diverso. La Belle di sesso ne ha fatto a volontà. Con un solo vero
uomo, Juan Carlos Rocher, un tipo strano, geloso e spaccone.
“Lulú me la faccio io, solo io e nessun altro, voi citrulli state a guardare, ma tanto la merce è mia.
Lulú, fagli ah ah uh uh a questi segaioli,” diceva Rocher il pazzo, “fagli ah ah ah ah. Dai, tira fuori la
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lingua e strusciati alla porta e lasciali a bocca aperta, bimba; vieni, puledra mia, che ce ne andiamo
a letto.”
Il cigolio delle ruote e la stessa Lulú rendono inquieto l’animo di Ale. Quella donna è una rovina. Una tale decadenza lo atterrisce. Perché ostentare le miserie umane? Aveva pensato di tirar ne fuori un articolo divertente. Ora cambia idea.
“Buon giorno, figliolo,” muggisce Lulú e gli tende la mano. L’ordine è quello di lusingarla. Quindi
vince il capogiro che lo travolge, si piega e avvicina la bocca per baciare la mano della stella. Un
aroma di gelsomino, molto pesante, gli entra nel naso e lo fa stare ancora peggio.
“Stai bene, tesoro?” dice Lulú.
“Sì, certo,” risponde Ale col sorriso di un familiare in visita in una clinica geriatrica.
Se solo apparisse la sua fidanzata. Oppure un amico; qualcuno del programma che lo salvi da
quell’orrore di donna in decadenza.
“Dimmi ragazzo, cosa vuoi sapere?”
“Lulú la Belle… la dea sensuale del cinema argentino,” reagisce Ale. Deve dirle che è una regina,
che il tempo per lei non è passato. Povera vecchia. “Una vera dea, senza silicone, un corpo tutto
al naturale.”
“Vuoi toccare?” dice Lulú.
Questo non era previsto. E ora? Non può toccarla così su due piedi, ma nemmeno dirle di no.
Certo che toccare una tetta a Lulú…
“Sennò ti tocco io,” dice lei. “Certo amore mio, sei proprio come Juan Carlos. Perciò, sei stato
mandato da Dio.” Ale la guarda sbalordito. “Sai, sono diventata molto credente. Ho imparato a
pregare per ringraziare Dio. Solo Lui aveva potuto mandarmi un amore così, ragazzo. Io ero molto gelosa di Rocher. Se ti ricordi lui indossava il pigiama. Non lo si vede mai nudo nei film. Non
gli permettevo di far vedere nemmeno i peli del petto. Ti ricordi che tipo strano era? Tanto quanto mi amava e mi filmava tutta nuda. Davanti a tantissime persone. Ma a lui non glielo lasciavo
fare. Doveva essere vestito. Figuriamoci se gli facevo eccitare le altre!
La Belle scoppia in una grassa risata. Ride fino ad affogare. Dopo sospira e chiude gli occhi.
Alejo si preoccupa.
Cosa le succede? Dorme? È svenuta? È morta?
No. Respira.
“Ahi, ragazzo,” dice aprendo gli occhi. E ride. Ma la risata non è più la stessa. Ora è un ronzio, gli
soffia nell’orecchio.
“Lulú, è vero che tornerà sul palco?” Alejo cerca di tornare all’intervista.
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“Perché mi dai del lei? Vieni. Mi sento bagnata. Vuoi vedere?”
Ora la nausea del giovane è un attacco di vertigini.
“Prendimi in braccio, ragazzo, sono paralizzata dall’artrosi, dall’artrite, dai problemi alla carotide.
O al cervelletto. A volte mi faccio un po’ di cacca addosso. Va bene. Però prendimi in braccio, mi
porti sul divano e mi scopi.”
Ale crede di aver sentito male. La sua voce lo confonde. La stella si stira le braccia.
E ora? Dovrebbe alzarla e peserà una tonnellata. Ma come le dice che non vuole farlo? Si
guarda intorno. C’è qualcuno che gli dà un consiglio? Che fare? La Belle è fuori di testa. Ha l’Alz heimer e non gli hanno detto niente.
“Forza, forza.”
Si avvicina alla sedia a rotelle. Lulú non indossa niente sotto la veste da camera. Come ha fatto
a ricordarsi quel nome?” pensa Ale. Da dove l’ha tirato fuori?
“Tu non lo sai,” muggisce, “ma Dio e Newton si erano messi d’accordo. Hai mai visto delle tette
così? Guarda. Non sono mai cadute… pesale. Più di mezzo chilo l’una. Insomma, sono un regalo
di Dio. Newton è andato da Dio e gli ha detto che per me la legge di gravità non doveva valere.
Dio ha risposto che per una volta si poteva fare. Che per me avrebbe fatto qualsiasi cosa. ‘La leg ge di gravità vale per tutto il mondo tranne che per Lulú la Belle’ decretò Dio. Io non ero ancora
nata, non sono così vecchia. Questo della legge di gravità me lo diceva Rocher ogni volta che mi
prendeva una tetta con le mani. Quelle mani! Ahi! Mi ricordo di lui, caro mio, e voglio morire. Ma
non per finta, come facevo nei film affinché lui mi riprendesse. Sai che era peronista? Questo non
l’ho mai capito. Un tipo del genere, con quell’energia. Ed era peronista. Una cosa incredibile. Ma
gliele lasciavo passare tutte, purché dopo venisse a stringermi e a farsi sentire, qua, purché venisse
con ciò che Dio gli aveva donato, un affare marroncino che curvava da una parte. E sempre, finché non è morto, gli si rizzava fino alla pancia. Ci credi? Attaccato alla pancia, come a un ragazzino,” dice la Belle e le scende una lacrima.
Il ragazzo la guarda, senza sapere cosa fare.
“Vieni caro, sollevami.”
Non può dirle di no.
E la prende in braccio. La veste scivola. Un’altra infinita veste di zolfo cade su Ale. È il fuoco
dell’inferno. Non ha mai provato nulla di simile.
All’improvviso gli appare l’immagine della sua fidanzata. Non può farle questo. Però ha Lulú
tra le braccia. Non pesa, è solo molto calda. Non c'è via d'uscita! Mette la faccia tra le tette di
Lulú e vuole entrare tutto dentro di lei. È allora che comprende i pescatori, i custodi dei parchi,
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gli edicolanti, i camionisti, i mandriani, tutti coloro che avevano un tatuaggio di Lulú nella parte
interna del braccio. Capisce tutto: il lago Nahuel Huapí che bolliva quando lei faceva il bagno, il
Río de la Plata con i pesci morti perché li eccitava senza pietà e non potevano soddisfarla. Infine,
comprende anche Rocher il pazzo quando, senza sapere come, comincia a vedere il mondo da
dentro Lulú la Belle, con quella strana voce nell’orecchio che gli dice che sta morendo per lui, che
resti per sempre, ancora un altro po’, per favore.
E la Belle è il mare, il deserto e Dio in persona.
“Uccidimi Lulú, “ le dice. E se Dio lo vuole con sé, che se lo prenda.
Traduzione di Sara Navari e Filippo Taviani
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