AIDS e HIV: il quadro epidemiologico al 2008 in Italia

Transcript

AIDS e HIV: il quadro epidemiologico al 2008 in Italia
AIDS e HIV: il quadro epidemiologico al 2008 in Italia
Le persone con Aids in Italia nel 2008 hanno mediamente un’età più elevata di quelle registrate
negli anni passati, sia perché le terapie aiutano a mantenersi in vita più a lungo sia perché ci
si infetta più tardi e quindi si sviluppa la malattia più tardi.
Il dato emerge dall’“Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da Hiv al 31 dicembre
2007 e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2008” pubblicato dal Centro nazionale Aids
dell’Istituto superiore di sanità nell’aprile 2009 che rivela anche l’incremento del numero dei casi
di Aids e soprattutto delle nuove diagnosi di infezione che si registra tra gli stranieri.
L’altro dato estremamente preoccupante che Gianni Rezza, epidemiologo dell’Iss, ha
evidenziato presentando il rapporto è quello relativo al ritardo nella diagnosi di sieropositività,
cioè l’aumento del numero di persone che si accorgono di aver contratto il virus solo quando
esplodono i sintomi della malattia: “La percentuale degli ‘inconsapevoli’ è aumentata dal 21%
nel 1996 al 60% nel 2008 – avvisa Rezza – Questo dato suggerisce che una parte rilevante di
persone infette, soprattutto fra coloro che hanno acquisito l’infezione per via sessuale, ignora
per molti anni la propria sieropositività: ciò gli impedisce di entrare precocemente in trattamento
e di adottare quelle precauzioni che potrebbero diminuire il rischio di diffusione dell’infezione”.
Non è compito del rapporto indagare quali siano le motivazioni che tengono lontane le persone
dal test per la diagnosi dell’infezione, ma lo stesso Rezza si sente in dovere di precisare che “in
un’epoca di bassa attenzione per l’Aids, è quanto mai necessario programmare adeguati
interventi di prevenzione”. Interventi che devono raggiungere sempre più la popolazione
generale: se prima del 1997 i due terzi delle persone con Aids erano tossicodipendenti, nel
2007/08 questa percentuale è scesa al 25% mentre i contatti eterosessuali sono passati nello
stesso periodo dal 15 al 45%. E se gli stranieri rappresentavano prima del 1993 “solo” il 3% dei
casi di Aids segnalati, lo scorso anno sono arrivati a superare la quota del 22% e arrivano quasi
al 32% se ci si riferisce alle nuove diagnosi di infezione. Naturalmente bisogna ricordare che,
nonostante il decreto per l’attivazione del Sistema di sorveglianza nazionale delle nuove
diagnosi di infezione da Hiv sia stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 28 luglio 2008, il
monitoraggio si basa ancora su quelle poche realtà territoriali che hanno già disposto un
sistema affidabile per la rilevazione e la raccolta dei dati. Nel 2007 gli abitanti di regioni e
province in cui esiste un sistema di sorveglianza rappresentavano solo un terzo della
popolazione totale italiana.
Dall’analisi di questi dati emerge una sostanziale stabilizzazione nel numero delle nuove
diagnosi con una apparente tendenza all’aumento in alcune aree, soprattutto al Nord. Nel 2007
sono state segnalate, dalle regioni e province partecipanti, 1.679 nuove diagnosi di infezione da
Hiv in residenti, pari a un’incidenza di 6,0 per 100.000 residenti. Se si proietta questa cifra sulla
popolazione nazionale, dovremmo attenderci oltre 5.000 nuove diagnosi all’anno.
Per quanto riguarda le caratteristiche demografiche, è aumentata progressivamente negli anni
la proporzione di donne diagnosticate sieropositive: il rapporto maschi/femmine, che era di 3,5
nel 1985, è diventato di 2,5 nel 2007. Si osserva anche in questo caso un aumento dell’età
mediana al momento della diagnosi di infezione (passata da 26 anni per i maschi e 24 anni per
le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 37 e 33 anni nel 2007) e un aumento della quota di
stranieri, soprattutto provenienti dall’Africa (41,2%) e dall’America Latina (25,2%), e che
acquisiscono l’infezione per via sessuale (75,9% dei casi di nuove infezioni in stranieri nel
1/2
AIDS e HIV: il quadro epidemiologico al 2008 in Italia
2007).
È proprio tra la popolazione immigrata, infine, che si registra la più preoccupante tendenza a
ritardare la diagnosi: in oltre il 70% dei casi ricevono una diagnosi di Aids meno di sei mesi
dopo il primo test Hiv positivo. Nella popolazione generale questa percentuale è del 59,7% nel
2007 (era del 20% nel 1996) e riguarda soprattutto coloro che si infettano per via sessuale, sia
etero che omo.
2/2