la responsabilità del curatore nella vendita dei macchinari

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la responsabilità del curatore nella vendita dei macchinari
11.2.2013
LA RESPONSABILITÀ DEL CURATORE NELLA VENDITA DEI MACCHINARI NELLE
PROCEDURE CONCORSUALI
di Giovanni Colmayer, Responsabile relazioni esterne società di remarketing di beni strumentali
Una problematica poco dibattuta, ma di grande importanza per i Curatori
Fallimentari è quella inerente alla responsabilità del curatore per la vendita dei
macchinari nelle procedure concorsuali1.
Il quadro generale è, inequivocabilmente, quello di un’assoluta mancanza di applicazione del D. Lgs. n. 81/2008 all’atto delle vendite di macchinari da parte dei Curatori Fallimentari.
Ricordiamo che l’art. 23, comma 1, del D. Lgs. in questione recita testualmente:
“Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di
attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non
rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e
sicurezza sul lavoro”.
Le sanzioni previste sono indicate dall’art. 57, comma 2, e prevedono l’arresto da tre a sei mesi ed ammende da € 10.000 ad € 40.000.
Uno degli esperti italiani sulla materia2 sostiene che la normativa sul tema non
esclude, in alcun modo, il Curatore Fallimentare e le vendite giudiziarie.
Egli identifica due profili di possibile responsabilità penale per il Curatore
Fallimentare:
 contravvenzionale, per violazione del D. Lgs. n. 81/2008;
 delittuosa, per lesioni e/o omicidio.
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Tema sviluppato in un convegno del 9 novembre 2012 organizzato dal Tribunale di Pordenone in
collaborazione con gli Ordini professionali locali. Un interessante questionario d’indagine preventivamente diffuso tra i Tribunali italiani e i Curatori fallimentari, ha fornito un quadro abbastanza chiaro della
situazione: il 65% dei Tribunali dichiara di non aver mai affrontato l’applicabilità delle norme previste dal D.
Lgs. n. 81/2008 in ambito di procedure fallimentari negli ultimi 5 anni; il 56% vende i beni senza prevedere
l’applicazione delle norme previste dall’art. 23 del D.Lgs. n. 81/2008; il 67% non prevede una sezione
specifica negli elaborati dei periti dedicati alla materia antinfortunistica; l’82% non prevede l’obbligo di ripristino dei beni a carico della procedura; nel caso di contratto di affitto di azienda per l’80% dei casi non si prevede la messa in sicurezza dei macchinari sotto la sorveglianza della procedura stessa; il 100% dei
rispondenti dichiara che, nel circondario del suo Tribunale, non si sono registrati casi di chiamata in giudizio
del curatore a seguito di infortuni derivanti da macchinari venduti da procedure concorsuali.
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R. Guariniello.
1
La legge in materia antinfortunistica prevede una pluralità di garanzie della
sicurezza: il fabbricante, il venditore, la società di leasing, il datore di lavoro,
l’utilizzatore finale. Tutti i soggetti in questione devono contribuire ad operare adeguata prevenzione, in quanto, nelle intenzioni del legislatore, la tutela della
salute sul lavoro è una esigenza anticipata.
In quest’ottica la figura del Curatore Fallimentare deve essere interpretata alla stregua di un qualsiasi venditore.
Al curatore è fatto obbligo di non inserire in commercio macchinari non in regola
con le norme.
Situazione analoga si rileva in occasione dei contratti di affitto di un’impresa fallita:
il curatore è tenuto a verificare la rispondenza dei macchinari alle norme del D.Lgs.
n. 81/2008 prima di procedere alla stipula del contratto di affitto.
Ovviamente il professionista che esercita l’attività di Curatore Fallimentare non è, di solito, esperto in materia antinfortunistica: in questo caso è necessario l’ausilio di un tecnico, di comprovata esperienza, che sia in grado di accertare lo stato dei
macchinari e le eventuali modifiche necessarie da apportare prima della messa in
commercio.
La tematica affrontata pone al professionista incaricato alcuni problemi pratici di
non facile gestione.
In primo luogo la scelta dell’esperto per l’analisi dei macchinari. La figura del perito
estimatore non appare adeguata alla complessità tecnica della materia.
La necessità poi di effettuare il ripristino di funzionalità in assenza di risorse
economiche adeguate.
Al tempo stesso, la necessità di rispondere alle esigenze dei creditori evitando la
falcidia dell’attivo con affrettate rottamazioni di macchinari.
Ancora una volta l’approccio alla soluzione del problema deve essere pratico/concreto: non è possibile ricercare scorciatoie normative per risolvere il
problema.
Deve essere compiuta un’analisi accurata di tutti i macchinari, ricercare tutta la
documentazione tecnica dei beni (eventualmente richiedendo i duplicati alle case
costruttrici), e verificare le eventuali modifiche intervenute sui macchinari dalla
data della loro prima messa in commercio.
A questo proposito assume estrema importanza quanto disposto dal comma 3
dell’art. 70 che prevede : “Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma
2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali
adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626”.
In realtà la lunga storia della sicurezza dei macchinari italiani inizia nel 1955, si
afferma nel 1996 e si consolida nel 2008.
Sin dal 1955 sui macchinari prodotti in Italia erano applicate misure di prevenzione
infortuni che, in massima parte, mantengono la loro attualità.
Nel 1996, con il D. Lgs. n. 626 entra in vigore la misura del marchio CE che consente
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l’immediata riconoscibilità dei macchinari costruiti in base a norme di sicurezza
europee.
Il D.Lgs. n. 81/2008 completa e contiene le prescrizioni già poste in essere nei
precedenti decreti.
L’analisi del tecnico specializzato dovrà pertanto accertare che sui macchinari in vendita non sono state apportate modifiche costruttive tali da rendere meno sicuri i
macchinari oggetto della valutazione.
Questa attività prende le mosse da un’analisi della documentazione tecnica di corredo ai macchinari che deve, come già detto, essere reperita e verificata.
Soltanto allora i macchinari potranno essere certificati conformi, ovvero dovranno
essere predisposte le protezioni eventualmente prescritte dal perito tecnico.
Appare prematura ogni analisi in merito a chi dovrà eseguire le eventuali modifiche
da apportare.
Ove la Curatela disponga delle risorse necessarie, è corretto che sia essa stessa a
provvedere a che i macchinari siano ripristinati; ove queste risorse non siano
disponibili dovranno essere attuate situazioni di salvaguardia che consentano il
ripristino a carico dell’acquirente, seguito e poi certificato dai tecnici incaricati dalla
Procedura.
Nel caso di macchinari costruiti dopo il 1996 e dotati di certificati di conformità CE,
le operazioni di certificazione possono essere estremamente semplici e informali.
Spesso, le operazioni richieste da macchinari costruiti in precedenza possono essere
più complesse e, pertanto, all’atto del loro completamento, appare prudente che l’avvenuto ripristino sia certificato tramite una perizia asseverata.
Giova sottolineare, richiamando la responsabilità condivisa fra tutti gli operatori
della sicurezza, che l’acquirente dei macchinari è, a sua volta, un utilizzatore, un rivenditore oppure un datore di lavoro. Quale controparte interessata sarà il primo
interlocutore di una siffatta procedura e potrà accettarla, condividendone le
conclusioni.
Nella fattispecie, lasciando che l’acquirente provveda materialmente al ritiro del macchinario nel luogo di installazione, egli stesso ne assumerà le responsabilità per
lo smontaggio e la sua ricollocazione in attività, sottostando a tutti gli obblighi di
datore di lavoro verso i suoi dipendenti incaricati di utilizzare il bene acquistato.
In questo senso deve essere citata la recente sentenza della Suprema Corte3 che
assolve il venditore, accertando che la “causa materiale del fatto lesivo fu
l’organizzazione del lavoro scelta dall’acquirente utilizzatore”.
Ancora una volta il Curatore Fallimentare è chiamato a responsabilità che vanno
ben oltre la sua formazione professionale.
La scelta dell’esperto coadiutore nella materia antinfortunistica deve completare la
“squadra di gestione” della procedura, già composta di legali, consulenti del lavoro, addetti alle vendite ecc., per un decisivo miglioramento di efficienza che possa
accorciare i tempi di chiusura e massimizzare i risultati economici.
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Cass. pen., sez. IV, 19 settembre 2012, n. 35906.
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Il tema trattato, a questo punto, assume esclusivamente un connotato di tipo
tecnico che, in un’ottica di delega di funzioni, deve essere affrontato e risolto da soggetti specializzati.
In conclusione, il problema dei macchinari non a norma presenti nelle procedure
concorsuali non può certo essere negato. Esistono, però, tutti gli strumenti per una
soluzione pragmatica che consenta, al contempo, di salvaguardare la composizione
degli attivi e la figura del Curatore Fallimentare.
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