Appunti di Economia Capitolo 4 - L`inflazione

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Appunti di Economia Capitolo 4 - L`inflazione
A p p u n t i d i E c o n o mi a
C a p i t o l o 4 - L ’ i n f l a zi o n e
Introduzione .................................................................................................................. 1
Cause “storiche” di inflazione ........................................................................................ 2
Cause “attuali” di inflazione .......................................................................................... 3
Situazioni economiche .................................................................................................... 4
Strumenti di controllo dell’inflazione............................................................................... 4
Legame tra percentuale di risorse impiegate e tasso annuo di incremento dei prezzi ......... 5
Il modello economico generale ........................................................................................ 6
L’inflazione da domanda................................................................................................. 6
Inflazione da costi .......................................................................................................... 8
Inflazione da domanda settoriale ..................................................................................... 9
Inflazioni importate ........................................................................................................ 9
Deflazione ................................................................................................................... 11
Gli strumenti per il controllo dell’inflazione .................................................................. 12
Introduzione
L’inflazione rappresenta l’insieme delle situazioni che si sviluppano in
presenza di un persistente decremento del potere di acquisto della moneta,
ossia di una diminuzione costante del valore della moneta (cui corrisponde un
continuo aumento del livello generale dei prezzi) . Se il poter di acquisto della
moneta diminuisce, i prezzi di beni evidentemente salgono.
Quando il fenomeno inflativo si sviluppa in mono persistente ma comunque
contenuto (non più del 4% annuo), si parla di inflazione strisciante (creaping
inflation). Al contrario, si parla di inflazione galoppante (run away inflation) quando
essa, ampliandosi progressivamente tramite la cosiddetta spirale inflazionistica ( 1),
innesca, in un periodo di tempo piuttosto breve, aumenti molto elevati del livello
generale dei prezzi, con conseguente notevole svilimento del valore della moneta in
circolazione.
Il nostro scopo è quello di cercare di trarre degli insegnamenti necessari per
controllare il fenomeno inflativo: per fare questo, dobbiamo allora
necessariamente indagare circa le cause che possono determinare tale
fenomeno .
A tal proposito, la prima importante considerazione da fare è che difficilmente i
fenomeni economici possono essere descritti con esattezza tramite modelli
meccanicistici del tipo causa→effetto: la realtà economica si manifesta infatti sempre
come variabile composizione di diverse situazioni, le quali, intrecciandosi
1
Per “spirale inflazionistica” si intende quel fenomeno a catena per cui l’aumento dei prezzi dei beni determina un
immediato incremento dei costi dei fattori produttivi (lavoro, terra, capitale) e quindi un ulteriore aumento dei prezzi,
dovuto al fatto che le imprese vogliono mantenere quanto meno inalterati i propri profitti ma devono remunerare
maggiormente i fattori produttivi (ad esempio pagare stipendi più alti oppure affitti più alti di terreni e/o immobili).
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
mutevolmente, danno origine ad effetti che, pur essendo facilmente registrabili, sono
difficilmente spiegabili come direttamente correlati alle cause ipotizzate. In generale,
l’obbiettivo dei modelli di analisi è quello di “sezionare” la realtà, al fine di
analizzarne alcune sue componenti proprio in termini di causa ed effetto, tenendo
però sempre conto che, nella loro effettiva manifestazione, i vari fenomeni sono
influenzati da una molteplicità di fattori. Come immediata conseguenza, gli
strumenti per il controllo dell’inflazione non potranno mai essere scelti in modo
univoco e definitivo, ma dovranno sempre tener conto di tutte le varie influenze
che possono essere indotte dai diversi fattori in gioco .
Cause “storiche” di inflazione
Storicamente, l’inflazione è nata inizialmente come una specie di sinonimo di
truffa : infatti, le sue prime forme si manifestarono quando le monete non
rappresentavano solo dei titoli di credito nei confronti del sistema, ma erano esse
stesse costituite da metalli o leghe preziose che ne determinavano, con il loro valore
intrinseco, una immediata “copertura”. Tenendo conto di questo, gli speculatori di
allora (che possiamo identificare nei principi regnanti o in taluni privati cittadini
particolarmente “potenti”) operavano sulle monete una vera e propria frode,
intaccando il loro valore intrinseco monetario oppure svilendo la loro lega in fase di
coniazione oppure ancora sottraendo, mediante un logorio meccanico, polvere del
metallo prezioso contenuto. Questi stessi effetti, del resto, si manifestavano anche in
conseguenza della naturale usura cui le monete erano soggette a causa della loro
stessa circolazione. In ogni caso, succedeva che le monete perdessero valore fisico
più che finanziario, secondo un meccanismo che, in base alle definizioni date in
precedenza, potremmo dire di inflazione strisciante.
Ovviamente, questa diminuzione di valore induceva il desiderio di tesaurizzare le
monete migliori, trattenendole e conservandole, mentre si preferiva rimettere in
circolo monete logore o comunque con minimo valore intrinseco, il che contribuiva
ulteriormente ad aggravare il fenomeno inflativo. I negozianti di allora, rendendosi
conto che le monete in circolazione valevano sempre meno, erano costretti ad
aumentare i propri prezzi (nonostante le merci conservassero invariato il loro valore
intrinseco), a scapito ovviamente dei consumatori e quindi anche di loro stessi.
Il concetto è dunque quello per cui il potere di acquisto della moneta veniva
ridotto agendo direttamente sul valore intrinseco della moneta stessa ed il
fenomeno assunse talvolta dimensioni allarmanti, determinando, sul piano interno,
uno sviluppo eccezionale dei prezzi delle merci. Sul piano dei rapporti con l’estero,
invece, nasceva il problema che la moneta svalutata non veniva più accettata e
quindi, come si dice in gergo, “perdeva il suo corso”.
Un’altra forma di inflazione che si è verificata storicamente è quella prodotta da
eccessiva coniazione di moneta. Una tipica situazione del genere si sviluppò in
Spagna, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, a seguito dell’afflusso di oro proveniente
dalle miniere aperte oltre oceano: l’oro, tramutato in moneta attraverso la
coniazione, incrementò smisuratamente il volume di moneta in circolazione, in
maniera sicuramente non corrispondente allo sviluppo quantitativo dei fattori
economici che potevano essere oggetto di transazioni. Questa eccessiva quantità
circolante determinò, allora, una nuova diminuzione del potere di acquisto della
moneta: non si trattava, quindi, di una frode applicata da determinati sistemi ai
singoli individui, quanto piuttosto dell’ignoranza sugli inevitabili effetti economici
che una eccessiva coniazione avrebbe comportato.
Autore: Sandro Petrizzelli
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L’inflazione
Si manifestò dunque un notevole incremento dei prezzi delle merci, dato che
queste non erano in quantità sufficiente a soddisfare l’esuberante richiesta,
sviluppatasi proprio per la grande disponibilità di moneta. In termini moderni,
questo fenomeno (che sarà meglio descritto più avanti) prende il nome di inflazione
da domanda: corrisponde appunto a quella situazione in cui, data una massa
sovrabbondante di denaro liquido a disposizione del sistema, la domanda di beni è di
gran lunga superiore all’offerta, per cui, secondo una nota legge di mercato (legge
della domanda e dell’offerta), il prezzo dei beni sale ed anche parecchio.
Cause “attuali” di inflazione
Mentre il paragrafo precedente era relativo essenzialmente a curiosità storiche
circa i primi fenomeni di inflazione manifestatisi nella realtà, vediamo adesso di
condurre un discorso più approfondito e soprattutto più attuale.
Innanzitutto, le principali cause che concorrono a determinare una situazione
inflativa si possono classificare nel modo seguente:
•
cause endogene al sistema economico: sono cause che dipendono da
fenomeni interni al paese stesso;
•
cause esogene al sistema economico: sono cause da ricercarsi all’estero, in
quelle nazioni cioè che intrattengono rapporti economici, monetari e
finanziari con il paese in questione.
A loro volta, le cause endogene al paese in questione si possono ulteriormente
classificare:
•
cause che fanno riferimento al mercato dei beni (di consumo o strumentali)
e dei servizi;
•
cause che non fanno riferimento al suddetto mercato.
Per quanto riguarda i fenomeni inflativi interni ad un paese (endogeni), sono quelli
generalmente designati con l’appellativo di inflazione da domanda (demand pull):
così come già accennato in precedenza, questo tipo di inflazione è determinata da
una eccessiva richiesta globale di beni e servizi rispetto a quanto il mercato può
offrire.
Un caso particolare di inflazione da domanda è la cosiddetta inflazione da
domanda settoriale, relativa cioè ad un particolare settore economico.
Si parla invece generalmente di inflazione da costi (o anche inflazione da offerta)
quando, nell’ambito di un paese, le cause inflative sono estranee al mercato dei beni
e dei prodotti finali: infatti, questo tipo di inflazione è dovuta ad un incremento dei
costi a monte del mercato finale, cui consegue un inevitabile innalzamento dei
prezzi.
Talvolta può anche capitare che l’inflazione da costi sia generata a sua volta da
una inflazione da domanda settoriale, così come vedremo più avanti.
Le inflazioni che derivano da fenomeni esterni (esogeni) ad una nazione possono
invece essere causate da un eccessivo avanzo nella bilancia dei pagamenti, ossia da
una quantità sovrabbondante di moneta estera che viene ceduta alla nazione in
questione in cambio di corrispettivi non monetari: questa eccessiva circolazione di
moneta interna rispetto al volume di fattori che possono essere oggetto di scambia
determina le stesse conseguenze dell’inflazione da domanda.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
C’è però un altro tipo di fenomeno inflativo tipicamente importato in una nazione
dall’estero: quando una nazione si trova in crisi e ci sono altre nazioni che
detengono, nelle proprie riserve, una quantità consistente di sue monete, la perdita
di potere di acquisto di tali monete non può che propagarsi, determinando il
cosiddetto fenomeno di contaminazione delle monete.
Situazioni economiche
Al fine di effettuare una analisi approfondita dei diversi modelli di inflazione e
dei fenomeni ad essi collegati, è importante chiarire prima le situazioni economiche
di base entro cui tali modelli possono operare.
In particolare, è fondamentale assodare il livello di sfruttamento dei mezzi
economici disponibili nella nazione in questione: infatti, come vedremo, diverse
saranno le conseguenze dell’applicazione di determinati strumenti di controllo
dell’inflazione a seconda che essi siano applicati in situazione di pieno impiego
delle risorse (cioè quindi piena occupazione) piuttosto che in una fase di non piena
occupazione (in cui cioè esistono ancora potenziali riserve produttive che possono
essere sfruttate).
Strumenti di controllo dell’inflazione
Fatta la necessaria premessa del paragrafo precedente, possiamo ora considerare
gli strumenti a disposizione per il controllo dell’inflazione e gli obbiettivi da porsi
nell’uso di tali strumenti.
I classici strumenti di azione nei confronti dell’inflazione sono le politiche
monetarie e le politiche fiscali:
•
le politiche monetarie agiscono essenzialmente sui rapporti con l’estero;
•
le politiche fiscali influiscono invece con maggiore rapidità sulle situazioni
interne.
I traguardi che vengono generalmente assegnati a queste politiche sono:
•
un adeguato sviluppo economico della nazione;
•
il pieno impiego delle risorse produttive disponibili;
•
il raggiungimento della stabilità del potere di acquisto della moneta.
Questi tre obbiettivi rappresentano il cosiddetto triangolo magico: l’aggettivo
“magico” viene usato per indicare che i vertici di questo triangolo non potranno mai
incontrarsi, in quanto rappresentano situazioni di fatto tra loro contrastanti. Questo
significa, sostanzialmente, che le linee di condotta delle politiche monetarie e fiscali
devono essere dosate in modo tale che il raggiungimento di uno dei tre obbiettivi non
leda drasticamente gli altri due.
Una fase di evoluzione economica di un sistema (primo obbiettivo) deve
necessariamente essere accompagnata da uno sviluppo dei mezzi monetari a
disposizione, con i quali finanziare quegli investimenti che contribuiranno a
consolidare le posizioni raggiunte (terzo obbiettivo). In una simile situazione, è
importante
che
all’incremento
quantitativo
dell’offerta
di
moneta,
che
Autore: Sandro Petrizzelli
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L’inflazione
automaticamente ne deprezza il valore, corrisponda un equivalente se non superiore
incremento del tasso di sviluppo dell’economia nazionale.
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L’economica A.W. Philips fu il primo a studiare e descrivere, sulla base di
osservazioni effettuate nel Regno Unito tra il 1861 ed il 1957, il legame esistente tra
percentuale di risorse produttive impiegate in un paese e tasso annuo di incremento
dei prezzi. Per mostrare questo legame, supponiamo di costruire un diagramma
cartesiano riportante in ascisse la percentuale di risorse non occupate e in ordinate
il tasso annuo di incremento dei prezzi. Su tale piano, possiamo riportare i dati
osservati relativamente ad ogni anno preso in esame (si tratta perciò di dati storici):
ogni punto del piano, quindi, individua un preciso valore, per l’anno considerato,
della percentuale di risorse non occupate e del tasso annuo di incremento dei prezzi.
I diversi punti così ottenuti si dispongono su una curva che li interpola con
sufficiente interpolazione. Questa curva è detta curva di Philips e risulta convessa
verso l’origine degli assi: questo significa che ad una diminuzione del tasso di
disoccupazione (il che significa un miglioramento della situazione economica)
corrisponde un aumento sempre più rapido del tasso di incremento annuo dei prezzi
(sinonimo di inflazione).
Sembrerebbe allora statisticamente dimostrata una legge “anomala”: si può
ottenere un regime di massima stabilità monetaria, nel quale cioè sia stato debellato
il pericolo inflativo, solo incrementando la disoccupazione. E’ ovvio che non può mai
essere così .
Infatti, effettuando una analoga indagine, per il periodo 1964-1970, su altri paesi,
per alcuni di essi si segnala una accentuata tendenza a fuoriuscire dall’area
delimitata dalla curva di Philips. Questo è dovuto proprio al verificarsi di anomale e
pericolose situazioni, nelle quali, a seguito di un aumento di inflazione, si riscontra
anche un aumento della disoccupazione, il che è ovviamente sinonimo di uno stato di
ristagno economico del sistema produttivo. Una simile situazione, in cui convivono
gli aumenti di disoccupazione e di livello generale dei prezzi, venne definita
stragflazione, sintesi di stagnazione economica e contemporanea inflazione
monetaria.
Analizzando i grafici di cui si diceva, sono stati individuati alcuni comportamenti
caratteristici:
•
per alcune nazioni (tra cui spiccano Regno Unito, Francia, Usa e Giappone),
si riesce ad individuare con precisione la curva che, interpolando i vari
punti rappresentativi dei dati osservati storicamente, esprima il fenomeno
con sufficiente approssimazione;
•
per altre nazioni (Italia e Canada), invece, è necessario ricorrere a due serie
di curve, fortemente analoghe nel loro andamento, che delimitano un’area di
oscillazione dei dati registrati.
Per quanto riguarda specificamente l’Italia, si osservano due cose:
•
sulla curva più prossima all’origine, corrispondente perciò a bassi valori di
disoccupazione, si addensano i dati registrati negli anni 1966-1968-1969;
•
sulla curva più lontana dall’origine, invece, si addensano i dati registrati per
gli anni 1964-1965-1967-1970.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
Il modello economico generale
Prima di passare allo studio dettagliato dei vari menomi inflativi, diamo
velocemente dei cenni sul modello economico generale cui faremo riferimento nei
prossimi discorsi.
Il discorso parte dai cosiddetti fattori di produzione (lavoro, terra, capitale), per i
quali, come si è detto, bisogna sempre distinguere situazioni di pieno impiego da
situazioni di non pieno impiego. Tali fattori di produzione prestano la loro pera al
sistema delle imprese: tale sistema, attraverso la produzione di beni di consumo, di
investimenti e di servizi, determina l’offerta nel mercato dei prodotti finali.
Nell’ambito di questo mercato, l’offerta si incontra con la domanda che si sviluppa in
corrispondenza dell’esistente livello dei prezzi: l’incontro tra domanda ed offerta
determina, attraverso la vendita dei prodotti, i relativi ricavi imprenditoriali.
Quello appena descritto è dunque il flusso economico (o flusso reale) che si
sviluppa dal sistema delle famiglie (che fornisce i fattori di produzione) verso il
sistema delle imprese (che ricava i propri profitti). Questo flussi si trasforma in un
nuovo flusso, di tipo finanziario, che si muove in verso opposto: infatti, i ricavi
ottenuti dal sistema delle imprese trovano adesso la loro utilizzazione; in particolare:
•
parte dei ricavi è usata per finanziare gli investimenti, per l’ampliamento
ed il rinnovo delle strutture imprenditoriali, al fine di consentire nuovi e
più ampi sviluppi produttivi;
•
un’altra
parte
dei
ricavi
fluisce
direttamente
alla
Pubblica
Amministrazione, attraverso il drenaggio prodotto dalle imposizioni
fiscali;
•
la restante parte dei ricavi viene destinata alla remunerazione dei fattori
produttivi; è dunque questa parte a determinare il reddito disponibile per
il consumo. Sulla base di questo reddito, le famiglie producono la loro
domanda sul mercato dei beni finali, in contrapposizione all’offerta che il
sistema delle imprese riesce a proporre.
Questo è dunque il modello economico generale che utilizzeremo nei prossimi
discorsi (e che, in generale, si usa in tutti i “discorsi economici”).
L’inflazione da domanda
Sulla base del modello economico generale illustrato nel paragrafo precedente,
esaminiamo il primo tipo di inflazione.
Il processo inizia, come causa strettamente legata al mercato dei beni e
consumi finali, in presenza di un incremento della domanda di prodotti finali
superiore all’offerta che in quel momento il sistema delle imprese riesce a
fornire (in conseguenza delle proprie capacità produttive) . Questo è dunque il
dato economico registrabile in modo diretto; si tratta poi di trovare i motivi di questo
fenomeno, cosa decisamente meno immediata.
Ci sono in proposito due scuole di pensiero:
•
la cosiddetta scuola quantitativa da
domanda nasce essenzialmente a
circolazione monetaria rispetto al
discordanza tra liquidità disponibile
Autore: Sandro Petrizzelli
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la seguente motivazione: lo sviluppo di
casa di uno sviluppo eccessivo di
volume esistente di merci. Questa
e volume delle merci può derivare sia
L’inflazione
da una sovrabbondanza della quantità statica di moneta immessa nel
mercato sia perché la moneta già esistente viene fatta circolare in modo più
veloce dagli operatori. In generale, comunque, questa scuola di pensiero
attribuisce il fenomeno inflativo nella superiorità della quantità globale di
strumenti monetari rispetto a quella necessaria, il che induce una maggiore
spese e quindi un ampliamento della domanda;
•
secondo, invece, le scuole che traggono ispirazione dall’economista inglese
Keynes, il problema non è tanto nella quantità di strumenti monetari
circolanti, quanto nel volume di reddito disponibile presso i consumatori
nonché nei moventi vari che possono comunque spingere i consumatori
verso il mercato dei beni, distogliendoli invece dal mercato finanziario.
Queste dunque le cause ipotizzate per l’aumento della domanda rispetto all’offerta.
Passando agli effetti, consistono inevitabilmente sia nella tendenza del mercato ad
incrementare i prezzi dei prodotti finali sia nell’incremento dell’offerta a seguito
dell’aumento della produzione (la prospettiva di elevati guadagni, sollecitata
dall’ampia domanda, induce i produttori ad aumentare la propria azioni produttiva).
Questo aumento della produzione avverrà a prezzi più o meno costanti o più o
meno variabili a seconda che il sistema delle imprese riesca ad adeguarsi, in modo
rapido ed efficace, alle nuove condizioni sollecitate dal mercato. Infatti, le imprese,
per adeguare la propria produzione alle ampliate esigenze dei consumatori, saranno
indotte a aumentare la propria richiesta di fattori produttivi, il che può determinare
effetti diversi a seconda che la situazione sia o meno di pieno impiego delle risorse.
Consideriamo dapprima il caso in cui non c’è un pieno impiego di risorse, per cui
ci sono risorse potenziali ancora disponibili: in questo caso, c’è un sempre maggiore
assorbimento delle risorse, mentre invece la retribuzione unitaria di tali risorse
rimarrà sostanzialmente invariata ( 2). Dato che partecipa alla produzione un più
ampio numero di soggetti economici, aumenta il reddito complessivo disponibile
presso le famiglie e questo fa aumentare ulteriormente il livello della domanda. In
questo modo, il sistema procede senz’altro verso più elevati gradi di sviluppo
economico. E’ dunque un classico caso in cui l’inflazione (di tipo strisciante)
porta benessere economico , realizzando due degli obbiettivi del triangolo magico
precedentemente citato (sviluppo economico e riduzione della disoccupazione): resta
fuori l’obbiettivo della stabilità monetaria, sul quale si può agire solo al fine di
limitarne le oscillazioni.
Vediamo invece come cambiano le cose in una situazione di pieno impiego delle
risorse. Ci sono in proposito due possibilità:
•
la prima è quella in cui vengono potenziati gli investimenti produttivi, in
modo da rendere utilizzabili nuovi volumi di risorse e da sviluppare più
ampli potenziali di diffusione. In questo modo, si ottiene un innegabile
sviluppo economico simile a quello descritto prima;
•
la seconda situazione è invece quella che porta ad effetti negativi: se il
potenziamento degli investimenti produttivi non avviene, il fatto che le
imprese aumentino la propria richiesta di fattori produttivi determina
immediatamente un aumento del costo di tali fattori, senza che però ci sia
una variazione quantitativa (in altre parole, le aziende pagheranno stipendi
più alti, perché più alte sono le richieste, ma non assumeranno quantità
apprezzabili di nuovo personale). Di conseguenza, il reddito totale
2
Infatti, se una azienda deve produrre di più e vuol farlo assumendo più personale, non dovrà elevare gli stipendi, ma
dovrà semplicemente pagarne di più (proprio perché assume personale nuovo). Ecco perché le retribuzioni unitarie non
aumenteranno, mentre aumentano quelle complessive (pari al prodotto di quelle unitarie per il numero di unità lavorative).
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
disponibile aumenta di volume (proprio perché le remunerazioni sono più
alte), ma non di distribuzione (proprio perchè il volume di personale
impiegato non è aumentato apprezzabilmente): questo significa che
l’incremento di reddito è puramente fittizio, dato che serve solo ad assorbire
l’avvenuta lievitazione dei prezzi dei beni finali. Questi ultimi, del resto,
continueranno ad aumentare dato che la loro offerta quantitativa globale è
rimasta sostanzialmente invariata. In parole semplici, si compreranno le
stesse quantità di beni, ma a prezzi maggiori, con conseguente diminuzione
del potere di acquisto della moneta. A peggiorare le cose intervengono anche
i fenomeni indotti da questa situazione nei rapporti con l’estero: peggiora
infatti la bilancia dei pagamenti, dato che le importazioni cominciano a
prevalere sulle esportazioni (in quanto si cerca di sopperire, tramite
l’acquisto di beni esteri a prezzi più vantaggiosi di quelli nazionali, alla
carente offerta interna).
Possiamo dunque tirare le somme di questa analisi: sinteticamente, possiamo
infatti affermare che, in presenza di un aumento della domanda di beni e servizi
finali, i prezzi di tali beni e servizi saranno tanto più influenzati, in senso
inflativo, quanto più il sistema economico si trovi verso un livello di pieno
impiego produttivo delle risorse (condizioni di sviluppo economico) e quanto
meno rapida risulta la capacità del sistema imprenditoriale di espandere il
proprio volume di produzione (da adeguare alle nuove accresciute esigenze del
mercato).
Inflazione da costi
Questo tipo di inflazione si innesca, a seguito di cause esterne al mercato dei
beni e servizi finali, quando si presentano degli improvvisi ed elevati incrementi
dei costi dei fattori produttivi (il che, quindi, avviene a monte del sistema
imprenditoriale, il base al modello economico che stiamo utilizzando).
I motivi di questo aumento dei costi dei fattori produttivi possono essere diversi:
ad esempio, può essere determinato da pressioni e rivendicazioni sindacali tendenti
ad ottenere miglioramenti della situazione economica delle retribuzioni salariali.
Per quanto riguarda, invece, gli effetti, ci sono due possibilità:
•
l’ottenimento di benefici salariali, a monte del sistema delle imprese,
determina un aumento del volume di reddito complessivo disponibile, il che
si ripropone come aumento della domanda, innescando così i fenomeni tipici
della inflazione da domanda precedentemente descritta, per i quali valgono
perciò le considerazioni già fatte;
•
l’altra possibilità è che le imprese, dovendo remunerare maggiormente i
fattori produttivi impiegati, intervengano ad aumentare i prezzi dei beni
finali da vedere, nel tentativo di mantenere invariato il rapporto tra i costi
ed i profitti. Questo incremento dei prezzi, che le imprese tentano quindi di
imporre al mercato, potrebbe anche svilupparsi in modo completamente
autonomo sia da quello che succede a monte (cioè nella remunerazione dei
fattori produttivi) sia dalle condizioni del mercato, qualora viga un regime di
monopolio o oligopolio, ossia qualora ci siano solo pochi operatori in grado
di influenzare il mercato a proprio piacimento.
Autore: Sandro Petrizzelli
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L’inflazione
In entrambi questi casi, gli effetti si ripropongono sull’offerta dei beni e servizi
finali ed è questo il motivo per cui l’inflazione da costi è anche chiamata inflazione
da offerta.
Restando ancora agli effetti, è intuitivo (ma può essere dimostrato in modo
rigoroso) che l’incremento dei prezzi finali determina adesso nel mercato una
riduzione della domanda, con conseguente riduzione del numero di transazioni
portate a termine. Questa contrazione delle vendite ha un effetto negativo sulle
imprese: esse, infatti, non riuscendo a vendere tutto ciò che hanno prodotto, sono
portate a ridurre le proprie future prestazioni, il che significa che devono anche
ridurre il livello delle risorse impiegate (cioè aumenta la disoccupazione). Subentra
dunque una tendenza verso uno stato di recessione economica: la diminuita
domanda di fattori produttivi è associata ad un maggior reddito unitario percepito
dai singoli fattori e, contemporaneamente, ad un maggiore livello di disoccupazione.
In totale, il reddito complessivo non subisce quindi variazioni apprezzabili e, anzi,
corre il rischio di diminuire. Non solo, ma il reddito unitario, aumentato in termini
monetari, non porta sostanzialmente alcun beneficio, dato che il rialzo dei prezzi
determina un minore potere di acquisto della moneta e quindi bilancia i maggiori
compensi ottenuti nella remunerazione dei fattori produttivi.
In aggiunta, ci sono ancora conseguenze negative nei rapporti con l’estero, dello
stesso tipo descritto per l’inflazione da domanda: essendo i prezzi nazionali piuttosto
elevati, si preferisce rivolgersi ai beni prodotti all’estero e venduti a prezzi più
ragionevoli, determinando una bilancia dei pagamenti negativa (cioè esportazioni
prevalenti sulle importazioni).
A questo punto, la situazione potrà evolvere in modo diverso a seconda che ci si
trovi o meno in condizioni di piena occupazione delle risorse: una eventuale
condizione di sotto impiego, infatti, avrà maggiori attitudini ad una rapida spinta
verso lo sviluppo economico, al fine di attenuare le pericolose conseguenze di un
aumento generale dei prezzi.
Inflazione da domanda settoriale
Questo terzo tipo di inflazione si pone sostanzialmente a cavallo delle due prima
descritte. Essa consiste nel fatto che aumenta la domanda in un particolare
settore produttivo a scapito di altri (in modo tale che la domanda complessiva
risulti sostanzialmente invariata) : in questo modo, nell’ambito di uno stesso
sistema economico, i settori che vedono incrementata la domanda sono soggetti ai
fenomeni tipici dell’inflazione da domanda, che determina un incremento sia dei
prezzi dei prodotti finali sia dei costi dei fattori di produzione interessati. A fronte di
questo, si manifesta un ulteriore fenomeno nei settori che subiscono una
depressione della domanda: infatti, si può innescare una spinta salariale tendente a
riportare le remunerazione dei fattori produttivi agli stessi livelli raggiunti dalle
categorie in fase di espansione. In questo modo, il fenomeno inflativo complessivo
assume un andamento simile a quello della classica inflazione da costi.
Inflazioni importate
Consideriamo ora le inflazioni prodotte da cause esterne (esogene) alla nazione.
Una prima tipologia di queste inflazioni è stata già vista nei precedenti paragrafi ed è
quella legata ad un eccessivo avanzo nella bilancia dei pagamenti: abbiamo in
particolare visto che i suoi effetti sono assimilabili a quelli di una inflazione da
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
domanda, in quanto l’aumento di capitale liquido in circolazione invoglia i
consumatori ad incrementare la propria domanda di beni e finali, con tutto ciò che
ne consegue.
Un altro tipo di inflazione importata è quello dovuto al fatto che ciascuna
nazione, in base a precisi accordi internazionali, può mantenere, come proprie
riserve monetarie, determinate quantità sia di oro sia soprattutto di monete di
altre nazioni ; in particolare, vengono evidentemente conservate “monete di nazioni
privilegiate”, soprattutto dollari americani. Questo fa si che il mercato monetario
internazionale, e quindi i singoli mercati nazionali che in esso confluiscono, siano
strettamente agganciati ad una particolare valutazione nazionale, come ad esempio il
dollaro. Questo fatto comporta un evidente rischio: eventuali fenomeni inflativi che
investono la moneta di riserva si ripropongono, in maniera immediata e automatica,
sul volume di riserve che ciascun paese ha accumulato in quella moneta; quindi, ad
esempio, se il dollaro è sottoposto ad inflazione e quindi subisce una diminuzione del
proprio potere di acquisto, necessariamente tutte le nazioni che detengono riserve in
dollari saranno più “povere”, proprio perché sono le loro riserve a valere di meno
(nonostante la quantità sia rimasta immutata) sul mercato internazionale. Il
generico paese che subisce questo fenomeno si trova perciò nella condizione di
avere una quantità di moneta sovrabbondante rispetto al suo reale potere di
acquisto e questo per cause non attribuibili al paese stesso .
Nell’ambito delle inflazioni importate, il discorso appena concluso è sicuramente
uno dei fenomeni direttamente indotti, ma non è il fenomeno più importante.
Facciamo infatti le seguenti considerazioni: nella nazione detentrice di moneta
“leader” (ad esempio gli USA), una eventuale situazione economico-finanziaria non
positiva sarà sicuramente affrontata tramite politiche monetarie che, tendendo a
salvaguardare gli interessi nazionali, finiscono inevitabilmente per riproporsi, in
modo generalmente negativo, sugli altri paesi.
Un tipico esempio avvenne negli anni ’60: negli Stati Uniti, infatti, in quel periodo
il processo inflazionistico interno assunse proporzioni rilevanti e fu accompagnato
sia da un incremento della spirale costi-prezzi sia anche da una minore competitività
delle merci americane sui mercati internazionali ( 3). Il governo americano decise
allora di intervenire, attraverso una politica monetaria interna che riuscisse a
frenare il moto di propagazione del rialzo dei prezzi: sostanzialmente, furono
drasticamente ridotti i finanziamenti governativi al processo produttivo delle
imprese. Questo comportò per le imprese una immediata crisi di liquidità, che le
spinse a cercare finanziamenti direttamente presso le famiglie, attraverso il
collocamento di carta commerciale sia all’interno sia all’esterno del paese (nacque il
cosiddetto mercato degli eurodollari). La conseguenza fu una inevitabile separazione
tra il sistema bancario ed il mercato finanziario, con gravi conseguenze dovute al
fatto che diventava ora più difficile effettuare il controllo del suddetto mercato
tramite un ragionato dosaggio delle politiche monetarie. Non solo, ma anche l’elevato
costo di questo tipo di finanziamento usato dalle aziende finì per essere un ulteriore
motivo di spinta del processo inflazionistico, che anziché essere contenuto rischiava
invece di incrementarsi.
Per questo motivo, nonché anche per il fatto che la crisi di liquidità
imprenditoriale non accennava comunque a ridursi, le autorità governative
intervennero nuovamente, riproponendo una espansione della loro politica monetaria
ufficiale. Data questa nuova azione governativa, cui seguì effettivamente un aumento
di liquidità bancaria ed imprenditoriale, le imprese cominciarono adesso a respingere
(cioè a restituire) i fondi precedentemente recepiti attraverso il mercato
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La cosa fu anche aggravata dal fatto che gli altri paesi del mondo avevano nel frattempo acquisito una sempre maggiore
autonomia tecnologica, il che rendeva i prodotti americani ancora meno appetibili all’estero.
Autore: Sandro Petrizzelli
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L’inflazione
dell’eurodollaro, ritenendo decisamente non più convenienti i tassi di interesse
praticati dai paesi esteri. Ci fu perciò un rigurgito di liquidità nei paesi creditori
(tutti i paesi verso i quali cioè il predetto flusso monetario di ritorno era destinato),
che contribuì a diffondere il fenomeno inflativo dagli Stati Uniti al resto del mondo.
I vari paesi videro quindi crescere a dismisura la liquidità disponibile, senza che
però si incrementassero anche i fattori economici disponibili per le transazioni
interne. Il risultato fu dunque ancora una volta quello di un fenomeno inflativo
interno, con conseguente inevitabile diminuzione del potere di acquisto della moneta
nazionale.
Deflazione
Def lazione
A conclusione della panoramica sui principali fenomeni inflativi, è opportuno
analizzare rapidamente quelli che si sviluppano con caratteristiche opposte a quelli
descritti nei precedenti paragrafi.
Parliamo infatti adesso non più di inflazione, ma di deflazione: essa corrisponde
ad una situazione in cui, a causa di una sensibile diminuzione della quantità di
moneta in circolazione, si verifica una corrispondente riduzione della domanda
di beni e servizi finali . Si tratta dunque di una condizione di ristagno economico:
infatti, la diminuita capacità di assorbimento dei prodotti da parte del mercato
induce inevitabilmente il sistema delle imprese ad una contrazione della propria
attività produttiva; questo equivale anche ad una ridotta richiesta di fattori
produttivi, ossia sostanzialmente ad un aumento della disoccupazione, il che è
appunto indice di recessione economica.
In effetti, si potrebbe pensare che una contrazione della domanda sul mercato,
provocando un contenimento nel livello generale dei prezzi, produca anche un
incremento del potere di acquisto della moneta. Al contrario, questo meccanismo è
spesso puramente teorico, mentre invece nella pratica risulta molto meno
appariscente. Il motivo è nella naturale viscosità dei costi: con questa espressione
ci riferiamo al fatto che, generalmente, i costi tendono comunque a non diminuire
dopo che, magari, per un certo periodo di tempo, hanno subito un aumento sempre
maggiore.
In base a queste considerazioni, per poter assegnare il significato di reale
stabilizzazione economica o monetaria, una eventuale situazione deflativa
osservata sui prezzi dei prodotti e beni finali dovrà essere accompagnata anche ad
una diminuzione del costo dei fattori produttivi. Se non fosse così , se cioè i prezzi
dovessero scendere senza che scendano anche i costi dei fattori produttivi, la
situazione direbbe semplicemente che è in atto una crisi imprenditoriale: gli
imprenditori, data la riduzione della domanda, decidono di ridurre i prezzi (a parità
di costi dei fattori produttivi) nella speranza di realizzare comunque volumi di
vendita capaci di assicurare una immediata liquidità, da usarsi poi per superare lo
stato di immobilizzo in corso. Il problema è che una simile strategia può funzionare
solo se la riduzione dei prezzi significa anche una diminuzione degli utili netti
realizzati; se invece si vogliono mantenere inalterati gli utili rispetto a prima, la
diminuzione dei prezzi sarà sicuramente accompagnata da minore remunerazione dei
fattori produttivi e questo, pur garantendo una effimera momentanea sopravvivenza,
comporterà solo un aggravarsi della situazione, in quanto il minore reddito
disponibile presso le famiglie contribuirà a ridurre ulteriormente la domanda.
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Autore: Sandro Petrizzelli
Appunti di “Economia ed organizzazione aziendale” – Capitolo 4
Gli strumenti per il controllo dell’inflazione
Come già abbiamo osservato in precedenza, gli strumenti attraverso cui è
possibile controllare le varie situazioni inflative prima descritte sono
essenzialmente rappresentati dalle politiche fiscali e monetarie che i
competenti organi governativi possono attuare . Tuttavia, queste politiche devono
essere attuate con molta cautela.
Ad esempio, supponiamo di essere in presenza di una inflazione da domanda; il
modo più efficiente per affrontarla è quello di contenere la domanda, ad esempio
aumentando le imposizioni fiscali al fine di ridurre il reddito disponibile presso le
famiglie. Tuttavia, se la diagnosi fosse errata e il fenomeno fosse quello dell’inflazione
da costi, una politica tendente a ridurre la domanda complessiva comporterebbe solo
un aggravarsi della situazione: infatti, in presenza di una inflazione da costi (ossia in
presenza di un aumento dei costi verificatisi a monte della produzione), il rimedio
migliore consiste nell’espansione produttiva e, contemporaneamente, nello sviluppo
(e non nella contrazione) di una domanda che possa recepire tale espansione.
Il metodo del rialzo delle imposizioni fiscali (politica fiscale), pur potendo ridurre
la domanda complessiva e pur garantendo un maggiore flusso di liquidità entrante
nelle casse della Pubblica Amministrazione, risulta sempre difficile da deliberare,
dato che si tratta pur sempre di fissare degli obbiettivi generalmente impopolari.
Per quanto riguarda, invece, la politica monetaria, essa è generalmente poco
efficace nei confronti della domanda interna, mentre invece è lo strumento più
adatto per affrontare situazioni legate alla bilancia dei pagamenti e, in
generale, ai mercati internazionali . Non solo, ma la politica monetaria ha il pregio
di poter essere modificata in modo molto più rapido di quella fiscale e gli stessi
risultati generalmente si manifestano con maggiore immediatezza.
Al fine di ottenere, tramite la politica monetaria, un contenimento della domanda
complessiva di beni e servizi finali, si deve cercare di limitare l’offerta di liquidità in
circolazione e lo si può fare in almeno due modi:
•
incrementando il tasso ufficiale di sconto;
•
vendendo una quantità più o meno grande di titoli posseduti dalla Banca
Centrale (la Banca d’Italia per intenderci).
In entrambi i casi, si tenta dunque di ridurre la liquidità bancaria e si provvede a
determinare un più alto costo del credito (per cui le richieste di prestiti sono
inferiori), il che determina automaticamente un contenimento della moneta
cosiddetta bancaria.
Se ora consideriamo i tipici effetti dell’inflazione da costi, si può tentare di
contenerli tramite politiche anti-sindacali (che cerchino di limitare la lievitazione
dei costi relativi alle remunerazioni dei fattori produttivi) e anti-monopolistiche (che
cerchino di limitare l’incremento dei prezzi dei prodotti finali del mercato).
In effetti, però, il modo migliore per intervenire, in questi casi, è quello indiretto,
tentando cioè di incrementare e migliorare la potenzialità produttiva del sistema, il
che si ottiene tramite un adeguato sviluppo degli investimenti. Questo tipo di
intervento può essere praticato direttamente dallo Stato, sviluppando il volume degli
investimenti pubblici, oppure attraverso la politica monetaria, invogliando gli
imprenditori privati ad usare i fondi disponibili per realizzare nuovi programmi di
investimenti produttivi. E’ necessario dunque ampliare il credito bancario,
riducendone contemporaneamente il costo: questo si ottiene, contrariamente a
quanto visto prima, riducendo il tasso ufficiale di sconto praticato dalla Banca
Centrale oppure facendo in modo che tale banca acquisisca titoli a fronte della
cessione di denaro liquido (che quindi si rende disponibile per gli investimenti).
Autore: Sandro Petrizzelli
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L’inflazione
Ovviamente, dato che questo tipo di interventi contribuiscono ad aumentare
l’offerta, bisogna fare in modo che anche la domanda sia adeguata; ci vuole perciò
una spinta ai consumi, che si può ottenere attraverso una riduzione delle
imposizioni fiscali gravanti sia sulle famiglie consumatrici sia sugli stessi prodotti da
mettere sul mercato. In conseguenza di ciò, la Pubblica Amministrazione avrà introiti
minori e, inoltre, dovrà contribuire a sviluppare la domanda complessiva dilatando le
proprie uscite destinate agli stipendi e simili, in modo da aumentare il reddito
disponibile presso le famiglie.
Bisogna comunque porre estrema cautela in quest’ultimo discorso, in quanto non
si deve incorrere nell’eccesso opposto, in cui la domanda diventa eccessiva e quindi
si passa direttamente da una spinta verso lo sviluppo ad una situazione di inflazione
da domanda.
Infine, la situazione è abbastanza complessa quando ci si vuol difendere dalle
inflazioni monetarie importate, in particolare quelle da contaminazione delle monete.
Senza scendere nei dettagli, limitiamoci a dire che la ricerca delle possibili soluzioni
deve sempre nascere da un preliminare coordinamento delle politiche economiche dei
vari paesi coinvolti, coordinamento che non deve avvenire solo in presenza di eventi
occasionali, ma da una seria e preventiva riflessione.
Autore: Sandro Petrizzelli
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Autore: Sandro Petrizzelli