7. LA MONETA E` ANCORA UN VELO?

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7. LA MONETA E` ANCORA UN VELO?
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7.
LA MONETA E’ ANCORA UN VELO?*
Le Banche centrali – compresa, anzi forse ancor di più, la neonata BCE –
sono molto preoccupate per l’inflazione, che peraltro resta pressochè ovunque
ostinatamente scarsa.
1) L’economia americana cresce da anni in condizioni di molto-pienoimpiego, e ciò nonostante l’inflazione USA è sempre molto contenuta.
2) L’Euro perde in due anni quasi un terzo del suo valore, e ciò nonostante
l’inflazione nella zona-Euro aumenta solo di un punto percentuale, che è assai
poco a confronto con quanto avveniva in anni neppure tanto lontani.
3) Il prezzo del petrolio triplica, e neppure ciò riesce a guastare questo
idilliaco scenario di stabilità monetaria: le aspettative di inflazione, come misurate
dai tassi a lunga, non salgono affatto!
Eppure, il mondo appare inondato di liquidità: gli aggregati monetari
crescono più di quanto previsto (o desiderato) dalle Banche centrali, e non si può
certo dire che le condizioni monetarie siano stringenti e impediscano la crescita
economica. Le preoccupazioni delle Banche centrali sull’inflazione
innervosiscono i mercati finanziari, e ne accentuano la volatilità. Ma anche ciò ha
effetti trascurabili sui tassi a lunga.
Come spieghiamo tutto ciò? Come mai le variabili monetarie sembrano
non aver più gli effetti negativi che ben ricordiamo nei passati decenni? Due
opposte spiegazioni sono possibili:
1) Le Banche centrali hanno acquistato, a fatica e con molti sacrifici, una grande
credibilità. Grazie a questa loro migliorata reputazione, una bassa inflazione è
ormai data per scontata, e questa aspettativa è abbastanza robusta da sopportare
anche svalutazioni del cambio e shocks petroliferi. Le ammonizioni, quasi
quotidiane, con le quali le Banche centrali ci ricordano il loro impegno alla
stabilità monetaria sono parte di questo modello e servono a confermare l’attesa –
diremmo razionale – che l’inflazione non risalga.
2) La spiegazione opposta è che le Banche centrali sono superflue in una
situazione in cui l’inflazione è proprio scomparsa (ce n’è tanto poca, che non si
riesce neppure ad “importarne” un po’, quando la moneta si deprezza, come nel
caso dell’Euro). Le condizioni del mercato del lavoro; l’aumentata concorrenza
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A cura di G. Vaciago.
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sul mercato dei beni e delle materia prime (con la sola eccezione del petrolio); i
forti guadagni di produttività: sono tutte circostanze che spiegano perché la
stabilità monetaria sia assicurata e la moneta – più o meno abbondante – si
trasmetta ai prezzi delle attività, ma non i prezzi dei beni prodotti e dei fattori
utilizzati, cioè non determini inflazione. La moneta non solo è un “velo” (non ha
effetto sui prezzi relativi e sul pordotto nazionale) ma non ha rilievo nemmeno sul
livello dei prezzi.
Queste due opposte spiegazioni - è tutto merito delle autorità monetarie;
oppure, potremmo anche farne a meno – rappresentano, ciascuna, una parziale
caricatura della realtà, che contiene un po’ di ambedue. Non c’è dubbio, infatti,
che ci sia oggi un’aumentata vigilanza e reputazione antinflazionistica delle
Banche centrali; ma anche un più efficace operare dei mercati, e quindi maggiori
pressioni competitive che riducono il rischio di rincorse inflazionistiche prezzisalari. Ciò che non è facile accertare è se questa combinazione virtuosa sia stata
solo casualmente ottenuta (ad esempio, non c’è collegamento tra politiche
monetarie severe e lo sviluppo di internet), oppure la crescita della competitività
sia in qualche misura un indiretto risultato delle politiche monetarie restrittive che
l’hanno accompagnata. Ma forse è troppo presto per concludere in proposito,
anche perché non è sufficientemente lunga quest’esperienza di una molto
migliorata combinazione di crescita e – poca –inflazione.