east46_I buoni propositi del Re

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east46_I buoni propositi del Re
FOTO LAURA TERZANI
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I buoni propositi N
del Re
Gran parte della ricchezza è concentrata nelle
mani della famiglia reale e di una ristretta élite.
Il fatto che, malgrado tutto, la monarchia goda
di una buona immagine, in Occidente e in
patria, è uno degli aspetti del paradosso
marocchino. La longevità politica della
monarchia sembra dovuta alla capacità di
contenere il malcontento attraverso un processo
di riforma dall’alto, di cui il sovrano controlla
saldamente orientamenti ed esiti.
di Massimo Ghirelli
numero 46 marzo/aprile 2013
onostante le rivolte che lo hanno circondato, il Marocco, sembra aver trovato la segreta ricetta della stabilità.
Il primo ingrediente della ricetta, è la tradizione reale. A differenza di altri dittatori e sovrani, Mohammed VI può contare su un lignaggio di tre secoli. È considerato il collante
dell’unità della Nazione e il garante di una
forte identità plurale, il che gli garantisce poteri
e consensi, tanto da permettergli di introdurre
una serie di riforme: dalla grazia per i prigionieri politici, al codice di famiglia (Mudawana), che ha garantito maggiori diritti alle
donne. Nel paese, il pluripartitismo è una realtà
consolidata. La stampa è più libera che in passato, i brogli elettorali quasi assenti. Capo dei
fedeli, il Re ha seguito una politica di repressione delle spinte più radicali, bilanciata dal
sostegno alle correnti più moderate dell’Islam.
Il Marocco, inoltre, si è impegnato, da più di
un decennio, in un vasto cantiere di sviluppo
economico e progresso sociale: accesso alle infrastrutture di base, animazione nei quartieri,
formazione professionale e attività che generano reddito e lavoro. La più incompiuta delle
riforme è quella sociale. Altre sfide sono nel
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POOL/HANNING/REA/CONTRASTO
DOSSIER L’INVERNO ARABO
\ Il Re del Marocco
Mohamed VI e la
Regina Lalla Salma.
Il Re è considerato
un forte collante
dell’unità nazionale.
Marocco
Indicatori politici
AREA: 446.550 Km2
POPOLAZIONE: 32.309.239
massimo
rischio
Political Risk & Country Analysis - UniCredit
100
La situazione politica dovrebbe
rimanere stabile nel medio
termine sotto il dominio del re
Mohammed VI.
71
Musulmana 99%, Cristianesimo 1%,
Ebraica circa 6.000
50
FORMA DI GOVERNO: Monarchia Costituzionale
SUFFRAGIO:
Universale (18 anni)
CAPO DI STATO:
Re MOHAMMED VI (Luglio 1999)
minimo
rischio
0
CAPO DI GOVERNO: Abdelilah BENKIRANE (Novem. 2011)
PIL:
$ 101,3 mld (nominale, stima 2013)
INFLAZIONE:
2,1% (stima 2013)
39
Sicurezza
RELIGIONE:
60
Efficacia governativa
27,3 anni
Stabilità politica
ETÀ MEDIA:
Corruzione
Indipendenza
della giustizia
88
81
su 176 Paesi
su 144 Paesi
Valori di riferimento: primo paese
Norvegia, ultimo paese Somalia
Qualità
della burocrazia
minimo
rischio
3
massimo
rischio
EIU, ONU, WB,WEF, Heritage Foundation, Transparency International, Global Peace Index
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east european crossroads
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MAROCCO
settore dell’educazione, della giustizia, della
salute e della lotta alla corruzione.
In Marocco, il 14% della popolazione vive
con meno di 2 dollari al giorno. La disoccupazione è al 9,8%, nonostante la crescita, superiore
al 3%. I giovani fuggono dal paese andando ad
alimentare l’immigrazione clandestina in Europa. Il tasso di analfabetismo è allarmante, al
34%. Anche se poi è il primo Paese africano
per accesso a internet ed il 36esimo al mondo
per l’uso di Facebook.
Nato nel 2011, sull'onda dei fatti tunisini
ed egiziani, Il Movimento 20 febbraio, (data
della prima manifestazione in Marocco), riunisce un variegato insieme di sindacati, organizzazioni per i diritti umani, studenti, gruppi
berberi e islamici, che è riuscito a mobilitare
decine di migliaia di manifestanti. Chiede la
fine della corruzione, più democrazia, più giustizia sociale e una nuova costituzione. Le manifestazioni hanno visto reazioni abbastanza
soft, a parte qualche bastonatura e alcuni arresti, le forze di sicurezza si sono limitate a
confinarle in spazi e giorni determinati (la protesta della domenica).
Pochi giorni dopo le prime manifestazioni,
il 9 marzo, Mohammed VI annuncia l’avvio
di una vasta riforma, per disinnescare la Primavera Araba marocchina con una articolata
strategia di iniziative. Nell’arco di tre mesi, il
17 giugno 2011, il sovrano presenta la nuova
Carta, e annuncia il referendum popolare. Il
punto saliente della riforma è il ridimensionamento del ruolo del sovrano: sceglierà il
Primo Ministro dal partito che conquista la
maggioranza; il premier dirigerà il Governo e
avrà l'autorità di sciogliere la camera bassa del
parlamento. Alle donne sarà garantita uguaglianza “civica e sociale”. La lingua Amazigh,
(il berbero), sarà considerata lingua ufficiale
come l’arabo. La persona del Re sarà “inviolabile”, ma non più “sacra”. Garantirà “il libero
esercizio dei culti”, anche se l’Islam resta la
religione di Stato. Il nuovo progetto prevede
anche l’indipendenza della giustizia davanti
ai poteri legislativi ed esecutivi.
La nuova Costituzione non piace a tutti: il
Movimento 20 febbraio – tre partiti di sinistra
e il partito islamista al Adl wal Ihsan – propone il boicottaggio.
zz
er
a
1°
S
1°
I
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nd
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in
1°
F
1°
R
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ve
1°
No
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Business Environment
ia
Indicatori sociali
55
138
Disordini sociali
minimo
rischio
3
Possibili proteste che tuttavia non rappresentano
una concreta minaccia per il sistema.
molto
basso
129
144° Algeria
190° Qatar,
Arabia Saudita,
Vanuatu
Sviluppo umano
% di seggi
Libertà di stampa
occupati da donne
nei Parlamenti nazionali
Fuga di cervelli
numero 46 marzo/aprile 2013
su 185 Paesi
(1° Singapore, 185° Rep. Centrafricana)
Maggiori difficoltà:
registrazione della proprietà,
pagamento delle tasse.
molto
alto
1,5
Distribuzione
della ricchezza
Tasso di
alfabetizzazione
(indice Gini)
56%
179° Eritrea
Disparità di genere
Facilità nel
concludere affari
(ogni 100.000 abitanti)
135° Yemen
187° Congo
97
massimo
rischio
Popolazione in carcere
82
130
DOSSIER
40,9
1° Seyshelles (19)
Ultimo Comore (64,3)
70
Competitività
globale
su 144 Paesi
(1° Svizzera, 144° Burundi )
Abbonamenti
a telefoni cellulari
113 (ogni 100 persone)
Saldo migratorio (netto)
Utenti di internet
-675.000
51 (ogni 100 persone)
87
Libertà
economica
su 179 Paesi
(1° Hong Kong, 179° Corea del Nord)
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Z Un senzatetto sul
muro che costeggia
la Casbah di Tangeri.
In Marocco la
popolazione vive con
meno di 2 dollari al
giorno e cresce la
disoccupazione.
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Il processo di democratizzazione reale va
incontro alle esigenze di una società in movimento. La nuova Costituzione viene approvata
a grande maggioranza (98,5%) dal referendum
del 1° luglio. L’affluenza al 72,6% è un successo per la Corona. Il risultato del voto, sorvegliato da 136 osservatori della società civile
marocchina, e del Consiglio dei diritti umani,
è apprezzato dall’Unione Europea. Mohammed VI ha colto nel segno, concedendo poco,
ma con una procedura democratica che lo
mette al riparo dalle contestazioni. La cosa
più importante è che il Re abbia deciso di
prendere l'iniziativa politica, per la prima
volta, sotto la spinta della piazza.
La nuova Costituzione introduce i principi
di “partecipazione, pluralismo e buon governo”, parla di “una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale”, di
“decentralizzazione e regionalizzazione”. Tuttavia, l’illusione di una “monarchia costituzionale”, chiesta dal movimento democratico,
sbiadisce esaminando le prerogative che la
nuova Carta attribuisce al re. L’autorità del sovrano rimane indiscussa e incondizionata.
Non c’è risposta alle istanze di uguaglianza
sociale del paese in forte crisi economica. C’è
il rischio che i nuovi principi rimangano lettera morta, come è già accaduto.
L’americano Paul Silverstein ha osservato
che sono molti i destinatari di questa operazione: il nuovo testo sembra una dichiarazione
di intenti ad uso della comunità internazionale. Le promesse di democrazia e buon governo servono ad assicurarsi i fondi degli organismi finanziari.
Il processo di maquillage è necessario per
rendere il Marocco nuovamente appetibile per
il turismo, principale entrata del paese. L’enfasi sulla sicurezza serve a tranquillizzare i
governi e gli investitori occidentali ed arabi.
Le elezioni parlamentari del 25 novembre
2011, solo 9 mesi dopo le prime manifestazioni
di protesta, premiano – come in altri Paesi
arabi – gli islamici moderati del Partito di Giustizia e Sviluppo. La vittoria del PJD non è accolta male dall’opinione pubblica marocchina:
che guarda con interesse al modello turco, importante per molti paesi musulmani. In effetti
il leader del Partito Benkirane, in campagna
elettorale, aveva ribadito di voler agire con
moderazione e tolleranza, e garantire le libertà
individuali: le donne saranno libere di non
indossare il velo, il turismo non subirà contraccolpi.
Dopo un anno di governo, gli islamici sono
lontani dal mantenere le promesse. Il PJD parlava di una crescita del 7% per il 2012, invece
è stata del 3%. E sono emersi i segni di una
deriva conservatrice e retrograda. La nomina
di un’unica donna nell’equipe ministeriale,
ovviamente velata; la proliferazione del discorso religioso nei media; la prima banca islamica; la repressione delle proteste; le ricorrenti
censure alla stampa; la pressione per l’uso del
velo in televisione; le ambiguità sulla violenza
alle donne. Il prezzo per aver integrato l’islam
politico nel gioco istituzionale potrebbe rivelarsi alto; pur ricordando che il pericolo islamico, come si usa definirlo, è motivato anche
dall'assenza di spazi di partecipazione e di libera espressione.
I marocchini potranno esprimersi senza
paura e partecipare alle decisioni che li riguardano? Potranno contare su autorità giudiziarie indipendenti? Il monarca illuminato
aprirà a un cambiamento reale? È difficile
prevedere se il Marocco riuscirà davvero a
diventare un punto di riferimento per gli altri
paesi dell’area; i presupposti ci sono. Sarebbe
auspicabile che l’Occidente assecondasse,
con un “patto euromediterraneo per la democrazia e il cosviluppo”, l’eccezione marocchina, riconoscendone l’innegabile singolarità
e gli sforzi sul cammino verso una democrazia vera.
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