Gli alpha 2 agonisti

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Gli alpha 2 agonisti
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International Congress of
the Italian Association of Companion
Animal Veterinarians
May 19 – 21 2006
Rimini, Italy
Next Congress :
62nd SCIVAC International Congress
&
25th Anniversary of the SCIVAC Foundation
May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers
90
53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee
Gli α2 agonisti: chi sono e cosa fanno?
Federico Corletto
Med Vet, CertVA, Dipl ECVA, MRCVS, Cambridge, UK
I medici veterinari sono senz’ombra di dubbio la figura professionale più informata e con la maggiore esperienza sull’uso
di farmaci α-2- agonisti. Originariamente pensati come farmaci anti-ipertensivi (clonidina), un effetto degli α-2 agonisti
immediatamente ovvio è stata la sedazione. Tale caratteristica è
stata sfruttata per ideare una nuova serie di composti ad uso
veterinario, il cui capostipite è la xylazina, con funzione principalmente sedativa ed analgesica. Sebbene l’esistenza di recettori adrenergici fosse nota dal 1948 ed i recettori α-2 a localizzazione presinaptica fossero stati descritti nel 1974, il legame tra
il meccanismo d’azione di questi farmaci ed i recettori α-2 agonisti è abbastanza recente e risale al 1981. Gli α-2- agonisti agiscono, come è ovvio dal nome, legandosi ai recettori adrenergici di tipo α-2 e stimolandoli, competendo con l’agonista endogeno. Nel caso di composti meno selettivi, è possibile anche la
stimolazione dei recettori α-1. L’effetto del farmaco, in questo
ultimo caso diviene dose-dipendente anche per quanto riguarda
la selettività della stimolazione, con dosi elevate del farmaco
che determinano effetti di stimolazione α-1 più marcati. La
selettività dei farmaci attualmente in commercio nei confronti
dei recettori α-2 è riassunta nella seguente tabella.
Farmaco
Xylazina
Clonidina
Detomidina
Selettività α-2/α-1
160
200
260
Romifidina
Medetomidina
Dexmedetomidina
340
1600
1620
L’elevata selettività aumenta l’affidabilità del farmaco nell’indurre gli effetti desiderati, tuttavia la notevole potenza così conseguita rende il farmaco poco maneggevole. Caratteristico degli
α-2 agonisti è, infatti, il raggiungimento più o meno rapido di un
effetto soglia, oltre la quale sia gli effetti desiderati che quelli collaterali non aumentano significativamente. L’aumento della dose
somministrata oltre questa soglia determina, invece, un allungamento della durata d’azione del farmaco. Tale Con farmaci molto potenti l’effetto massimo viene conseguito a dosi basse, cosicché può risultare non facile dosare il farmaco in modo fine. All’estremo opposto, nel caso di farmaci poco selettivi, l’effetto può
essere più dosabile, ma a basse dosi può essere molto diverso da
quello conseguibile somministrando dosi più elevate. La notevole diffusione dei recettori α-2 rende gli effetti di questi farmaci
meno selettivi di quanto si pensi, a prescindere dalla molecola
impiegata. In generale, l’attivazione dei recettori α-2 presinaptici determina una diminuzione della liberazione di noradrenalina
e quindi della trasmissione sinaptica nel sistema simpatica. Ne
conseguono alcuni effetti cardiocircolatori quali bradicardia, e
diminuzione dell’inotropismo, derivanti dal relativo aumento del
tono vagale. La generale diminuzione del tono simpatico e della
liberazione di catecolamine stabilizza il sistema cardiocircolatorio a spese di una modica depressione, dose dipendente. La presenza di recettori α-2 a livello vascolare è responsabile della
vasocostrizione cutanea e viscerale e della risposta ipertensiva
osservata immediatamente dopo la somministrazione di un bolo
endovenoso del farmaco. L’equilibrio tra gli effetti di diminuzione del tono simpatico vascolare e la stimolazione diretta della
muscolatura della parete arteriosa spiega come mai la somministrazione di dosi basse per via intramuscolare oppure l’infusione
lenta del farmaco per via endovenosa solitamente non determinano un picco ipertensivo. La sedazione è mediata dall’effetto su
recettori α-2 adrenergici presenti nel locus coeruleus, responsabile dell’attivazione corticale. Ovviamente, considerato l’effetto
agonista competitivo del farmaco, in caso di stimolazione eccessiva (non solo dolorifica!), l’effetto inibitorio sulla funzione del
locus coeruleus può essere prevaricato, nel qual caso la sedazione cesserà in modo improvviso ed inaspettato. Negli esseri umani la sedazione indotta dagli α-2 agonisti è qualitativamente
simile al sonno, anche in termini fisiologici, caratteristica positiva nel caso si desideri sedare un paziente in terapia intensiva,
oppure conseguire una sedazione facilmente reversibile per esaminare il paziente. La stessa caratteristica può essere sfruttata in
medicina veterinaria per consentire, per esempio, l’esecuzione di
un esame neurologico in un paziente sedato, oppure per consentirgli di alimentarsi, svolgere le proprie funzioni organiche o
effettuare fisioterapia. Questa caratteristica degli α-2 agonisti è
anche responsabile, tuttavia, delle spiacevoli “rotture di sedazione” tipicamente osservabili in pazienti sedati con questi farmaci.
Recettori α -2 adrenergici sono presenti anche nel midollo spinale, ove causano analgesia, nella muscolatura liscia dell’utero,
ove possono iniziare la contrazione uterina nell’utero gravido a
termine (per lo meno nel bovino) e nelle isole pancreatiche, ove
antagonizzano la liberazione di insulina e determinano iperglicemia. Recettori sono presenti anche nella muscolatura piloerettrice e scheletrica, nel tessuto adiposo e nel rene, ove hanno antagonizzano l’azione dell’ormone antidiuretico, promuovendo la
diuresi. È interessante notare che, a meno che non siano somministrate dosi particolarmente elevate, gli effetti ventilatori degli
α-2 agonisti sono pressoché trascurabili.
A livello cellulare, i recettori α-2 adrenergici sono accoppiati
a proteine G membranarie, la cui attivazione riduce i livelli di
cAMP intracellulare, inibendo l’attività dell’enzima adenilatociclasi. Questo peculiare meccanismo d’azione giustifica, inoltre,
il potente sinergismo d’azione con gli oppioidi, il cui recettore è
accoppiato a proteine G a condivide, almeno in parte, lo stesso
meccanismo effettore. Il sistema α-2 adrenergico è risultato
essere più ancora più complesso dopo la scoperta di almeno 3
sottotipi di recettori α-2 (A, B, C), la cui distribuzione e densità
è specie e tessuto-specifica. La clonazione dei recettori ha con-
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sentito, inoltre, di produrre animali nei quali una sottoclasse
recettoriale è stata eliminata in modo selettivo, sperando così di
riuscire a caratterizzare in modo definitivo il ruolo di ciascun
recettore, con l’obiettivo di sintetizzare farmaci estremamente
selettivi, per esempio, solo sedativi o solo anti-ipertensivi, piuttosto che sedativi ed analgesici, ma non stabilizzanti del sistema
simpatico. È stato dimostrato che il sottotipo 2B è responsabile
principalmente della vasocostrizione periferica, mentre il sottotipo 2A sembra essere coinvolto nella sedazione, ansiolisi e nella diminuzione del tono simpatico centrale, oltre che in una possibile neuroprotezione, ed il sottotipo 2C nell’analgesia a livello
spinale e nel sinergismo con gli oppioidi. Tale approccio, per
quanto teoricamente irreprensibile, non considera, tuttavia, il fatto che i sistemi biologici tendono ad essere caratterizzati da una
notevole ridondanza, pertanto il comportamento dell’organismo
dopo la rimozione di un recettore non consente di stabilire in
modo assoluto la funzione del recettore stesso. Per esempio, il
recettore 2C è implicato nell’analgesia spinale, ma per conseguire il massimo effetto analgesico è necessaria la presenza di un
recettore 2A funzionante. In pratica, dopo aver tentato di sviluppare, senza successo, peraltro, farmaci selettivi nei confronti di
esclusivamente un sottotipo recettoriale, ci si è resi conto che il
comportamento dell’organismo dopo la rimozione di un sottotipo recettoriale è estremamente simile a quello dell’organismo
intatto. Dal punto di vista farmacologico, inoltre, lo sviluppo di
farmaci selettivi nei confronti dei sottotipi recettoriali è tecnicamente impegnativo, considerate l’elevata omologia e la condivisione dei medesimi meccanismi effettori dei recettori. Prima di
sviluppare farmaci altamente selettivi, inoltre, dovrebbe essere
studiata attentamente la distribuzione del sottotipo recettoriale
nella specie bersaglio del farmaco, considerate le variabili risposte alla somministrazione di α-2 agonisti in specie diverse.
Nella pratica clinica gli α-2 agonisti sono tradizionalmente
usati come sedativi/analgesici da soli, o in combinazione con
oppioidi, per procedure minori, oppure prima dell’anestesia
generale. Le dosi impiegate per conseguire una adeguata sedazione e ridurre il rischio di risvegli improvvisi, determinano
significativi effetti collaterali cardiocircolatori, quali bradicardia,
anomalie della conduzione, significativa vasocostrizione periferica (talvolta accompagnata da cianosi), drammatica riduzione
della portata cardiaca e della perfusione tessutale. Incredibilmente, gli incidenti durante l’anestesia legati all’uso anche di elevatissime dosi di questi farmaci sono molto bassi, con l’unica
eccezione della xylazina, anche se, in realtà, lo studio che ha
legato un maggior rischio di mortalità perianestetica all’uso della xylazina è datato e le dosi impiegate elevate. Tradizionalmente, pertanto, gli α -2 agonisti sono somministrati solo in pazienti
sani (condizione fisica ASA I e II) evitando, se possibile, la somministrazione in pazienti anziani, debilitati o con patologie cardiocircolatorie. Simili precauzioni sono state suggerite in pazienti diabetici, a causa dell’effetto iperglicemizzante, che tuttavia è
dose dipendente. Infine, l’enorme successo degli α-2 agonisti, in
particolare della medetomidina, è probabilmente in parte dovuto
alla disponibilità di un antagonista specifico e con emivita più
lunga, l’atipamezolo. Per quanto riguarda il metabolismo degli
α-2 agonisti, i composti presenti sul mercato hanno durata d’effetto dose dipendente, che varia da circa 10-20 minuti ad un paio
di ore. È fondamentale, tuttavia, notare come gli α-2 agonisti, a
causa delle alterazioni emodinamiche che inducono, siano in
grado di alterare il loro metabolismo, soprattutto dopo la som-
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ministrazione di dosi elevate che riducono la portata cardiaca ed
il volume di distribuzione. La dexmedetomidina, di futura commercializzazione presenta il vantaggio di essere metabolizzata in
maniera più prevedibile rispetto all’attuale medetomidina, che è
una miscela racemica. Rivedendo la letteratura pubblicata, che
riguarda maggiormente la medetomidina, si può costatare come
l’uso di α-2 agonisti in premeditazione riduca la MAC degli anestetici inalatori e, rispetto alla somministrazione di acepromazina, diminuisca l’entità dell’ipotermia perioperatoria. La somministrazione di atropina, prima dell’α−2 agonista o per trattare la
bradicardia da esso indotta, può causare significative alterazioni
emodinamiche, ipertensione, aumento del consumo di ossigeno
miocardico, aritmie cardiache e, peraltro, non sembra essere sufficiente ad antagonizzare efficacemente la bradicardia per tutta la
durata della sedazione. Tale procedura è, pertanto, controindicata. In alcuni casi dosi elevate di medetomidina hanno determinato, in presenza di patologie cardiovascolari, edema polmonare (in
due cani con insufficienza atriventricolare sinistra) e rottura dell’aorta (in un cane con aneurisma aortico). In gatti con miocardiopatia ipertrofica, la somministrazione di medetomidina ha
determinato, paradossalmente, l’eliminazione dell’ostruzione del
tratto aortico. Tali reports devono essere interpretati in modo
attento, prima di giungere a conclusioni affrettate: in tutti i casi le
dosi di α-2 agonista somministrate erano particolarmente elevate, pertanto lo stesso meccanismo di azione che ha determinato
significativa ipertensione sistemica e riduzione della contrattilità
miocardia è responsabile dell’aumento della pressione nel piccolo circolo (a causa dell’incompetenza valvolare), della rottura
dell’aorta (a causa dell’ipertensione sistemica) e della “migliore”
performance miocardia nei gatti con HCM (a causa della minore contrattilità del setto). È stato, inoltre, dimostrato che gli effetti emodinamici della medetomidina raggiungono un plateau
sopra circa 5 µg Kg-1. Simili dati mancano per le altre molecole,
ma possono essere estrapolati in base alla dose equipotente, che
è nota. Allo stesso modo esistono studi che riportano effetti degli
α-2 agonisti sulla MAC degli anestetici alogenati variabili dal
17% al 90%, secondo l’anestetico e la dose considerata. È plausibile sostenere che, somministrando dosi di α-2 agonisti che
causano minimi effetti cardiocircolatori, sia prevedibile riscontrare una diminuzione della MAC degli anestetici alogenati di
circa il 20%, come dimostrato da un recente studio sull’infusione di dexmedetomidina nel cane. La letteratura disponibile dimostra chiaramente come l’uso di farmaci con un eccezionale indice terapeutico (le dosi somministrate comunemente sono fino a
30-40 volte le dosi minime efficaci!), possa determinare incidenti anestesiologici in alcuni tipi di paziente. Una dettagliata conoscenza del meccanismo d’azione di questi farmaci avrebbe prevenuto la somministrazione di dosi elevate in pazienti con aneurisma aortico od insufficienza valvolare.
In medicina veterinaria stanno cominciando a comparire una
notevole quantità di studi sull’uso degli α-2 agonisti in infusione continua nella sedazione perioperatoria. La stabilità emodinamica e la sedazione reversibile conseguite sono di ottima qualità, tuttavia rimane un notevole dubbio sul livello di analgesia
ottenibile se non vengono utilizzati anche oppioidi.
Indirizzo per la corrispondenza:
Federico Corletto, Research Fellow
Division of Anaesthesia, University of Cambridge
Box 93 Addenbrooke’s Hospital, Hills Road CB2 2QQ Cambridge