III - Pegaso

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III - Pegaso
INSEGNAMENTO DI
DOCIMOLOGIA
LEZIONE III
“FUNZIONI ESSENZIALI DELLA VALUTAZIONE ”
PROF. VINCENZO BONAZZA
1
Indice
1
La valutazione nella scuola del 2000 --------------------------------------------------------------------------- 3
2
Valutazione diagnostico-iniziale--------------------------------------------------------------------------------- 4
4
Valutazione formativa --------------------------------------------------------------------------------------------- 6
4.1.
5
Recupero dell’apprendimento-------------------------------------------------------------------------------- 8
Valutazione sommativa ------------------------------------------------------------------------------------------ 12
Bibliografia essenziale -------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
2
1 La valutazione nella scuola del 2000
La scolarizzazione di massa, come abbiamo visto, ha richiesto al fare scuola di cambiare rotta; le
condizioni di intervento non potevano - e non possono - essere più quelle proprie di una scuola alla quale
accedeva solo una parte della popolazione. Essendo caduti i “fattori di semplificazione” del fare scuola, è
iniziato un lavoro di cambiamento della cultura didattica che si trova ancora oggi - i cambiamenti nella
scuola, dimostrano di essere strutturalmente lenti – in corso d’opera; si tratta di costruire una cultura
didattica di tipo sperimentale in grado di sostituire, a poco a poco, le certezze del passato con soluzioni
nuove, pertinenti con il contesto scolastico recente. Nel nostro caso specifico, prenderemo in analisi il ruolo
che la valutazione oggi ha/dovrebbe avere nella scuola del Duemila. È urgente superare quella concezione
desueta della valutazione, che da troppo tempo, alberga tra le pareti scolastiche: una valutazione intesa cioè
come giudizio/sentenza sugli allievi; in altre parole, un atto finale, accertativo, che si limita a registrare
l’adattamento o meno degli alunni alla proposta formativa. La valutazione deve essere invece “continua”,
parte integrante del processo di insegnamento/apprendimento. All’inizio, durante ed al termine di
dell’itinerario formativo, occorre collocare momenti di valutazione/monitoraggio miranti a fornire flussi
informativi concernenti il procedere dell’apprendimento. Lo scopo di ciò è duplice: conoscere i livelli dei
singoli e, “aggiustare il tiro”, se necessario, dell’itinerario proposto.
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2 Valutazione diagnostico-iniziale
All’inizio dell’itinerario di insegnamento/apprendimento è fondamentale un momento valutativo
per ottenere informazioni utili ad impostare efficacemente tale itinerario. Si tratta di elaborare un quadro, il
più possibile preciso, delle condizioni iniziali degli allievi, non classificatorio, bensì descrittivo. D’altra
parte, nessun docente, oggi, può pensare di avere una pre-conoscenza degli allievi con i quali dovrà
lavorare. La valutazione diagnostico-iniziale permette, quindi, di rilevare quelle competenze ritenute
basilari rispetto al contenuto da veicolare e, laddove se ne avverta la necessità, proporre specifiche attività
di recupero per compensare eventuali disparità presenti nel background d’ingresso dei singoli (un discorso
analogo lo si dovrà fare anche per le attività di consolidamento laddove vi siano bambini/ragazzi già in
possesso delle abilità richieste - vedi “attività GAS” nel prosieguo di questo scritto -).
Per competenze ritenute basilari intendiamo i prerequisiti: ossia quelle conoscenze e/o abilità
propedeutiche agli obiettivi cognitivi specifici previsti. In altre parole il prerequisito permette all’allievo di
acquisire senza difficoltà il segmento di apprendimento richiesto.
I prerequisiti dovranno essere suddivisi in essenziali e di supporto. I primi sono necessari per il
conseguimento effettivo dell’obiettivo prestabilito, i secondi, invece, possono essere di “aiuto” al
conseguimento dello stesso (la motivazione ad apprendere l’inglese potrebbe essere facilitata da un
precedente viaggio in Inghilterra ecc.).
La determinazione dei prerequisiti essenziali può avvenire mediante una procedura che è stata
definita analisi del compito. Il docente dovrà domandarsi:
Quali sono le conoscenze che il soggetto educativo deve già possedere per essere nelle condizioni
di conseguire l’obiettivo previsto?
L’analisi del compito consiste in una scomposizione, a ritroso, dell’obiettivo in capacità ed elementi
sempre più semplici; si tratta, quindi, di individuare i segmenti apprenditivi ad esso sottesi. In questo modo
si otterrà una sorta di mappa di tutto ciò che deve essere conosciuto al fine di potersi avviare alla
comprensione di un preciso obiettivo.
ESEMPIO *:
Se l’insegnante ha stabilito che obiettivo del suo programma dovrà essere quello di risolvere problemi
geometrici mediante l’applicazione del teorema di Pitagora, ossia che i suoi alunni dovranno conoscere questo
teorema e saperlo applicare, egli dovrà analizzare tale compito particolare e stabilire quali abilità di grado inferiore
esso presuppone. Le abilità fondamentali che rendono possibile la comprensione e l’applicazione di questo teorema
sono le seguenti:
a)
Conoscere le proprietà essenziali dei triangoli e quindi saper riconoscere un triangolo rettangolo;
3
Saper scomporre una figura geometrica complessa in figure geometriche più elementari;
4
3.
Saper calcolare l'area di un quadrato;
4.
Risolvere una radice quadrata.
Affinché un alunno possa apprendere il teorema di Pitagora è quindi necessario che egli abbia già conseguito
questi apprendimenti preliminari, che costituiscono i pre-requisiti per la sua comprensione. L’ insegnante, prima di
procedere alla spiegazione del teorema in questione, dovrà quindi verificare che tutti gli alunni possiedano tali prerequisiti.
* (tratto da E. Lastrucci, Progettare, programmare e valutare l'attività formativa, Roma, Anicia, 2006, sec. ed., p. 9596).
Stabiliti i prerequisiti da rilevare - utilizzando l’analisi del compito - si può procedere, ad
esempio, mediante una prova oggettiva di profitto (è il modo forse più rigoroso anche se non
l’unico presente in letteratura) a rilevarne la presenza o meno negli allievi.
Liste dei descrittori dell’apprendimento. I risultati della prova d’ingresso (o comunque di
uno strumento affidabile di valutazione), al fine di essere “letti” con efficacia, dovranno essere
riportati in una griglia (o lista dei descrittori). L’utilità di queste griglie è la seguente: distinguere,
mediante raggruppamenti, gli allievi che necessitano di qualche forma di recupero o di qualche
forma di rinforzo/consolidamento.
Certo, occorre precisare che la valutazione diagnostico-iniziale non si esaurisce nella
rilevazione dei prerequisiti, pur essendo essa di fondamentale importanza. Un team di lavoro, a
poco
poco, anche in ragione di progetti legati all’autoanalisi d’istituto, potrebbe arrivare a
elaborare profili d’ingresso molto più complessi e - ci riferiamo agli aspetti psico-fisici,
motivazionali, relazionali ecc. - che, sicuramente, potranno contribuire alla definizione di una
quadro iniziale più esaustivo dell’allievo.
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4 Valutazione formativa
In letteratura si è parlato inizialmente di “valutazione formativa” in un volume di Michael
Scriven (The methodology of Evaluation, in R. Staker a cura di, Perspectives of Curriculum
Evaluation, Area Chicago, Rand McNally, 1967), divenuto oramai un classico tra gli studi
docimologici, anche se qui al termine non si attribuisce ancora l’accezione con cui lo
contestualizziamo oggi. Il concetto, invece, centrato sull’apprendimento, è stato elaborato
successivamente da Benjamin Samuel Bloom (J. H. Block, a cura di, Mastery learning.
Procedimenti scientifici di istruzione individualizzata, trad. it. di P. Nanni, Torino Loescher, 1976)
e dai suoi collaboratori nell’ambito del mastery learning.
Lo scopo della valutazione formativa è duplice:
1) localizzare con “precisione” le difficoltà apprenditive dei singoli al fine di mettere in
atto i necessari interventi compensativi o rafforzare l’apprendimento nel caso in cui i
risultati siano soddisfacenti;
2) offrire informazioni all’insegnante utili per decidere come aggiustare/correggere la
proposta didattica.
Questa funzione intermedia della valutazione mira a raccogliere flussi costanti di
informazioni da far rifluire sulla proposta formativa. L’esperienza didattica insegna che, in
particolare durante i primi momenti dell’itinerario di istruzione, è molto importante mettere in atto
molteplici momenti di valutazione formativa. È meglio “correggere il tiro” dell’itinerario didattico
nelle fasi iniziali, evitando quindi lo stratificarsi delle lacune, piuttosto che ridursi ad agire in questo
senso solo nel momento terminale o comunque in momenti già avanzati del percorso.
Va ricordato che le prove da utilizzare, durante la fase nella quale si mette in atto la funzione
formativa della valutazione, non richiedono l’assegnazione di punteggi se non ad “uso e consumo”
del docente. Gli studenti se fanno errori non devono essere penalizzati. La valutazione formativa è
parte del processo di apprendimento e non deve essere confusa con l’assegnazione delle
classificazioni finali.
Si presti attenzione, al riguardo alla lettura dei punteggi, perché questi ultimi non danno
ragione di ciò che, analiticamente, un allievo ha appreso.
ESEMPIO N. 2:
Se abbiamo due prove oggettive a risposta multipla, composte da 30 item, il cui p. max t. (punteggio massimo
teorico) è 30; ad ogni risposta corretta diamo un punto, mentre nessun punto alle risposte sbagliate o omesse. Anche se
le prove in questione hanno ottenuto entrambe un punteggio uguale a 22, non possiamo dire che i due allievi
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possiedano le stesse competenze cognitive. Un allievo può aver risposto correttamente alle prime 22, mentre l’altro alle
ultime 22; ne consegue che gli obiettivi conseguiti dai due allievi sono diversi.
Per superare questa impasse, è necessario stabilire il criterio di padronanza. Esso è utile per
decidere quando un obiettivo è stato raggiunto; indica, difatti, lo standard al di sotto del quale la
performance non è soddisfacente (standard prestazionale). Come si stabilisce? Nel caso della
valutazione formativa è bene che il criterio di padronanza sia fissato per ogni singolo obiettivo. Se
per conseguire un determinato obiettivo l’allievo dovrà rispondere a 5 item (ad esso riferiti), fissare
il criterio di padronanza vorrà che l’obiettivo in oggetto potrà considerarsi raggiunto, supponiamo,
rispondendo correttamente ad almeno 3 dei 5 designati. Nel caso invece della valutazione
sommativa, vogliamo precisarlo, essendo per sua natura meno analitica, sarà sufficiente rispondere
ad un numero minimo di item per raggiungere la padronanza. Ricordiamo che la determinazione di
questo criterio è importante per individuare con precisione le procedure di recupero
individualizzato, sensibile, cioè, alle caratteristiche apprenditive di ogni singolo allievo.
Durante la valutazione formativa, l’errore non viene penalizzato poiché le relative prove
sono di tipo diagnostico. Il fatto stesso che la valutazione formativa sia parte integrante del processo
d’insegnamento/apprendimento denota che l’errore non deve essere visto come manifestazione
patologica, bensì come un momento “normale” dell’apprendimento degli allievi. Somministrando le
prove tradizionali succede, non di rado, anche in ragione della loro struttura, che i discenti prendano
atto del risultato senza tuttavia avere informazioni sufficienti sulla natura dei loro errori. In ambito
di valutazione formativa, l’aspetto della presa di coscienza della tipologia dell’errore commesso è di
fondamentale importanza.
Per quanto riguarda gli strumenti valutativi, è preferibile utilizzare, innanzitutto, prove a
stimolo chiuso e risposta chiusa, in modo particolare in sede di valutazione formativa; le prove a
stimolo chiuso e risposta aperta possono però risultare utili, talvolta, in sede di valutazione
sommativa o laddove gli obiettivi richiedano l’esplicitazione di capacità linguistiche di vario tipo.
Precisiamo che, senza eccessive rigidità, le prime risultano, generalmente, più efficaci se associate
ad obiettivi riguardanti condotte cognitive elementari ed intermedie mentre, per quanto riguarda le
condotte “superiori”, di tipo divergente, sono molto adatte le prove a stimolo chiuso e risposta
aperta.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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4.1.
Lezione III
Recupero dell’apprendimento
Nella quotidianità scolastica il recupero si limita ad assumere la forma di ripetizione dei
contenuti d’apprendimento. Se una lezione (o un ciclo) non è sufficiente si ripete. Questa logica, è
evidente, pone in modo unilaterale, l’accento sulla quantità: se una lezione non è stata efficace ai
fini apprenditivi - si pensa - se ne fa un’altra... Non viene, se non in pochi casi, messa in discussione
la validità della proposta formativa e si attribuisce principalmente all’allievo la responsabilità
dell’insuccesso scolastico. La ricerca didattica ha evidenziato la desuetudine di questo
ragionamento indicando soluzioni alternative. Proprio il binomio valutazione formativa –
recupero/potenziamento, consente il riadattamento delle caratteristiche della proposta didattica,
rendendola maggiormente compatibile con le esigenze degli allievi. Affinché il recupero sia
efficace dovrà possedere le caratteristiche seguenti:
tempestività, analiticità, sistematicità.
Tempestività. Il recuperò dovrà scattare non molto tempo dopo che il deficit apprenditivo si
è manifestato. In caso contrario, si corre il rischio di non riuscire a sanare le lacune dell’allievo. Dal
momento in cui l’apprendimento scolastico, in genere, ha carattere sequenziale, non riuscire, da
parte dell’allievo, a raggiungere un livello conoscitivo preciso, significa compromettere i livelli di
apprendimento successivi.
Analiticità. Azioni compensative dovranno riguardare con precisione i segmenti apprenditivi
non conseguiti. Si presti attenzione a non mettere in atto forme di recupero riguardanti porzioni di
apprendimento troppo ampie.
Sistematicità. Al recupero non si deve attribuire il ruolo di parte aggiuntiva, opzionale
dell’attività didattica bensì di parte integrante. Non può essere, pertanto, concepito come una pratica
discontinua (o sporadica), bensì dovrà occupare un posto preciso dentro l’itinerario formativo e
diventare, di conseguenza, sistematico.
Occorre mettere in rilievo che una condizione in grado di agevolare l’efficacia del recupero
è la consapevolezza dello studente circa la sua importanza ai fini apprenditivi. È bene che lo
studente conosca a priori l’importanza del recupero e le sue caratteristiche. È accaduto sovente nella
scuola che il recupero sia stato inteso come un momento utile esclusivamente a coloro che
presentavano parecchie difficoltà, considerati dalla classe i “meno dotati”. Partecipare a percorsi di
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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recupero, quindi, significava essere in qualche modo “etichettati”. All’interno, invece, di una
cultura didattica rinnovata il recupero assume un ruolo completamente diverso; esso rappresenta
una fase “normale” del processo apprenditivo non riservata esclusivamente agli alunni ritenuti
scarsamente dotati. Tutti possono essere i destinatari del recupero. La decisione circa questo
intervento è meramente contingente agli esiti della valutazione diagnostico-iniziale e formativa. Da
ciò emerge con chiarezza, che il recupero è uno degli aspetti principali del fare scuola e non
“marchia” nessuno dal momento in cui ogni discente può essere, per svariate ragioni, soggetto a
momenti di compensazione di tipo individualizzato, al fine di arrivare anch’egli, come il resto della
classe, al conseguimento di esiti finali elevati.
I correttivi didattici. Non dovrebbero semplicemente integrare l’istruzione collettiva, bensì
costituire un’alternativa ad essa. I docenti dovrebbero, inoltre, coinvolgere gli studenti
nell’apprendimento, usando però tecniche di coinvolgimento non analoghe a quelle del piano di
istruzione collettiva.
Ci soffermeremo su alcune piste “classiche” da intraprendere nel momento in cui si
intenderà costruire interventi concreti di recupero all’interno della classe. Il valore del recupero
consiste nel riformulare la proposta didattica iniziale supportati dalla convinzione che, mutando le
modalità di traslocazione delle conoscenze, aumenteranno, di riflesso, le possibilità di
comprensione per tutti gli studenti (o per la maggior parte). Ovviamente, laddove è necessario, è
importante verificare l’efficacia del recupero con prove analoghe a quelle somministrate in
precedenza.
Doppio feed-back. Nel momento della correzione collettiva della prova di valutazione affinché il recupero
risulti efficace si deve procedere oltre il semplice “giusto” o “sbagliato” di tipo skinneriano; è troppo sbrigativo e ben
poco efficace comunicare agli allievi l’elenco delle risposte corrette (nel caso di un test a risposta multipla dire
solamente: le risposte corrette sono a - c - a - a - a - b - c... e così via). Elaborare feed-back correttivi individualizzati
vuol dire spiegare all’allievo il tipo di errore che è stato commesso fornendogli, a sua volta, un ulteriore feed-back; in
letteratura questo è definito “feed-back completo”. Quest’ultimo, va ben oltre il feed-back semplice, che si riduce ad un
semplice “rinforzo informazionale” fornendo una spiegazione il più possibile esauriente del grado di esattezza e del
tipo di errore della risposta scelta. L’alunno deve rendersi conto del perché le sue risposte sono considerate corrette o
meno. Il tutoring da parte degli allievi può essere una delle sedi adatte a mettere in pratica questa forma di recupero.
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Gruppi eterogenei. Si tratta in questo caso di costituire dei piccoli gruppi non omogenei nelle abilità cognitive
possedute. Ogni alunno, a turno, svolge la funzione di tutor rispetto alle abilità che ha dimostrato di possedere; ad
esempio: l’allievo che nella prova formativa di matematica ha risposto correttamente ad una serie di item, a differenza
degli altri appartenenti al gruppo, motiverà le ragioni delle sue risposte a coloro che non sono sulla giusta pista
cognitiva. All’interno dei piccoli gruppi, pertanto, ad ogni studente è offerta la possibilità di insegnare ai propri
coetanei e questa prassi ha dimostrato più volte la sua efficacia.
Ripetere l’insegnamento. La nuova lezione potrà essere rivolta o ad un gruppo o alla classe intera. È
importante, in questo caso, che la lezione assuma una forma diversa rispetto a quella precedente. Il docente può
ripetere l’insegnamento, ad esempio, facendosi affiancare da qualche studente che in quel caso ha dimostrato di
apprendere correttamente (evitando, tuttavia, che questa funzione sia svolta dai “soliti” allievi).
Testi/materiali alternativi. Rinviare gli allievi allo studio di materiali alternativi potrebbe essere un modo per
dar vita al recupero. Ovviamente il materiale dovrà essere centrato, nello specifico, sulle lacune che gli studenti hanno
dimostrato.
Schede. È importante sottolineare che, mediante l’uso delle schede, gli studenti possono lavorare in base ai
loro ritmi.
La singola scheda riguarda un contenuto preciso al cui seguito vi sono domande e/o esercizi ad esso collegati.
La scheda può essere strutturata in questo modo:
a) autocorrettiva: sul retro della scheda, o in una scheda a parte, vi sono le chiavi di correzione. Molte schede
possono, pertanto, essere preparate a priori al fine di andare incontro a questa particolare esigenza. L’insegnante,
grazie alla sua expertise professionale, conosce gli errori più comuni che, rispetto ad un preciso segmento
apprenditivo, gli allievi compiono con più frequenza
b) Non autocorrettiva: in questo caso è richiesto l’intervento del docente. Ovviamente è necessario avere a
disposizione uno schedario di tipo informatico, da creare in medias res.
Tre sono le tipologie delle schede da utilizzare:
schede di recupero mirato: utili per aiutare lo studente a superare i deficit apprenditivi specifici.
Schede di esercizio: utili per rafforzare ciò che è stato appreso.
Schede di sviluppo: miranti all’approfondimento della materia; vogliono essere uno stimolo alla ricerca
personale, offrire un itinerario che ha lo scopo di guidare lo studente ad andare “oltre” gli apprendimenti proposti.
Risulta importante sottolineare che la tipologia delle schede ai punti 2 e 3 è stata pensata per assolvere un
compito ben preciso: offrire la possibilità agli studenti più rapidi e che non necessitano di un percorso di recupero di
consolidare e/o approfondire gli apprendimenti realizzati.
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Attività “Gas”. Ci riferiamo alle attività “Gas” (giochi-aneddoti-storia della disciplina). I bambini che
conseguono la padronanza possono consolidare il loro apprendimento o approfondirlo mediante queste attività. Gli
allievi che hanno conseguito gli obiettivi hanno l’occasione di consolidare i loro apprendimenti. Non dimentichiamo
che molte ricerche hanno dimostrato quanto poco rimanga nei ragazzi di tutto ciò che hanno appreso negli ani di
scuola.
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5 Valutazione sommativa
Deve essere realizzata o al termine di una unità didattica o una volta esaurita la sequenza
delle unità didattiche previste. La valutazione formativa si utilizza per capire come si sta
modificando la mappa cognitiva degli allievi in rapporto ai singoli obiettivi didattici da conseguire;
mentre la valutazione sommativa serve per fornire informazioni su come si è, in effetti, modificata
la mappa cognitiva in relazione all’insieme degli obiettivi. In altre parole, essa si occupa della
sintesi finale dei molteplici apprendimenti promossi. Nella prassi scolastica momenti di valutazione
sommativa sono previsti istituzionalmente (valutazioni quadrimestrali, prove d’esame ecc.). Risulta
tuttavia improprio ritenere che le scadenze previste dal calendario scolastico esauriscano il bisogno
di disporre di valutazioni sommative. La valutazione sommativa si pone come bilancio consuntivo
inerente l’intero percorso (o una parte “significativa” di esso), capace di offrire indicazioni intorno
alla strategia messa in atto; gli interventi atti a migliorare quest’ultima, pertanto, potranno ricadere
sulla prassi didattica rivolta a tutti coloro che frequenteranno un corso omologo.
Box di approfondimento (1)
Valutazione analogica
La valutazione formativa è stata l’unico strumento concettuale in grado di attuare, sostenere e dirigere strategie
di insegnamento/apprendimento di tipo individualizzato; capaci cioè di salvaguardare la dimensione collettiva del
processo formativo e al tempo stesso rispettose delle caratteristiche che differenziano ciascun allievo. Tuttavia, le
strategie di individualizzazione fondate sulla valutazione formativa in chiave compensativa presentano un limite che
riguarda il tipo di rapporto tra il momento valutativo e quello compensativo: quest’ultimo infatti, in quanto attivato dalla
valutazione formativa, non può che avvenire dopo la registrazione dell'insuccesso. Già questo fatto, ritenuto pressoché
inevitabile e in genere accettato anche nella prassi scolastica, induce alla riflessione sul problema concernente la
possibilità di ottimizzare la didattica. In altre parole, la strategia di individualizzazione, fondata sulla valutazione
formativa in chiave di compensazione, si dimostra efficace soltanto nei casi in cui le caratteristiche degli allievi non
siano eccessivamente differenziate. Diviene, al contrario, problematica quando le differenze che danno luogo alle
difficoltà di apprendimento, appaiono talmente ampie da indurre a supporre che possano estendersi all’intero percorso
formativo. Se un certo numero di proposte compensative possono costituire altrettanti elementi di retroazione didattica,
questi ultimi diventano non sono solo utili ma necessari allo sviluppo di un piano di apprendimento; tuttavia appare
assai poco probabile, oltre che didatticamente poco sensato .• che essi costituiscano la parte preponderante,
sostituendosi di fatto allo stesso piano. Né avrebbe maggior senso moltiplicare gli interventi didattici o ridurre gli indici
di difficoltà delle prove valutative: in tutti i casi si avrebbe una dilatazione del percorso con effetti negativi sulla
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disposizione affettiva degli allievi nei confronti dello stesso compito di apprendimento. Superare questi limiti comporta
dunque la necessità di pensare a strategie di individualizzazione non unicamente in termini di retroazioni, fondate
sull'uso di prove formative, bensì come proposte elaborate in modo specifico per soddisfare le necessità di ciascun
allievo in tutti i momenti dell'intero percorso di apprendimento. Nel concreto, si tratta di individuare non solo una nuova
funzione della valutazione, ma anche uno strumento capace di offrire informazioni attendibili sulle difficoltà che
ciascun allievo presumibilmente incontrerà nei diversi segmenti del percorso di istruzione, ancor prima che tale
percorso abbia inizio. È attraverso questo strumento che la valutazione sarà in grado di rispondere alle esigenze degli
allievi con caratteristiche personali, competenze e motivazioni fortemente differenziate. In effetti, le informazioni
necessarie per progettare interventi individualizzati non possono limitarsi ai prerequisiti cosiddetti cognitivi. È evidente
che la dispersione delle caratteristiche degli allievi non riguarda soltanto questi, bensì ambiti più vasti in cui trovano
posto le esperienze di studio e culturali precedenti, le abitudini e gli atteggiamenti acquisiti: in breve, tutte quelle
condizioni che concorrono a definire le caratteristiche affettive e, più in generale, il curricolo implicito di ciascun
allievo. Un tale strumento consente di lavorare didatticamente anche in questa direzione. Esso stato messo a punto in
diversi esperimenti Diva (Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica), condotti dal Laboratorio di Pedagogia
Sperimentale dell'Università di Roma Tre, nei primi anni Novanta. li cuore di questi esperimenti è costituito da una
prova che, per le sue caratteristiche, è stata definita" analogica". Si tratta di una serie di quesiti formulati in modo da
proporre operazioni che possano essere associate, sfruttando le proprietà dell' analogia, a quelle che saranno sollecitate
nel percorso di apprendimento. Una prova analogica, dunque, per una valutazione analogica.
Nessun tipo di valutazione (compresa quella formativa) ha mai potuto anticipare elementi di conoscenza
relativi ai risultati conseguiti dagli allievi in relazione ad un determinato segmento della proposta di istruzione; è come
dire che l'insuccesso deve comunque essere compreso prima della valutazione affinché si possano attivare i necessari
interventi compensativi. La valutazione analogica consente di progettare un intervento capace di operare il recupero
prima ancora che l’insuccesso si verifichi, grazie alla possibilità di effettuare stime capaci di fornire previsioni sui
risultati che potranno essere conseguiti rispetto agli obiettivi proposti.
È necessario, al riguardo, come anticipato, cogliere il significato e la funzione dei prerequisiti della nuova prospettiva della valutazione analogica. Si tratta di non confondere l'apporto che le prove analogiche possono fornire con le
informazioni raccolte attraverso le prove per 1'accertamento dei prerequisiti. Mentre, infatti, nel secondo caso,
l’informazione raccolta riguarda i processi di insegnamento/apprendimento già intervenuti e pertanto non può che
derivare da procedure di tipo analettico, è solo nel primo caso che essa ha valore prolettico: è cioè in grado di anticipare
elementi relativi ad una esperienza non ancora in atto.
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Bibliografia essenziale
M. Baldacci, L’individualizzazione. Basi psicopedagogiche e didattiche, Bologna, Pitagora, 1999.
V. Bonazza, Individualizzare l’istruzione. Una scuola a misura di allievo, Roma, Anicia, 2006.
E. Lastrucci, Valutazione diagnostica. Metodi e strumenti per costruire il profilo in ingresso
dell’alunno, Roma Anicia, 2004.
E. Lastrucci, Progettare, programmare e valutare l’attività formativa, Roma, Anicia, 2006 (nuova
ed.).
Quagliata a cura di, Per una valutazione formativa e proattiva, Roma, Anicia, 1998.
Vertecchi, Valutazione formativa, Torino, Loescher, 1978.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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