Pag. 4 – Fiocco rosa, fiocco azzurro … o fiocco “blues”?

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Pag. 4 – Fiocco rosa, fiocco azzurro … o fiocco “blues”?
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S
in alute
Fiocco rosa,
fiocco azzurro
o fiocco... “blues”?
La nascita di un figlio è senza dubbio un momento di gioia e di autorealizzazione per la donna, ma al
giorno d’oggi determina anche un forte sovraccarico per le madri, che spesso hanno già molti altri impegni e
preoccupazioni. Nello stesso tempo, la connotazione attuale della maternità tende ad essere perfezionistica: è
quindi facile che una madre, specie se ancora inesperta, si senta timorosa e inadeguata.
Tutto ciò favorisce nella puerpera la comparsa di un disturbo depressivo dell’umore che può assumere i
caratteri di una vera patologia e non va quindi ignorato o sottovalutato.
DEPRESSIONE POST-PARTUM
I
disturbi dell’umore nel periodo immediatamente successivo al parto sono molto comuni
e molto noti: per l’ansia e la
tristezza delle puerpere le nostre nonne avevano coniato la definizione “pianto da latte”. Oggi questo stato d’animo, che secondo alcune ricerche interessa addirittura
l’80% delle neo-mamme, viene definito “baby blues”. Si tratta di labilità emotiva, facilità alle lacrime,
ansia, apatia, difficoltà di concentrazione, mancanza di forze; a volte
la donna manifesta anche un certo
grado di ostilità nei confronti del
partner. Il tutto, però, si risolve
spontaneamente nel giro di una o
due settimane e ciò depone a favore
dell’ipotesi che le cause vadano ricercate in un temporaneo squilibrio
ormonale: in particolare sembrerebbe significativo il forte aumento di
prolattina, cortisolo, estrogeni e
progesterone negli ultimi giorni di
gravidanza e la loro brusca caduta
subito dopo il parto. Ben diverso è
invece il caso della depressione post-partum, un vero e proprio disturbo psichico che colpisce il 15-25%
delle puerpere e richiede interventi
specifici.
I primi sintomi si manifestano generalmente 1-2 mesi dopo il parto e
tendono ad aumentare rapidamente
di intensità. La donna si sente stanchissima, irritabile, confusa; presenta disturbi del sonno e dell’appetito, attacchi d’ansia o di vero e
proprio panico, somatizzazioni (cefalea, vertigini, vampate, palpitazione, caduta dei capelli); lamenta perdita di memoria; è ossessionata da
pensieri di morte o malattia; prova
sensi di colpa immotivati; rifugge
dal contatto sociale.
Spiccano poi, in questo quadro tipicamente depressivo, vissuti anomali nei riguardi del bambino: sensazione penosa di “non farcela” ad
occuparsene adeguatamente, paura
per la sua incolumità, timore di potergli fare del male (che può indurre anche al rifiuto di toccarlo e di
prenderlo in braccio), impressione
di non provare amore per lui e sensazione di distacco emotivo nei
suoi confronti. Tutto questo anche
se la maternità è stata fortemente
UN TEST PREVEDE IL RISCHIO
DI DEPRESSIONE
Un’équipe di studiosi statunitensi
ha messo a punto l’EPDS (Edinburgh Postnatal Depression Scale), uno strumento diagnostico per
individuare le donne che hanno
maggiori probabilità di andare incontro ad una depressione postpartum. Si tratta di un questionario composto da dieci domande a
cui la donna deve rispondere; su
questa base gli esperti formulano
poi un giudizio di maggiore o minore vulnerabilità rispetto al disturbo. Il test è stato sperimentato
su un campione numeroso di
puerpere, 171 delle quali sono
state giudicate a basso rischio e
altre 171 ad alto rischio. Di queste
ultime, ben 68 hanno presentato
nei mesi successivi una vera depressione, confermando in tal modo la validità del test.
desiderata o addirittura cercata tenacemente con cure contro la sterilità. La Psichiatria interpreta questo
stato come condizione post-traumatica da stress, cioè come effetto
più di fattori psico-sociali che di
cause biologiche. Sovraccarico di
impegni e di responsabilità, solitudine, disinformazione, modelli culturali di maternità poco realistici
vengono considerati premesse significative per la comparsa del di-
sturbo, dato che il loro impatto
sull’equilibrio psicoemotivo della
donna può essere tanto forte da modificare la sua percezione di sé, rendendola problematica e negativa.
Sembra comunque determinante, a
questo proposito, la mancanza di
supporto familiare e l’incomprensione o il disinteresse del partner;
inoltre la depressione è più probabile se la madre ha già presentato in
passato episodi della stessa natura
o se durante la gravidanza ha
dovuto affrontare un grave
stress (ad esempio, la
morte di un familiare). Sul fronte
delle cure,
è importante innanzitutto
che la donna
parli con qualcuno del suo stato
d’animo e interpelli il suo medico
di fiducia che, se ritiene sia il caso, potrà
prescrivere una terapia
farmacologica.
Resta comunque essenziale sollevare parzialmente la madre dagli impegni pratici, sostituendola nell’accudimento del bambino per qualche ora
al giorno; sostenerla psicologicamente standole vicino con affetto e
comprensione; essere disponibili
all’ascolto nei momenti di sconforto.
Purtroppo la tempestività dell’intervento è alquanto rara: pare infatti
QUANDO E’ IL PAPA’ CHE PIANGE
Anche il “sesso forte” risente dei tumulti emotivi che accompagnano la nascita del figlio, soprattutto del primogenito. Il
neo-padre che se ne sta in disparte triste, taciturno e pensieroso non è affatto raro a vedersi; in uno studio condotto da ricercatori inglesi, il 3% di un campione di 7000 uomini cui era
appena nato il primo figlio presentava una seria depressione
e il 15% di loro manifestava uno stato di tristezza.
A differenza delle madri, per le quali la depressione può essere in parte causata da fattori fisici, per i padri i motivi sono
che solo il 25% delle madri depresse sia adeguatamente curata, perché
il disturbo viene molto spesso misconosciuto o sottovalutato e si tende a liquidare il problema con qualche banale e frettolosa rassicurazione o, peggio, con parole di disapprovazione.
Non può invece passare inosservata
la psicosi post-partum, una
patologia ben più grave che si verifica in
uno o due casi su
mille. Insorge bruscamente nelle prime settimane dopo
la nascita del bambino, spesso 2-3 giorni dopo il parto, e si
manifesta con
allucinazioni, confusione mentale,
idee deliranti, perdita
del contatto con la
realtà, ansia ed agitazione estreme. I casi
di infanticidio di
cui si occupano i
giornali e che tanto colpiscono l’opinione pubblica
sono spesso correlati a questa patologia,
mentre è più difficile che derivino
dal disturbo depressivo, a meno
che questo non sia particolarmente
accentuato o che la madre sia lasciata completamente sola con la
sua sofferenza psichica.
Marco Giannutri
squisitamente psicologici e riguardano sia la dimensione
personale che quella di coppia. La prima risente del peso
delle nuove responsabilità, che sanciscono anche definitivamente il passaggio ad un ruolo adulto e l’abbandono di ogni
fantasia adolescenziale riguardo al proprio futuro. La seconda si riferisce invece a sentimenti di invidia e gelosia e al
senso di esclusione che l’uomo può provare in conseguenza
del mutato atteggiamento della partner, interamente assorbita dall’accudimento del neonato e quindi poco disponibile sia
sul piano fisico che (e soprattutto) su quello emotivo. Dunque, anche i padri possono aver bisogno di aiuto e conforto!