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Saggine / 148
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Mohammed Bennis
IL MEDITERRANEO E LA PAROLA
Viaggio, poesia, ospitalità
A cura di Francesca Corrao e Maria Donzelli
DONZELLI EDITORE
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© 2009 Donzelli editore
Per i testi di Bennis © 2009 Mohammed Bennis
Donzelli editore, Roma
via Mentana 2b
INTERNET www.donzelli.it
E-MAIL [email protected]
ISBN 978-88-6036-389-3
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IL MEDITERRANEO E LA PAROLA
Indice
p.
VII
Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
Introduzione di Francesca Corrao
3
Tra due paure
11
La cultura mediterranea e lo scambio creativo
tra le due sponde
27
Il Mediterraneo e la poetica del viaggio
31
L’accoglienza dell’altro
e il movimento azzurro della poesia
45
Destino della poesia, destino della parola
65
Poesia e modernità nel mondo arabo
Poesie scelte
81
83
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85
88
89
91
Fes
L’amore non avvisa
L’amore è plurale
La calura del mare
Silenzio 1
Silenzio 4
Signori
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Bennis, Il Mediterraneo e la parola
93
97
98
Canto per il giardino dell’acqua
Campane
Né l’Oriente mendica
101
Finestre di Tlemcen (poema)
105
La forza creatrice della parola mediterranea
Postfazione di Maria Donzelli
121
Nota bio-bibliografica
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IL MEDITERRANEO E LA PAROLA
Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
Introduzione di Francesca Corrao
La poesia del Marocco è erede e interprete dell’universo poetico della tradizione classica araba mediorientale, del substrato identitario locale e dell’innesto culturale andaluso. Gli arabi arrivano in Occidente pochi decenni dopo la rivelazione coranica e, nell’arco di poco
tempo, arabizzano il territorio. La presenza culturale
berbera rimane, tuttavia, profonda e i tratti peculiari che
la distinguono persistono nel tempo. La ricchezza economica del Marocco, che per secoli ha controllato lo
sfruttamento delle miniere d’oro del Sudan, ha permesso
lo sviluppo di un’importante tradizione di studi religiosi e letterari; tale condizione ha dato al paese la forza per
restare indipendente dal dominio ottomano del Nord
Africa. Questa ricchezza ha inoltre favorito la diffusione
di un artigianato fiorente, che per secoli è stato al centro
degli scambi commerciali con l’Europa. La qualità delle
merci marocchine ha garantito la continuità dei traffici
con il Nord del Mediterraneo, il che ha contribuito a
confermare nella popolazione l’orgoglio della propria
identità. Tale consapevolezza ha rafforzato la capacità di
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Francesca Corrao
resistenza contro le incursioni straniere, ritardando e, di
fatto riducendo, la presenza coloniale. L’insieme di questi elementi ha assicurato la continuità dell’attività culturale di alto livello, e ha anche reso possibile il mantenimento di una coesa omogeneità produttiva e una solida
identità creativa.
L’eredità delle forme e dei contenuti della poesia classica araba si è conservata nel tempo anche per il relativo
isolamento rispetto all’area mediorientale. Il Marocco,
nella fase post-classica (dopo la caduta di Baghdad nel
1258), non ha subìto lo scontro militare con i mongoli,
né ha vissuto il dominio politico e culturale dei nuovi signori, i mamelucchi prima e gli ottomani poi. La lingua e
la cultura non sono state contaminate dalle influenze
centro-asiatiche. Alla fine del dominio arabo in Andalusia, l’arrivo degli esuli ha invece stimolato un’importante
rinascita culturale, perché ha innestato nella cultura locale il frutto di antichi scambi culturali con la tradizione latina ed ebraica.
Un altro momento fondamentale di apertura e rinnovamento è avvenuto in seguito alla breve fase coloniale
(1912-56) che ha visto gli intellettuali sollecitati a misurarsi con le più moderne tendenze culturali dell’Occidente. La prosa, essendo meno vincolata ai modelli canonici,
ha potuto sviluppare nuove forme e sperimentare percorsi autonomi rispetto a quelli tradizionali. Il rapporto diretto con la produzione occidentale ha creato un canale
preferenziale tra gli intellettuali francesi e i marocchini,
favorendo il riconoscimento di questi ultimi in Europa.
Tale privilegio, però, visto dall’altra prospettiva, ossia
quella mediorientale, ha causato una cesura con l’Oriente
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Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
arabo. La rigidità dei critici mediorientali, ancorati ai
vecchi schemi dell’arabismo tradizionale, ne ha attenuato l’interesse nei confronti della produzione francofona
del Marocco.
La scuola poetica tradizionale locale è rimasta più a
lungo vincolata al canone classico, alla rigida metrica, ed
è stata meno interessata alla produzione straniera. Questi
elementi hanno fatto sì che il rinnovamento in campo
poetico sia arrivato più tardi rispetto agli altri paesi arabi.
Lo scarso scambio con la critica mediorientale non
ha impedito alla poesia marocchina di svolgere una ricerca molto affine a quella degli innovatori egiziani e sirolibanesi.
Negli anni cinquanta, grazie alla funzione divulgatrice
svolta dalla rivista poetica libanese «Shi‘r», il Medio
Oriente conosceva l’opera di autori marocchini come
‘Alāl al-Fāsi, ‘Abd al-Karı̄m b. Thābit e ‘Abd al-Magı̄d Bin
Jallūn (1915-81).
Il rapporto di scambio con l’Oriente si è intensificato
con il diffondersi dei movimenti di liberazione nazionale e con l’acuirsi della questione palestinese. Quest’ultima, in particolare, ha contribuito al superamento ideale
delle barriere geografiche, facendo sì che ogni intellettuale arabo arrivasse a sentire propria la tragedia palestinese.
Per sfuggire al pessimismo del tempo presente si
idealizza un’epoca aurea, i poeti si ispirano alle opere
dell’era abbaside (VIII-XIII secolo) e di quella andalusa
per promuovere la rinascita culturale.
Alla fine degli anni settanta si assiste al fiorire di
un’intensa stagione poetica che si diversifica per tendenze che vanno dal surrealismo all’ermetismo. Accanto agli
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Francesca Corrao
autori già ricordati spicca il nome di Muhammad al-Sab˙ la poesia albāgh, al quale va il merito di aver sviluppato
legorica in Marocco. L’esperienza poetica postcoloniale
del Marocco è molto ricca: qui basterà segnalare i nomi
di Muhammad al-Sarghı̄nı̄ (1930), ‘Abd al-Karı̄m alTabbāl ˙(1931).
˙ È importante ricordare anche la poesia e la narrativa
in lingua francese, che tra i suoi numerosi e celebri rappresentanti vanta ‘Abd al-Latı̄f al-La‘abı̄ (1942) e Tāhar
˙
˙
bin Jallūn (1944).
Negli anni ottanta anche la poesia delle donne conquista nuovi spazi e un ruolo crescente; numerose autrici si distinguono per l’innovazione e la spiccata sensibilità. A precedere il successo di Wafā’ al-‘Amrānı̄ (1960),
in Marocco si ricorda Mālikah al-’Asimı̄ (1946).
Tra i poeti della generazione degli˙ anni settanta emerge il nome di Mohammed Bennis (Muhammad Bannı̄s),
˙
uno dei massimi rappresentanti dell’avanguardia
artistica marocchina: il valore che egli attribuisce all’innovazione e alla sperimentazione in poesia e nella critica si
evidenzia in tutta la sua opera. Nei suoi scritti afferma
che il poeta ha una visione particolare della realtà, ha la
percezione di una dimensione altra che normalmente
sfugge alla vista. Bennis sostiene che il messaggio poetico ha un alto valore umanitario; egli teorizza la necessità
di osservare le altre culture con uno sguardo scevro da
pregiudizi nazionalistici e culturali. Ne Il libro della
cancellatura (Kitāb al-Mahū, Dār Tūbqāl, Casablanca
˙ è un luogo d’incontro, di
1994) scrive che il linguaggio
mediazione e dialogo tra esseri umani appartenenti a
culture e persino a epoche distanti. Per questa ragione
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rifiuta la definizione di «madre lingua», ritenendo che
la lingua del poeta è da collegare solo in parte alla lingua natale.
Il linguaggio poetico di Bennis è raffinato e ricco di
preziosi arcaismi; egli va alla ricerca di espressioni e metafore nell’immenso bagaglio della tradizione poetica
araba d’Occidente (Andalusia) e d’Oriente. I versi sono
come miraggi che evocano alla memoria universi dimenticati, e ci fanno vedere immagini traboccanti e fantastiche. Nella sua opera l’eredità classica rivive accanto alle
utopie del presente e aiuta a guardare oltre il muro delle
difficoltà contingenti.
Per Bennis la dimensione globale del nostro tempo
impone l’acquisizione di più punti di vista e la rivisitazione del passato libera dai limiti degli schemi; i messaggi culturali sono diversi, e il poeta ha la capacità di recepirne la varietà e la ricchezza. Egli ritiene, inoltre, che le
traduzioni dalle lingue straniere contribuiscano ad ampliare gli orizzonti e alimentino l’indispensabile humus
del dialogo interculturale. La poesia, in particolare, rappresenta il luogo d’incontro tra la fantasia di un popolo e
la più articolata realtà della civiltà cui appartiene.
Tema centrale dell’opera La foglia dello splendore
(Waraqat al-bahā’, 1988) è il desiderio del poeta di superare i limiti spazio-temporali imposti dalla ragione per
aprire nuovi orizzonti e dare un senso più profondo alla vita.
È sicuramente un poeta in controtendenza: non vive
avulso dalla realtà sociale e politica; ha sovente contestato il conformismo dilagante. La sua polemica contro la
critica letteraria tradizionale si estende anche alla cultura
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Francesca Corrao
e alla politica in generale. A partire dal 1967, come molti
poeti della sua generazione, ha fatto idealmente coincidere la lotta per la liberazione della Palestina con quella
per la libertà della cultura araba. Più tardi, nel 1974, ha
partecipato alla pubblicazione della rivista «al-Thaqāfa
al-jadı̄da» («La nuova cultura»), che ha svolto un ruolo
attivo nella scena culturale marocchina sin quando non è
stata bandita in seguito ai moti del 1984.
Bennis considera la memoria un deposito cui attingere per scrivere il presente e sognare il futuro. Le domande esistenziali dell’oggi le ritrova già espresse nei classici
del passato. Molti esempi si trovano ne Il libro dell’amore (Kitāb al-Hubb, 1994), dove cita i versi del grande
poeta abbaside Abu Nuwās (VIII sec.) e del mistico alHallāj (IX sec.). Bennis riprende dalle loro opere gli
˙
aspetti
più universali e cosmopoliti della cultura islamica
senza cadere nella retorica. Un uso originale del recupero del passato che lo porta ad annoverare tra le sue citazioni anche i versi d’amore tratti dai detti del Profeta. La
ricerca poetica di Bennis si rivolge soprattutto allo studio
del patrimonio culturale andaluso, di cui è un notevole
cultore. Recupera i concetti e le riflessioni filosofiche che
hanno nutrito la grande produzione poetica andalusa. La
fucina spagnola diventa un pozzo senza fine cui attingere per rinnovare il pensiero corrente. L’artista ritiene che
la storia più recente abbia cancellato la memoria, e il suo
lavoro di ricercatore e poeta consiste nel recupero di uno
straordinario affresco che nel presente serve a stimolare
la creatività.
Dietro ogni cancellatura il poeta intravede una realtà
diversa e grazie alla sua arte maieutica la svela, mostranExtrait de laXII
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Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
dola in una nuova apparenza. Secondo Bennis, quel che
ci è stato insegnato come verità è solo un aspetto del reale, un punto di vista; bisogna uscire dalla nostra cecità per
acquisire una visione nuova e onnicomprensiva. Tale percezione della realtà si concretizza nella sua scrittura con
la scelta di concepire il verso dal doppio emistichio, diversamente dalla tradizione classica, in cui il secondo
emistichio completa il senso espresso nel primo.
Egli descrive una visione nel primo emistichio e nel
secondo presenta un’idea o immagine diversa. La poesia
sembra così procedere su binari paralleli, come nell’esempio che segue:
Conosco una ragazza
bella e facoltosa
amò un giovane figlio di un kuttāb1
Ecco l’assuefazione della mente
Lui parlava
quando si supera il limite dell’amore
di qualcosa
oltre al limite dello sconvolgimento,
sull’amore
della follia.
Le lampade erano sospese. Vidi
le lampade applaudire
sino a rompersi.
tanto che l’amore sfiorò le vette
dello sconvolgimento
sino al punto di confondersi
Le metafore di Bennis trasmettono una percezione
della realtà che stimola i cinque sensi del lettore. La realtà
1
Il kuttāb è il maestro di scuola coranica; «Tra due limiti», in Kitāb alHubb (Il libro dell’amore), Dār Tūbqāl, Casablanca 1995, p. 112.
˙
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Francesca Corrao
è complessa e pertanto egli ritiene necessario osservarla e
recepirla tenendo in considerazione più punti di vista.
Considerare un solo punto di vista equivale a dare un’immagine parziale o falsata. Il poeta estende tale concezione a una lettura più articolata della storia e delle civiltà.
Ritiene che ogni civiltà abbia un debito di gratitudine
nei confronti di un’altra. Egli critica l’opinione di chi individua le radici dell’Europa solo nel patrimonio giudaico-cristiano; a suo parere, tale affermazione è frutto di
ignoranza. La scarsa conoscenza della cultura araba è
ancora oggi, in Europa, fonte di incomprensioni e conflitti evitabili.
Per il poeta è necessario promuovere la conoscenza
della cultura araba e islamica; si chiede cosa ne sarebbe
stato della grande civiltà europea senza l’importante e innegabile contributo della scienza, della filosofia, della
poesia e della musica arabe. Osserva che tale chiusura
dell’Occidente ostacola una nuova rinascita delle civiltà
del Mediterraneo poiché impedisce la visione di altre
prospettive, riducendo così i rapporti alla sola dimensione conflittuale.
La poesia è parola, e questa è l’elemento costitutivo
del dialogo, possibile solo se c’è apertura, accoglienza
dell’Altro, del senso che l’Altro dà ai discorsi e alle cose dell’Altro.
La parola poetica per Bennis ha una libertà assoluta,
è nomade, capace di aprirsi a nuove dimensioni, ma anche di accettare la perdita. La parola poetica ha la forza
di accogliere le contraddizioni e di superarle. La parola
del poeta non è soltanto un mezzo per veicolare un messaggio, o acquisire un profitto, è una visione che ci acExtrait de laXIV
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Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
compagna nella vita e ci aiuta a resistere alla distruzione
spazio-temporale.
Nel dare nuovo senso alle parole, il poeta le rigenera
e ne rafforza il valore. Lo sforzo umano che porta a questa creazione è – per Bennis – quel che resta nel tempo,
è quella luce che continua a brillare attraverso i secoli.
Questa energia creativa è ciò che ci permette di sentire
Omero vicino: la sua poesia, secondo Bennis, continua a
vivere e a dialogare con noi grazie alla traduzione e per
questo è essenziale tradurre, poiché nutre la creatività e
alimenta il dialogo.
La traduzione produce importanti cambiamenti: per
il poeta quello del tradurre non è un lavoro chimico, ma
fisico, perché si tratta dell’incontro tra due forme. La traduzione produce un effetto, comunica qualcosa, anche
quando non è perfetta2.
La poesia araba deve aprirsi alle altre esperienze
poetiche, perché così si promuove l’innovazione, senza
che venga compromesso il valore dei modelli classici. Il
poeta ritiene che mettere in discussione il canone classico, superarlo e rinnovarlo è il solo modo per mantenerlo in vita.
Per l’artista è necessario confrontarsi con altre esperienze, che gli consentono di riconoscere i valori che condivide con l’altro. Tra i poeti che lo hanno influenzato in
2
Le opinioni di Bennis qui rapidamente sunteggiate sono tratte da alcuni articoli critici: Anti-journal de la metaphore, apparso sulla rivista «Dedale», Jean-Michel Place Editeur, Saint-Denis 1996; Qu’est-ce que c’est la poésie (in memoria di Paul Eluard), Jean-Michel Place Editeur, Saint-Denis 1995.
Inoltre, sono state espresse dall’autore nel corso di una lezione dottorale all’Università di Napoli «L’Orientale» il 5 novembre 2005.
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Francesca Corrao
questo senso, Bennis ricorda Mallarmé, Pound e Jubrān.
Quest’ultimo è stato il primo arabo a rompere il muro che
separava la poesia dalla prosa. Mallarmé ha elaborato nuovi modelli critici. Pound, grazie alla sua lettura della poesia cinese, ha schiuso alla cultura occidentale gli orizzonti
delle tradizioni poetiche non europee.
Per Bennis il rapporto tra presente, passato e futuro è
ininterrotto, come un flusso che spinge il poeta a proiettare le proprie visioni del passato nel futuro. L’intellettuale marocchino si sente erede del passato andaluso, i
cui temi e immagini ricorrono sovente nelle sue opere.
Ecco come descrive questo sentimento:
Sono l’amante andaluso che indugia tra i piaceri dell’unione
e i rantolii della separazione
conosco bene il Corano
sono il cordovano
che abbandona ogni ministero e sultano.
Sono stato educato tra i seni delle donne
sono cresciuto tra le palme delle loro mani
mi hanno insegnato la poesia, la scrittura e il Corano
dai loro segreti ho imparato ciò che altri non avrebbero appreso
Dico: la morte è più semplice della separazione
questo è il mio modo di rivelare alla gente che ha passione
a Baghdad, a Fes
a Cordova
a Qayrawàn
a Zahra
a Tangeri e Isfahan
di accompagnare le lacrime sino al bruciore
di benedire la rosa tra un amante e un amato
e ti scrivo
di questo seme che basta a chiunque sia tra i sentieri dell’udito
e la vista
in presenza della follia3.
3
M. Bennis, «Io non io» («’Anā lā ’Anā»), in Kitāb al-Hubb cit., pp. 15-6.
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Mohammed Bennis o il valore dell’erranza
Per Bennis la poesia è una ricerca continua per dare
un senso più profondo alla vita, è la lotta contro l’oblio,
è il grido creativo della vita dinnanzi al silenzio, alla
morte.
Roma, luglio 2009
F. C.
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