Patriarca Gregorio III: unità fra Musulmani e Cristiani

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Patriarca Gregorio III: unità fra Musulmani e Cristiani
Patriarca Gregorio III: unità fra Musulmani e Cristiani
Il Patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti Gregorio III
Laham ha aperto la conferenza ecumenica di In “Defense of Christians” con un discorso in cui ha posto
l’accento sul fatto che la società araba “ha bisogno
di tutti noi e insieme possiamo costruire un mondo
migliore”.
È necessario rifiutare di essere considerati “la culla
del fondamentalismo, della violenza, del terrorismo”
Di seguito, pubblichiamo il testo integrale
dell’intervento
1. L’incarnazione è un invito all’unità
Incarnazione e monoteismo, o unità, sono due espressioni che si attraggono in modo reciproco. Le
vediamo come segni della volontà di Dio per unificare tutte le sue creature, unendole tra loro nelle
profondità della rivelazione divina.
Così troviamo questo nel Nuovo Testamento, nel messaggio di Gesù: i suoi insegnamenti e miracoli;
parabole del Regno di Dio tra gli uomini; discorsi prima della vivificante e salvifica Passione. E
soprattutto nella solenne, misteriosa, sacrificale e sacerdotale preghiera che Gesù ha fatto per l’unione
di tutti i credenti Cristiani, nella quale Egli dice: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in
noi una cosa sola”. Così, vediamo attraverso l’intera vita di Gesù un leitmotiv che collega tutti gli eventi
in esso; una preoccupazione divina, che non desidera vedere l’uomo perduto, isolato, disperso, diviso
contro se stesso nella sua mente e nel cuore, nelle aspirazioni e nella vita personale, nell’impiego, nella
famiglia e nella vita sociale.
2. L’unificante ruolo della nostra Chiesa
La realizzazione degli obiettivi dell’unificante incarnazione è il nostro impegno più importante, dentro e
fuori la nostra Chiesa: nella nostra società ecclesiale orientale e nella Chiesa universale. È questo
compito della nostra Chiesa antiochena e il suo ruolo nella storia, sin dai tempi del Patriarca Pietro III di
Antiochia, che ha richiamato l’attenzione del Patriarca Michele Cerulario sui danni e sulle infelici
conseguenze del rompere l’unione con Roma nel 1054.
Quando consideriamo questa imponente eredità, non possiamo apparire timorosi o scoraggiati dinanzi
alle esigenze dell’unità Cristiana. Non abbiamo il diritto di dubitare del nostro unificante ruolo
ecumenico a tutti i livelli, in particolare in Oriente e in Occidente.
3. Unità nell’impegno e nella solidarietà
Tra i frutti dell’unificante incarnazione vi è l’unità interna della Chiesa, perché la Chiesa è il corpo di
Cristo, come dice San Paolo molto chiaramente, mostrando che l’unità della Chiesa è l’unità dei fedeli
in Cristo, dell’uomo e della donna, della famiglia, delle membra di un unico corpo. Come egli dice,
“Poiché, come in solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima
funzione, così anche noi, pur essendo molto, siamo un solo corpo in Cristo”.
Questa unità è necessaria a livello sociale: significa un coinvolgimento sociale e sociologico sul luogo
di lavoro e nella vita politica, a ogni livello della vita della nostra Chiesa. La nostra società ha bisogno di
tutti noi e insieme possiamo costruire un mondo migliore, un mondo salvato e redento, un mondo che
vive i valori e le virtù della Chiesa e del Vangelo, le virtù dell’incarnato e unificante Cristo.
4. Chiamata per l’unità nel mondo arabo
L’espressione “Chiesa degli arabi” significa in maniera speciale la Chiesa di Gesù Cristo che vive in un
ambiente arabo e in una profonda e intima relazione con il mondo arabo, con le sue sofferenze e le sue
speranze, le sue gioie e i suoi dolori, i suoi problemi e le sue crisi. La Chiesa è Emmanuele, una Chiesa
con, per e in questa società araba, senza dimenticare le sue radici e la sua natura arabe, grazie alla
storia e alla geografia. La cosa più importante non è affermare che la Chiesa è araba, ma piuttosto che
la Chiesa ha una missione nella società e nel mondo arabi. In realtà, questo mondo arabo in cui la
Chiesa vive e si è impiantata come nel proprio terreno – sigillata nella profondità della sua storia e della
geografia – è nella sua stragrande maggioranza il mondo Islamico. La Chiesa rappresenta 15 milioni su
400 milioni di persone. Questa Chiesa del mondo arabo è una Chiesa dell’Islam, della società
Musulmana, una Chiesa che vive con il mondo arabo e Islamico. È una Chiesa che interagisce, soffre e
gioisce con esso, costruisce, spera e cresce con esso, lo ama e lo serve: è davvero la Chiesa
Emmanuele, una Chiesa con e per questo mondo.
Ecco perché la Chiesa d’Oriente, o la Chiesa degli arabi, la Chiesa dell’Islam, è davvero così nella
scuola di Gesù Cristo, Dio Emmanuele, l’amore di Dio, Dio redentore e salvatore. È lui che ha definito
l’obiettivo della sua incarnazione, del Natale, della sua nascita, dicendo “Il Figlio dell’uomo infatti non è
venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”, e “Io sono venuto
perché abbiamo la vita e l’abbiano in abbondanza”, e come dice San Paolo “Cristo infatti non cercò di
piacere a se stesso, ma come sta scritto”.
Questi versetti sacri sono un vero e chiaro invito per ciascun Cristiano a uscire da se stesso, dal suo
isolamento, la sua tribù, come, il Signore, ha detto ad Abramo: “Vattene dal tuo Paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre”. Così il Cristiano deve andarsene da tutto quello che può formare un ostacolo
tra sé e l’altro, al fine di incontrare l’altro ed essere lui stesso Emmanuele, un uomo “con e per”.
La nostra fede Cristiana nell’unificante incarnazione non può limitarsi agli sforzi per l’unità dei Cristiani.
Credere in un unico Dio diventa un appello all’unità tra il genere umano e l’unità dell’incarnazione invita
all’unificazione dei nostro obiettivi comuni nella società, al fine di affrontare diverse sfide che sono
comuni a noi tutti, Musulmani e Cristiani. L’unità in Dio, l’unificazione di Dio devono essere un invito
all’unità tra gli uomini, alla solidarietà tra loro e ad approfondire i legami d’amore tra loro.
Noi arabi Cristiani – che viviamo in una società araba, che in gran parte è Musulmana – abbiamo una
speciale missione, nel senso di una società che proviene da noi, poiché veniamo da essa, ed è per noi,
poiché siamo essa.
Noi arabi Cristiani siamo in un rapporto molto profondo con gli arabi Musulmani nei nostri Paesi: siamo
loro carne e sangue, etnia, tribù, società, civiltà, cultura e tradizioni. Siamo una Chiesa che ogni giorno,
per gli ultimi 1.400 anni, ha vissuto fianco a fianco con l’Islam, profondamente influenzata dall’Islam e
che a sua volta lo ha influenzato. Nel corso della storia, questa Chiesa ha sostenuto responsabilità
sociali e nazionali molto pesanti, e persino una guerra con i concittadini Musulmani. In realtà, l’Islam è
presente in tutta la nostra società: nelle nostre famiglie, le preoccupazioni, i congressi, gli studi, i
sermoni, i discorsi, il nostro modo di pensare e i progetti sociali.
Sì, abbiamo una vocazione speciale per affrontare questa grande sfida. Noi dobbiamo amarci gli uni gli
altri, mostrare solidarietà al prossimo e aiutarci a vicenda, affinché i Musulmani aiutino e difendano i
Cristiani; i Cristiani aiutino e difendano i Cristiani. In modo che i Cristiani mostrino gli aspetti migliori del
Cristianesimo e i Musulmani il meglio dell’Islam.
Diciamo a tutti quelli, che vivono, nel mondo arabo che la soluzione ai nostri problemi sta nella nostra
fede come Musulmani e Cristiani. Se riusciremo a far fronte a questa sfida in modo positivo e decisivo,
otterremo una vittoria unica e saremo senz’altro un esempio per il mondo intero, come agenti di pace e
salvezza nel nostro mondo, orientale e occidentale, contro tutti i movimenti di takifirismo, takfiri è un
Musulmano che accusa un altro Musulmano di Apostasia.
I frutti dell’incarnazione unificante toccano anche tutte le nazioni del mondo intero ed è come ha detto
Gesù, o come si dice di Gesù, che egli “morirà per la nazione”, ma non solo per essa: anche per
unificare tutti i figli dispersi di questo mondo. ecco perché è dovere dei Cristiani essere i promotori, gli
araldi dell’unità per il mondo intero.
Negli anni passati e prima dell’attuale crisi, abbiamo rivolto numerosi appelli a tutti i Re e ai Capi di
Stato del mondo arabo, invitandoli a realizzare il più possibile l’unità tra loro, così che tutti insieme
potessimo affrontare le sfide della divisione e della distruzione, che minacciano davvero l’unità dei
popoli del mondo intero. In effetti, abbiamo molti fattori unificati e unificanti tra noi: la nostra natura
araba, l’Islam, la lingua, la cultura, la civiltà, la storia, e soprattutto il fatto che le nostre terre sono sante
per Cristiani, Musulmani e anche per gli Ebrei.
Se le nostre terre sono chiamate “la culla delle religioni” e se siamo tutti orgogliosi di essere monoteisti
e adorare un solo Dio, allora riusciremo a realizzare l’unità tra i nostri popoli, e rispondere all’appello
delle nuove generazioni e alle loro aspirazioni di fede in Dio. Vivendo insieme fianco a fianco; nel
comune servizio e nella solidarietà; nella dignità umana; nella co-cittadinanza, nella libertà di culto e di
coscienza in una società che è sempre più divisa; nella giustizia, nell’uguaglianza, nella sicurezza; in
una pace giusta, che è la chiave per la pace per il mondo intero e la garanzia per l’inizio di nuovi
progressi. Alla ricerca di una strada per lo sviluppo e la prosperità nella regione.
I Paesi arabi chiedono ad America, Europa e a tutti i Paesi del mondo di aiutarli a concludere e
risolvere il conflitto tra arabi palestinesi e israeliani, che coinvolge e distrugge la regione, soggiogandola
al terrore e alla violenza che sono alla base di tutti i nostri problemi, le guerre e le crisi degli ultimi 50
anni e oltre. Io, come Patriarca di una Chiesa che si sente in profonda solidarietà con il mondo arabo,
credo che dobbiamo superare le nostre differenze regionali e realizzare un’unità araba che sarebbe la
garanzia per trovare davvero una soluzione giusta, generale e duratura a questo conflitto, assicurando
anche un brillante futuro per il mondo arabo, soddisfacendo le aspirazioni delle nostre giovani
generazioni.
Conclusione
Sono assolutamente convinto che la nostra fede, Cristiana e Musulmana, è la nostra arma più potente
oggi e domani, per realizzare i diversi aspetti della nostra santa missione e per preservare i valori della
nostra comune fede santa. Mi rifiuto assolutamente di permettere che i nostri Paesi siano considerati la
culla del fondamentalismo, della violenza, del terrorismo, della teoria dell’aggressività, dell’estremismo
e della guerra di religione. Queste espressioni e situazioni sono assolutamente in contrasto con i nostri
valori, la nostra fede, la nostra tradizione e la nostra civiltà. E in tutto questo, l’unità è il fondamento che
ci può aiutare a respingere queste accuse lanciate contro il mondo arabo.
Attraverso la nostra fede comune, dobbiamo essere abbastanza forti per respingere queste accuse ed
essere creativi nel ricercare soluzioni per i conflitti arabo-Musulmani, arabo-Cristiani, arabo palestinesiisraeliani. E anche per le sanguinose situazioni in Siria, Iraq, Egitto e Libano; per tutte le altre crisi
sociali, sociologiche, economiche, religiose e spirituali che minacciano le nostre società e le famiglie, i
giovani e le Istituzioni culturali, e che toccano tutti gli aspetti della vita nelle terre del nostro mondo
arabo.
Le nostre Chiese stanno lavorando molto duramente per realizzare il loro servizio spirituale; per essere
luoghi in cui si possono affrontare i problemi dei Paesi arabi dal punto di vista della religione e della
spiritualità, del dialogo e della cultura. E attraverso questo diventiamo portavoce mondiale per la difesa
dei valori della fede di tutti noi, Cristiani e Musulmani nel mondo arabo.
Gregorio III Laham
Patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti