Consiglio di Stato
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Numero 01351/2016 e data 06/06/2016 REPUBBLICA ITALIANA Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi Adunanza di Sezione del 19 maggio 2016 NUMERO AFFARE 00936/2016 OGGETTO: Presidenza del consiglio dei ministri. schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente “Regolamento recante definizione dei meccanismi per la determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta, in attuazione dell'art. 4, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24”; LA SEZIONE Vista la nota di trasmissione della relazione in data 13/05/2016 con la quale la Presidenza del consiglio dei ministri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto; Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo; PREMESSO La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha trasmesso per il prescritto parere lo schema di decreto in oggetto, predisposto ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24, che attua la direttiva 2011/36/UE in materia di prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime, definisce le modalità di determinazione dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta nei casi in cui sussistano fondati dubbi sulla loro minore età. Stabilisce l’art. 4, comma 2 del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro della salute, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono definiti i meccanismi attraverso i quali, nei casi in cui sussistano fondati dubbi sulla minore età della vittima e l’età non sia accertabile da documenti identificativi, nel rispetto del superiore interesse del minore, si procede alla determinazione dell’età dei minori non accompagnati vittime di tratta anche attraverso una procedura multidisciplinare di determinazione dell’età, condotta da personale specializzato e secondo procedure appropriate che tengano conto anche delle specificità relative all’origine etnica e culturale del minore, nonché, se del caso, all’identificazione dei minori mediante il coinvolgimento delle autorità diplomatiche. Nelle more della determinazione dell’età e dell’identificazione, al fine dell’accesso immediato all’assistenza, al sostegno e alla protezione, la vittima di tratta è considerata minore. Per la medesima finalità la minore età dello straniero è, altresì, presunta nel caso in cui la procedura multidisciplinare svolta non consenta di stabilire con certezza l’età dello stesso”. Il testo si compone di otto articoli. L'articolo 1 sintetizza l'oggetto del regolamento. L'articolo 2, al comma 1, sancisce espressamente che il superiore interesse del minore è il criterio preminente in tutte le procedure di accertamento dell'età dei minori non accompagnati vittime di tratta, come tale tenuto presente nella costruzione dell'intera disciplina recata dal provvedimento. L’articolo prosegue prevedendo che l'accertamento dell'età avvenga in via amministrativa, in prima battuta, sulla base del passaporto o di un documento d'identità, anche non in corso di validità, o di un altro documento di riconoscimento munito di fotografia (altri documenti hanno solo valore di principio di prova liberamente valutabile dal Giudice ai fini della determinazione dell'età), nonché, ove necessario ed utile, attraverso l'acquisizione di elementi dalle banche dati del Ministero del lavoro; l'eventuale accesso, nel rispetto della normativa sulla privacy, sarà operato secondo le modalità che regolano ciascuna banca dati. Se i predetti accertamenti non hanno esito positivo, è previsto un colloquio preliminare con il presunto minore, con modalità che tengono conto della fragilità della sua posizione e della necessità di adeguare il linguaggio alle sue capacità di comprensione, nel corso del quale lo stesso viene anche informato, in via generale, della possibilità che l'Autorità giudiziaria autorizzi accertamenti di tipo multidisciplinare, tra cui alcuni di carattere sanitario, per la determinazione della sua età. Il colloquio preliminare, ove necessario, è svolto con l'ausilio di un mediatore culturale e di un interprete, reperiti, ordinariamente, tra le figure presenti presso le strutture di accoglienza del circuito di assistenza e integrazione di cui all'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228. La fase amministrativa deve concludersi in 24 ore; ove il dubbio sull'età non sia stato in tale periodo risolto attraverso i prescritti adempimenti, si transita nella fase della procedura multidisciplinare mediante l'interessamento dell'Autorità Giudiziaria. L'articolo 3 definisce le modalità di coinvolgimento dell’Autorità giudiziaria nella procedura di accertamento, identificata nel Giudice competente per la tutela. Si prevede che, nel caso in cui permangano fondati dubbi sull'età del presunto minore, a costui sia richiesta da parte della Forza di Polizia procedente, con atto informativo contenente il resoconto delle attività svolte, l'autorizzazione all'avvio della procedura multidisciplinare descritta al successivo articolo 5. Vengono quindi disciplinati modalità e termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte del Giudice, che deve esprimersi entro i due giorni lavorativi successivi alla richiesta di autorizzazione (o all'esito di disposti approfondimenti, da svolgersi anch'essi in arco di tempo breve) indicando, in caso positivo, il soggetto che, anche temporaneamente, esercita i poteri tutelari, nonché la struttura sanitaria pubblica, dotata di equipe multidisciplinare pediatrica, in cui eseguire la procedura. Con riferimento alla figura del tutore si è ritenuto, per coerenza normativa in tema di trattamento dei minori non accompagnati e in accoglimento di un suggerimento formulato dal Garante per l'Infanzia, di richiamare l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, secondo cui il tutore «possiede le competenze necessarie per l'esercizio delle proprie funzioni e svolge i propri compiti in conformità al principio dell'interesse superiore del minore. Non possono essere nominati tutori individui o organizzazioni i cui interessi sono in contrasto anche potenziale con quelli del minore. Il tutore può essere sostituito solo in caso di necessità». Quanto poi alla scelta della struttura sanitaria pubblica è parso opportuno, per consentire una miglior organizzazione e il coinvolgimento attivo degli Enti territoriali, che, laddove le Regioni o le Province autonome sul cui territorio si svolge l'accertamento redigano un elenco di strutture ritenute idonee agli adempimenti previsti, il Giudice se ne avvalga per l'individuazione di quella verso cui indirizzare il presunto minore. L'articolo 4 declina il diritto d'informazione del presunto minore con riferimento alla fase più delicata, quella delle indagini di carattere socio-sanitario. E' infatti stabilito che personale qualificato della struttura sanitaria individuata dal Giudice informi preventivamente il presunto minore – in una lingua a lui comprensibile e in conformità al suo grado di maturità e livello di alfabetizzazione, anche con materiale di supporto multilingua – del fatto che verranno effettuate le indagini di cui all'articolo 5 per accertare la sua età. Tale informativa deve essere data in presenza del tutore o della persona che esercita temporaneamente i poteri tutelari, per garanzia di piena assistenza all'interessato in questa delicata fase di assunzione di consapevolezza. Sono in particolare elencate le informazioni essenziali che devono essere fornite al presunto minore, tra le quali quella relativa al diritto a rappresentare eventuali ragioni di opposizione allo svolgimento di taluno degli accertamenti sanitari programmati. In caso di opposizione, se la procedura può essere esperita utilmente senza l'accertamento contestato quest'ultimo non viene eseguito dal personale sanitario. Viceversa, è il Giudice della tutela, informato dal personale sanitario delle ragioni dell'opposizione e di quali siano, a partire dai meno invasivi, gli accertamenti specifici indispensabili e sufficienti al raggiungimento dello scopo, a decidere a quali di essi dovrà comunque procedersi; tale soluzione è stata adottata al fine di bilanciare il diritto del presunto minore a non essere esautorato dall'interlocuzione su interventi di natura psicofisica che riguardano la sua persona e l'interesse, non eludibile, di giungere alla determinazione dell'età di costui. L'articolo 5 stabilisce che in tutte le fasi della procedura, condotta da personale qualificato con le procedure meno invasive, siano garantite la tutela e la protezione riservate ai minori, tenuto conto anche del sesso, della cultura e della religione. L'accertamento è svolto da un'equipe multidisciplinare, attraverso un colloquio sociale che raccolga anche gli elementi della vita pregressa del presunto minore suscettibili di incidere sulla lettura del dato fisico, una visita pediatrica auxologica, che secondo protocollo medico di settore verrà condotta con l'impiego delle tabelle auxologiche del Paese di provenienza o di altre adeguate all'etnia e ricorso ad esami strumentali, e una valutazione psicologica o neuropsichiatrica, se necessario alla presenza di un mediatore culturale o di un interprete. E' previsto altresì che il percorso descritto sia sviluppato secondo il criterio della progressiva invasività e che in ogni momento si pervenga all'acquisizione di elementi certi sulla minore età dell'interessato non si proceda ad accertamenti successivi. La procedura è avviata entro 3 giorni dalla data dell'autorizzazione rilasciata ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 e conclusa entro i successivi 20 giorni. La relazione conclusiva, redatta dall'équipe multidisciplinare, deve riportare l'indicazione di attribuzione dell'età cronologica stimata specificando il margine di errore insito nella variabilità biologica e nelle metodiche utilizzate ed i conseguenti valori minimo e massimo dell'età attribuibile. L'articolo 6 prevede che il Giudice della tutela adotti il provvedimento di attribuzione dell'età sulla base degli esiti della procedura multidisciplinare e di tutti gli altri dati acquisiti. Qualora gli elementi raccolti non consentano di stabilire con certezza l'età del soggetto, il Giudice emette il provvedimento conclusivo del procedimento dando atto di tale impossibilità e del valore minimo indicato nella relazione conclusiva di cui all'articolo 5, per quanto utile a fini di successivo monitoraggio. Il provvedimento va in ogni caso notificato all'interessato (con allegata traduzione, ove necessaria) e al tutore o alla persona che esercita, anche temporaneamente, i poteri tutelari, e può essere impugnato ai sensi della normativa vigente; quando sia divenuto definitivo, esso viene altresì comunicato alla Forza di Polizia che ha richiesto l'autorizzazione alla procedura multidisciplinare, per il completamento del fascicolo d'ufficio, ed alla Questura territorialmente competente, che a sua volta, ricorrendone i presupposti, è tenuta ad informare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'aggiornamento delle relative banche dati. L’art. 7 fissa, in attuazione della direttiva e della norma primaria nazionale, la presunzione della minore età nelle more dell'identificazione e della determinazione definitiva dell'età ed in caso di esito dubbio delle procedure di accertamento. L'articolo 8 contiene la clausola di invarianza finanziaria. CONSIDERATO Lo schema di decreto è adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il quale stabilisce che“Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione”. Trattandosi di un regolamento di attuazione, occorre verificare il rispetto del procedimento previsto, la fedeltà alla fonte primaria e la coerenza con il sistema. Lo schema di regolamento è espressamente autorizzato dalla legge e sono stati ritualmente acquisiti gli assensi dei Ministri concertanti (Ministro dell’interno, Ministro della giustizia, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministro del lavoro e politiche sociali e Ministro della salute) e i prescritti pareri della Conferenza Unificata e dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza. L’analisi del contenuto in precedenza effettuato consente di formulare un giudizio globalmente positivo, essendo lo schema previsto teso a implementare nell’ordinamento i principi stabiliti nella direttiva comunitaria e nella fonte primaria, la quale, espressamente ispirata al rispetto del superiore interesse del minore, vuole il ricorso a procedure adeguate alle specificità culturali e di provenienza del minore, appropriate alla sua età e condotte da personale idoneamente preparato. D’altra parte, già l’art. 28, comma 3, d.lgs. 286/98 stabilisce che “In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali … riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20.11.1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27.5.1991, n. 176”. Nel dare attuazione a questi principi il regolamento si è ispirato ai più moderni contributi delle scienze umane e della medicina, forniti da organismi nazionali e internazionali. Il principale riferimento è rappresentato dal “Protocollo per l'identificazione e per l'accertamento olistico multidisciplinare dell'età dei minori non accompagnati” redatto il 30 ottobre 2014 ad esito dei lavori del Tavolo interregionale immigrati e servizi sanitari, che ha visto la collaborazione dei Ministeri Salute, Interno, Giustizia e Lavoro, di società scientifiche e stakeholders internazionali, oltre che l'avviso favorevole dell'Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Nella definizione dei contenuti della procedura multidisciplinare prevista nel regolamento si è in particolare tenuto conto della parte sanitaria del nuovo Protocollo proposto dal Tavolo interregionale, denominata “Protocollo olistico multidisciplinare per l'accertamento dell'età”, corredata dalla “Traccia per conduzione procedura olistico multidisciplinare” contenente la scheda per il colloquio sociale, la scheda per l'indagine medica auxologia e la scheda per l'indagine neuropsichiatrica/psicologica e da un modello per la relazione olistica multidisciplinare , su cui si è positivamente espresso il Consiglio Superiore di Sanità. Il protocollo del 2014 è frutto dell'arricchimento di un precedente protocollo di analogo contenuto, redatto ad esito di altro tavolo tecnico e varato nell'aprile 2009. In esso risultano enucleati alcuni principi fondamentali in tema di valutazione dell'età sulla base di accertamenti di tipo medico, ovvero: l'approccio multidisciplinare e multidimensionale al minore, l'intervento dell'Autorità giudiziaria nel disporre l'accertamento dell'età, la formazione e l'aggiornamento dei professionisti incaricati, in maniera da garantire la minore variabilità possibile del giudizio espresso, nel rispetto delle migliori garanzie per il minore e per il perseguimento dei fini di giustizia, la centralità delle figure del pediatra e del mediatore interculturale, il ricorso in via prioritaria a strutture sanitarie pubbliche, l'obbligo di indicazione del margine di errore nel caso concreto e la presunzione della minore età in ipotesi di dubbio. Si prevedeva già in quel protocollo che i contenuti venissero periodicamente aggiornati, e ciò è avvenuto attraverso i contributi offerti a partire dal 2009 da appartenenti al mondo scientifico ed organizzazioni internazionali, europee ed italiane (tra cui Organizzazione Internazionale Migrazioni, Croce Rossa italiana, UNHCR, Save the Children Italia), con attenzione volta al Programma Europeo Separated Children in Europe(SCEP), alle linee guida offerte dall'Unicef, a documenti di organismi europei volti anche ad agevolare l'uniformità tra le legislazioni degli Stati membri in materia di accertamento dell'età, in specie con riguardo ai minori stranieri non accompagnati. In questo quadro si inseriscono le raccomandazioni contenute in un documento, pubblicato nel marzo del 2014 dall'UNHCR, volto a proporre principi e procedure omogenee per l'accertamento dell'età dei predetti minori. Talune di queste riflettono principi già recepiti nel protocollo del 2009, sopra menzionato, dei quali ribadiscono l'importanza, e molte – anche in tema di informazione del minore e di residualità della procedura sociosanitaria rispetto alla possibilità di accertamento documentale dell'età – hanno ispirato la formulazione dell’art. 4 del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24. Di particolare rilievo, ad esempio, la raccomandazione che l'accertamento dell'età avvenga attraverso fasi successive, applicando in prima istanza metodi non invasivi, e procedendo con valutazioni dello sviluppo psicosociale e/o fisico solo in extrema ratio, con il consenso informato del minore, sempre su autorizzazione dell'autorità giudiziaria e in presenza di un tutore da tale autorità nominato; viene inoltre raccomandato che copia del referto dell'accertamento e del provvedimento di attribuzione dell'età siano consegnati a chi vi è stato sottoposto e spiegati in una lingua e con modalità adatte alla maturità ed al grado di comprensione dello stesso, contestualmente all'informativa riguardo la possibilità e i mezzi di impugnazione. Si ritiene corretto, alla luce della costante giurisprudenza della Sezione, che detti formanti concorrano all’esercizio del potere regolamentare, essendo impliciti nella fonte primaria, come è di prassi nelle materie fortemente influenzate dalle scienze e dal sapere specialistico. Ciò vale anche per l’intervento nella procedura dell’Autorità giudiziaria, non espressamente previsto dall’art. 4 del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24, ma perfettamente coerente con il quadro normativo vigente e con il nostro sistema costituzionale. La materia interessata dal regolamento, incidente su diritti personalissimi, e l'unanime valutazione degli organismi in precedenza menzionati, portano a ritenere ineludibile il predetto intervento alla luce della primaria attenzione che il nostro ordinamento pone alla garanzia del minore. L’identificazione dell’organo nel Giudice competente per la tutela – salvo la precisazione di cui si dirà – è in linea con l’esigenza di ancorare la procedura di determinazione dell'età a quella di tutela, che ne è naturale ambito ed eventuale sviluppo. Su un piano generale, la Sezione ritiene di formulare tre rilievi. Il primo riguarda lo standard epistemologico sotteso alle decisioni di impulso e definizione della procedura, che lo schema in esame esprime attraverso i concetti di “fondato dubbio” (art. 1 e art. 3, comma 1) per quelle relative all’attivazione e alla prosecuzione della procedura da parte della Forza di Polizia, e di “adeguata certezza” (art. 6, comma 2) per quella relativa alla definizione della procedura da parte del Giudice. Si tratta di concetti ambigui o imprecisi, essendo preferibile utilizzare i concetti, rispettivamente, di “ragionevole dubbio” e “oltre ogni ragionevole dubbio”, ben noti all’ordinamento giuridico. Questione simile si pone con riguardo all’art. 2 comma 3, in cui si esclude la decisività di un accertamento dell’età fondato su documenti di riconoscimento dotati di validità ufficiale nei casi in cui “sussistano dubbi sulla loro autenticità”. Considerata la fenomenologia dei reati di cui agli art. 600, 601 e 602 c.p., sarebbe opportuno perimetrare il concetto o dare istruzioni applicative agli organi preposti, onde evitare un eccesso di discrezionalità delle Autorità procedenti e l’adozione di prassi difformi. Il secondo rilievo attiene al coordinamento tra la procedura in esame e quella di accertamento dell’età del minore nell’ipotesi in cui sia pendente un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p. con il minore persona offesa. Essendo la minore età rispettivamente una circostanza aggravante, un elemento costitutivo, una circostanza aggravante di detti reati, il suo accertamento è operato all’interno del procedimento penale, ragion per cui sarebbe opportuno introdurre una disposizione di coordinamento o, almeno, un chiarimento nella relazione illustrativa, circa l’utilizzabilità e il valore dell’accertamento operato nella procedura prevista dal regolamento all’interno del processo penale. Terzo rilievo, coerente con l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nell’esame dei decreti legislativi di attuazione della cd. riforma Madia, riguarda l’opportunità di istituire un centro di monitoraggio e di analisi statistica della prassi adottate dalle Forze di Polizia e dalle commissioni mediche nell’accertamento dell’età del minore, anche al fine di creare “modelli” operativi che possano razionalizzare, semplificare e accelerare la gestione della procedura. Ciò posto, con riferimento alle singole disposizioni si evidenzia quanto segue. Nelle premesse del regolamento occorre indicare, oltre al d.lgs. di attuazione della direttiva, anche la direttiva stessa, che continua a produrre i suoi effetti anche dopo la trasposizione, costituendo un vincolo in sede di applicazione della normativa di attuazione. Art. 1. Si richiama l’opportunità di adeguamento dell’espressione “fondato dubbio”. Art. 2. Nel comma 2 non è chiaro perché il ricorso alle banche dati sia limitato a quelle istituite presso il Ministero del lavoro (il riferimento, esplicitato nella relazione illustrativa, sarebbe al Sistema Informativo Minori, il quale permette di raccogliere ed aggiornare in tempo reale le informazioni relative ai minori presenti nel territorio nazionale), con esclusione di altre banche dati pubbliche. Si potrebbe dunque ampliare il novero delle banche dati da interpellare, attraverso un generale richiamo a quelle istituite in conformità all’ordinamento vigente. Al comma 3, si richiama il rilievo generale sopra enunciato relativo ai riconoscimento dei documenti dotati di validità ufficiale nei casi in cui “sussistano dubbi sulla loro autenticità”. Nel comma 4, all’esito del colloquio preliminare, occorre inserire l’informazione al minore della possibilità di richiedere la protezione internazionale, prevista dal successivo comma 7. Infatti, l’art. 4, comma 1 comma 2 del d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24 stabilisce che “I minori non accompagnati vittime di tratta devono essere adeguatamente informati sui loro diritti, incluso l'eventuale accesso alla procedura di determinazione della protezione internazionale”. Nel comma 5, il termine di ventiquattro ore appare eccessivamente breve, anche in rapporto ai termini previsti dall’ordinamento nei procedimenti di restrizione della libertà personale da parte delle Forze di polizia, tanto più in un sistema che muove dal dichiarato intento di evitare, laddove possibile, il ricorso alla procedura multidisciplinare, ben più invasiva per il minore. Si suggerisce di aumentare il termine a quarantotto ore. Art. 3. Nel comma 1 si richiama l’opportunità di adeguamento dell’espressione “fondato dubbio”. Sempre nel comma 1, anche in accoglimento di una proposta del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, è preferibile che sia specificamente indicato il “Giudice competente per la tutela”, da individuarsi senz’altro nel Tribunale per i minorenni. Le perplessità legate all’esistenza di una riserva di legge in ordine alla competenza giurisdizionale possono essere fugate dalla considerazione che la norma avrebbe carattere ricognitivo, posto che nel sistema vigente detto Tribunale ha una competenza funzionale inderogabile nelle materie in cui prevale l’interesse del minore. Conseguentemente, devono essere adeguati i riferimenti contenuti negli articoli successivi al “Giudice” o al “Giudice della tutela”. Nel comma 3 si segnala una lacuna: nulla è previsto per le ipotesi in cui l’autorizzazione è negata, in particolare né se il diniego debba essere motivato e possa essere impugnato, né quali siano le conseguenze sulla posizione del minore. Ulteriore lacuna riguarda l’individuazione della struttura sanitaria pubblica dotata di equipe multidisciplinare presso cui si svolge la procedura medica, che, in accoglimento di una proposta del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, andrebbe scelta tra quelle individuate dalle Regioni e dalle Provincie autonome, come indicato anche nel paragrafo 7 del “Protocollo per l'identificazione e l’accertamento olistico multidisciplinare dell'età dei minori non accompagnati”, elaborato dal Tavolo interregionale della Conferenza Stato-Regioni. Art. 4. In relazione al procedimento previsto per l’opposizione, non è chiaro come il minore possa opporsi agli accertamenti sanitari se questi non sono stati analiticamente individuati nell’informativa prevista dal comma 1. Occorrerebbe quanto meno precisare che l’informativa non debba limitarsi a indicare genericamente la possibilità di sottoporre il minore ad accertamenti sanitari e la sua facoltà di opporsi, ma specificare quali siano gli accertamenti programmati nel suo caso. Se, invece, si vuol dire che, gli accertamenti sanitari sono effettuati sempre nell’ordine fissato dall’art. 5 fino al raggiungimento della certezza sull’età, allora occorre modificare la lett. c) del comma 1, prevedendo che il minore sia informato “del diritto a formulare ragioni di opposizione allo svolgimento di taluno degli accertamenti sanitari di cui all’art. 5”, onde non generare negli operatori che saranno chiamati ad applicare la disposizione il dubbio che possano essere preventivamente selezionate alcune tipologie di accertamento, possibilità che il comma 2 sembra permettere nella sola ipotesi di opposizione. Sempre al comma 1, occorrerebbe precisare che il tutore, oltre ad essere presente al momento in cui sono comunicate le informazioni al minore, lo assiste nell’eventuale fase di opposizione. Con riferimento alle modalità di svolgimento della procedura, che deve sempre avvenire alla presenza del tutore, si richiama quanto osservato nella parte generale. Art. 5. Nel comma 1, primo periodo, la frase “presso strutture sanitarie pubbliche” va sostituita con “presso la struttura indicata dal giudice”. Sempre nel comma 1, primo periodo, l’inciso “ove ad esito del colloquio sociale ivi previsto sussista la necessità di accertamenti sanitari si procede ad essi secondo un criterio di invasività progressiva” è superfluo e foriero di possibili equivoci, atteso che il comma 2 già prevede in via generale che “Ove all'esito di ciascuna fase o stadio della procedura emergano elementi certi in ordine alla minore età dell'interessato non si procede ad accertamenti successivi”. Pertanto si suggerisce la riformulazione del comma 1, primo periodo, come segue: “L'accertamento dell'età è condotto da parte di personale qualificato presso strutture sanitarie pubbliche ed attraverso la procedura di cui al comma 2; agli accertamenti sanitari si procede secondo un criterio di invasività progressiva”. Per quanto attiene alle metodiche di accertamento e alla stima del margine di errore dell’attribuzione di età, la Sezione rileva come l’opzione in esame sia aderente agli studi più accreditati in materia, che superano l’orientamento della giurisprudenza di legittimità maturato in sede di accertamento dell’età nel processo penale, la quale tende a dare assoluta prevalenza ai risultati radiologici. Deve intendersi riprodotto anche in relazione a tale articolo il rilievo svolto all’art. 3 in relazione all’identificazione della struttura sanitaria pubblica presso cui si svolge la procedura medica. Art. 6. Nel comma 2 si richiama l’opportunità di adeguamento dell’espressione “adeguata certezza”. Nel comma 3 si prevede che il provvedimento conclusivo della procedura emesso dall’Autorità giudiziaria può essere impugnato “secondo le vigenti disposizioni di legge”. La previsione potrebbe essere foriera di dubbi ermeneutici, che, data la delicatezza della materia, sarebbe opportuno evitare, chiarendo quali siano le “disposizioni di legge” applicabili. Art. 8. L’art. 8 stabilisce che dall'attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le pubbliche amministrazioni interessate provvedono ai compiti previsti dal decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Considerato che la procedura prevede l’intervento di mediatori culturali, interpreti, tutori e strutture sanitarie sarebbe stato opportuno chiarire come assicurare l’invarianza di spesa, essendo la relazione tecnica sul punto laconica e priva della bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato. Sarà cura dell’Amministrazione emanare le opportune direttive perché l’intervento di operatori professionali, anche se pubblici, non comporti oneri finanziari aggiuntivi. In sede di modifica dello schema, il Ministero dovrà prestare cura alle emende formali, quali la trasformazione in lettere dell’alfabeto dei numeri espressi in cifre che non indichino articoli o commi di legge, e la sostituzione di termini inappropriati o di formule non confacenti all’uso normativo, come codificato nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/108888/9.92). P.Q.M. Esprime parere favorevole con osservazioni. L'ESTENSORE Francesco Bellomo IL PRESIDENTE Luigi Carbone