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N otiziario Scuoia e stampa nel Risorgimento Per iniziativa del Centro studi Car lo Trabucco, si è svolto a Torino, il 3-4-5 dicembre 1987, un convegno nazionale su “Scuola e stampa nel Risorgimento. Giornali e riviste per l’educazione prima dell’Unità” . Se obiettivo primario del Centro tori nese è quello di promuovere e svol gere “ricerche su aspetti, problemi e figure del movimento cattolico con particolare attenzione alla realtà piemontese ed al giornalismo loca le”, come risulta dalla serie di “Quaderni”, è peraltro ormai prassi del Centro stesso organizzare un convegno annuale, che, pur focaliz zando temi di interesse locale, si propone tuttavia di approfondirli in ambito ed in prospettiva non solo regionali, ma nazionali ed anche in ternazionali. Il tema del convegno del dicem bre scorso, sul quale qui si intende riferire, da un lato corrispondeva agli interessi specifici del Centro, dall’altro era motivato dalla recente ricorrenza dei centocinquanta anni della pubblicazione a Torino delle Letture popolari di Lorenzo Vale rio, apparse nel 1836: tappa fondamentale della presa di coscienza del la centralità della educazione popo lare nell’Ottocento in genere e nel Risorgimento in particolare. Scopo esplicito del convegno era l’approfondimento dell’apporto della “pubblicistica educativa, vei colo di modelli culturali e pedagogi ci, strumento di comunicazione del le esperienze straniere e. di rinnova mento didattico, luogo di discussio ne politica” . Senza dimenticare che ripercorrere le vicende della stampa per la scuola significa anche rico struire, attraverso ricerche condotte nella realtà sociale, politica ed edu cativa degli stati preunitari, una parte della storia risorgimentale ita liana. Dalle varie relazioni è emerso un quadro, se non completo, indubbia mente significativo della stampa educativa per la scuola nei principa li stati preunitari: il Regno di Sarde gna, l’Italia sotto il dominio au striaco, il Granducato di Toscana e 10 Stato Pontificio.' Purtroppo per 11 Regno delle due Sicilie è venuta a mancare la prevista relazione di Mascilli-Migliorini: “Stampa e scuola a Napoli nel 1848-1849” . I lavori, aperti da Francesco Tra niello, presidente del Carlo Trabuc co, sono stati introdotti con la rela zione Questione scolastica e Risor gimento di Giuseppe Talamo, che ha suggerito interessanti spunti di riflessione. Se esisteva in genere una marcata sensibilità per l’educazione popola re — ha ricordato Talamo — non mancavano gli avversari, come Mo naldo Leopardi e la “Voce della ve rità” di Roma, che individuavano nella istruzione popolare una possi bile sorgente di disordini. A Napoli e in Sicilia, nel periodo postnapo leonico si ribadì l’importanza della istruzione primaria: tale sensibilità era eredità della politica di Giusep pe Bonaparte e di Gioacchino Mu rai, che avevano reso obbligatoria la scuola elementare. Tra i periodici che si occupavano del problema, gli “Annali universali di Statistica” di Milano (dal 1830), capovolgendo il principio reazionario, istruzio ne = eversione, sostenevano al con trario la necessità di una istruzione di base (istruzione si, ma non trop pa!), in quanto pilastro della socie tà e garanzia dalla minaccia della ri voluzione; per il “Giornale di Sici lia” (dal 1848) invece solo l’istruzio ne poteva essere garanzia di libertà. La relazione di Giorgio Chiosso (Università di Lecce), Educazione del popolo nei giornali piemontesi ci ha presentato un Piemonte in età carloalbertina (ma anche successi va) vivace nel campo delle riviste per la scuola. Il 10 giugno 1845 usciva,presso Paravia, il primo fa scicolo de “L’Educatore primario” , espressione della scuola aportiana (redattori erano in gran parte allievi degli Aporti) e prima rivista pie montese realizzata per la scuola e per i maestri, segno del riformismo scolastico del periodo carloalbertino. Trasformatosi nell’“Educato re” (1847-1848), questo periodico perfezionò ulteriormente la sua proposta educativa. Contrario al naturalismo rousseauiano ed alle pedagogie egualitarie del socialismo utopistico, si fece promotore, attra verso gli apporti di Rosmini (unità dell’educazione), dell’Aporti (uni versalità dell’educazione) e dello svizzero Giraud (metodo materno: la madre come modello educativo), di riforme scolastiche graduali: po tenziamento dell’istruzione elemen 170 tare e popolare, istruzione tecnica e professionale, ammodernamento della didattica e preparazione dei maestri, laicizzazione del sistema scolastico. La rivista fu inoltre un vero laboratorio per la riforma della scuola: Berti e Rayneri, redattori delle due riviste, collaborarono alla stesura della legge Boncompagni del 1848; ma anche la legge Casati del 1859 è frutto di quelle idee. Dal suo ceppo nacquero la Società d ’istru zione e d’educazione e diverse rivi ste: il “Giornale della Società d’i struzione e d’educazione” (18491854), la “Rivista delle Università e dei Collegi” (1852-1854), [’“Istitu tore” (1852-1893) di Domenico Ber ti e Giovanni Lanza (da non confon dere con il politico omonimo), che ebbe una grande importanza sul pia no professionale come guida didat tica per i maestri, fu espressione del moderatismo e dello spiritualismo cattolico e influì sulla formazione dei maestri e sulla scuola elemen tare. La vicacità piemontese contrasta con la relativa povertà della stampa per la scuola a Milano e in Lombar dia. È la conclusione cui è giunta Daniela Maldini (Università di Tori no) nella sua relazione Scuola, inse gnanti e programmi nei fogli scola stici di Milano. Infatti nella Lom bardia austriaca, mentre si nutriva notevole interesse nei confronti del problema educativo e si disponeva di una vasta pubblicistica rivolta al la gioventù (ad esempio “Il Giove dì”), alle famiglie (ad esempio “Fio rellini morali”), furono soltanto due le riviste per la scuola: “L’Educato re” (1850-1853), poi “Eucatore lom bardo”, e la “Rivista ginnasiale” (1854...), versione italiana del “Giornale dei ginnasi” di Vienna. Lo scarto tra il dibattito educativo e quello scolastico va addebitato, se condo la relatrice, alla situazione politica lombarda: la scuola elemen tare aveva una solida tradizione e struttura gerarchica; il governo au striaco imponeva i propri libri tra dotti in italiano. Tuttavia, nono stante le apparenze, anche il sistema Notiziario scolastico austriaco-lombardo sof friva di gravi difetti: metodo inade guato, povertà di contenuti, impre parazione dei maestri. Risultato: molta scuola (almeno ufficialmen te), poca alfabetizzazione. Queste lacune furono sistematicamente de nunciate dall’“Educatore” . Le rivi ste lombarde, contrariamente a quelle piemontesi, non influirono sulla politica scolastica austriaca, ri gidamente centralizzata e conserva trice. Altra situazione ancora nel Vene to asburgico; il panorama scolastico veneto ci è stato descritto da Mirella Chiaranda (Università di Padova) nella relazione: Educazione e co scienza civile nell’“Istitutore" di Giovanni Codemo. La rivista fu pubblicata a Venezia negli anni 1836-1837 e poi negli anni 18511866. Caratteristiche del foglio fu rono l’ispirazione rosminiana (non una collaborazione diretta del Ro smini) con la insistenza sull’unità dell’opera educativa; la collabora zione dei maestri con loro scritti; preoccupazione fondamentale era l’educazione popolare, nella quale si affermava il ruolo determinante del la famiglia oltre che la centralità ba silare della religione cattolica. Altro tassello nel mosaico della stampa scolastica nellTtalia preuni taria è costituito dal Granducato di Toscana, dominato dalla personali tà di Raffaello Lambruschini e dalla sua rivista, “La Guida dell’Educa tore” (1836-1845), su cui ha riferito Angelo Gaudio (Livorno) nella rela zione La Guida dell’Educatore di Raffaello Lambruschini. Prima rivista pedagogica italiana, la “Guida” nacque dall’incontro della sensibilità educativa del Lam bruschini con l’intenzione del Viesseux di continuare l’esperienza della soppressa “Antologia” . Il principio ispiratore della pedagogia del Lam bruschini era il fanciullo considera to come protagonista dell’opera educativa, anzi educatore di se stes so, attraverso il metodo della per suasione, con ricorso solo straordi nario a premi e castighi. Convinto della pratica necessità di un’educa zione extrafamiliare e critico verso i collegi nati dalla Controriforma, elaborò un progetto di collegio-mo dello, dove le norme morali fossero interiorizzate. Fu sostenitore, infi ne, della istruzione in lingua mater na ed assertore della necessaria pro fessionalità dei maestri. L’ultima relazione del convegno è stata quella di Roberto Sani (Ro ma): / periodici scolastico-educativi e il dibattito sull’istruzione nello Stato Pontificio. Due i periodici presi in esame: “L ’Artigianello” e “L’Educatore” . Il primo (18451848), fondato e diretto da Ottone Gigli, era destinato agli allievi delle Scuole Notturne per gli Artigiani, fondate a Roma nel 1819, e di fatto usato come testo. Vi apportò il suo contributo significativo Ferrante Aporti. Questi in realtà non godeva buona stampa presso le autorità pontificie: il S. Uffizio nel 1837 ave va proibito l’istituzione degli Asili Infantili nei territori pontifici. Al fi ne di superare tale proibizione con dusse una battaglia l’altro periodi co, “L ’Educatore” , pubblicato nel 1847, cioè nel fervore politico segui to all’elezione di Pio IX. Il primo asilo fu fondato nel 1848. L’impe gno del periodico si esplicò in altre due direzioni: la formazione didatti ca e pedagogica dei maestri primari pontifici e lo svecchiamento della cultura pedagogico-scolastica attra verso la diffusione dei nuovi orien tamenti introdotti dall’Aporti, dal Lambruschini e dal Girard. Dal panorama delineato dalle cin que relazioni scaturiscono immedia tamente alcune considerazioni: la notevole varietà delle situazioni lo cali e della stampa scolastico-educa tiva, pur nella convergenza su temi di fondo: educazione popolare e scuola. I poli più vivaci paiono essere sta ti il Piemonte, attorno all’Aporti ed ai suoi allievi, e la Toscana, attorno al Lambruschini. Anche il Rosmini ha costituito un punto di riferimen to ideale, soprattutto per il Piemon te e il Veneto. Per quanto concerne Notiziario l’apertura alle novità provenienti d’oltralpe, va sottolineato il grande influsso esercitato dal pedagogista svizzero, il francescano Grégoire Girard. Infine, le circostanze politi che fecero sì che nell’immediato so lo le riviste piemontesi abbiano in fluito sulla legislazione scolastica, la legge Boncompagni (1848) prima e la legge Casati (1859) poi. Queste, infine, le conclusioni trat te dal professor Traniello al termine dei lavori. Per quanto riguarda il rapporto con il Risorgimento, assunto dal convegno come categoria cronologi ca, è emerso che nelle riviste scola stiche non esisteva l’obiettivo o an che solo la preoccupazione di co struire uno stato unitario. Di fatto però l’attività scolastica, promossa dalle riviste, fu un notevole fattore di costruzione della nazione, ad esempio a livello della diffusione della lingua italiana. Altro aspetto emergente: in quegli anni all’istruzione scolastica si attri buiva non solo uno scopo culturale, ma educativo, di cui inoltre il fatto re religioso costituiva la base e l’ani ma. Non si concepiva insomma l’o pera educativa separata dalla for mazione religiosa. Espressione em blematica di questa concezione pe dagogica fu don Bosco, al quale pe raltro nel convegno mai si è fatto cenno. La preoccupazione costante della stampa per la scuola presa in esame era l’istruzione-educazione popola re. Va da sé che il modo in cui si pensava l’educazione popolare di pendeva dal concetto di popolo. Per questo non stupisce più di tanto l’opposizione dei reazionari alla dif fusione dell’istruzione popolare, in quanto la consideravano potenzial mente eversiva. D’altra parte anche i moderati avanzavano riserve: pur considerando l’istruzione di base un fattore di stabilità sociale, pensava no che essa dovesse essere limitata e controllata. Altra ragione che pote va far considerare pericolosa l’istru zione popolare (poca o molta che fosse) era questa: la scuola poteva costituire un nuovo ambiente di so cializzazione, visto come alternativo alla famiglia e alla Chiesa. Ed infine perché non domandarsi — ha concluso Traniello — se l’im porsi del problema-scuola in quegli anni risorgimentali non rappresen tasse una grande innovazione, indi cativa di un profondo mutamento delle relazioni sociali? Giuseppe Tuninetti Belzec, Sobibor, Treblinka come campi di sterminio immediato Prima di entrare nel merito dei te mi trattati nel corso del convegno “Belzec, Sobibor, Treblinka come campi di sterminio immediato” , te nutosi a Lublino, Polonia, dal 25 al 27 agosto 1987, vale la pena di met tere in rilievo come ad organizzarlo siano concorse più istituzioni, tra loro anche assai differenti: la Com missione centrale per la ricostruzio ne dei crimini nazisti in Polonia Istituto per la memoria nazionale, la Commissione per la prima e la se conda guerra mondiale del Comita to di scienze storiche dell’Accade mia polacca delle scienze, l’Univer sità Maria Curie-Sklodowska di Lu blino, ed infine il Consiglio statuni tense per la memoria dell’Olocau sto. Che su un tema come lo stermi nio degli ebrei dell’Europa orienta le, ad un tempo evento di colossale peso storico e fonte di radicale dub bio etico sul moderno, si impegnino strutture diverse, portatrici di impo stazioni spesso divergenti ma co munque disposte al confronto, è av venimento di per sé di grande im portanza. In questo senso il tema del conve gno, giustamente focalizzato in pri ma istanza sui tre Vernichtungslager (campi di sterminio immediato) di Belzec, Sobibor, Treblinka, com prendeva in realtà temi assai più ampi, dalle condizioni dei polacchi e degli ebrei polacchi sotto l’occupa zione nazista ai rapporti fra orga nizzazioni di resistenza polacche ed 171 organizzazioni di resistenza ebrai che, fino ad alludere — inevitabil mente — al nodo storico rappresen tato dai rapporti fra ebrei e popola zioni dell’Europa orientale prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale (questione recentemente toccata anche dal film Shoah di Claude Lanzmann). Nella prima giornata le relazioni hanno teso a fornire quadri genera li: C. Madajczyk (Accademia polac ca delle scienze) ha ricostruito la po litica nazista verso gli ebrei nel corso della seconda guerra mondiale; M. Berenbaum (Università di Georgetown, Usa) ha discusso sulla specifi cità dell’Olocausto nella storia dei massacri di cui l’umanità si è resa colpevole (tema quanto mai attua le!); L.Kubicki (Accademia polacca delle scienze) ha analizzato da un punto di vista giuridico il concetto di genocidio comparandolo con al tre forme di sterminio attuate dai nazisti nella Polonia occupata. La situazione degli ebrei in Polonia pri ma della seconda guerra mondiale è stata tratteggiata da J. Tomaszewski (Università di Varsavia), che ha altresì delineato il processo di an nientamento dell’intelligencija po lacca messo in atto, dopo l’invasio ne, dai nazisti i quali — contempo raneamente — trasformavano in lavoratori-schiavi gran parte del po polo. Successivamente I. Arad (Centro di documentazione Yad Vashem, Israele) ha analizzato minu ziosamente VAktion Reinhard, l’al lucinante pogrom scatenato nei ter ritori orientali occupati dai nazisti dopo l’attentato, opera della resi stenza cecoslovacca, in cui morì Reinhard Heydrich, Reichsprotektor di Boemia e Moravia (27 giugno 1942). Nel corso Ae\VAktion Rein hard furono assassinati più di due milioni di ebrei ed oltre centosettan tamila zingari; centro del massacro fu il governatorato generale (i terri tori polacchi non annessi direttamente al terzo Reich ma governati come una colonia) e strumento, ol tre ai tre campi già citati, la “fabbrica della morte” di nome Majdanek (alla 172 periferia di Lublino). Tra i quadri dirigenti Ss responsabili dell’opera zione un ruolo essenziale fu giocato da Odilo Globocnik, già impegnato durante gli anni precedenti nell’ope razione Euthanasie, detta anche A le ttori T 4 (essa consisteva nell’elimi nazione fisica di handicappati, ma lati di mente, invalidi ecc.); dopo VAktion Reinhard Globocnik fu in viato, assieme ad altri ufficiali Ss con cui da tempo lavorava (Wirth, Stangl, Oberhauser), nell’Italia or mai occupata dalle armi naziste: lo ritroviamo nelle vesti di organizza tore della deportazione e dello ster minio anche nel nostro paese, pres so il comando Ss di Verona ed alla Risiera di S. Sabbia. Sulla sua figu ra e sul suo ruolo si è in particolare soffermato, nel corso dei lavori, Z. iMankowski (Università di Lublino). R. Hillberg (Università del Ver mont, Usa) ha preso in esame l’or ganizzazione della deportazione nel la Polonia e verso la Polonia, tema toccato anche dalla relazione di J. Marszalek (Università di Lublino), il quale ha poi discusso dell’immagi ne della deportazione come appare nei rapporti della resistenza polac ca. Da segnalare come egli abbia ci tato un trasporto di prigionieri ita liani giunto a Treblinka nell’inverno 1943-44 (si tratta, come lo studioso mi ha confermato, di Treblinka I, il cosiddetto “Vecchio campo”, con cepito all’inizio come campo di la voro coatto e liberato dai sovietici il 25 luglio 1944. Il vero e proprio campo di sterminio immediato fu il vicino Treblinka II, smantellato do po la rivolta del 2 agosto 1943). Le modalità di attuazione della “solu zione finale” nei territori del gover natorato generale sono state esposte da S. Biernacki (Commissione cen trale per la ricostruzione dei crimini nazisti in Polonia) e le figure dei co mandanti dei campi sono state ana lizzate nella dettagliata relazione di W. Dressen (Repubblica Federale Tedesca). Impossibile in poche righe dar ra gione del dibattito; vale però la pena di citare almeno l’intervento di Ar Notiziario turo Sandauer, non foss’altro per il personaggio: ebreo polacco organiz zatore di gruppi di resistenza ebrai ci, sfuggito fortunosamente alla cat tura, rifugiatosi in Urss si arruola nelle forze polacche di liberazione e partecipa alla liberazione di Lubli no, dove verrà insediato l’omonimo governo provvisorio; si dedica poi alla ricerca diventando uno studioso di fama. Il problema che egli ha po sto è, per riprendere le sue parole, quello di “non polonizzare eccessi vamente gli ebrei sterminati dai na zisti”; in altri termini è il complesso problema dei rapporti fra resistenza ebraica e organizzazioni clandestine polacche (Armia Krajova, naziona lista e maggioritaria, e Armia Ludova, comunista e minoritaria, in rap porti in genere tutt’altro che buoni fra loro) a emergere in modo aper to, con tutte le implicazioni a cui già prima accennavo. Alcune delle questioni poste da Sandauer hanno costituito l’oggetto delle relazioni della terza giornata del convegno (della seconda diremo poi); S. Lewandowska (Accademia polacca delle scienze) ha preso in esame le rivolte dei campi di annien tamento, di cui le principali e più note avvennero a Treblinka e Sobibor; C. Feig (Università della Cali fornia) ha descritto i tentativi nazisti di cancellare le tracce della “soluzio ne finale” dopo la chiusura dei Ver nichtungslager; si è entrati nel vivo del dibattito con i contributi di K. Dunin Wasowicz (Accademia polac ca delle scienze), R. Sakowska (Isti tuto storico ebraico, Polonia), T. Precarova (Polonia), i quali hanno in vario modo affrontato il proble ma dello sterminio degli ebrei nel contesto della situazione polacca del tempo ed in rapporto con gli atteg giamenti della popolazione polacca. Ancora una volta il problema del l’antisemitismo come terreno di col tura del razzismo nazista e della conseguente Shoah è tornato in pri mo piano. Le reazioni del governo polacco in esilio e dei governi dell’alleanza antifascista alle notizie, via via più precise, della “soluzione finale” so no state esaminate da L. Gerson (Università del Connecticut), men tre S. Spector (Centro di documen tazione Yad Vashem, Israele) ha analizzato le reazioni allo sterminio degli ebrei della Volinia, regione do ve l’annientamento ha rappresenta to un vero e propri etnocidio, can cellando con molte migliaia di esseri umani una cultura, una storia, un’i dentità collettiva. Di essa il frutto terminale sono le memorie della Shoah: diari, memorie, ricordi dei sopravvissuti. Ne ha parlato 1. Gutman (Centro di documentazione Yad Vashem, Israele). L’ultima re lazione, di S. Kania (Commissione centrale per la ricostruzione dei cri mini nazisti in Polonia), ha trattato dei procedimenti penali contro i membri dell’apparato di sterminio messo in opera dal terzo Reich. Dicevo prima delle polemiche sul rapporto fra resistenza polacca e re sistenza ebraica e più in generale fra polacchi ed ebrei; inutile nasconder si che al di sotto stanno differenti opzioni politico-ideologiche: gli stu diosi polacchi hanno spesso teso a esaltare, in un’ottica di resistenza nazionale, le azioni di solidarietà che invece gli storici israeliani, pro pensi a enfatizzare la linea dei grup pi sionisti attivi nell’ebraismo polac co, spesso minimizzano o di cui ne gano l’esistenza. D’altra parte il fat to che la documentazione sia fram mentata e non sempre del tutto ac cessibile favorisce nei ricercatori la deleteria abitudine alla coltivazione di orti separati. Da questo punto di vista mi pare di grandissimo interes se la proposta, avanzata nelle con clusioni dal prof. Madajczyk e ac cettata da tutti i presenti, di costitui re un gruppo di lavoro composto da studiosi israeliani, americani e po lacchi che svolga una ricerca compa rata a partire da tutti gli archivi esi stenti, di cui dovrà essere garantita l’apertura agli studiosi. Un’ultima osservazione: non si può parlare di questo convegno sen za tener conto che una parte dei re latori erano, loro stessi, ebrei po- Notiziario lacchi originari della regione di Lu blino, sfuggiti alla potenza di morte del Terzo Reich e poi — quasi tutti — approdati lontano, negli Stati Uniti o in Israele. Immagine di una diaspora moderna e del disastro epocale prodotto, nel cuore dell’Eu ropa, dal nazismo. In questo senso la seconda giornata del convegno, dedicata alla visita al campo di Maj- danek ed alla località di Belzec (non rimane più nessuna traccia del cam po, distrutto dagli stessi nazisti; sul luogo sono ora stati eretti mo numenti in ricordo), è stata — al meno per me — essenziale. Solo osservando quel territorio, quei paesi dove gli ebrei erano una con siderevole parte della popolazione e dove non ne rimane che una picco 173 lissima minoranza (gli ebrei rap presentavano in Polonia, negli an ni trenta, circa il dieci per cento degli abitanti, ora sono meno del l’uno per cento) ho potuto capire, sul serio, ciò di cui si andava discu tendo nell’aula magna dell’Univer sità di Lublino. Brunello Mantelli MOVIMENTO OPERAIO E SOCIALISTA Sommario del n. 1,1988 Saggi Marco Grispigni, "Il Messaggero" e la “febbre" edilizia a Roma (1881-1888)', Francesca Romana Koch, Il “buon mercato": utile e religione in una confraternita romana di fine Ottocento. Fonti Corrado Malandrino, Il Fondo Silvio Trentin del Centro Studi Piero Gobetti di Torino: Laura Manetti, Un avvocato per te riforme. I Brandeis Papers dell'Università di Louisville, Kentucky. Note e discussioni Antonello Venturi, Un altro passato che non passa? Storia e perestrojka sotto Gorbacèv: Ferdinando Fasce, La new labor history di DavidMontgomery: un seminario e un libro. Storia contemporanea oggi: una discussione Massimo Legnani, Orientamenti storiografici e consumo di storia; Mariuccia Salvati, Oltre il "disagio" di una generazione: Nicola Tranfaglia, Per una nuova associazione di storici: Jean Louis Robert, Una radiografia del "Mouvement social", 1960-1986: Renato Monteleone, “Movimento operaio e sociali sta ", 1955-1986: linee e variazioni di tendenza. Schede Rassegna delle riviste straniere Notiziario Libri ricevuti