1_Convegno Messin21
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Il patrimonio marittimo mediterraneo e l’emigrazione, il caso della “San Francisco’s felucca” Giovanni Panella La vicenda della “San Francisco’s felucca ” costituisce un esempio di persistenza della tradizione marittima: è la storia del trasferimento di una tipologia mediterranea, rappresentata da imbarcazioni armate con la vela latina, a migliaia di chilometri di distanza, fin sulle coste dell’Oceano Pacifico. E’ un fenomeno che si verificò negli ultimi decenni dell’Ottocento, con l’emigrazione di pescatori e di maestri d’ascia di origine italiana. Naturalmente, viste le dimensioni ridotte di tali barche, il trasferimento non poté avvenire in modo diretto: nuove unità, simili a quelle mediterranee, furono costruite sulle spiagge della California. Per i pescatori provenienti dal Mediterraneo quel modello di imbarcazione era una parte inscindibile del loro modo di “andar per mare”, del loro modo di vita, essi portarono q1uindi con sé quel bagaglio culturale fin nel Nuovo Mondo, insieme ai loro poveri averi. La riproduzione della tipologia non fu però rigida, perché le barche furono modificate quel tanto che era necessario, per adattarle alle condizioni operative locali. Non si tratta dell’unico caso di trasferimento di tradizione marittima mediterranea a grande distanza: per restare agli Stati Uniti, un altro esempio è rappresentato dai pescatori di spugne di origine greca, che in Florida ricostruirono una flotta di imbarcazioni identiche a quelle che avevano lasciato in patria. Il principale elemento di caratterizzazione delle barche degli emigranti era la vela latina, un’attrezzatura che ha un forte legame con la storia del Mediterraneo perché, a partire dal VII° secolo e fino all Ottocento, ha rappresentato la tipologia velica più diffusa in questo mare. Si può definire come :“ una vela di forma triangolare, inferita ad un antenna”. Il Guglielmotti, nel suo Vocabolario Marino e Militare edito nel 1889, la descrive con toni da cui traspare l’ammirazione che continuava a suscitare, anche alla fine dell’età della vela: “Linda, con poche manovre, non ha bisogno di boline, non di bracci, non di mantiglie ed è la migliore per stringere il vento. Essa va all’orza sino a quattro quarte, quindi domina l’orizzonte per ventiquattro rombi; dove la vela quadra a stento non raggiunge che venti.” Risalire il vento per ventiquattro dei trentadue rombi della Rosa dei venti vuol dire che la vela latina stringe il vento fino a 270° gradi, mentre la vela quadra può giungere solo a 225°. In mare, questa non è una differenza da poco. I limiti della latina, oltre alle difficoltà che presenta la sua manovra, erano costituiti dal notevole numero di braccia che richiedeva. Era una velatura adatta ai frequenti cambiamenti della direzione del vento che si hanno in Mediterraneo, mentre si prestava meno della quadra alle lunghe traversate. Bisogna aggiungere che il trasferimento di tipologie di imbarcazioni mediterranee in California fu favorito dal fatto che, ancora a metà dell’Ottocento, questa rappresentava una specie di “spazio vuoto”. La ragione è dovuta al ritardato processo di colonizzazione della California. Nonostante disponesse di un suolo fertile e di un clima invidiabile, sotto il dominio spagnolo prima e messicano poi, questa terra non ospitava che poche migliaia di europei, quasi tutti religiosi o militari e mancava di centri urbani. Un’ interessante testimonianza del ritardato sviluppo della California si ricava dal testo: Two years before the mast di Richard Dana, un titolo che si potrebbe tradurre con “due anni vissuti da marinaio”. E’ il racconto del viaggio di andata e di ritorno del brigantino Pilgrim da Boston verso la California che si svolse tra il 1833 e il 1834, per caricare l’unica merce disponibile su quelle coste: pelli grezze di bue. Vista la totale mancanza di installazioni portuali, le pelli venivano ammucchiate sulle spiagge e poi caricate sulle lance, che dovevano superare le violente onde della risacca per raggiungere la nave. Allora, la baia di San Francisco era ancora totalmente spopolata e veniva frequentata dagli equipaggi solo per fare acqua e legna. Negli anni in cui Boston e New York erano ormai diventati grandi centri urbani, a San Francisco non esisteva neppure un edificio Il processo di sviluppo della California inizierà nel 1848, con l’annessione agli Stati Uniti ma solo la corsa all’oro e l’apertura del primo collegamento ferroviario transcontinentale del 1869 daranno vita alla tumultuosa crescita urbana di San Francisco. E’ quindi solo a partire dagli anni ‘70 che successive ondate di migrazione portarono centinaia di pescatori italiani a stabilirsi a San Francisco. Anche se sembra che la prima ondata fosse costituita da liguri, questa comunità di pescatori proveniva da diverse regioni italiane, con una prevalenza di siciliani e campani. Come abbiamo visto, qui essi costruirono dei pescherecci nella tradizione della loro terra nativa, barche chiamate “silane” dai loro armatori, ma conosciute come “San Francisco’s feluccas” perché così vennero denominate dalle autorità marittime. Queste “feluccas” dei documenti ufficiali, erano però conosciute dagli americani con l’appellativo di “dago fishing boats”, utilizzando un termine spregiativo (derivato da dagger, pugnale) che a quei tempi marchiava gli italiani. La particolare atmosfera che, alla fine dell’Ottocento, si respirava in questa comunità di pescatori rivive in una pagina autobiografica di Robert Louis Stevenson, che si stabilì a San Francisco nel 1888, prima di iniziare il viaggio che lo avrebbe portato stabilirsi definitivamente nell’ isola di Samoa. In una sua opera, Il Relitto egli ricorda così quei giorni: “Avevo un debole per i ghetti: Little Italy era una delle mie mete abituali. Mi piaceva guardare da fuori i piccoli negozi di generi alimentari che parevano trasportati di peso da Genova o Napoli, con tanto di maccheroni, fiaschi di Chianti, ritratti di Garibaldi e caricature politiche a colori vivaci. Ma amavo anche entrar dentro e fare accese discussioni sugli intrighi politici della “signora Austria” e della “signora Russia” con qualche pescatore della baia, ornato di orecchino”. Le aree di attività di questi pescatori erano situate prevalentemente all’interno della Baia di San Francisco ma le barche potevano spingersi più lontano, compiendo dei lunghi tragitti in mare aperto: fino a Monterey, alla Drake’s Bay o alle Farallone Islands. Le loro imbarcazioni si dimostrarono molto versatili e furono quindi utilizzate per diversi tipi di pesca, dalla rete a tremagli alle nasse per i granchi. Il giornale San Francisco Chronicle nel Febbraio del 1886 indicava l’esistenza di ben 150 “feluccas”. Le cronache ricordano che, oltre alla vela latina, la cultura mediterranea trasferì a San Francisco altri elementi, tra cui il “bel canto”, che era utilizzato dai nostri pescatori in un modo del tutto originale. Le condizioni climatiche della costa della California sono particolari, visto che il mare è solcato da correnti d’acqua fredda, mentre nell’entroterra il clima è temperato. Capita quindi che, mentre nell’interno del paese il cielo è sereno, quando ci si avvicina alla costa, si trovano delle vere e proprie barriere di nebbia, che si formano sul mare. Poteva quindi accadere che, sulla flotta intenta alla pesca, calasse all’improvviso una nebbia fittissima. Allora, nella semioscurità, da una barca erano modulate come richiamo canzoni tradizionali. Al canto si univano una dopo l’altra, tutte le barche, che usavano quel “filo d’Arianna” canoro per non perdersi e ritrovare insieme la via del porto. Tra i modi di vita nostrani ricreati sulla costa americana non poteva mancare l’”arte di arrangiarsi”. Le feluccas erano corredate da remi, da utilizzare quando il vento veniva meno e la loro forma sottile ed allungata ne faceva delle buone unità remiere. La popolosa baia di San Francisco, tuttavia, solcata com’era da tanti vapori che collegavano i centri del litorale, offriva ai pescatori italiani altre opportunità di propulsione, molto meno faticose. Bastava lanciare un grappino sulla poppa di uno dei battelli che passavano vicino alla barca, per esser trainati comodamente a destinazione. I numerosi ferry che solcavano la baia erano particolarmente presi di mira, perché la forma delle loro sovrastrutture impediva all’equipaggio di liberarsi dal grappino. Dato che gli equipaggi dei traghetti non sempre apprezzavano questo modo di ottenere un passaggio, essi ricorrevano all’espediente di far allontanare chi tentava di farsi trainare lanciando pezzi di carbone, un materiale di cui a bordo c’era notevole disponibilità. Non vi erano dubbi sulle capacità marinaresche dei pescatori italiani. A tale proposito si può ricordare quanto afferma uno studioso come Howard I.Chapelle, nel suo American Small Sailing Craft.: “ La reputazione di cui godevano queste barche era ottima: si diceva che erano molto veloci e marine. Intorno agli anni ’80 dell’Ottocento i pescatori italiani erano famosi per il modo in cui portavano la vela durante i violenti colpi di vento che sono così comuni dentro e fuori la Baia di San Francisco. L’attrezzatura latina era molto pericolosa nelle mani di chi non fosse addestrato; ciò nonostante queste barche ebbero a lamentare pochissimi incidenti, perché gli equipaggi erano generalmente molto abili nella manovra”. Da parte sua, il giornale San Francisco Bulletin scriveva nel 1875: “ Gli uomini sono veramente incuranti del pericolo e le loro vele latine si possono vedere spesso mentre sfidano il vento, proprio quando i nostri yachts da diporto sono ben felici di rifugiarsi in porto” Purtroppo nessuna “felucca” originale è giunta sino a noi: l’ultimo esemplare è stato demolito negli anni Cinquanta, ma già all’inizio del Novecento la flotta dei pescatori italiani cominciò a passare al motore. Le prime unità mantennero le loro forme tradizionali, ma poi la nuova forma di propulsione modificò completamente le loro linee. Una conversione così precoce non deve stupire, visto che la California è sempre stata all’avanguardia del progresso tecnologico. Per capire come erano fatte le “feluccas” disponiamo di una documentazione piuttosto scarsa: qualche disegno realizzato da Howard I. Chapelle; un paio di modelli conservati presso lo Smithsonian Museum; un rilievo eseguito sull’ultima imbarcazione conservata presso il Mariner’s Museum di Newport News, Virginia, prima che andasse distrutta; le vecchie immagini fotografiche ancora disponibili. Le dimensioni di queste imbarcazioni variavano dai 18 ai 36 piedi, anche se la maggior parte si collocava tra i 22 ed i 26 piedi. La forma della chiglia risultava piuttosto stellata, sia a prua sia a poppa. L’opera morta era bassa sull’acqua, un particolare che dava loro un aspetto slanciato ed elegante. La falchetta era invece piuttosto alta, mentre il ponte, che in alcuni esemplari presentava un discreto bolzone, era generalmente pontato sia a prua, sia a poppa e disponeva di un angusto boccaporto, riservato al timoniere. La vela latina era sorretta da un albero a calcese, che non disponeva né di sartie né di stragli, ed era inclinato decisamente in avanti. Il lungo bompresso, che fuoriusciva dallo scafo a destra della pernaccia, era mantenuto al suo posto dai venti e da una briglia ed era armato con un fiocco. Ci si è chiesti quale sia l’origine di queste barche. Gli esperti del settore non nascondono quanto sia difficile trovare una risposta univoca a tale quesito. Rispetto alle barche siciliane, Carlo Ammatuna nota che le “feluccas” sono più stellate ed hanno elementi diversi, come l’albero a calcese inclinato in avanti, mentre la loro falchetta è alta, proprio come nelle barche siciliane. Filippo Castro sottolinea come vi siano somiglianze con l’attrezzatura di imbarcazioni spagnole, con differenze nei confronti di quelle liguri: nota ad esempio che i madieri dei gozzi di Sestri Levante hanno alzi limitati ad un‘inclinazione di 1-2 gradi, mentre le “feluccas” presentano alzi molto superiori, di 6-12 gradi. È probabile che questo particolare sia dovuto al fatto che questi scafi non venivano alati tutti i giorni sulla spiaggia come in Liguria, ma si ormeggiavano in porto. Per Sergio Spina: le barche americane sono degli ibridi, che presentano i caratteri generali delle barche delle Baleari, così come sono descritti in un testo spagnolo di riferimento: Nuestra vela latina di Francisco Oller e Vincente Garcia Delgado. Presentano però alcuni particolari che sembrano di derivazione ligure, come i bordi pieni con incastri delle teste degli staminali e i bottazzi accentuati, mentre altri particolari sembrano mutuati da imbarcazioni siciliane: con scalmiere di alcune barche che ricordano quelle di area trapanese. In conclusione, Pietro Berti ritiene che l’insieme delle caratteristiche delle “feluccas”renda molto difficile attribuire il loro disegno ad una determinata regione italiana: esse sembrano piuttosto aver preso elementi da diverse località, con qualche influsso di area spagnola. Per approfondire il problema dell’origine di queste barche si stanno effettuando delle ricerche sui nomi dei loro costruttori. Finora l’elenco di maestri d’ascia comprende i nominativi di: Domingo Testa; George F. Lanteri; G.B. Gracchi; i fratelli Caviglia; P. Demartini; S.O. Pasquinucci. Tutti furono attivi in un arco di tempo che va dal 1868 al 1903. La “felucca”, col tempo, è diventata qualcosa di più di una barca: la sua immagine è stata adottata come simbolo della comunità italiana di San Francisco. Da qui la necessità di costruirne delle riproduzioni: trenta anni fa William Gilkerson prese l’iniziativa di ricostruirne una. Egli incontrò difficoltà nel raccogliere la relativa documentazione ma alla fine, quando l’opera fu terminata, ebbe la soddisfazione di cedere la barca alla comunità italiana di San Francisco, di cui ormai questa imbarcazione era diventata il simbolo. Si trattava della Matilda D., il cui scafo per molti anni ha accolto i visitatori proprio all’ingresso del “Maritime National Historic Park” di San Francisco, corredata da un grande tricolore, che non lasciava dubbi sulla sua origine. Nel 1986, dopo un approfondito lavoro di ricerca e documentazione, fu costruito un nuovo esemplare. L‘imbarcazione, lunga 5,60 metri, fu battezzata Nuovo Mondo. Nel 1999 in vista del raduno di “Brest 2000” che ogni quattro rappresenta la maggiore rassegna mondiale delle imbarcazioni tradizionali, il “Maritime National Historic Park” decise che avrebbe partecipato a tale avvenimento. A rappresentare le barche americane non poteva mancare la copia di una “felucca”. A Brest, l’agile scafo del Nuovo Mondo raccolse una serie d’apprezzamenti favorevoli per la qualità della sua realizzazione e per le sue doti veliche. Nel 2004 la barca ha varcato di nuovo l’Atlantico per partecipare alle tappe di Stintino e di Saint Tropez del “Circuito della Vela Latina”, insieme a imbarcazioni tradizionali italiane, francesi e spagnole. Ha suscitato un notevole entusiasmo tra i marinai del Mediterraneo, che non avevano mai sospettato che le “latine” fossero arrivate fin sotto il Golden Gate.