Rassegna stampa 26 marzo 2016

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Rassegna stampa 26 marzo 2016
Il Piccolo 26 marzo 2016 Attualità Caccia ai processi analogici del linguaggio Finanziamento da un milione di dollari alla Sissa e ad altri due istituti per studiare la costruzione delle parole nel cervello di Cristina Serra. TRIESTE. Primo dei 25 progetti finanziati dallo Human Frontiers Science Program su un totale di 672 progetti presentati. Alessandro Treves, neuroscienziato della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste, porta a casa un grandissimo successo: un finanziamento internazionale triennale di oltre un milione di dollari che servirà per studiare in che modo il linguaggio umano si struttura, cioè in che modo vengono costruite a livello cerebrale le parole che usiamo per comunicare. A erogare il finanziamento sarà lo Human Frontiers Science Program (Hfsp), un programma internazionale che seleziona e sostiene ricerche di frontiera mirate a decifrare i segreti degli organismi viventi. In particolare, lo Hfsp individua e premia progetti che si valgono di collaborazioni transnazionali e che uniscono competenze diverse. Oltre che della Sissa, infatti, il progetto porta la firma della psicolinguista Naama Friedman dell'Università di Tel Aviv, nonché del fisico teorico Remi Menesson, della Scuola Superiore Normale di Parigi, esperto in sistemi complessi. La loro proposta ha battuto tutte le altre in campo proprio perché è in grado di fondere competenze interdisciplinari che uniscono l'approccio neurolinguistico alla modellizzazione computazionale e a studi di imaging cerebrale. Il titolo della ricerca -­‐ "Analog computations underlying language mechanisms" -­‐ che è stata giudicata altamente innovativa dai revisori del progetto, riflette bene la complessità del tema e degli obiettivi, tra i quali figura lo studio dei codici neurali che hanno importanza ai fini dell'elaborazione e della produzione del linguaggio, e successivamente anche della memoria. Ma in concreto, che cosa studieranno i tre gruppi di ricerca? Cercheranno, per esempio, di capire in quale modo i fonemi (ovvero le lettere) che compongono una parola vengono codificati dal cervello. Un fonema -­‐ cioè un'unità linguistica minima non dotata di significato proprio, come le lettere t e d -­‐ diventa importante quando è combinato ad altri fonemi, dove può fare la differenza (pensiamo per esempio alle parole tetto e detto, dove l'unica differenza è data dalla lettera iniziale). Come spiega Treves, l'ipotesi oggi accreditata è che da qualche parte nella corteccia cerebrale (sia quando essa viene prodotta, che quando viene ascoltata) la parola sia rappresentata come una "traiettoria" in uno "spazio". Questo spazio è multidimensionale e complesso, ma la sua struttura è ancora tutta da capire. Chiarire e descriverne l'organizzazione diventa dunque importante per comprendere come a una traiettoria continua, ed estremamente variabile, possa corrispondere una precisa sequenza di fonemi. Va da sé che verranno studiati anche i meccanismi di apprendimento dell'individuo in relazione alla lingua usata e il ruolo di particolari cellule, dette cellule a griglia, nei processi linguistici. Dice ancora Treves, che è noto per le sue ricerche pionieristiche sulle neuroscienze della produzione del linguaggio e della memoria: «Partendo dai fonemi vorremmo poi arrivare a capire in che modo l'essere umano ha sviluppato meccanismi linguistici superiori come quelli che ci consentono di ricordare una poesia o una rima». 1 Economia Tbs, soffre il margine operativo ma in crescita utile e ricavi I conti 2015 della società triestina attiva in tecnologia sanitaria. L’ad Salotto: «Bilancio all’insegna del consolidamento in un mercato complesso, buone premesse per un 2016 migliore» di Massimo Greco. TRIESTE. «È un bilancio all’insegna del consolidamento, bilancio che risente di un mercato complesso. Comunque, a fronte delle difficoltà di contesto, Tbs Group ha avuto una buona reazione, riteniamo i risultati 2015 parzialmente soddisfacenti ma siamo convinti che ci siano le premesse per un 2016 migliore». È il giudizio di sintesi “trasmesso” dall’amministratore delegato di Tbs Group Paolo Salotto, dopo l’approvazione dell’esercizio 2015 relativo ai conti della società triestina impegnata nel settore della tecnologia sanitaria, quotata nel segmento borsistico Aim, “domiciliata” nell’Area di ricerca. «Il lavoro di riassetto gestionale -­‐ prosegue Salotto -­‐ ha funzionato per alcuni indicatori, meno per altri. Per esempio, il margine operativo appare un po’ in sofferenza, ma crediamo che alcuni fattori, che nel 2015 hanno agito negativamente, possano essere risolti. Importante, invece, sottolineare il netto miglioramento dell’utile, a dimostrazione della buona salute del gruppo». Tbs Group, fondato e presieduto da Diego Bravar, ha chiuso il bilancio del 2015 con una crescita dei ricavi a 233,8 milioni (+1,9%) e ha conseguito un utile di 2,9 milioni superiore di mezzo milione all’esercizio 2014. L’elevato indebitamento si attesta a 84,5 milioni, in forte aumento rispetto ai 62,5 milioni del bilancio precedente, ma in calo di 5,3 milioni in confronto ai nove mesi 2015. Si parlava di una marginalità sofferente. Il “mol” è infatti sceso del 5,2% a 22,6 milioni per una serie di ragioni scandite dal comunicato diffuso ieri mattina, che esplicita quelle difficoltà di mercato cui faceva riferimento Salotto. Una “griglia” critica cui concorrono gli effetti della “spending review”, i costi non ricorrenti legati alle fusioni societarie e alle nuove acquisizioni, il mancato contributo delle gare internazionali vinte ma in ritardo nell’applicazione contrattuale, il rinvio dell’attivazione di alcuni contratti nazionali a causa di ricorsi presentati dalla concorrenza, i costi di start-­‐up correlati a contratti di alta tecnologia. L’effetto degli “eventi non ricorrenti” viene stimato superiore al milione e mezzo di euro. Ricordiamo che nel corso del 2015 Tbs ha inserito nel suo carnet la “Ing. Burgatti” e “Crimo France”. Ma -­‐ precisa la nota -­‐ il calo del margine operativo risulta più che compensato da una gestione finanziaria migliorata e da una diminuzione delle imposte. La politica di internazionalizzazione è proseguita anche nella prima parte del 2016, con l’acquisizione del 51% della portoghese Tunemedix, specializzata nella fornitura di prodotti destinati alla diagnostica per immagini. Istria-­‐ Quarnero -­‐Dalmazia Corsa all’ospedale: multa da 400 euro all’ambulanza Ragusa: al conducente ritirata e poi restituita la patente Stava trasportando un paziente in pericolo di vita di Andrea Marsanich. RAGUSA (DUBROVNIK). Quel 29 marzo 2013 aveva a bordo dell'autolettiga un uomo morente, assistito da medico e infermiera: il paziente era stato colto da malore nella cittadina di Metkovi„ (Porta Perenta), in Dalmazia, e doveva essere trasportato d'urgenza all'ospedale di Ragusa (Dubrovnik), a 96 chilometri di distanza. L’autista del Pronto soccorso di Metkovi„, Nikola Barbir, una lunga esperienza alle spalle, stava guidando a velocità sostenuta e con le luci rotanti accese, sorpassando le colonne di veicoli presenti lungo la Litoranea adriatica. Il tutto con un solo obiettivo: salvare la vita al paziente, il cui destino dipendeva dalla velocità con cui sarebbe stato portato in ospedale. Due anni più tardi, Barbir ha ricevuto il testo della sentenza del Tribunale mandamentale di Ragusa, che lo riteneva colpevole di sorpasso lungo linea continua e in un pericoloso tornante. La sanzione? Molto pesante, specie per un conducente professionista: tremila kune (circa 400 2 euro) di multa e ritiro della patente per tre mesi. Quando Barbir ha letto il verdetto è rimasto scioccato. Intanto due anni prima non si era nemmeno accorto di avere commesso l'eventuale infrazione, giacché non era stato fermato da alcun agente della polstrada; e poi tre mesi senza patente significavano anche tre mesi senza stipendio. Ripresosi dall'amara sorpresa, l'autista ha deciso di presentare ricorso al tribunale di secondo grado che gli ha ora "concesso uno sconto". Niente ritiro della patente e pagamento di una pena pecuniaria ridotta: 2200 kune (300 euro), praticamente un terzo del suo salario. Se alla questura hanno voluto rimarcare che tre anni fa Barbir aveva commesso una grave violazione del Codice stradale, l'autista ha replicato affermando che quel giorno la vita di un uomo era appesa non ai minuti, ma ai secondi. «Dovevo condurre l'autolettiga a una velocità tale da poter permettere il ricovero del paziente in tempi quanto più rapidi possibile, ero obbligato a farlo -­‐ ha detto Barbir -­‐ poi vengo a scoprire due anni dopo di essere stato multato. Ho impugnato la sentenza che solo un paio di giorni fa è diventata esecutiva. Ho pagato le 2.200 kune di multa, che altro potevo fare?». Trieste Cresce la rete cittadina dei defibrillatori L’associazione Trieste solidale fornisce quattro apparecchi acquisiti con i fondi di una lotteria benefica Cresce la rete cittadina dei defibrillatori, preziosi strumenti per intervenire sulle persone colpite da attacchi cardiaci e spesso determinanti per salvarne la vita. Dopo i 35 apparecchi acquistati dal Comune nel 2014 e operanti da tempo, altri quattro sono stati acquisiti in questi giorni dall’associazione di volontariato Trieste Solidale Onlus con i fondi raccolti attraverso l’iniziativa “Per un cuore sempre giovane”, lotteria benefica organizzata mesi fa in collaborazione con la Croce rossa, il Comune e il nostro giornale. I siti dove queste apparecchiature saranno collocate sono stati già individuati. Si tratta della casa della Caritas “Il Teresiano” in via dell’Istria, dell’area di servizio Tamoil in via Fabio Severo e dello stabilimento balneare Ausonia in Riva Traiana. A questi siti si aggiunge il complesso edilizio Europa, sulla Strada Costiera, che soprattutto nel periodo estivo è frequentato da 4-­‐500 persone. I dispositivi acquistati sono infatti progettati appositamente per l’uso in aree pubbliche, ed è possibile utilizzarli sia per soccorrere persone adulte sia i bambini. «Abbiamo scelto i luoghi dove collocare i defibrillatori -­‐ spiega il presidente di Trieste Solidale, Fabio Avanzini -­‐ guardando ad aree del territorio ancora “scoperte” e ai rispettivi bacini di utenza, o comunque dove la concentrazione di persone è piuttosto elevata. Fra i siti abbiamo pensato anche al posteggio dei taxi in via Gallina -­‐ aggiunge -­‐ e inviato una domanda al Comune. Dopo aver incontrato il vicesindaco Martini e l’assessore Kraus, siamo in attesa di una risposta». Interpellata in proposito, il vicesindaco Fabiana Martini ha precisato che «stiamo verificando gli aspetti tecnici e di accessibilità per poter collocare un defibrillatore in quel punto». In effetti, disporre di un defibrillatore pienamente operativo non è così semplice. Le persone incaricate di utilizzarlo devono infatti seguire un apposito corso di pronto soccorso, conseguendo un patentino. «Gli addetti dei singoli destinatari dei fibrillatori -­‐ conferma Avanzini -­‐ seguiranno a breve un corso di otto ore. Quindi gli strumenti saranno in funzione prima della stagione estiva. Va detto -­‐ aggiunge -­‐ che, prima di saper usare i defibrillatori, sarebbe utile che tutti sapessero praticare il massaggio cardiaco, manovra fondamentale per soccorrere la persona infortunata in attesa dell’arrivo dei sanitari». I nuovi defibrillatori, si diceva, andranno a integrare la rete di dispositivi che il Comune ha messo in piedi da tempo. «Nel 2014 -­‐ ricorda l’assessore alle Politiche sociali Laura Famulari -­‐ il Comune ha acquistato 35 apparecchiature, con una spesa di 40 mila euro. Alcuni sono stati affidati ai responsabili dell’Area politico sociale e installati al Gregoretti, al Centro anziani, nelle due farmacie comunali e negli uffici di via Mazzini. All’Area educazione fanno invece capo i defibrillatori 3 collocati nei ricreatori, nelle scuole elementari, in numerosi impianti sportivi, al PalaTrieste, al PalaChiarbola e al bagno alla Lanterna». (gi.pa.) Gorizia La polemica Oreti: «La riforma sanitaria regionale è del tutto inefficace» «La riforma regionale sulla sanità continua ad essere inefficace. Stavolta mi riferisco ad un brutta notizia che sembrerebbe aver colpito il personale medico e paramedico dell’ospedale. In questi giorni sono stato informato di alcuni “rumors” in merito ad una situazione anomala, quanto kafkiana, visto che secondo quanto mi è stato rappresentato si sta dando il via ad un azzeramento di tutte le ore lavorative in più svolte negli anni precedenti del personale che opera nell’ospedale di Gorizia e Monfalcone». A dirlo è il capogruppo della lista civica “Per Gorizia” e coordinatore provinciale di Autonomia Responsabile, Fabrizio Oreti che ha preso carta e penna per redarre un nuovo comunicato. «Secondo quanto trapela, in particolare, vengono colpiti i medici -­‐ sottolinea Oreti -­‐. Sarebbe a dir poco paradossale voler togliere il lavoro in più svolto a favore dell’assistenza e cura dei pazienti dei due ospedali. Il motivo, tra l’altro, resta un mistero». «Così facendo, se le notizie giunte fossero veritiere, si potrebbe inoltre ipotizzare che quelle ore cancellate fossero svolte illegittimamente da parte dei medici. Se quest’ottica non fosse smentita, colui che pagherà il prezzo più caro sarà ancora una volta il paziente che si vedrà accolto solamente nelle poche ore nelle quali l’Azienda sanitaria costringerà i medici a svolgere il proprio lavoro. Medici, che ricordo, già sotto organico per il blocco del turn-­‐over». «Se questa notizia fosse confermata dall’Azienda sanitaria Bassa Friulana-­‐Isontina -­‐ stigmatizza Oreti -­‐ darebbe il via all’ennesimo caso che mette in luce il fatto che da quando è entrata in vigore la riforma regionale sulla sanità, vale a dire, un anno e tre mesi fa ne stiamo vedendo di tutti i colori». «Per comprendere, conoscere ed eventualmente intervenire su questa notizia -­‐ termina Oreti -­‐ ho già interessato, con una interpellanza scritta, il sindaco Romoli e l’assessore comunale alla Sanità Romano per avere le dovute delucidazioni in merito a questi fatti che se confermati sarebbero gravi». Mossa, infermiere di comunità entro l’anno Il Comune ha investito 20mila euro per ampliare i locali del “vecchio” ambulatorio. Sarà riattivato presto il servizio prelievi di Francesco Fain. MOSSA. Fusse che fusse la vorta bbona? Questa volta, a sentire l’amministrazione comunale, pare proprio che ci siamo: l’infermiere di comunità entro l’anno sarà realtà. Questa, almeno, è la promessa che l’Azienda sanitaria Bassa Friulana-­‐Isontina ha fatto al Comune di Mossa nel corso dell’ultimo incontro dedicato alla questione. «Nell’ambito delle iniziative attuate nel campo sanitario e socio assistenziale -­‐ spiega il sindaco di Mossa, Elisabetta Feresin -­‐ è stata data notevole importanza alla sistemazione dell’ambulatorio comunale sito al pianoterra del municipio proprio per farlo trovare pronto all’iniziativa dell’infermiere di comunità che è la concretizzazione delle azioni volte alla “territorializzazione” dei servizi di assistenza sanitaria voluti dalla riforma della sanitaria regionale». E non si è trattato nemmeno di uno sforzo di poco conto... L’investimento effettuato, che ha coinvolto risorse proprie del Comune pari a oltre 20.000 euro, ha consentito di ampliare il locale già utilizzato come ambulatorio ricavando un vero e proprio spazio da destinare al nuovo servizio. «I lavori si sono caratterizzati dall’installazione di tutta una serie di dispositivi prescritti dall’Azienda sanitaria, nuovi lavandini e servizi igienici, nuovi pavimenti e sistemazione delle pareti con l’utilizzo di materiali idonei all’uso medico che è proprio di questi spazi. In sostanza, ora disponiamo di uno spazio che risponde pienamente al tipo di servizio che si vuole offrire alla cittadinanza». In passato, nello stesso ambulatorio era stato attivato un servizio prelievi svolto settimanalmente dall’associazione “La Salute” di 4 Lucinico che, dopo i lavori di sistemazione degli spazi, attivati grazie alla sollecitazione della stessa, non ha più ripreso la sua attività. «Al di là del progetto dell’infermiere di comunità, il Comune ha continuato ad attivare incontri informali con “La Salute” per riattivare i prelievi ed individuare un gestore del servizio -­‐ afferma il sindaco -­‐. Siamo in attesa di una loro decisione in tal senso. Noi siamo pronti ad affidare la gestione di questo servizio: l’ambulatorio risponde a tutte le caratteristiche necessarie per svolgerlo in modo adeguato ed idoneo proprio grazie ad un investimento nato alla luce di una precisa volontà di migliorare e rendere funzionali servizi ed ambienti di cui beneficia la nostra comunità. Le porte sono, quindi, aperte al gestore che vorrà attivare la ripresa dei prelievi a Mossa». Il sindaco conclude evidenziando la positività di un servizio territoriale come quello svolto e che si vuole continuare a svolgere a Mossa, con evidenti benefici per la popolazione. Dopo il trasferimento a San Canzian Mantenute le condizioni per gli utenti dell’ex centro Alzheimer di Romans ROMANS. La giunta comunale di Romans, approvando una delibera, ha fatto una puntigliosa ricognizione sulla vicenda del centro diurno Alzheimer, fondazione Candussi, di via XXV Maggio. È stato ricordato che dopo la disdetta della cooperativa Itaca, che gestiva la struttura romanese fin dalla sua apertura nel settembre 2011. Cooperativa che il l'11 gennaio 2016 comunicava l'impossibilità a proseguire il servizio oltre la data di scadenza del contratto stipulato in proroga, ovvero il 15 febbraio 2016. Ha fatto seguito, il 28 gennaio, la Conferenza dei sindaci per la gestione del centro diurno, che considerando strategico il mantenimento di tale servizio in continuità e nonostante l'esiguo tempo a disposizione, dava mandato al sindaco del Comune capofila di Romans, di effettuare le verifiche per garantire la prosecuzione dello stesso in via prioritaria presso la struttura. Dopo aver ripercorso le varie tappe successive alla chiusura del centro romanese allo scopo di trovare una soluzione, soluzione felicemente trovata, nella sua ultima seduta la giunta comunale romanese ha deliberato di aver preso atto che dal 22 febbraio 2016 gli utenti già ospitati al centro diurno Alzheimer, di Romans, sono stati temporaneamente accolti al centro Alzheimer Argo di San Canzian con le medesime condizioni applicate ai comuni e all'utenza nella struttura di Romans, con la sola eccezione dell'aliquota Iva applicata, passata dal 4 al 5 per cento. Il Comune di Romans subentra in tal modo quale obbligato nei rapporti giuridici con il Comune di Ronchi dei Legionari e quindi con il centro Argo di San Canzian d'Isonzo e quale utente nel servizio centro diurno per conto degli ospiti provenienti da Romans e dai Comuni con esso convenzionati. Edo Calligaris Messaggero Veneto 26 marzo 2016 Regione Bambini fino a 6 anni e persone indigenti: il dentista sarà gratuito Prima tappa del programma di ortodonzia sociale Dall’estate la Regione pagherà le dentiere per gli over 65 di Maura Delle Case. UDINE. Le cure dentistiche sono una delle voci di spesa più temute dai genitori che in Fvg possono però contare sull’aiuto della Regione. Una delibera approvata ieri dalla giunta su proposta dell’assessore regionale alla salute, Maria Sandra Telesca, stabilisce la gratuità delle prestazioni odontoiatriche per tutti i bambini fino a sei anni di età (ad eccezione 5 dei trattamenti ortodontici), mentre tra i 7 e i 14 sarà applicato il ticket. L’atto licenziato dall’esecutivo mette in sicurezza i cittadini in condizioni di vulnerabilità finanziaria e sanitaria dagli effetti del decreto sull’appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza. Varato dal Governo lo scorso dicembre per cercare di limitare la spesa sanitaria inappropriata, il decreto ha creato non poco scompiglio, specie tra i medici di famiglia chiamati a stringere la corda delle prescrizioni nell’ambito di un decreto che, a detta della stessa Telesca, è tutt’altro che chiaro. Da qui la delibera di ieri, che mette in sicurezza l’accesso alle prestazioni odontoiatriche a carico del Ssr per i cittadini in particolare condizione di vulnerabilità. Sia sanitaria che sociale. Rientrano nella prima persone in attesa di trapianto, post-­‐trapianto, stato di immunodeficienza grave, cardiopatie congenite cianogene, trattamento con radioterapia del capo o con chemioterapia, rischio di osteo-­‐necrosi dei mascellari, gravi patologie dell’emo-­‐coagulazione, disabilità neuro-­‐psichiatriche gravi, tossicodipendenza in trattamento sostitutivo (con Isee inferiore a 25 mila euro), malattia mentale seguita da almeno tre anni dai Centri di salute mentale (anche in questo caso con meno di 25 mila euro di Isee) e malformazioni congenite dell’apparato stomatognatico, con postumi di gravi traumi cranio-­‐facciali, e interventi demolitivi del distretto oro-­‐facciale. Salvo per la compartecipazione in alcuni casi, questi cittadini saranno esenti dal pagamento delle cure odontoiatriche, al pari di quelli con un’Isee inferiore a 6 mila euro che avranno diritto alle medesime prestazioni, interamente a carico del Ssr. E’ invece previsto un contributo del 25 per cento del valore della prestazione per coloro che hanno un Isee compreso tra 6.001 e i 10 mila euro e del 50 per cento tra 10.001 e 15 mila euro. Esenti i bambini fino a 6 anni. Pagano il ticket tra i 7 e i 14. «Era assolutamente necessario fare questi chiarimenti perché sennò, il decreto appropriatezza, che in qualche passaggio è tagliato con l’accetta, rischiava di comportare la sospensione di alcuni trattamenti in ambito odontoiatrico che abbiamo potuto evitare approvando la delibera di oggi. Un passo importante -­‐ ha aggiunto ieri Telesca -­‐ in vista del Programma regionale di odontoiatria sociale che ormai è giunto alle battute conclusive. Dovrebbe essere pronto entro l’estate». Con diverse novità. Una su tutte? «Le protesi dentarie a carico del Servizio sanitario regionale per gli over 65», annuncia Telesca, e i trattamenti ortodontici -­‐ leggi apparecchi -­‐ per i bambini. 6 Appena qualche mese fa, sul progetto di odontoiatria sociale che l’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca, conta di varare prima dell’estate, aveva puntato gli occhi la dama degli appalti, Maria Paola Canegrati. Ma l'assessore disse no Quel piano che la dama delle tangenti voleva L’imprenditrice brianzola finita in arresto lo scorso febbraio con l’accusa di aver pagato tangenti al consigliere regionale leghista Fabio Rizzi per ottenere bandi tagliati su misura che nel tempo le hanno consentito di mettere insieme un giro d’affari da 400 milioni di euro, garantendo alle sue società l’assoluto monopolio delle cure odontoiatriche in Lombardia. Prima dell’arresto, Canegrati aveva allungato gli occhi anche sulla Liguria. E sul Friuli Venezia Giulia, dove in particolare le interessava il progetto regionale di odontoiatria sociale, per il quale aveva chiesto ed ottenuto un incontro all'assessore Telesca. «Pura cortesia, ma non poteva fare al caso nostro» ha sottolineato l’assessore. (m.d.c.) Tumori, la frontiera delle nanoparticelle Dopo la scoperta del farmaco anti-­‐metastasi, lo scienziato udinese Ferrari indica le prospettive future di Elena Del Giudice. RONCHI DEI LEGIONARI. C’è una rassicurazione che Mauro Ferrari fa sempre agli amici che invita a partecipare alla Unesco Cities Marathon: «Non preoccupatevi dell’ultimo posto, lo occupo io». Così, scherzando sulle proprie doti atletiche, lo scienziato friulano, ha esordito all’incontro con i giornalisti, nella sala conferenze dell’Aeroporto di Ronchi dei Legionari, avvenuto pochi minuti dopo il suo arrivo da Houston. Ferrari è giunto in Friuli Venezia Giulia per partecipare alla Maratona delle tre cittadine Unesco, (Cividale, Palmanova, Aquileia) di Pasquetta, insieme alla moglie, e ha presentato qui, nella sua terra, la recente scoperta che rappresenta la speranza più grande, e ragionevolmente più concreta, di sconfiggere una particolare forma di cancro: il carcinoma mammario triplo negativo metastatico. «Si tratta di un tumore -­‐ ha spiegato -­‐ che non ha ancora una categoria di farmaci particolarmente efficaci». La degenerazione della massa primaria in metastasi rende, peraltro, estremamente difficoltoso intervenire con successo in qualsiasi patologia tumorale. Bene, a conclusione di un percorso iniziato con una intuizione nel 1994, tre anni fa Ferrari e la sua équipe hanno ottenuto i primi, straordinari e positivi risultati. Nel 50% delle cavie affette da carcinoma mammario con metastasi al polmone o al fegato, si è assistito alla completa remissione della malattia; nel restante 50% la sopravvivenza è aumentata significativamente (nell’uomo si parlerebbe di 5 anni). «Negli ultimi 3 anni il nostro lavoro è stato verificato e riverificato sino ad arrivare alla sua pubblicazione su Nature Biotechnology, la principale rivista del settore», ha aggiunto il professore. «Ora -­‐ ha indicato il prossimo obiettivo -­‐ siamo impegnati a portare questo studio alla fase della sperimentazione clinica che contiamo di avviare entro i prossimi 18/24 mesi». Ovviamente negli Usa, all’Houston Methodist Research Institute, di cui lo scienziato italiano è presidente. Ma Ferrari è aperto a collaborazioni «con chiunque sia disponibile a lavorare su questo progetto». Italia compresa, visti i recenti contatti tra il professore e l’Aifa. Ferrari non esclude che grazie alle nanoparticelle possano venire trattati anche altri tipi di tumore «ma l’impegno finanziario imponente che richiede il portare un nuovo farmaco dalla fase della ricerca alla clinica (circa 17 anni di tempo e 2,7 miliardi di dollari), non ci consente di ampliare oggi il nostro raggio di azione». Troppo tempo e troppo denaro rappresentano di fatto un ostacolo a che le scoperte scientifiche arrivino ai pazienti che ne trarrebbero giovamento. «Occorrerebbe trovare un modo per risolvere questo impasse -­‐ ha aggiunto -­‐ perché il cancro è ancora oggi una grande tragedia che solo negli Usa uccide una persona al minuto». A Houston Ferrari è andato avanti con il progetto costruendo una struttura in grado di produrre il farmaco (Good Manufacturing Pratices) e arrivare quanto 7 prima all’approvazione della Fda. In che cosa consiste la scoperta lo scienziato lo ha spiegato con parole semplici: si tratta di trarre in inganno la cellula tumorale che riconosce come utile alla propria sopravvivenza la nanoparticella contenente il farmaco. Questa supera così le barriera di difesa e solo nel momento in cui si trova all’interno, rilascia il farmaco che distrugge il tumore. Latisana Riforma sanitaria»il caso Da Latisana a Palmanova odissea per quattro bimbi malati Anche tre ore d’attesa per poi essere trasportati in ambulanza nell’altro ospedale. Madre col piccolo di pochi mesi lasciata a piedi e costretta a chiamare il marito di Paola Mauro. LATISANA. Un’altra notte di emergenza pediatrica al pronto soccorso dell’ospedale. E adesso dai cittadini indignati per il disservizio provocato con la sospensione della guardia pediatrica cominciano ad arrivare proteste e reclami all’indirizzo dell’Azienda sanitaria 2 Bassa friulana-­‐Isontina, per le modalità operative stabilite in orario serale e notturno. L’altra sera, le quattro famiglie, con bambini piccoli, che si sono rivolte al Ps hanno trovato una situazione che, evidentemente, chi ha progettato il piano dell’emergenza non aveva considerato a pieno. Anche quattro ore d’attesa per raggiungere l’ospedale di Palmanova per una consulenza pediatrica. Chi è arrivato in pronto soccorso a Latisana dopo le 21 ha atteso la mezzanotte per poter essere accompagnato in ambulanza a Palmanova (un’ora e mezzo l’impegno per ogni paziente), senza una sala d’attesa dove bambini di pochi mesi possano aspettare separati dal resto dell’utenza. Una situazione insostenibile, che gli stessi operatori sanitari dell’area d’emergenza dell’ospedale di Latisana, neanche una decina di giorni fa, prima dell’entrata in vigore del decreto di sospensione del punto nascita e della guardia pediatrica, avevano prospettato in una lettera inviata ai vertici dell’Aas2. «Il numero di accessi pediatrici al nostro pronto soccorso è molto elevato – hanno scritto gli operatori riferendosi ai 4.840 casi del 2015 – e questo ovviamente incrementa il rischio per noi e per i pazienti». E il riferimento è alla tipologia di paziente, quello in età pediatrica, che pur davanti a parametri vitali non alterati, può celare condizioni potenzialmente gravi, se non prontamente riconosciute. Da qui la necessità – ribadita dagli stessi operatori del Ps – della presenza di un medico con competenze specifiche, un pediatra appunto, che possa prontamente riconoscere le situazioni potenzialmente a rischio di evoluzione. E quindi da lunedì, tutti i bambini che si presentato al Ps sono trasportati in ambulanza all’ospedale di Palmanova, dove il pediatra c’è 24 ore su 24. Poi però succede come a quella mamma che la sera del 22 marzo è stata trasportata a Palmanova con il figlio di due anni e mezzo e, dopo la visita, lasciata “a piedi”, quando era ormai quasi la mezzanotte, con un figlio febbricitante, a 40 chilometri da casa. Lo racconta lei stessa, in una lettera, che diventerà il testo del reclamo da presentare all’Aas2, dove riferisce che al pronto soccorso di Latisana il medico di turno, pur avendo valutato che il bambino presentava i sintomi di un virus, ha preferito richiedere una valutazione pediatrica, predisponendo il trasporto del bambino e della mamma a Palmanova, non prendendosi la responsabilità, vista l’età del bambino, né di somministrargli un farmaco, né di rimandarli a casa. Rimasta a piedi a Palmanova, nonostante la visita si sia conclusa in pochi minuti l’ambulanza non ha atteso l’esito, la donna si è ricordata di quanto aveva garantito, durante l’incontro con le mamme del comitato Nascere a Latisana, l’8 marzo, il direttore sanitario dell’azienda 2, ovvero che la casistica di bambini portati a Palmanova sarebbe stata così scarsa, dopo la soppressione della guardia pediatria, che al viaggio di ritorno verso Latisana avrebbe provveduto lui in persona. 8 E così la mamma ha chiesto agli operatori di Palmanova di chiamare il direttore, generando il panico fra il personale. Alla fine da casa, dopo aver affidato l’altra figlia di pochi anni a una parente, il marito ha raggiunto Palmanova, per recuperare moglie e figlio. Gorizia Sostegno al reddito: quasi metà dei fondi a cittadini stranieri I dati dei Servizi sociali del Comune: il 41,8% di aiuti a esteri Ziberna e Gentile: vanno modificati i criteri di assegnazione di Christian Seu. Il 41,8 per cento delle misure di contribuzione previste dalle norme regionali sul sostegno al reddito erogati dall’Ambito Alto Isontino sono appannaggio di cittadini stranieri È quanto emerge dai dati forniti dai Servizi sociali del Comune di Gorizia: complessivamente, i nuclei familiari assistiti attraverso la misura di sostegno al reddito sono 586, di cui 245 stranieri e 341 italiani. Una ripartizione che è aspramente contestata dal consigliere regionale di Forza Italia, Rodolfo Ziberna, e dal capogruppo azzurro in Consiglio comunale, Fabio Gentile. «Se l’ambito socio-­‐assistenziale di Gorizia e la Destra Isonzo destina quasi il 42 per cento dei “bonus povertà” agli stranieri c’è qualcosa che non va nel sistema, che dimostra di aver abbandonato il welfare destinato agli italiani per privilegiare in modo eccessivo quello destinato agli stranieri. Non parliamo di noccioline ma di una stima di oltre due milioni e mezzo, per la precisione di 2.589.600 euro, nell’anno in corso», indicano i due. I dati Le statistiche elaborate dagli uffici del Comune di Gorizia consentono di fotografare la platea dei soggetti che chiede l’accesso alla misura del reddito di sostegno: il 33 per cento dei richiedenti è disoccupato, mentre il 16 per cento è un lavoratore, nel 54 per cento dei casi addirittura a tempo indeterminato; ci sono poi studenti (13 per cento) e casalinghe (10 per cento), mentre solo il 3 per cento delle richieste è stato formulato da pensionati. Un trend confermato dalle fasce d’età dei componenti dei nuclei familiari che beneficiano del reddito di cittadinanza: quella più nutrita è la fascia 35-­‐64, seguita dai più piccoli (0-­‐18, 490 minorenni che fanno parte di famiglie che hanno domandato sostegno); soltanto 40 gli Over 65 e appena dodici, infine, gli anziani con più di 75 anni. Complessivamente, i componenti assistiti attraverso la misura di sostegno al reddito sono 1.482, con gli italiani (58,2 per cento) che superano gli stranieri. La polemica «Vi sono indici – spiegano Ziberna e Gentile – come il numero dei componenti il nucleo familiare, che tagliano fuori letteralmente gli italiani, la cui famiglia media ha un solo figlio, contro i due, tre o quattro degli stranieri. Ma anche la pensionata con un piccolo e vecchio appartamento e con 400 euro di pensione viene esclusa, sebbene non sia in grado di sopravvivere, perché gli stranieri nella quasi totalità non posseggono un appartamento, diversamente da oltre l’80 per cento degli italiani». «Ecco perché – precisa Ziberna – in consiglio regionale abbiamo insistito per modificare i criteri di assegnazione riconoscendo un maggior punteggio in proporzione all’anzianità di residenza in Italia, e per elevare la soglia di Isee che con 6 mila euro esclude tutti i pensionati e tutti coloro che ora percepiscono 400 euro al mese con un piccolo appartamento». Gli alloggi popolari Secondo i due esponenti di Fi, esiste anche un forte sbilanciamento a favore degli stranieri nelle assegnazioni degli alloggi dell’Ater «In recenti assegnazioni di appartamenti in via Veneto, via Formica e via Rabatta per un totale di 53 alloggi, 30 sono stati assegnati a italiani e ben 23, cioè il 43,39 per cento, a cittadini stranieri». Cardiologia, una dozzina di specialisti in lizza Anche un belga al concorso per il nuovo primario. Non ne farà parte, invece, il facente funzioni Barducci di Vincenzo Compagnone. Arriverà anche dal Belgio uno dei medici partecipanti al concorso per il nuovo primario unico della Cardiologia sulle due sedi di Gorizia e Monfalcone. La griglia degli aspiranti alla nomina è stata ufficializzata in base alle domande pervenute, e comprende 9 una dozzina di specialisti, un numero decisamente elevato (anche se non sono da escludere delle rinunce all’ultimo momento). Il dato originale è rappresentato, come dicevamo, dalla partecipazione di un giovane cardiologo italiano, il dottor Gaetano Paparella (ha 43 anni ed è di Avellino) il quale da alcuni anni svolge la propria professione nella capitale belga. La volontà del medico di rientrare in Italia sembra sia legata tra le altre cose al desiderio di riavvicinarsi al Paese d’origine della moglie, che è slovena. Il nome del dottor Paparella, che lavora al Brussel Heart Center e e alla Clinique St.Jean, è comparso nei mesi scorsi sulle cronache delle riviste specializzate per l’impianto di un innovativo defibrillatore sottocutaneo nei pazienti a rischio cardiaco. La “batteria” dei concorrenti sarà in ogni caso molto agguerrita. A sorpresa, non ne farà parte il primario facente funzioni di Monfalcone, Enzo Barducci. Ci saranno invece il primario facente funzioni di Gorizia Flavio Faggioli con un’altra “colonna” del reparto goriziano, il dottor Roberto Marini, mentre da Monfalcone arriveranno Gilberto Cattarini ed Enzo Hrovatin. Interessante l’iscrizione del primario cardiologo di Tolmezzo, Antonio Di Chiara, mentre ben 4 saranno gli aspiranti alla nomina provenienti da Trieste: Claudio Pandullo, che è anche presidente dell’Ordine dei medici del capoluogo giuliano, Gerardina Lardieri, Marco Milo e Patrizia Maras che fanno parte della rinomata equipe di Cattinara diretta da Gianfranco Sinagra. Ci sarà infine un cardiologo di Vicenza, formatosi alla scuola dell’ex primario cardiologo di Gorizia negli anni 90, Fontanelli. La data del concorso non è stata ancora fissata ma quasi certamente slitterà da aprile a maggio in quanto due componenti su tre della commissione designata hanno dato forfait. La nomina del nuovo primario è molto attesa in quanto spetterà al dirigente, di concerto con i vertici dell’Ass, definire il nuovo assetto dei reparti soprattutto per quel che concerne la dislocazione dell’Unità coronarica, con letti monitorati, prestazioni specialistiche e la guardia cardiologica sulle 24 ore: un servizio che Gorizia rivendica con forza (anche perché in caso contrario si rischierebbe di restare con due mini-­‐cardiologie a estinzione, a favore delle future aree dell’emergenza) ma che viene osteggiato da Monfalcone che non si accontenta di una presenza cardiologica diurna per visite urgenti e ambulatoriali, test ergometrici, ecografie e consulenze pre-­‐operatorie. Pordenone In città stanno per nascere i primi figli dell’eterologa Positivi 5 dei sette tentativi di fecondazione assistita con donazione di ovociti La banca è in Spagna, ecco le tappe del percorso intrapreso dalle coppie di Donatella Schettini. Anche a Pordenone arrivano i figli dell’eterologa a chilometro zero: all’ospedale cittadino sono risultati positivi cinque dei sette tentativi di fecondazione assistita con donazione di ovociti. Non sono i primi, perché già nei mesi scorsi c'erano stati due esiti positivi. Gli interventi risalgono a un paio di settimane fa e nei giorni scorsi gli esami del sangue hanno dato esito positivo per buona parte delle coppie che si erano sottoposte all’operazione. Le nascite, quindi, saranno a loro modo “storiche” perché saranno i primi bambini a essere concepiti con questa metodologia effettuata in provincia di Pordenone dopo che é stata abrogata la norma della legge 40 che la vietava in Italia. A effettuare gli interventi è stata l’equipe guidata dal dottor Francesco Tomei, riferimento regionale per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Gli ovociti sono arrivati dalla Spagna, con la banca Imer (che rifornisce anche altri ospedali cui quello fiorentino di Careggi, il primo a procedere con l'eterologa) con cui l’Aas 5 ha stipulato una convenzione per la fornitura di tessuti. «Più di due ovociti non ne trasferiamo – ha detto Tomei – perché contiamo su donatrici che hanno meno di 25 anni». In Italia, dopo il via libera della Corte Costituzionale e tutti gli adempimenti successivi (il Fvg è una delle poche regioni che ha disciplinato la materia) non è prevista alcuna forma di rimborso per le donne che vogliano donare gli ovociti: per farlo bisogna sottoporsi a un ciclo di stimolazione attraverso farmaci e a un piccolo intervento. Un percorso 10 che dura circa due settimane, senza rimborsi e con la necessità di importare tessuti dall’estero. Con l’ultimo ciclo di eterologa la positività è stata del 70 per cento, «ma l’obiettivo – ha precisato Tomei – è di arrivare a stabilizzarsi sul 50 per cento». Le sette coppie che si sono sottoposte alla fecondazione eterologa provengono tutte dal Fvg: per ora è impossibile, se non a spese proprie, venire dal Veneto, che non autorizza l’eterologa alle condizioni della nostra regione. In sostanza, non rimborsa le spese. Per l’eterologa la lista di attesa di fatto non c’è e, con un ciclo a maggio e poi a luglio, si esaurisce il numero delle coppie che hanno avviato il percorso. Ma nei mesi futuri le cose cambieranno. «Per quanto riguarda l’omologa – ha concluso il responsabile del servizio – l’attesa è di un anno, abbiamo guadagnato circa sei mesi». In questo casso le coppie che arrivano dal Veneto sono circa il 40 per cento. «I complimenti della direzione vanno alla struttura e al lavoro di squadra fatto – ha detto il direttore generale dell’Aas 5, Paolo Bordon –. Ha funzionato tutto bene e stiamo lavorando per migliorare il servizio nella nuova sede di Sacile». Ambulatorio per Nave, l’Aas 5 pronta a cambiare I cittadini: per curarci dobbiamo andare a Roveredo, Sacile è a soli due chilometri Il direttore Giorgio Simon ha chiesto le mappe: presto la soluzione del problema di Miroslava Pasquali. FONTANAFREDDA. I comitati di Nave e Casut scrivono all'Azienda per l’assistenza sanitaria 5 (e in copia al prefetto di Pordenone Maria Rosaria Laganà) per avere rassicurazioni sulle tempistiche di riorganizzazione del servizio di guardia medica. La vicenda di queste due frazioni di Fontanafredda, limitrofe a Sacile, è paradossale: in caso di necessità, i residenti (circa duemila) sono costretti a percorrere parecchi chilometri per raggiungere il medico di guardia a Roveredo, pur essendocene uno a poca distanza in comune di Sacile. Il tutto per colpa di un’assegnazione “arbitraria”, che non tiene conto della geografia fontanafreddese. Una situazione assurda, alla quale Giorgio Simon, direttore dell’Aa5, ha già annunciato di voler porre rimedio, avendo inserito il caso di Nave (ma Casut non fa eccezione) tra quelli più problematici nel territorio di competenza della Aa5. Con quali tempistiche si porrà fine al disagio? È questa la domanda che i due comitati, sottolineando l’urgenza della questione, rivolgono allo stesso Simon. Il direttore, in realtà, si è già attivato contattando i comitati per ottenere una mappa dettagliata dei territori di Nave e Casut, con l’obiettivo avere un quadro delle vie e del numero di abitanti coinvolti dal disagio: un gesto che, agli occhi dei comitati, suona come la speranza di una risoluzione in tempi brevi. «La guardia medica di Sacile dista solo due chilometri – spiegano dalla periferia di Fontanafredda –, ma allo stato attuale siamo obbligati a rivolgerci a Roveredo. Il disagio è a doppio senso: per noi residenti, ma anche per il medico, se dovesse rendersi necessaria una visita a domicilio. La situazione attuale non è di buonsenso e non rispetta le logiche di efficienza». Quel che i residenti si aspettano, dunque, è di conoscere i tempi che l'Aa5 si è data per ridefinire il servizio. «Siamo fiduciosi e ci rendiamo disponibili per un incontro con il direttore Simon qualora dovesse essere utile a migliorare la definizione dell’iter organizzativo». L’annosa questione della guardia medica di Nave era stata sollevata dallo stesso Simon, a gennaio, in occasione di una riunione pubblica che si era svolta a Vigonovo. «Sono cose facilmente rimediabili, cercheremo di risolverle», aveva dichiarato allora, come riportato dal Messaggero Veneto, l’uomo al vertice dell’Aa5. A margine del discorso, proiettando lo sguardo alle future Unioni territoriali, i comitati locali sollecitano «un accordo tra le Uti del Noncello (di cui fa parte Fontanafredda) e della Livenza (che ha capofila Sacile) che permetta alle due frazioni di Nave e Casut di usufruire dei servizi sanitari nelle strutture di Sacile». 11