I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione

Transcript

I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
Capitolo I
I mercanti nel tempio:
economia, diritto e religione
Antonio Fuccillo
SOMMARIO: 1. Introduzione: mercato globalizzato e fattore sociale. – 2. Etica, religione ed economia (cenni). – 3. L’agire religioso
nel mercato. – 4. Il condizionamento religioso nelle dinamiche
giuridiche ed economiche. – 5. Asimmetrie informative e fattore
religioso. – 6. Il mercato tra le religioni come “competitors”.
1. Introduzione: mercato globalizzato e fattore sociale
L’economia di mercato è contrassegnata da un’esasperata
competitività che si traduce (metaforicamente) nella “guerra di tutti contro tutti” nella produzione e nello scambio di
beni e/o servizi, così come nel desiderio di accedere ai me1
desimi . Si conoscono ovviamente varie applicazioni pratiche di tale sistema di relazioni economiche, più o meno (ne
esistono, infatti, vari modelli) aggressive ed esasperate, ed il
loro distinguo è per lo più basato sul grado di regolamentazione giuridica dei traffici commerciali.
1
Per un approccio essenziale al difficile tema, cfr. C. BOFFITO, Mercato, in Enciclopedia, vol. IX, Torino, 1980, p. 48 ss.
2
Antonio Fuccillo
Ad un mercato locale si è andato mano a mano sostituendo un mercato globale attraverso quel fenomeno di riduzione
degli spazi dell’azione economica dovuti all’informatizzazione ed alla riduzione delle distanze che si è soliti individuare
2
sinteticamente come “globalizzazione” .
In un contesto così articolato sembrano sempre più ridursi gli spazi riservati al sociale, ovvero alle esigenze identificate come “civili” delle popolazioni, e ciò è testimoniato
dalla prevalenza degli indici di rilevazione economica su quelli, per l’appunto, che testimoniano il benessere sociale. Si
verifica una morbosa attenzione verso l’homo oeconomicus
al punto che concetti una volta estranei ai più diventano di
dominio comune. Chiunque oggigiorno parla di PIL, conosce i tassi cambio delle principali valute e l’andamento dei
mercati finanziari; chiunque, poi, diventa (grazie all’informatica) un piccolo movimentatore finanziario, continuamente sollecitato all’acquisto di prodotti (quote di fondi comuni di investimento mobiliare, azioni, obbligazioni) dei
quali non sempre comprende le caratteristiche e gli effetti
sul proprio patrimonio.
È altrettanto noto, poi, come la società dei consumi spinga i soggetti ad accedere a beni e/o servizi in quantità superiore ai propri bisogni stimolando il personalismo di ciascuno verso una competizione dell’avere piuttosto che dell’essere. Si potrebbe sintetizzare affermando che il binomio “esisto perché possiedo” bene rappresenti l’idea condivisa nella
nostra società dei consumi che il benessere si misuri (prevalentemente) attraverso il più diffuso accesso alla maggiore
quantità possibile di beni materiali. Tutto ciò sembra collidere con l’idea della ricerca, per le persone, di una soddi2
A tale “fenomeno” vengono spesso attribuite conseguenze sulle
persone che producono notevoli diseguaglianze sociali; in tema cfr. Z.
BAUMAN, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, BariRoma, 2001; L. GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Bari-Roma,
2003.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
3
sfazione “spirituale” tipica degli insegnamenti delle grandi
religioni; all’apparenza, quindi, economia e religione sembrano assolutamente distanti ed inconciliabili proprio per le
loro diverse finalità apparenti.
In tempi più recenti, tuttavia, ha fatto il suo ingresso tra i
parametri di valutazione del “benessere” il “capitale sociale”,
locuzione con la quale si rappresenta una rinnovata attenzione verso quegli aspetti “immateriali che riguardano la società” che proprio dall’economia di mercato erano, in prece3
denza, stati radicalmente esclusi .
Il dibattito sull’analisi sociale degli effetti della globalizzazione si concentra in prevalenza verso cinque aree principali di
ricerca che sono state brillantemente riassunte avendo riguardo agli effetti puramente economici prodotti dal fenomeno,
quindi l’integrazione dei mercati globali, gli effetti sulla distribuzione del reddito, gli effetti sulle decisioni di politica economica dei singoli stati. Sono state altresì evidenziate (sempre
all’interno di tale schematizzazione) le conseguenze puramente politiche sia sulla effettiva sovranità degli Stati che sulle possibilità concrete di sviluppo di un governo internazionale. Un
decisivo rilievo viene poi attribuito agli aspetti culturali del fenomeno che, correttamente, vengono evidenziati anche per gli
4
effetti economici che sono in grado di influenzare .
Il diritto inteso come “sistema di regole” non può ovviamente rimanere immune dagli effetti della globalizza5
zione economica . Le conseguenze del fenomeno, tutta3
A. QUADRIO CURZIO, G. MARSEGUERRA, Introduzione. Fiducia e solidarietà per lo sviluppo della società, in AA.VV., Social capital and human
development, Milano, 2009, p. 20.
4
R. DORE, Globalizzazione (2) Aspetti economici, in Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani, vol. IX, Roma, 2001, p. 167.
5
P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it.,
2002, V, c. 159 ss.; F. GALGANO, Il riflesso giuridico della globalizzazione,
in AA.VV., Studi in memoria di Vincenzo Ernesto Cantelmo, Napoli,
2003, I, p. 791 ss.
4
Antonio Fuccillo
via, sotto il profilo giuridico appaiono meno caratterizzate da estremismi innovatori, e sembrano mantenere i tratti distintivi delle comunità che hanno prodotto i singoli
sistemi giuridici interessati.
La conseguenza nelle scienze giuridiche è che lo studio
del fenomeno è diventato di moda anche tra i giuristi e nel
complesso si tratta di un effetto positivo sia per i contributi
che si registrano nell’analisi delle conseguenze della globalizzazione economica sui singoli istituti del diritto, ovvero
sulla loro applicazione concreta oltre che sulle modifiche
normative indotte dal fenomeno, sia per le possibili applicazioni alle esigenze dell’economia “globalizzata” delle fattispecie normative e dei paradigmi giuridici rivolti al mondo
produttivo.
Ancora una volta, tuttavia, occorre domandarsi se il “sociale” può avere in tale sistema economico un suo autonomo
ruolo che, in qualche modo, indirizzi non solo le scelte di politica legislativa rivolte al mondo dell’impresa ed in generale
della produzione, ma anche l’accesso agli strumenti giuridico-economici. Occorre, quindi, verificare se un “parametro”
sociale possa in qualche modo contribuire pienamente alla
valutazione di un sistema economico efficiente ed anche affidabile, e che si preoccupi efficacemente anche del benessere
– in termini di qualità della vita – dei propri consociati. Tale
“metodo” viene, ad esempio, posto a base dell’economia del
“non profit” ove si cerca di coniugare un’accettabile perfor6
mance economica con una più che buona resa sociale .
Il cambiamento anche in geopolitica del ruolo degli statinazione ha evidenziato come il cambiamento che la globalizzazione ha indotto nella società abbia creato un mondo
del tutto asimmetrico rispetto alla prospettiva di un tempo,
6
Da ultimo, cfr. AA.VV., Non profit. Dalla buona volontà alla responsabilità economica, a cura di M. ELEFANTI, Bologna, 2011; ivi spec. sulla
valutazione delle “performances”, C. D’ESTE, La valutazione delle performances, ibidem, p. 221 ss.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
5
accentuando i caratteri di interdipendenza tra tutti i sistemi
coinvolti in economia certo, ma anche come logica conseguenza sui comportamenti delle persone e sul loro “agire giuri7
dico” . Il movimento di persone che caratterizza il nostro
tempo, ad esempio, produce una “ripopolazione interculturale” che può essere sfruttata come «occasione di superamento dei processi di alienazione impliciti nell’esperienza lavorativa di matrice macro-industriale, motore delle società
complesse dominate dall’economia di mercato a base capitalistica»; da ciò può nascere una proposta per un commer8
cio «equo e interculturale» . Si rafforza, quindi, l’idea che si
debba perseguire una globalizzazione “intelligente” piuttosto che la sua massima diffusione ed esasperazione che pro9
duce anche molta infelicità sociale .
È qui che si va ad innestare la questione religiosa in campo economico.
2. Etica, religione ed economia (cenni)
Il rapporto tra “religione” ed “economia” è certamente
antico. Le religioni affrontano nella loro dottrina profili economici rivolgendoli essenzialmente all’etica dei propri insegnamenti di dottrina sociale, ed in tale campo la Chiesa
cattolica ha certamente una fiorente tradizione.
Il nodo cruciale delle preoccupazioni della Chiesa è evidenziato dalle parole di Benedetto XVI quando afferma che
«la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non
7
Tali “asimmetrie” sono bene evidenziate da G. PICCO, Lo scenario
geopolitico: minacce e opportunità dei nuovi allineamenti, in AA.VV., La
globalizzazione tra politica ed economia, a cura di T. MACCABELLI, G.
PROVASI, Bari-Roma, 2006, p. 7 ss.
8
M. RICCA, Riace, il futuro è presente. Naturalizzare il “globale” tra
immigrazione e sviluppo interculturale, Bari, 2010, p. 126 ss.
9
D. RODRICK, La globalizzazione intelligente, Bari-Roma, 2011.
6
Antonio Fuccillo
10
ci rende fratelli» . La centralità dell’uomo inteso sempre
più come “persona” conduce ad un nuovo “umanesimo”,
recuperando la natura ontologica dell’esistere nel richiamarsi ai valori insiti nell’essere umano che si vorrebbe libero da condizionamenti tecnologici. Da qui discende nella dottrina sociale della Chiesa un forte richiamo all’etica
in economia anche al fine di rendere possibile uno sviluppo eguale per tutti, ed un deciso rifiuto delle disuguaglianze che caratterizzano lo sviluppo economico contempora11
neo . D’altra parte, alla religione “semplicemente cultuale”
è da molto tempo contrapposta la “religione morale”, intesa quest’ultima come «religione della buona condotta di
12
vita» .
Anche tra gli economisti si va diffondendo l’idea dell’opportunità di un’etica in economia, e viene evidenziata peraltro la loro reciprocità di scambio, cioè l’utilità anche dell’e13
conomia per l’etica stessa . Il distacco dell’economia dall’etica sembra avere impoverito la c.d. “economia del benessere”, ed il «comportamento mosso dall’interesse personale
ha seriamente limitato (…) la portata dell’economia predittiva, e ha reso difficile l’indagine di un certo numero di importanti relazioni economiche che operano attraverso la ver14
satilità comportamentale» . Così, i precetti religiosi in materia economica trovano sponda nell’idea (generalmente diffusa) che occorra trovare degli strumenti di contemperamen10
Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 19.
E. MONTI, Lo sguardo della “Caritas in veritate” sulla Chiesa e sul
mondo d’oggi, nel volume di D. TETTAMANZI, Etica e capitale. Un’altra
economia è davvero possibile?, Milano, 2009, p. 20 ss.
12
E. KANT, La religione entro i limiti della semplice ragione, ed it., a
cura di V. CICERO, M. RONCORONI, Milano, 2001, p. 145 (rif. orig. 6163).
13
A. SEN, Etica ed economia, Bari-Roma, 2002, p. 97.
14
A. SEN, Etica ed economia, cit., p. 98.
11
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
7
to tra le esigenze del mercato globale e quelle del benessere
individuale dei soggetti coinvolti.
Nell’etica cristiana, ad esempio, la rivisitazione dell’importanza dei “diritti dell’uomo” all’interno delle stesse comunità ecclesiali ha spinto anche verso un rinnovato rilievo dei
diritti economici e sociali che non sono solo quelli dell’individuo direttamente interessato, ma quelli dell’altro come
se enunciati a difesa del rispetto (generale) degli uomini, in
15
netto contrasto con il soggettivismo individualista .
La presenza nelle religioni (qui appena accennata) di precetti dottrinari sottesi al governo dell’economia è un dato incontestabile. Nella prospettiva etica che le medesime si prefiggono è evidente che i precetti economici di tipo fideistico
siano divulgati dalle confessioni come fondati sui valori escatologici propri di ciascuna fede religiosa. In tale modo il
binomio “win-loose”, tipico di ogni competizione economica, viene caratterizzato dal tipo di “premio” che la condotta
buona conquista, cioè la “salvezza”, la quale, tuttavia, non
garantisce il successo nel mercato.
Si tratta, infatti, di precetti basati anche sul “dare gratuitamente” sul risultato sociale che si raggiunge con atti di
partecipazione economica alla vita delle comunità, e che si
colloca per lo più al di fuori delle dinamiche competitive
16
tipiche della nostra società globale . La valutazione di tali
atti tiene conto della qualità della vita relazionale come «la
componente che più pesa (anche rispetto al reddito) nel17
l’autovalutazione del benessere soggettivo delle persone» .
Viene da sé che il rispetto di tale agire etico non sempre
15
J.Y. CALVEZ, I monoteismi e i diritti dell’uomo, AA.VV., La religione, ed. it. a cura di P. SACCHI, vol. V, I Temi, Torino, 2001, p. 170 ss.
16
Sulla rilevanza delle teorie “antiutilitariste” cfr. A. CAILLÉ, Critica
della ragione utilitaria, Torino, 1991.
17
L. BRUNI, Reciprocità. Dinamiche di cooperazione, economia e società civile, Milano, 2006, p. 5 ss.
8
Antonio Fuccillo
corrisponde ai bisogni dell’economia reale, pur essendo necessario comunque al raggiungimento di essenziali risultati
nell’economia del benessere sociale.
Viene giustamente evidenziato che «uno degli aspetti
decisivi del processo di emancipazione tipico della modernità è dato dalla presa di coscienza dell’autonomia del settore economico e dalla fondazione» della scienza economica come del tutto autonoma dalle altre scienze umane, soprattutto da quelle basate su principi di ordine morale; anche se si registra la sempre più incalzante riflessione sui
18
rapporti tra economia e morale . La religione inizia sempre più a proporsi come argine agli eccessi dell’economia
di mercato, spingendo verso l’assunzione di uno spirito capitalistico nuovo, ovvero di una nuova etica capitalistica
che contemperi le esigenze del profitto con quelle di giustizia sociale. Si inizia, infatti, a parlare dei “banchieri di Dio”,
soprattutto nella dottrina socio-economica della Chiesa cat19
tolica .
3. L’agire religioso nel mercato
Vi è poi un’altra moderna prospettiva per valutare l’impatto delle credenze religiose nelle valutazioni di tipo economico legata alle ragioni di autofinanziamento delle confessioni.
Una recente ricerca ha infatti evidenziato la «matrice economica di ebraismo, cristianesimo ed islam», ponendo all’attenzione degli studiosi come l’economia ci offra anche
una «singolare chiave di volta per interpretare, sotto una diversa luce, la storia religiosa degli ultimi quattromila an18
G. FILORAMO, La Chiesa e le sfide della modernità, Bari-Roma, 2007,
p. 103.
19
G. FILORAMO, La Chiesa e le sfide della modernità, cit., p. 103 ss.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
9
20
ni» . Questa volta va espunto dal discorso ogni riferimento
al “dono” in senso stretto, cioè agli atti di partecipazione
attiva alla vita di una confessione religiosa caratterizzati dal21
la mera gratuità e va, per converso, valutata la presenza
delle Chiese sul mercato, e la loro influenza nella creazione
di condotte a pura valutazione economica.
Si è sostanzialmente d’accordo nel definire la religione
come “bene collettivo” sia sotto il profilo delle “modalità di
22
appropriazione” del bene (valore) che rappresenta , ma
anche della sua presenza nel sociale ove viene generalmente
percepita come un “valore” in sé. Così i parametri dell’economia spingono ad una valutazione delle confessioni religiose come poli di attrazione di risorse umane che, basandosi sul principio del “libero accesso”, sostanzialmente tendono a marcare il loro territorio convincendo i soggetti della loro affidabilità, trovando in ciò ausilio anche nella tradizione che le caratterizza nella società.
È questa (appena brevemente accennata) una delle possibili aree di studio del fenomeno in esame. Ciò imporrebbe
di valutare le confessioni e le credenze religiose come competitors su di un ipotetico mercato del credere. Non è questa certo la prospettiva di indagine che ci riguarda, ma un
effetto possibile di tale “competizione” è comunque necessario assumerlo. Le confessioni nel loro competere per acquisire fedeli non conquistano soltanto anime da salvare, ma
anche risorse umane da spendere per il proprio autofinanziamento. Non si può negare, infatti, che uno dei parametri
di valutazione dell’influenza di una confessione religiosa sia
20
P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo,
cristianesimo ed islam, ed. it., Roma, 2010.
21
Mi si consenta un riferimento ad A. FUCCILLO, Dare etico. Agire
non lucrativo, liberalità non donative e interessi religiosi, Torino, 2008.
22
P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo,
cristianesimo ed islam, cit., p. 22 ss.
10
Antonio Fuccillo
il numero dei suoi fedeli, che tradotto in termini economici
può rappresentare un potenziale umano di possibili “consumatori” così come di possibili “esecutori” dei suoi principi di dottrina economica. Si può, quindi, pensare ad una
sorta di mercati domestici resistenti, alla stessa stregua dei monopoli più feroci, alle regole della competizione universale,
in quanto basati sulla “fiducia” che da sola giustifica l’affidabilità dei servizi che il gruppo produce e colloca.
Non si tratta, come appare scontato, di un effetto da sottovalutare, e che costituisce una delle principali evidenze
della “rivincita delle religioni” nell’attuale società.
La natura di “bene collettivo” della religione ha «una proprietà notevolissima, quasi miracolosa: il fatto che un individuo supplementare approfitti dei suoi vantaggi non ne riduce la quantità disponibile per tutti quelli che già ne godevano» e questa libera fruizione del bene lo rende in parte
più appetibile di altri anche sotto il profilo della sua possibile “recintabilità” ovvero degli atti che caratterizzano il con23
sumo del bene stesso .
Si può, quindi, affermare che la partecipazione ad un gruppo religioso può apparire (anche in senso strettamente economico) come l’iscrizione ad un club esclusivo ove gli appartenenti si identificano tra loro per il compimento di alcune
pratiche, la frequentazione di particolari luoghi ed edifici, un
tipo di abbigliamento, una certa alimentazione. È evidente che
«il richiamo che le religioni fanno costantemente alla superiorità» dei dettami etico-religiosi da loro propugnati e l’influenza
che detti precetti hanno nei confronti degli adepti ai vari culti
fa sì che spesso si traducano in comportamenti civilmente rile24
vanti , fatti di scelte precise che condizionano sia l’accesso ai
vari beni presenti sul mercato oltre che fungere da strumento
23
P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo,
cristianesimo ed islam, cit., p. 23 ss.
24
P. CONSORTI, Diritto e religione, Roma-Bari, 2010, p. 195.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
11
di selezione nell’accesso agli strumenti giuridici messi a disposizione dai vari ordinamenti.
Se guardiamo, ad esempio, all’istituto del matrimonio l’affermazione può sembrare più chiara. Se scelgo che sia la religione a regolamentare il mio matrimonio accetto di conseguenza che sia il diritto confessionale a regolarne la “stipulazione” ho, quindi, con la mia opzione attribuito rilievo interno al diritto religioso ma ho anche scelto uno strumento giuridico che mi consente ciò, quindi: matrimonio religioso-matrimonio civile.
La mia scelta dello strumento giuridico interno deriva
dalle mie convinzioni religiose che hanno fatto sì che escludessi strumenti alternativi più distanti dai precetti confessionali nei quali mi riconosco. Un analogo procedimento si
verifica per l’accesso ai beni presenti sul mercato. La mia
appartenenza religiosa e la conseguente partecipazione alla
cerimonia matrimoniale mi spinge al rispetto di alcune tradizioni indotte da ciò, quindi addobberò la chiesa di fiori,
assolderò dei musicisti, ci vestiremo con abiti di circostanza
(il tradizionale velo bianco per la sposa), inviteremo amici e
parenti al banchetto nuziale. Consumeremo secondo i dettami della nostra tradizione religiosa; la nostra appartenenza al club ha, quindi, condizionato le nostre scelte sia nell’accesso allo strumento giuridico che ai beni strettamente
economici di contorno. Fin tanto che vi sarà una rilevante
presenza di tale religiosità nel tessuto sociale vi sarà bisogno
di conseguenza di chi produca tali beni e servizi.
La religione diviene quindi un motore per l’economia,
ma anche un importante fattore di condizionamento dei mercati.
Dove è maggiore la presenza islamica, ad esempio, diventa antieconomico proporre la vendita di carni di maiale
o di bevande alcoliche, così come diventerebbe proficuo il
lavoro di un’agenzia di viaggi che proponesse pellegrinaggi
a La Mecca, piuttosto che viaggi esotici. Voglio dire che i
12
Antonio Fuccillo
comportamenti religiosi della popolazione hanno una decisa influenza sui consumi. Le confessioni, inoltre, hanno una
rilevante capacità nell’influenzare le scelte dei propri fedeli,
attraverso il marchio di qualità apparente che attribuiscono
ad alcuni beni, piuttosto che ad altri. Nel caso dei pellegrinaggi cattolici, ad esempio, è più facile che il fedele si serva
delle organizzazioni diocesane (che forniscono pacchetti completi, anche del servizio religioso) piuttosto che consumino
il “servizio” all’esterno del gruppo.
Pur essendo consapevole che la nozione di “comportamento religioso” è «ampia, polisemica, difficile da maneggiare su un piano teorico» essa appare tuttavia l’unica adatta a «ricoprire un campo molto vasto, quello delle azioni guidate da credenze in una o più potenze alle quali è ricono25
sciuta una posizione di trascendenza» . L’efficacia di tale
formula sintetica si dimostra nella sua capacità di rappresentare semanticamente ed in modo sufficientemente generico tutte quelle condotte umane di sostanziale obbedienza
a precetti di origine divina.
Sono tali condotte che caratterizzano l’oggetto della presente indagine, confermando l’idea che la religione costituisca uno dei motori anche delle società contemporanee.
Il rilievo nel diritto attuale di tali comportamenti è evidente, soprattutto quando «ci si confronta con i bisogni, le
aspirazioni, il modo di pensare di chi proviene da mondi
diversi», così si scopre che la religiosità ed i suoi tratti identificativi diventano salienti nel condizionare tutti gli ambiti
della vita «dalla famiglia all’organizzazione del lavoro, ai
26
principi posti alla base della dinamica contrattuale» .
25
F. LENOIR, Y.T. MASQUELIER, I comportamenti religiosi (introduzione), in AA.VV., La religione, cit., p. 357.
26
M. RICCA, Le religioni, Bari-Roma, 2004, p. 32.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
13
4. Il condizionamento religioso nelle dinamiche giuridiche ed economiche
L’appartenenza confessionale, quindi, è vissuta dai soggetti coinvolti come la partecipazione ad un gruppo forte,
con regole proprie delle quali l’adepto percepisce la giuridicità nel senso proprio della obbligatorietà e della doverosità, ed alle quali attribuisce una rilevanza a volte maggiore
di quella degli stessi diritti statuali. Il rispetto delle regole
derivanti dai “diritti confessionali” si esprime anche con il
compimento di atti giuridici idonei ad estrinsecare positi27
vamente la propria libertà di credenza . L’importanza di
tali atti nell’ordinamento interno si verifica attraverso la loro traduzione negli strumenti giuridici del diritto statale che
vengono in tale guisa conformati a detti interessi dall’agire
religioso di chi li pone in essere. La scelta che si compie la si
effettua in ossequio ad un precetto religioso che viene così
veicolato all’interno del sistema giuridico e di quello economico.
L’ordinamento statale, quindi, pur ammantandosi di una
ostentata laicità del proprio diritto positivo, in realtà subisce l’influenza pratica delle scelte religiose dei soggetti sia
nella fase della produzione politica della norma, sia nella
fase della sua attuazione concreta, la quale ultima è direttamente condizionata da come si indirizzano le scelte verso la
utilizzazione degli strumenti giuridici predisposti (in modo
astratto) dal sistema.
Il condizionamento di tipo “politico” è effettuato dal
c.d. lobbyng religioso. Le confessioni, anche in base alla loro
forza numerica e della tradizione che le caratterizza, sono
certamente presenti sulla scena politica ove reclamano il rispetto dei principi etici che pongono a base del vivere civi27
S. FERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi. Ebraismo, cristianesimo e
islam a confronto, Bologna, 2002, p. 203 ss.
14
Antonio Fuccillo
28
le . La storia recente delle democrazie occidentali ha abbondantemente dimostrato che, seppure nella condivisione
di valori pluralistici, la diffusione della tutela della libertà
religiosa per i singoli e dei gruppi non sempre si è tradotta
29
in una politica effettivamente laica . Vero è che tale termine ha una semantica giuridica che non ci consente ancora di
riempirlo del tutto di un significato pienamente condiviso,
per cui esistono varie interpretazioni della laicità sia in poli30
tica che in diritto . Nella società attuale, tuttavia, i termini
“laico” e “laicità” godono comunque di notevole fortuna sia
«nel linguaggio corrente come in quello specialistico, nelle
assemblee politiche come nel forum massmediale. La laicità
appare moderna e progressista, sicché nessuno rinuncia ad
autoqualificarsi laico e a mostrare apprezzamento per ogni
dimensione ed esperienza della vita umana che possa deno31
tarsi come tale» . Tutto ciò, però, porta a sottovalutare la
portata sociale delle religioni ed il loro impatto sulla vita
delle persone e sulle loro scelte.
Il campo attuale di ricerca ne fornisce un esempio in relazione alle norme che regolamentano l’economia (che è l’obiettivo della presente indagine), ove l’influenza delle religioni potrebbe superficialmente apparire come meno inci-
28
Anche se in un’ottica meramente giornalistica e “di parte” indaga il
fenomeno M. DAMILANO, Il partito di Dio. La nuova galassia dei cattolici
italiani, Torino, 2006, p. 27 ss.
29
Purché, ovviamente, esista un contenuto oggettivo della laicità, per
lo meno nel diritto pubblico. La dottrina, in verità, ancora non ha raggiunto una uniformità sugli esatti contenuti di una “laicità possibile degli
stati contemporanei”; tra gli studi più recenti, cfr. P. STEFANÌ, La laicità
nell’esperienza giuridica dello Stato, Bari, 2007; S. PRISCO, Laicità. Un
percorso di riflessione, II ed., Torino, 2009.
30
Tra i vari studi sul tema, cfr. AA.VV., Il principio di laicità nello
Stato democratico, a cura di M. TEDESCHI, Soveria Mannelli, 1996.
31
G. DALLA TORRE, Presentazione al volume a cura di ID., Lessico della laicità, Roma, 2007, p. 7.
I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
15
dente di quella esercitata in altri settori della vita sociale. È,
invece, corretto riferire alla religione una decisiva capacità
di motivazione culturale dell’agire umano, ed il suo atteggiarsi a vero “motore” di esso al punto da farle occupare «in
ogni enciclopedia culturale la casella dei fondamenti, delle
32
matrici di produzione di senso» .
La religione, quindi, «cementa la solidarietà sociale ed il
linguaggio comunitario», condiziona comportamenti stabilendo ambiti sottratti alla «negoziazione interindividuale»
intervenendo anche così nell’indirizzare le scelte economi33
co-giuridiche dei propri fedeli .
5. Asimmetrie informative e fattore religioso
Un rilevante fattore di condizionamento del mercato attraverso le “religioni” è la presenza in tale campo di notevoli “asimmetrie informative”, ovvero della prestazione di servizi dei quali l’utenza non è in grado di predeterminare la
qualità effettiva, pur percependone pienamente il valore.
Si tratta di uno dei fenomeni condizionanti in negativo il
34
mercato tra i più rilevanti . Se, difatti, voglio accedere ad
32
M. RICCA, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale,
Bari, 2008, p. 179.
33
M. RICCA, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale,
cit., p. 179 ss. Il medesimo Autore (ibidem, p. 177) nota come «la trasformazione in senso multiculturale delle società statali si accompagna
ad un rigurgito delle identità religiose», ed inoltre che (ibidem, p. 178)
«senza valori non esisterebbe alcuna cultura, alcun sapere culturale. Cultura e società sono entità immaginarie, nel senso che la loro realizzazione
transita attraverso le loro proiezioni immaginarie. Cultura e credenza,
cultura e fede sono perciò intimamente legate».
34
Il difetto di informazioni è giustamente ritenuto un fattore distorsivo delle capacità di scelta libera da parte dei c.d. “consumatori”, i quali non possono decidere correttamente secondo le loro preferenze ma
devono orientarsi verso servizi qualificati preventivamente.
2.