I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
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I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione
Capitolo I I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione Antonio Fuccillo SOMMARIO: 1. Introduzione: mercato globalizzato e fattore sociale. – 2. Etica, religione ed economia (cenni). – 3. L’agire religioso nel mercato. – 4. Il condizionamento religioso nelle dinamiche giuridiche ed economiche. – 5. Asimmetrie informative e fattore religioso. – 6. Il mercato tra le religioni come “competitors”. 1. Introduzione: mercato globalizzato e fattore sociale L’economia di mercato è contrassegnata da un’esasperata competitività che si traduce (metaforicamente) nella “guerra di tutti contro tutti” nella produzione e nello scambio di beni e/o servizi, così come nel desiderio di accedere ai me1 desimi . Si conoscono ovviamente varie applicazioni pratiche di tale sistema di relazioni economiche, più o meno (ne esistono, infatti, vari modelli) aggressive ed esasperate, ed il loro distinguo è per lo più basato sul grado di regolamentazione giuridica dei traffici commerciali. 1 Per un approccio essenziale al difficile tema, cfr. C. BOFFITO, Mercato, in Enciclopedia, vol. IX, Torino, 1980, p. 48 ss. 2 Antonio Fuccillo Ad un mercato locale si è andato mano a mano sostituendo un mercato globale attraverso quel fenomeno di riduzione degli spazi dell’azione economica dovuti all’informatizzazione ed alla riduzione delle distanze che si è soliti individuare 2 sinteticamente come “globalizzazione” . In un contesto così articolato sembrano sempre più ridursi gli spazi riservati al sociale, ovvero alle esigenze identificate come “civili” delle popolazioni, e ciò è testimoniato dalla prevalenza degli indici di rilevazione economica su quelli, per l’appunto, che testimoniano il benessere sociale. Si verifica una morbosa attenzione verso l’homo oeconomicus al punto che concetti una volta estranei ai più diventano di dominio comune. Chiunque oggigiorno parla di PIL, conosce i tassi cambio delle principali valute e l’andamento dei mercati finanziari; chiunque, poi, diventa (grazie all’informatica) un piccolo movimentatore finanziario, continuamente sollecitato all’acquisto di prodotti (quote di fondi comuni di investimento mobiliare, azioni, obbligazioni) dei quali non sempre comprende le caratteristiche e gli effetti sul proprio patrimonio. È altrettanto noto, poi, come la società dei consumi spinga i soggetti ad accedere a beni e/o servizi in quantità superiore ai propri bisogni stimolando il personalismo di ciascuno verso una competizione dell’avere piuttosto che dell’essere. Si potrebbe sintetizzare affermando che il binomio “esisto perché possiedo” bene rappresenti l’idea condivisa nella nostra società dei consumi che il benessere si misuri (prevalentemente) attraverso il più diffuso accesso alla maggiore quantità possibile di beni materiali. Tutto ciò sembra collidere con l’idea della ricerca, per le persone, di una soddi2 A tale “fenomeno” vengono spesso attribuite conseguenze sulle persone che producono notevoli diseguaglianze sociali; in tema cfr. Z. BAUMAN, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, BariRoma, 2001; L. GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Bari-Roma, 2003. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 3 sfazione “spirituale” tipica degli insegnamenti delle grandi religioni; all’apparenza, quindi, economia e religione sembrano assolutamente distanti ed inconciliabili proprio per le loro diverse finalità apparenti. In tempi più recenti, tuttavia, ha fatto il suo ingresso tra i parametri di valutazione del “benessere” il “capitale sociale”, locuzione con la quale si rappresenta una rinnovata attenzione verso quegli aspetti “immateriali che riguardano la società” che proprio dall’economia di mercato erano, in prece3 denza, stati radicalmente esclusi . Il dibattito sull’analisi sociale degli effetti della globalizzazione si concentra in prevalenza verso cinque aree principali di ricerca che sono state brillantemente riassunte avendo riguardo agli effetti puramente economici prodotti dal fenomeno, quindi l’integrazione dei mercati globali, gli effetti sulla distribuzione del reddito, gli effetti sulle decisioni di politica economica dei singoli stati. Sono state altresì evidenziate (sempre all’interno di tale schematizzazione) le conseguenze puramente politiche sia sulla effettiva sovranità degli Stati che sulle possibilità concrete di sviluppo di un governo internazionale. Un decisivo rilievo viene poi attribuito agli aspetti culturali del fenomeno che, correttamente, vengono evidenziati anche per gli 4 effetti economici che sono in grado di influenzare . Il diritto inteso come “sistema di regole” non può ovviamente rimanere immune dagli effetti della globalizza5 zione economica . Le conseguenze del fenomeno, tutta3 A. QUADRIO CURZIO, G. MARSEGUERRA, Introduzione. Fiducia e solidarietà per lo sviluppo della società, in AA.VV., Social capital and human development, Milano, 2009, p. 20. 4 R. DORE, Globalizzazione (2) Aspetti economici, in Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani, vol. IX, Roma, 2001, p. 167. 5 P. GROSSI, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., 2002, V, c. 159 ss.; F. GALGANO, Il riflesso giuridico della globalizzazione, in AA.VV., Studi in memoria di Vincenzo Ernesto Cantelmo, Napoli, 2003, I, p. 791 ss. 4 Antonio Fuccillo via, sotto il profilo giuridico appaiono meno caratterizzate da estremismi innovatori, e sembrano mantenere i tratti distintivi delle comunità che hanno prodotto i singoli sistemi giuridici interessati. La conseguenza nelle scienze giuridiche è che lo studio del fenomeno è diventato di moda anche tra i giuristi e nel complesso si tratta di un effetto positivo sia per i contributi che si registrano nell’analisi delle conseguenze della globalizzazione economica sui singoli istituti del diritto, ovvero sulla loro applicazione concreta oltre che sulle modifiche normative indotte dal fenomeno, sia per le possibili applicazioni alle esigenze dell’economia “globalizzata” delle fattispecie normative e dei paradigmi giuridici rivolti al mondo produttivo. Ancora una volta, tuttavia, occorre domandarsi se il “sociale” può avere in tale sistema economico un suo autonomo ruolo che, in qualche modo, indirizzi non solo le scelte di politica legislativa rivolte al mondo dell’impresa ed in generale della produzione, ma anche l’accesso agli strumenti giuridico-economici. Occorre, quindi, verificare se un “parametro” sociale possa in qualche modo contribuire pienamente alla valutazione di un sistema economico efficiente ed anche affidabile, e che si preoccupi efficacemente anche del benessere – in termini di qualità della vita – dei propri consociati. Tale “metodo” viene, ad esempio, posto a base dell’economia del “non profit” ove si cerca di coniugare un’accettabile perfor6 mance economica con una più che buona resa sociale . Il cambiamento anche in geopolitica del ruolo degli statinazione ha evidenziato come il cambiamento che la globalizzazione ha indotto nella società abbia creato un mondo del tutto asimmetrico rispetto alla prospettiva di un tempo, 6 Da ultimo, cfr. AA.VV., Non profit. Dalla buona volontà alla responsabilità economica, a cura di M. ELEFANTI, Bologna, 2011; ivi spec. sulla valutazione delle “performances”, C. D’ESTE, La valutazione delle performances, ibidem, p. 221 ss. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 5 accentuando i caratteri di interdipendenza tra tutti i sistemi coinvolti in economia certo, ma anche come logica conseguenza sui comportamenti delle persone e sul loro “agire giuri7 dico” . Il movimento di persone che caratterizza il nostro tempo, ad esempio, produce una “ripopolazione interculturale” che può essere sfruttata come «occasione di superamento dei processi di alienazione impliciti nell’esperienza lavorativa di matrice macro-industriale, motore delle società complesse dominate dall’economia di mercato a base capitalistica»; da ciò può nascere una proposta per un commer8 cio «equo e interculturale» . Si rafforza, quindi, l’idea che si debba perseguire una globalizzazione “intelligente” piuttosto che la sua massima diffusione ed esasperazione che pro9 duce anche molta infelicità sociale . È qui che si va ad innestare la questione religiosa in campo economico. 2. Etica, religione ed economia (cenni) Il rapporto tra “religione” ed “economia” è certamente antico. Le religioni affrontano nella loro dottrina profili economici rivolgendoli essenzialmente all’etica dei propri insegnamenti di dottrina sociale, ed in tale campo la Chiesa cattolica ha certamente una fiorente tradizione. Il nodo cruciale delle preoccupazioni della Chiesa è evidenziato dalle parole di Benedetto XVI quando afferma che «la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non 7 Tali “asimmetrie” sono bene evidenziate da G. PICCO, Lo scenario geopolitico: minacce e opportunità dei nuovi allineamenti, in AA.VV., La globalizzazione tra politica ed economia, a cura di T. MACCABELLI, G. PROVASI, Bari-Roma, 2006, p. 7 ss. 8 M. RICCA, Riace, il futuro è presente. Naturalizzare il “globale” tra immigrazione e sviluppo interculturale, Bari, 2010, p. 126 ss. 9 D. RODRICK, La globalizzazione intelligente, Bari-Roma, 2011. 6 Antonio Fuccillo 10 ci rende fratelli» . La centralità dell’uomo inteso sempre più come “persona” conduce ad un nuovo “umanesimo”, recuperando la natura ontologica dell’esistere nel richiamarsi ai valori insiti nell’essere umano che si vorrebbe libero da condizionamenti tecnologici. Da qui discende nella dottrina sociale della Chiesa un forte richiamo all’etica in economia anche al fine di rendere possibile uno sviluppo eguale per tutti, ed un deciso rifiuto delle disuguaglianze che caratterizzano lo sviluppo economico contempora11 neo . D’altra parte, alla religione “semplicemente cultuale” è da molto tempo contrapposta la “religione morale”, intesa quest’ultima come «religione della buona condotta di 12 vita» . Anche tra gli economisti si va diffondendo l’idea dell’opportunità di un’etica in economia, e viene evidenziata peraltro la loro reciprocità di scambio, cioè l’utilità anche dell’e13 conomia per l’etica stessa . Il distacco dell’economia dall’etica sembra avere impoverito la c.d. “economia del benessere”, ed il «comportamento mosso dall’interesse personale ha seriamente limitato (…) la portata dell’economia predittiva, e ha reso difficile l’indagine di un certo numero di importanti relazioni economiche che operano attraverso la ver14 satilità comportamentale» . Così, i precetti religiosi in materia economica trovano sponda nell’idea (generalmente diffusa) che occorra trovare degli strumenti di contemperamen10 Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 19. E. MONTI, Lo sguardo della “Caritas in veritate” sulla Chiesa e sul mondo d’oggi, nel volume di D. TETTAMANZI, Etica e capitale. Un’altra economia è davvero possibile?, Milano, 2009, p. 20 ss. 12 E. KANT, La religione entro i limiti della semplice ragione, ed it., a cura di V. CICERO, M. RONCORONI, Milano, 2001, p. 145 (rif. orig. 6163). 13 A. SEN, Etica ed economia, Bari-Roma, 2002, p. 97. 14 A. SEN, Etica ed economia, cit., p. 98. 11 I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 7 to tra le esigenze del mercato globale e quelle del benessere individuale dei soggetti coinvolti. Nell’etica cristiana, ad esempio, la rivisitazione dell’importanza dei “diritti dell’uomo” all’interno delle stesse comunità ecclesiali ha spinto anche verso un rinnovato rilievo dei diritti economici e sociali che non sono solo quelli dell’individuo direttamente interessato, ma quelli dell’altro come se enunciati a difesa del rispetto (generale) degli uomini, in 15 netto contrasto con il soggettivismo individualista . La presenza nelle religioni (qui appena accennata) di precetti dottrinari sottesi al governo dell’economia è un dato incontestabile. Nella prospettiva etica che le medesime si prefiggono è evidente che i precetti economici di tipo fideistico siano divulgati dalle confessioni come fondati sui valori escatologici propri di ciascuna fede religiosa. In tale modo il binomio “win-loose”, tipico di ogni competizione economica, viene caratterizzato dal tipo di “premio” che la condotta buona conquista, cioè la “salvezza”, la quale, tuttavia, non garantisce il successo nel mercato. Si tratta, infatti, di precetti basati anche sul “dare gratuitamente” sul risultato sociale che si raggiunge con atti di partecipazione economica alla vita delle comunità, e che si colloca per lo più al di fuori delle dinamiche competitive 16 tipiche della nostra società globale . La valutazione di tali atti tiene conto della qualità della vita relazionale come «la componente che più pesa (anche rispetto al reddito) nel17 l’autovalutazione del benessere soggettivo delle persone» . Viene da sé che il rispetto di tale agire etico non sempre 15 J.Y. CALVEZ, I monoteismi e i diritti dell’uomo, AA.VV., La religione, ed. it. a cura di P. SACCHI, vol. V, I Temi, Torino, 2001, p. 170 ss. 16 Sulla rilevanza delle teorie “antiutilitariste” cfr. A. CAILLÉ, Critica della ragione utilitaria, Torino, 1991. 17 L. BRUNI, Reciprocità. Dinamiche di cooperazione, economia e società civile, Milano, 2006, p. 5 ss. 8 Antonio Fuccillo corrisponde ai bisogni dell’economia reale, pur essendo necessario comunque al raggiungimento di essenziali risultati nell’economia del benessere sociale. Viene giustamente evidenziato che «uno degli aspetti decisivi del processo di emancipazione tipico della modernità è dato dalla presa di coscienza dell’autonomia del settore economico e dalla fondazione» della scienza economica come del tutto autonoma dalle altre scienze umane, soprattutto da quelle basate su principi di ordine morale; anche se si registra la sempre più incalzante riflessione sui 18 rapporti tra economia e morale . La religione inizia sempre più a proporsi come argine agli eccessi dell’economia di mercato, spingendo verso l’assunzione di uno spirito capitalistico nuovo, ovvero di una nuova etica capitalistica che contemperi le esigenze del profitto con quelle di giustizia sociale. Si inizia, infatti, a parlare dei “banchieri di Dio”, soprattutto nella dottrina socio-economica della Chiesa cat19 tolica . 3. L’agire religioso nel mercato Vi è poi un’altra moderna prospettiva per valutare l’impatto delle credenze religiose nelle valutazioni di tipo economico legata alle ragioni di autofinanziamento delle confessioni. Una recente ricerca ha infatti evidenziato la «matrice economica di ebraismo, cristianesimo ed islam», ponendo all’attenzione degli studiosi come l’economia ci offra anche una «singolare chiave di volta per interpretare, sotto una diversa luce, la storia religiosa degli ultimi quattromila an18 G. FILORAMO, La Chiesa e le sfide della modernità, Bari-Roma, 2007, p. 103. 19 G. FILORAMO, La Chiesa e le sfide della modernità, cit., p. 103 ss. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 9 20 ni» . Questa volta va espunto dal discorso ogni riferimento al “dono” in senso stretto, cioè agli atti di partecipazione attiva alla vita di una confessione religiosa caratterizzati dal21 la mera gratuità e va, per converso, valutata la presenza delle Chiese sul mercato, e la loro influenza nella creazione di condotte a pura valutazione economica. Si è sostanzialmente d’accordo nel definire la religione come “bene collettivo” sia sotto il profilo delle “modalità di 22 appropriazione” del bene (valore) che rappresenta , ma anche della sua presenza nel sociale ove viene generalmente percepita come un “valore” in sé. Così i parametri dell’economia spingono ad una valutazione delle confessioni religiose come poli di attrazione di risorse umane che, basandosi sul principio del “libero accesso”, sostanzialmente tendono a marcare il loro territorio convincendo i soggetti della loro affidabilità, trovando in ciò ausilio anche nella tradizione che le caratterizza nella società. È questa (appena brevemente accennata) una delle possibili aree di studio del fenomeno in esame. Ciò imporrebbe di valutare le confessioni e le credenze religiose come competitors su di un ipotetico mercato del credere. Non è questa certo la prospettiva di indagine che ci riguarda, ma un effetto possibile di tale “competizione” è comunque necessario assumerlo. Le confessioni nel loro competere per acquisire fedeli non conquistano soltanto anime da salvare, ma anche risorse umane da spendere per il proprio autofinanziamento. Non si può negare, infatti, che uno dei parametri di valutazione dell’influenza di una confessione religiosa sia 20 P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo, cristianesimo ed islam, ed. it., Roma, 2010. 21 Mi si consenta un riferimento ad A. FUCCILLO, Dare etico. Agire non lucrativo, liberalità non donative e interessi religiosi, Torino, 2008. 22 P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo, cristianesimo ed islam, cit., p. 22 ss. 10 Antonio Fuccillo il numero dei suoi fedeli, che tradotto in termini economici può rappresentare un potenziale umano di possibili “consumatori” così come di possibili “esecutori” dei suoi principi di dottrina economica. Si può, quindi, pensare ad una sorta di mercati domestici resistenti, alla stessa stregua dei monopoli più feroci, alle regole della competizione universale, in quanto basati sulla “fiducia” che da sola giustifica l’affidabilità dei servizi che il gruppo produce e colloca. Non si tratta, come appare scontato, di un effetto da sottovalutare, e che costituisce una delle principali evidenze della “rivincita delle religioni” nell’attuale società. La natura di “bene collettivo” della religione ha «una proprietà notevolissima, quasi miracolosa: il fatto che un individuo supplementare approfitti dei suoi vantaggi non ne riduce la quantità disponibile per tutti quelli che già ne godevano» e questa libera fruizione del bene lo rende in parte più appetibile di altri anche sotto il profilo della sua possibile “recintabilità” ovvero degli atti che caratterizzano il con23 sumo del bene stesso . Si può, quindi, affermare che la partecipazione ad un gruppo religioso può apparire (anche in senso strettamente economico) come l’iscrizione ad un club esclusivo ove gli appartenenti si identificano tra loro per il compimento di alcune pratiche, la frequentazione di particolari luoghi ed edifici, un tipo di abbigliamento, una certa alimentazione. È evidente che «il richiamo che le religioni fanno costantemente alla superiorità» dei dettami etico-religiosi da loro propugnati e l’influenza che detti precetti hanno nei confronti degli adepti ai vari culti fa sì che spesso si traducano in comportamenti civilmente rile24 vanti , fatti di scelte precise che condizionano sia l’accesso ai vari beni presenti sul mercato oltre che fungere da strumento 23 P. SIMONNOT, Il mercato di Dio. La matrice economica di ebraismo, cristianesimo ed islam, cit., p. 23 ss. 24 P. CONSORTI, Diritto e religione, Roma-Bari, 2010, p. 195. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 11 di selezione nell’accesso agli strumenti giuridici messi a disposizione dai vari ordinamenti. Se guardiamo, ad esempio, all’istituto del matrimonio l’affermazione può sembrare più chiara. Se scelgo che sia la religione a regolamentare il mio matrimonio accetto di conseguenza che sia il diritto confessionale a regolarne la “stipulazione” ho, quindi, con la mia opzione attribuito rilievo interno al diritto religioso ma ho anche scelto uno strumento giuridico che mi consente ciò, quindi: matrimonio religioso-matrimonio civile. La mia scelta dello strumento giuridico interno deriva dalle mie convinzioni religiose che hanno fatto sì che escludessi strumenti alternativi più distanti dai precetti confessionali nei quali mi riconosco. Un analogo procedimento si verifica per l’accesso ai beni presenti sul mercato. La mia appartenenza religiosa e la conseguente partecipazione alla cerimonia matrimoniale mi spinge al rispetto di alcune tradizioni indotte da ciò, quindi addobberò la chiesa di fiori, assolderò dei musicisti, ci vestiremo con abiti di circostanza (il tradizionale velo bianco per la sposa), inviteremo amici e parenti al banchetto nuziale. Consumeremo secondo i dettami della nostra tradizione religiosa; la nostra appartenenza al club ha, quindi, condizionato le nostre scelte sia nell’accesso allo strumento giuridico che ai beni strettamente economici di contorno. Fin tanto che vi sarà una rilevante presenza di tale religiosità nel tessuto sociale vi sarà bisogno di conseguenza di chi produca tali beni e servizi. La religione diviene quindi un motore per l’economia, ma anche un importante fattore di condizionamento dei mercati. Dove è maggiore la presenza islamica, ad esempio, diventa antieconomico proporre la vendita di carni di maiale o di bevande alcoliche, così come diventerebbe proficuo il lavoro di un’agenzia di viaggi che proponesse pellegrinaggi a La Mecca, piuttosto che viaggi esotici. Voglio dire che i 12 Antonio Fuccillo comportamenti religiosi della popolazione hanno una decisa influenza sui consumi. Le confessioni, inoltre, hanno una rilevante capacità nell’influenzare le scelte dei propri fedeli, attraverso il marchio di qualità apparente che attribuiscono ad alcuni beni, piuttosto che ad altri. Nel caso dei pellegrinaggi cattolici, ad esempio, è più facile che il fedele si serva delle organizzazioni diocesane (che forniscono pacchetti completi, anche del servizio religioso) piuttosto che consumino il “servizio” all’esterno del gruppo. Pur essendo consapevole che la nozione di “comportamento religioso” è «ampia, polisemica, difficile da maneggiare su un piano teorico» essa appare tuttavia l’unica adatta a «ricoprire un campo molto vasto, quello delle azioni guidate da credenze in una o più potenze alle quali è ricono25 sciuta una posizione di trascendenza» . L’efficacia di tale formula sintetica si dimostra nella sua capacità di rappresentare semanticamente ed in modo sufficientemente generico tutte quelle condotte umane di sostanziale obbedienza a precetti di origine divina. Sono tali condotte che caratterizzano l’oggetto della presente indagine, confermando l’idea che la religione costituisca uno dei motori anche delle società contemporanee. Il rilievo nel diritto attuale di tali comportamenti è evidente, soprattutto quando «ci si confronta con i bisogni, le aspirazioni, il modo di pensare di chi proviene da mondi diversi», così si scopre che la religiosità ed i suoi tratti identificativi diventano salienti nel condizionare tutti gli ambiti della vita «dalla famiglia all’organizzazione del lavoro, ai 26 principi posti alla base della dinamica contrattuale» . 25 F. LENOIR, Y.T. MASQUELIER, I comportamenti religiosi (introduzione), in AA.VV., La religione, cit., p. 357. 26 M. RICCA, Le religioni, Bari-Roma, 2004, p. 32. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 13 4. Il condizionamento religioso nelle dinamiche giuridiche ed economiche L’appartenenza confessionale, quindi, è vissuta dai soggetti coinvolti come la partecipazione ad un gruppo forte, con regole proprie delle quali l’adepto percepisce la giuridicità nel senso proprio della obbligatorietà e della doverosità, ed alle quali attribuisce una rilevanza a volte maggiore di quella degli stessi diritti statuali. Il rispetto delle regole derivanti dai “diritti confessionali” si esprime anche con il compimento di atti giuridici idonei ad estrinsecare positi27 vamente la propria libertà di credenza . L’importanza di tali atti nell’ordinamento interno si verifica attraverso la loro traduzione negli strumenti giuridici del diritto statale che vengono in tale guisa conformati a detti interessi dall’agire religioso di chi li pone in essere. La scelta che si compie la si effettua in ossequio ad un precetto religioso che viene così veicolato all’interno del sistema giuridico e di quello economico. L’ordinamento statale, quindi, pur ammantandosi di una ostentata laicità del proprio diritto positivo, in realtà subisce l’influenza pratica delle scelte religiose dei soggetti sia nella fase della produzione politica della norma, sia nella fase della sua attuazione concreta, la quale ultima è direttamente condizionata da come si indirizzano le scelte verso la utilizzazione degli strumenti giuridici predisposti (in modo astratto) dal sistema. Il condizionamento di tipo “politico” è effettuato dal c.d. lobbyng religioso. Le confessioni, anche in base alla loro forza numerica e della tradizione che le caratterizza, sono certamente presenti sulla scena politica ove reclamano il rispetto dei principi etici che pongono a base del vivere civi27 S. FERRARI, Lo spirito dei diritti religiosi. Ebraismo, cristianesimo e islam a confronto, Bologna, 2002, p. 203 ss. 14 Antonio Fuccillo 28 le . La storia recente delle democrazie occidentali ha abbondantemente dimostrato che, seppure nella condivisione di valori pluralistici, la diffusione della tutela della libertà religiosa per i singoli e dei gruppi non sempre si è tradotta 29 in una politica effettivamente laica . Vero è che tale termine ha una semantica giuridica che non ci consente ancora di riempirlo del tutto di un significato pienamente condiviso, per cui esistono varie interpretazioni della laicità sia in poli30 tica che in diritto . Nella società attuale, tuttavia, i termini “laico” e “laicità” godono comunque di notevole fortuna sia «nel linguaggio corrente come in quello specialistico, nelle assemblee politiche come nel forum massmediale. La laicità appare moderna e progressista, sicché nessuno rinuncia ad autoqualificarsi laico e a mostrare apprezzamento per ogni dimensione ed esperienza della vita umana che possa deno31 tarsi come tale» . Tutto ciò, però, porta a sottovalutare la portata sociale delle religioni ed il loro impatto sulla vita delle persone e sulle loro scelte. Il campo attuale di ricerca ne fornisce un esempio in relazione alle norme che regolamentano l’economia (che è l’obiettivo della presente indagine), ove l’influenza delle religioni potrebbe superficialmente apparire come meno inci- 28 Anche se in un’ottica meramente giornalistica e “di parte” indaga il fenomeno M. DAMILANO, Il partito di Dio. La nuova galassia dei cattolici italiani, Torino, 2006, p. 27 ss. 29 Purché, ovviamente, esista un contenuto oggettivo della laicità, per lo meno nel diritto pubblico. La dottrina, in verità, ancora non ha raggiunto una uniformità sugli esatti contenuti di una “laicità possibile degli stati contemporanei”; tra gli studi più recenti, cfr. P. STEFANÌ, La laicità nell’esperienza giuridica dello Stato, Bari, 2007; S. PRISCO, Laicità. Un percorso di riflessione, II ed., Torino, 2009. 30 Tra i vari studi sul tema, cfr. AA.VV., Il principio di laicità nello Stato democratico, a cura di M. TEDESCHI, Soveria Mannelli, 1996. 31 G. DALLA TORRE, Presentazione al volume a cura di ID., Lessico della laicità, Roma, 2007, p. 7. I mercanti nel tempio: economia, diritto e religione 15 dente di quella esercitata in altri settori della vita sociale. È, invece, corretto riferire alla religione una decisiva capacità di motivazione culturale dell’agire umano, ed il suo atteggiarsi a vero “motore” di esso al punto da farle occupare «in ogni enciclopedia culturale la casella dei fondamenti, delle 32 matrici di produzione di senso» . La religione, quindi, «cementa la solidarietà sociale ed il linguaggio comunitario», condiziona comportamenti stabilendo ambiti sottratti alla «negoziazione interindividuale» intervenendo anche così nell’indirizzare le scelte economi33 co-giuridiche dei propri fedeli . 5. Asimmetrie informative e fattore religioso Un rilevante fattore di condizionamento del mercato attraverso le “religioni” è la presenza in tale campo di notevoli “asimmetrie informative”, ovvero della prestazione di servizi dei quali l’utenza non è in grado di predeterminare la qualità effettiva, pur percependone pienamente il valore. Si tratta di uno dei fenomeni condizionanti in negativo il 34 mercato tra i più rilevanti . Se, difatti, voglio accedere ad 32 M. RICCA, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale, Bari, 2008, p. 179. 33 M. RICCA, Oltre Babele. Codici per una democrazia interculturale, cit., p. 179 ss. Il medesimo Autore (ibidem, p. 177) nota come «la trasformazione in senso multiculturale delle società statali si accompagna ad un rigurgito delle identità religiose», ed inoltre che (ibidem, p. 178) «senza valori non esisterebbe alcuna cultura, alcun sapere culturale. Cultura e società sono entità immaginarie, nel senso che la loro realizzazione transita attraverso le loro proiezioni immaginarie. Cultura e credenza, cultura e fede sono perciò intimamente legate». 34 Il difetto di informazioni è giustamente ritenuto un fattore distorsivo delle capacità di scelta libera da parte dei c.d. “consumatori”, i quali non possono decidere correttamente secondo le loro preferenze ma devono orientarsi verso servizi qualificati preventivamente. 2.