east 23_“L`idea di Dio? Buona, ma da riformare” pdf
Transcript
east 23_“L`idea di Dio? Buona, ma da riformare” pdf
Ha scritto, tradotto e curato oltre quaranta libri, usciti in ben otto lingue, su temi legati alla filosofia della religione e al dialogo interreligioso. Con L’Epos di Palermo, James W.Heisig ha pubblicato Filosofi del nulla (2007). Intelligente, curioso, dotato di uno spiccato senso dell’umorismo, Heisig ha tenuto la lezione Un’ipotesi spirituale per un pianeta sofferente all’interno di Torino Spiritualità. A margine di questo evento lo abbiamo intervistato “L’idea di Dio? Buona, ma da riformare” RELIGIONE 4 a cura di Alessandra Garusi “Se conosci solo una lingua, la tua, non sai che cosa sono le lingue. Quando ne impari una seconda, vedi i limiti della prima; vedi quel che possono e non possono fare le lingue. La stessa cosa vale per la religione. Quando profondamente capisci e tenti di pregare, di vivere un’altra religione, in quel preciso momento, e per la prima volta, conosci i limiti della tua religione. Quando parlo con i miei colleghi buddhisti, parlo con un forte accento cristiano; e quando loro mi parlano del cristianesimo, lo fanno con un forte accento buddhista. Ma parliamo... Ed è una straordinaria esperienza”. Un’esperienza che James W. Heisig, sacerdote verbita, ha completamente interiorizzato. Da trent’anni è ricercatore e docente presso il Nanzan Institute for Religion and Culture di Nagoya, in Giappone. Lei ha detto: “Nel suo tentativo di conquistare il mondo per Cristo negli ultimi 250 anni la Chiesa ha perso la destinazione, ha perso di vista la grande sfida del dialogo con le altre religioni...” Com’è potuto accadere? C’è una forte critica nei confronti del relativismo: la Spiritualità deve essere mantenuta all’interno del cristianesimo. Da dove nasce la teoria del relativismo? Dal fatto che la religione, per i giovani d’oggi, è diventata una specie di buffet: prendiamo un po’ di questo, di quest’altro e di quest’altro ancora… È ciò è considerato qualcosa di negativo. Tutte le religioni vengono considerate allo stesso modo; e ne puoi fare una “tua” prendendo liberamente di qua e di là. È un approccio egoistico. Ma restano due fatti: questa sarà la forma della cristianità del futuro per la maggioranza dei cristiani. Quindi è più importante che mai, per noi, mantenere il “controllo della cucina”. Mantenere le “ricette originarie”. Altrimenti, tempo una generazione, e tutto sarà uguale: l’Islam, il cristianesimo, il buddhismo, lo shintoismo, ecc., un grande mix per l’anima. In secondo luogo, se guardiamo alle grandi preoccupazioni per il mondo di oggi – lo stato di salute del pianeta, la liberazione delle donne, la fame, la fine della schiavitù, la giustizia sociale, ecc. – e ci chiediamo da dove vengono, la risposta è imbarazzante: nessuna è nata da una delle religioni più diffuse a livello mondiale. Tutte provengono da questa generazione di persone che seguono il proprio cuore, costruendosi la loro “religione à la carte”. Questo è ciò che maggiormente preoccupa la Chiesa di oggi. Ma la cosa importante non è far sì che questa gente segua le tradizioni della Chiesa; piuttosto, è la Chiesa che deve seguire loro. Può spiegare meglio? Quando Giovanni XXIII aprì il Concilio Vaticano II, utilizzò un’immagine molto bella. Disse: “Dobbiamo aprire le finestre, cosicché l’aria fresca possa entrare…” Da dove viene l’aria fresca? Sempre da fuori. 145 “L’IDEA DI DIO? BUONA MA DA RIFORMARE” Tuttavia, dopo la morte di Papa Roncalli e dopo quella di Paolo VI, hanno richiuso le finestre. E adesso chiedono a una generazione intera di persone di respirare quest’aria stantia. Quindi il relativismo, il pluralismo, la “religione à la carte”, il grande mix, ecc. da un lato; e, dall’altro, il disperato tentativo, da parte della Chiesa, di controllare la tradizione. Essa dovrebbe invece seguire lo Spirito: questo è chiaro. E deve seguirlo fuori di lì, non dentro. È arrivato il momento di “rompere” con l’idea ereditata di Dio. Dobbiamo modificare la gerarchia. Non più Dio in alto, Come mantenere il “controllo della cucina” Come mantenere le “ricette originarie”? l’uomo in mezzo e sotto la Perché le religioni riescano a mantenere la loro identità, devono impegnarsi nella lotta. E solo marginalmente questa lotta avviene fra le grandi religioni costituite (il buddhismo, il cristianesimo, ecc.). Per la maggioranza, avviene dentro l’individuo che può avere contemporaneamente un’identità buddhista, cristiana, musulmana. Questo sarà il futuro. La Chiesa tornerà a essere un piccolo gregge. Terra. Una Terra spremuta senza ritegno. Abbiamo bisogno di una relazione meno personale con Dio e più personale con la Terra Ai suoi studenti, Lei ripete come un mantra: “Non si fa il dialogo per avere risultati, ma si fa il dialogo per fare il dialogo. È come Che cos’è, dunque, più che mai necessario? una liturgia, e come la liturgia dell’amore: È arrivato il momento di “rompere” con non si fa l’amore per i risultati, si fa l’amore l’idea ereditata di Dio. Dobbiamo modificare per fare l’amore”. la gerarchia: finora c’era Dio in alto, l’uomo Oggi quando sentiamo la parola “dialogo”, pensiamo a un dialogo per risolvere un problema. Perché tentiamo di costruire un dialogo con l’Islam? Perché ci stanno causando problemi. Ma questa è politica, non dialogo. Il dialogo deve essere privo di scopo. È come la preghiera, o il fatto di andare in chiesa. Perché ci si va? Se ci si va con un obiettivo preciso, si è fuori strada. Quindi il dialogo non può essere giudicato in relazione agli obiettivi raggiunti. Lo si fa, senza sapere dove si andrà a parare. Questa è la nostra esperienza. Paradossalmente, chi crea maggiori ostacoli al dialogo, sono i cosiddetti “teologi del dialogo”. Scrivono libri su cos’è il dialogo, com’è strutturato, quali sono le regole, ecc. senza aver mai vissuto quella situazione, senza essersi mai esercitati. Troviamo davvero molto offensivo, che ci dicano “come fare”. È come i preti che cercano di insegnare alle giovani coppie come si raggiunge una vita sessuale soddisfacente… (Scoppia in una fragorosa risata). 146 nel mezzo, e sotto la Terra: una Terra spremuta senza ritegno, ma le cui risorse sono infinite. I cambiamenti climatici, che diventano ogni mese più rilevanti, ci hanno costretti a un brusco risveglio. Se crediamo che l’illuminazione si raggiunga stando sotto una pianta a meditare, ci sbagliamo di grosso: è piuttosto un’esperienza scioccante, come una caduta nel Tamigi… È una scossa. È qualcosa che richiede un cambio del pensiero e della pratica. E allora? Abbiamo bisogno di una relazione meno personale con Dio e più personale con la Terra. Teologicamente parlando, Dio non è una persona. Proviamo a pensarlo come avverbio, piuttosto che come sostantivo. Quando le cose succedono “divinamente”, lì c’è Dio. Egli è dunque la totalità del mistero creativo, lavora ovunque, ma, al contempo, è un mistero di cui non conosciamo l’inizio e la fine. Prima di essere un “Dio-persona”, è un “Dio-giglio”, un “Dio-uccello”; la Terra ci trascende: sta un gradino sotto Dio e un gradino sopra gli esseri umani. Fra Dio, la Terra e l’uomo c’è RELIGIONE 4 una profonda unità. Ma la preoccupazione per la salute del pianeta, da cui dipende la sopravvivenza di tutti, ora va messa al centro. Per un orientale è più facile vedere la Terra come un’immagine di Dio? È più facile credere che i fiori, le piante, simboleggino la divinità? Sì, lo è. Le racconto una storia: dieci anni fa, un mio studente si suicidò gettandosi dal tetto del seminario. Dopo due tre mesi, sua sorella venne in classe e raccontò di essere stata da un prete cattolico. Era turbata e, per calmare l’angoscia, gli aveva chiesto: «Mio fratello è morto in pace?» E questi aveva risposto: «Sorella, solo Dio può saperlo…» Lei si era allora rivolta ad un altro sacerdote, di origine tedesca, e gli aveva posto la stessa domanda. Questi aveva risposto nello stesso modo del primo. Infine, la ragazza era andata da un yamabushi (monaci asceti giapponesi che seguono la dottrina del shugendō, una combinazione di elementi buddhisti e shintoisti, ndr). E l’uomo le aveva detto: «Lasciami sedere giù in cortile, nel punto esatto dove è caduto tuo fratello». Si era quindi seduto appunto lì e aveva passato tutta la notte ad ascoltare i fiori, le erbe, gli alberi, ecc. Il giorno dopo aveva confermato: «Sì, è morto in pace». E lei: «Per fortuna…» Alessandra Garusi Circa 30mila giovani, ogni anno, decidono di togliersi la vita in Giappone. Per quale ragione sono così disperati? Questo ha spesso a che fare con il sistema scolastico, con il fortissimo senso di competizione che c’è. Non è un problema religioso, ma globale. I giovani sono molto vulnerabili, soprattutto alle critiche da parte dei coetanei. È una società molto intimista, quella giapponese. In Occidente, l’individuo mantiene la proprio integrità, come donna, come cristiano, ecc. E l’idea è di costruire ponti verso altre integrità, altri individui. Se la relazione, il ponte, si rompe, hai sempre la tua identità, costruisci un nuovo ponte. In Giappone, questo non è possibile. Quando una relazione si rompe, perdi una parte di te: il controllo degli altri sulla propria identità è molto più forte. Mentre in Occidente i suicidi si riconducono solitamente a dei fallimenti sul piano personale o professionale, in Oriente sono invece riconducibili all’incapacità di adattarsi all’armonia del gruppo. 147