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D di dissidente: ASLI ERDOGAN ha inaugurato la serie di anteprime di Tempo di Libri all’insegna della libertà di pensiero «Nella mia vita ora c'è una grossa macchia nera e l'unico modo per affrontarla è la scrittura», dice Asli Erdoğan nel primo intervento pubblico dopo l'uscita dal penitenziario femminile di Bakirköy, a Istanbul, dove era reclusa dallo scorso agosto, beneficiando dal 29 dicembre del regime di libertà provvisoria. Nell'affollata Sala Piccola del Teatro Dal Verme di Milano, per una delle anteprime di Tempo di Libri, dedicata alla libertà del pensiero, che segneranno il percorso di avvicinamento alla nuova Fiera dell’Editoria Italiana, le sue parole sono risuonate con la stessa forza della sua scrittura, mai scissa dalle questioni di giustizia. Quando le parole vengono svuotate del proprio senso, la libertà inizia a morire ed Erdoğan ce lo ricorda: «Viviamo in un momento in cui bisogna chiedersi cosa significhino le parole reato, diritto, colpa, condanna, libertà, innocenza; tutte parole che in Turchia sono rimesse in discussione. Mi hanno pesato moltissimo l'incriminazione e la carcerazione del tutto ingiuste e infondate, fuori dal diritto, legate a una mia manifestazione di solidarietà e a motivi politici». Il sostegno internazionale è stato un fattore determinante nella temporanea restituzione della libertà alla scrittrice, che lo sottolinea non riferendosi solo al suo caso: «In questo senso avverto un grosso ruolo di responsabilità nei confronti di tutti coloro che sono ancora ingiustamente detenuti e non hanno voce». A Erdoğan è stato sottratto il passaporto, non può lasciare il paese e vengono alle mente le righe dell'unico suo libro tradotto in Italia, Il Mandarino meraviglioso (Keller Editore, traduzione Giulia Ansaldo, 2014) scritto a Ginevra, dove ha lavorato da fisica al Cern, all'età di venticinque anni: «A proposito del migrare, la sola cosa positiva che possa dire è questa: non conosco alcuna altra esperienza che insegni a tal punto bene la vita agli uomini». I centotrentasei giorni vissuti da detenuta hanno lasciato il segno fisico e psicologico. Al carcere femminile di Bakirköy aveva dedicato un romanzo, L'edificio di pietra, la traduzione letterale del titolo. Un argomento che l'ha sempre ispirata: come rendere materia letteraria situazioni terribili, drammatiche, come si riesca o meno a raccontare un trauma mediante la letteratura. Nei diciotto anni da autrice ha sempre posato attenzione al carcere, alla negazione delle fondamenta del diritto e oltre a quale confine possa spingersi la repressione dello Stato. Erdoğan utilizza una metafora, il Palazzo di Giustizia di Istanbul, che da fuori appare come una struttura molto moderna, mentre le condizioni degli interni rendono idea della decadenza del sistema giudiziario. Nel racconto di Erdoğan colpisce anche l'empatia che l'ha legata alle altre donne detenute: «Nel periodo di detenzione ho imparato a dare nuovo valore alla vita, dentro alla cella che condividevo con altre venti donne ed è stata importante la relazione che si è instaurata, ho imparato molto dalla loro vita quotidiana. Ricomincerò con la scrittura da qui, vorrei approcciarmi a questa mia Fiera dell’editoria italiana ww w. t e m p o d il i b r i. it storia in maniera molto delicata e sottile, partendo dalle storie delle persone che ho incontrato in cella». La prossima udienza del processo che la vede imputata, insieme ad altre dieci persone, si terrà il 14 marzo. Erdoğan non crede che sarà l'epilogo della vicenda giudiziaria. Dei capi d'imputazione a lei contestati permane quello di propaganda terroristica. È sostanzialmente accusata per aver espresso la propria solidarietà al giornale filo-curdo Özgür Gündem. Nella Sala Piccola del Teatro Dal Verme di Milano Erdoğan si è confrontata, rispondendo alle domande, con il giornalista Lirio Abbate e Marino Sinibaldi, direttore di Radio 3, che ha moderato l'incontro insieme a Lea Nocera, ricercatrice ed esperta di Turchia. La serata è stata introdotta da Chiara Valerio, responsabile del programma generale di Tempo di libri, e da Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano. L'anteprima di Tempo di libri ha ospitato anche la sociologa e scrittrice turca Pinar Selek, amica stretta di Erdoğan, e il loro scambio a distanza è stato particolarmente intenso. Nell'ambito delle sue ricerche sulla questione curda, Selek realizzò alla fine degli anni Novanta una sessantina di interviste in Kurdistan, Francia e Germania. L'11 luglio 1998 è arrestata dalla polizia a Istanbul, accusata di complicità col PKK, e torturata affinché confessasse i nomi dei suoi contatti. Mantenne e tutelò la segretezza delle proprie fonti, venendo a sapere in prigione dell'accusa di un attentato terroristico in realtà mai avvenuto. Malgrado tre assoluzioni, il processo non è chiuso e Selek è costretta di vivere in esilio dal 2009. In Italia Fandango ha pubblicato un suo libro, La maschera della verità, dedicato alla memoria negata del genocidio degli armeni. «Vogliono punire gli intellettuali che si impegnano nella dimensione pubblica, civile – ha detto Selek –. Dopo l'arresto mi hanno torturata, ho trascorso due anni e mezzo in prigione senza che la pubblica autorità ammettesse che era a causa del mio lavoro accademico, universitario di ricercatrice. Appena arrestata hanno perpetrato queste pratiche insieme alle botte, in assenza della mia volontà di delazione delle fonti intervistate per le mie ricerche e pubblicazioni. Negli anni Ottanta la stessa sorte è toccata a mio padre. Bisogna capire la continuità del nazionalismo turco, la struttura nazionalista dello Stato, basandosi sul genocidio degli armeni rimosso». È stato l'inizio di un incubo e della resistenza per Selek, che ha invitato Erdoğan e tutti noi a tutelare lo spazio decisivo, quello della creazione artistica che non conosce frontiere e muri. Come ne La maschera della verità cita Antonio Gramsci: «Bisogna unire il pessimismo dell’intelligenza all’ottimismo della volontà». Alla testimonianza diretta e preziosa delle due autrici è seguito un momento altrettanto intenso con la lettura di ampi passaggi de Il mandarino meraviglioso. Scrittrici e scrittori italiani tra cui Silvia Ballestra, Alessandro Bertante, Helena Janeczek, Federica Manzon, Alessandro Mari e Bianca Pitzorno ha letto brani dal libro di Erdoğan e, seguendo l'esempio dei colleghi turchi all'ultima fiera dell'editoria di Istanbul, hanno autografato al suo posto copie del testo, in attesa di averla libera anche in Italia. www.tempodilibri.it Fiera dell’editoria italiana ww w. t e m p o d il i b r i. it UFFICIO STAMPA Daniela Poli – Ufficio Stampa Associazione Italiana Editori Tel. 02 89280823 – cell. 335 1242614 Ex Libris Comunicazione Tel. 02 45475230, Carmen Novella 335 6792295; Elisa Carlone 334 6533015; Marta Santopolo 331 3213168 [email protected] Fiera dell’editoria italiana ww w. t e m p o d il i b r i. it