MITO programma sala

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MITO programma sala
Torino
Teatro Astra
Venerdì 18.IX.09
ore 17
Ensemble Europeo
Antidogma Musica
DolciAure Consort
Guido Maria Guida direttore
Prete
Bosco
Colla
Cascioli
Mengozzi
Pierini
Causton
Coral
Progetto Grafico Studio Cerri & Associati
Paolo Prete
(1976)
...della luna, delle foglie
per pianoforte, vibrafono e violino
1° premio al 27° Concorso Internazionale di Composizione Città di Torino – ICOMS
Marinella Tarenghi, pianoforte
Gilberto Bosco
(1946)
La notte
per voce recitante, tre voci femminili, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte
Marinella Tarenghi, pianoforte
Alberto Colla
(1968)
La stirpe dei lupi
L’uomo lupo
per quartetto vocale, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte
Marinella Tarenghi, pianoforte
Gianluca Cascioli
(1979)
Trio (dedicato ad Alberto Colla)
per violino, violoncello, pianoforte
Andante espressivo - Allegro con fuoco
Adagio non troppo, molto religioso e solenne
Allegro con fuoco
2° premio al 27° Concorso Internazionale di Composizione Città di Torino – ICOMS
Gianluca Cascioli, pianoforte
Fabio Mengozzi
(1980)
I cerchi concentrici
per pianoforte e percussione
Fabio Mengozzi, pianoforte
Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
Stefano Pierini
(1971)
Duo I
per corno di bassetto e percussione
Richard Causton
(1971)
In the morning you always come back
per pianoforte
Marinella Tarenghi, pianoforte
Giampaolo Coral
(1944)
Die Insel der Toten
per flauto, clarinetto, fagotto, viola, contrabbasso, pianoforte, percussione
Marinella Tarenghi, pianoforte
Ensemble Europeo Antidogma Musica
Luciano Condina, flauto
Massimo Mazzone, clarinetto
Michele Marelli, corno di bassetto
Alberto Brondello, fagotto
Marinella Tarenghi, pianoforte
Fabio Mengozzi, pianoforte
Leonardo Boero, violino
Magdalena Vasilescu, viola
Massimo Barrera, violoncello
Enzo Ferraris, contrabbasso
Riccardo Balbinutti, percussione
DolciAure Consort
Anna Siccardi, soprano
Rita Portera, soprano
Mara Cogerino, contralto
Fulvio Zannella, tenore
Luciano Fava, basso
Guido Maria Guida, direttore
Mario Brusa, voce recitante
con la partecipazione di Gianluca Cascioli
In collaborazione con
Antidogma Musica
La notte
Ma la notte ventosa, la limpida notte
che il ricordo sfiorava soltanto, è remota,
è un ricordo. Perdura una calma stupita
fatta anch’essa di foglie e di nulla. Non resta,
di quel tempo di là dai ricordi, che un vago
ricordare.
Talvolta ritorna nel giorno
nell’immobile luce del giorno d’estate,
quel remoto stupore.
Per la vuota finestra
il bambino guardava la notte sui colli
freschi e neri, e stupiva di trovarli ammassati:
vaga e limpida immobilità. Fra le foglie
che stormivano al buio, apparivano i colli
dove tutte le cose del giorno, le coste
e le piante e le vigne, erano nitide e morte
e la vita era un’altra, di vento, di cielo,
e di foglie e di nulla.
Talvolta ritorna
nell’immobile calma del giorno il ricordo
di quel vivere assorto, nella luce stupita.
Cesare Pavese (da Lavorare stanca, Einaudi)
La stirpe dei lupi
[...]
La vecchia siede ad oriente
in Járnvior
e laggiù nutre
la stirpe di Fenrir.
Di tutti quelli
uno solo si fa
divoratore della luna
in forma di troll.
¸
Si nutre della vita
degli uomini destinati a morire,
arrossa le case degli dèi
con sangue scarlatto.
Si oscura la luce del sole
nelle prossime estati,
verranno tempi di tradimento.
[...]
Si colpiranno i fratelli
e l’un l’altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l’adulterio.
Tempo d’asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà.
[...]
da Edda poetica, La profezia della veggente (Völuspá)
L’uomo lupo
PRIMO CACCIATORE: Non è la prima volta che s’ammazza una bestia.
SECONDO CACCIATORE: Ma è la prima che abbiamo ammazzato un uomo.
PRIMO CACCIATORE: Pensarci non è fatto nostro. Sono i cani che ce l’hanno stanato.
[...] Quando l’abbiamo visto chiuso contro i sassi, canuto e insanguinato, sguazzare nel
fango, coi denti più rossi degli occhi, chi pensava al suo nome[!] [...] Morì mordendo il
giavellotto come fosse la gola di un cane. Aveva il cuore della bestia oltre che il pelo.
Da un pezzo per queste boscaglie non si vedeva un lupo simile o più grosso.
SECONDO CACCIATORE: Io ci penso al suo nome. Ero ancora ragazzo e già dicevano di lui. Raccontavano cose incredibili di quando fu uomo – che tentò di scannare il Signore dei monti [...].
PRIMO CACCIATORE: Ora è fatta. [...] Pensa alla festa che ci attende. [Ma bisogna
scuoiarlo, altrimenti [...] diventa più duro di un sasso].
SECONDO CACCIATORE: Mi domando se, presa la pelle si dovrà [sotterrare il cadavere]. Una volta era un uomo. Il suo sangue ferino l’ha sparso nel fango. E resterà
quel mucchio di ossa e carne come di un vecchio o di un bambino.
PRIMO CACCIATORE: [Non è un cadavere, è soltanto una carcassa]. [...] Si racconta di lui che cuoceva i suoi simili.
SECONDO CACCIATORE: Conosco uomini che han fatto molto meno, e sono lupi.
Sei così certo di te stesso da non sentirti qualche volta Licaone come lui? [...] Ma
lui non ebbe scappatoie [;] lasciò per sempre gli occhi umani e le case. Ora almeno
ch’è morto, dovrebbe aver [...] pace.
PRIMO CACCIATORE: [...] Chi più pace di lui, quando poteva accovacciarsi sulle rupi
e ululare alla luna? [...] i tronchi e le belve non temono nulla di sacro, e non guardano al cielo che per stormire e sbadigliare. […]
SECONDO CACCIATORE: Non conosci la strada del sangue. Gli dèi non ti aggiungono né tolgono nulla [;] [...] d’un tocco leggero, t’inchiodano dove sei giunto. [...]
Ma resti quello che è fuggito dalle case, resti l’antico Licaone.
PRIMO CACCIATORE: [Dunque] azzannato dai molossi, Licaone patì come un uomo
cui si desse la caccia coi cani?
SECONDO CACCIATORE: [...] Mentre moriva senza voce sulle pietre, io pensavo a
quei vecchi pezzenti che si fermano a volte davanti ai cortili, e i cani si strozzano
alla catena per morderli. [Visse] come lupo, ma morendo [...] capì d’esser uomo. Ce
lo disse [cogli] occhi.
PRIMO CACCIATORE: [...] [E] credi che gl’importi di marcire sottoterra come un
uomo, lui che [infin vide] uomini in caccia?
SECONDO CACCIATORE: C’è una pace di là dalla morte. Una sorte comune. Importa ai vivi, importa al lupo che è in [tutti noi]. Ci è toccato di ucciderlo. Seguiamo
almeno l’usanza, e lasciamo l’ingiuria agli dèi. Torneremo alle case con le mani
pulite.
Cesare Pavese (da Dialoghi con Leucò, Einaudi)
Il concerto del Torino Vocalensemble a Bose, previsto alle ore 16 di domenica 20
settembre, è stato posticipato alle ore 17
Se desiderate commentare questo concerto, potete farlo sul sito
www.sistemamusica.it o su blog.mitosettembremusica.it
Il lavoro trae spunto dal Simbolismo – in particolare da una reminiscenza di Odilon
Redon – ma nella sua accezione più astratta, in cui non è tanto importante il significato concreto di un’associazione di idee, in questo caso gli elementi del titolo, quanto la
forza evocativa in sé che tale “segno” contiene. Formalmente la composizione si articola come una scena lirica, i cui protagonisti sono entità non ben definite, suddivisa in
arioso, aria, un breve duetto e infine un terzetto. Il materiale tematico, nonostante il
proliferare di brevi figure comuni, che legano tutti i movimenti in un’unica macroforma, è determinato dall’insistenza su precisi colori, in senso quasi statico; tali colori sono
giustapposti e realizzati con agglomerati armonici di poche note (spesso quattro sole
note, di cui due “polarizzanti”); in particolare, l’ultima sezione – richiamo al concetto
di “Ipermaggiore” di Bartók e al suo Castello del principe Barbablù, cardine del Simbolismo musicale – insiste sul colore dato dalle quattro note, che in un contesto tonale formano una settima di quarta specie, trasportato in un contesto non tonale.
Paolo Prete
In musica esiste certo una notte romantica, e un’altra notte, quella dell’Espressionismo. Se si considerano le serenate e i lavori in un certo senso “notturnali”, possiamo riconoscere una notte moderna in Petrassi e Dallapiccola, e poi in Berio e
Maderna, per citare qualche nome. Ma spingendo lo sguardo un poco più avanti
possiamo postulare l’esistenza di una notte post-moderna: tema insieme ambiguo,
imbarazzante e incuriosente (ma non sono queste, tra le altre, caratteristiche del
post-moderno?). A questa notte mi sono più volte avvicinato. Ritorno al tema per
una commissione “pavesiana”, la seconda in poco tempo. Se in Last blues (presentato nella scorsa edizione di MITO) avevo scelto la voce cantata, troviamo qui un
melologo che lascia alle voci il compito di estrarre poche parole e pochi suoni (una
“melodia”? Forse no, date le valenze di campi armonici che le tre voci femminili
espongono). Le note provengono da due frammenti (uno a stento riconoscibile e
subito variato, l’altro inudibile e inghiottito tra le tessiture strumentali) presi da
Schönberg. Nacht, dal Pierrot Lunaire, è all’origine del lavoro, senza alcuna pretesa di stabilire un rapporto tra l’Espressionismo e La notte di Pavese.
Cercavo una dimensione ambigua e disturbante, tra un giorno e una notte ricordati; a chi ascolta il compito di rintracciarla.
Gilberto Bosco
La stirpe dei lupi è una breve composizione su un testo desunto dall’Edda poetica,
manoscritto medievale islandese in norreno noto come Codex Regius. Questo grande poema mitologico si apre con La profezia della veggente (Völuspá), una sinistra
visione dei primordi e del destino del mondo. Le parti musicate riguardano l’aspetto apocalittico della Profezia e narrano degli ultimi giorni: quando i fratelli
“l’un l’altro si daranno la morte”, quando un lupo della stirpe dei Fenrir si farà
“divoratore della luna in forma di troll”.
L’uomo lupo è su testo liberamente tratto dai Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese.
«Licaone, signore d’Arcadia, per la sua inumanità venne mutato in Lupo da Zeus.
Ma il mito non dice dove e come sia morto». È Pavese a immaginarne la fine. Licaone viene ucciso come una bestia da due cacciatori. Questi, riconosciutolo, decidono di seppellirne i resti dopo avergli strappato la pelliccia: «C’è una pace di là dalla
morte. Una sorte comune. Importa ai vivi, importa al lupo che è in [tutti noi]. Ci è
toccato di ucciderlo. Seguiamo almeno l’usanza, e lasciamo l’ingiuria agli dèi. Torneremo alle case con le mani pulite».
Alberto Colla
Con questo lavoro non ho voluto fare sperimentalismi e non sono andato in cerca
di effetti strumentali speciali. Il linguaggio armonico del primo e del terzo movimento trae liberamente ispirazione dalle teorie di Roberto Lupi (1908-1971) che
scrisse un interessante saggio dal titolo Armonia di gravitazione, a mio avviso di
enorme interesse, giacché nasce da considerazioni fisiche sulle armoniche naturali. Questo saggio, rimasto stranamente in ombra per molto tempo, ha originato
negli ultimi anni nuove e fruttuose riflessioni, tra cui quelle estremamente elaborate e raffinate del compositore piemontese Alberto Colla, al quale il mio Trio è
dedicato.
Il movimento centrale vuole invece essere un concreto omaggio alle ricche tradizioni musicali italiane e si ispira ai meravigliosi canti religiosi eseguiti durante la
Settimana Santa in Sardegna (tramandati oralmente fin dal Medioevo), da cui deriva l’armonia modaleggiante.
Gianluca Cascioli
Composto nel 2006 e presentato l’anno successivo in prima esecuzione assoluta
presso il Parco della Musica di Roma, I cerchi concentrici è un brano fondato sulla
coerente applicazione di procedimenti numerici. Il punto di partenza del lavoro è
la cellula tetracordale, cui si applicano processi graduali di accelerazione e decelerazione; si va così strutturando un elemento vorticoso che, similmente a un cantus
firmus, funge da matrice; quest’ultima viene riproposta dal pianoforte all’inizio di
ognuna della otto sezioni che compongono il brano, a ogni ricomparsa modificata
della cellula iniziale secondo tecniche di inversione e retrogradazione. È a questa
struttura formale che il titolo fa riferimento: le varie sezioni si concatenano e inanellano come cerchi di differenti dimensioni, ma aventi un centro comune. Se la
forma del brano risulta dunque fortemente geometrica, il ricorso alla serie di Fibonacci e a quella dei numeri primi garantisce un’armonia e una coerenza nella
gestione delle durate dei singoli suoni. La ricerca timbrica si esplica non soltanto
nella scelta di un nutrito numero di strumenti a percussione, ma anche attraverso
l’accurato uso del pedale tonale del pianoforte che, fissando due cellule tetracordali diverse per le prime quattro sezioni del brano e le quattro successive, attraverso
questa separazione determina così due caratteri diversi contrapposti.
Fabio Mengozzi
Sono sempre stato affascinato dai quaderni, soprattutto quelli dei poeti e dei pittori, quaderni di appunti che spesso rivelano realtà profonde con la massima sintesi.
Duo I è completamente immerso in questo spirito: un arcipelago (“raggruppamento irregolare di elementi affini”) di oggetti musicali uniti tra di loro da un legame
profondo e che, letti nel loro insieme, formano un microcosmo, un labirinto dove
non esiste un percorso lineare unico e dato per sempre.
Il legame musicale che unisce queste microstrutture è il materiale con cui sono
state costruite: gli intervalli di semitono e di quarta pensati come due modi di organizzare l’universo cromatico e microtonale.
Stefano Pierini
In the morning you always come back è un brevissimo brano in forma di Lied senza
parole per pianoforte. Si ispira all’omonima poesia di Cesare Pavese, in particolare
alla sua bellissima ultima stanza:
Stella sperduta
nella luce dell’alba
cigolìo della brezza,
tepore, respiro è finita la notte.
Sei la luce e il mattino.
Il brano inizia proponendo la melodia nella tessitura media del pianoforte, mentre
l’accompagnamento si svolge nella regione sovracuta come una sorta di interferenza. Poco per volta, l’accompagnamento scende, finché non urta contro il canto;
dalle rovine di questo scontro affiora una tenera berceuse, che, con delicatezza,
ricrea l’atmosfera iniziale del brano.
Richard Causton
Composto nel 1999, si ispira a due noti quadri del pittore svizzero Arnold Böcklin:
Die Insel der Toten e Der Krieg. Il brano, diviso in due parti che si collegano tra loro
senza interruzione, ha carattere descrittivo e cerca di interpretare musicalmente il
significato dei simboli rappresentati nei due quadri: l’uomo sulla barca, il viaggio,
le due rocce, le due colonne di Salomone, la stella a sette punte. Si conclude, per
tutti gli interpreti, con la fine dell’atto respiratorio.
Giampaolo Coral
Il festival e l’Ensemble Europeo Antidogma Musica rappresentano un importante punto di riferimento nell’ambito della cultura musicale non solo in Italia ma
anche all’estero. Costituitosi nel 1977 ad opera di giovani concertisti, compositori
e uomini di cultura, Antidogma Musica è ormai internazionalmente riconosciuto
come uno dei pochi organismi capaci di produrre ed esportare in tutto il mondo
programmi estremamente variegati. L’ensemble, a geometria variabile, si presenta
in diverse formazioni, dal solista alla piccola orchestra da camera, con un repertorio che spazia dall’antico al contemporaneo in un appassionante e problematico
confronto fra le tradizioni e la musica d’oggi: un continuo interscambio di artisti e
di esperienze anche attraverso composizioni appositamente commissionate a musicisti italiani e stranieri. Antidogma ha effettuato numerose tournée in tutto il
mondo, partecipando a importanti rassegne internazionali: Teatro Colón di Buenos
Aires, Biennale di Zagabria, Gaudeamus di Amsterdam, Accademia di Francia di
Roma, Musikhalle di Amburgo, Festival di Sofia e di Plovdiv, Rossini Opera Festival, Festival di Rodi, Nuova Consonanza di Roma, Centre Pompidou di Parigi, Università di Santiago de Compostela, Tage für Neue Musik di Zurigo, Kulturtage di
Karlsruhe e di Salisburgo, Gewandhaus di Lipsia, Musikhochschule di Monaco,
Festival di Tashkent e di Samarcanda. Nel 1997 ha realizzato, in collaborazione con
altri enti e associazioni, il grande evento “Il Re di pietra: omaggio alla montagna e
al grande fiume” al Pian del Re, sotto il Monviso, documentato da un libro edito da
Gribaudo e ripreso dalla Rai. Nell’aprile del 2000 ha eseguito in tre concerti per la
Biennale Giovani Artisti di Torino venti brani di dieci giovani compositori europei.
Il DolciAure Consort è un ensemble costituito da solisti che provengono da
numerose e diverse esperienze nel campo della musica antica e contemporanea e
hanno partecipato a importanti rassegne quali Torino Settembre Musica, Festival di
Musica Antica di Pamparato, Piemonte in Musica, Tastar de corda, Festival Antidogma Musica, Stagione della Camerata Strumentale Casella. Dal 2001 si sono
costituiti in gruppo stabile, accomunando le loro preziose esperienze, per cantare il
repertorio del Rinascimento e del primo Barocco. Con alcune variazioni nell’organico si dedicano anche al contemporaneo, con partecipazioni a importanti performance quali il concerto su Gesualdo da Venosa all’Abbazia di Staffarda, il monografico su Enrico Correggia a Torino Settembre Musica nel 2003, i concerti del
Festival Antidogma Musica presso S. Maria del Monastero di Manta, con molteplici prime esecuzioni assolute di brani a loro dedicati da compositori come Dieter
Acker, Willy Merz, Leonardo Boero, Enrico Correggia, Alberto Colla, Rita Portera,
Sotiris Fotopulos, Giuseppe Gavazza, Paola Brino, Enrico Veglio, Domenico Giannetta, Matteo Franceschini, Luca Antignani, Giorgio Spriano, Giorgio Tedde, Matteo Malavasi, Marco Ricagno. Nel 2005 hanno partecipato alla prima esecuzione
assoluta della Passione Popolare di Ivan Moody. Nel 2006 hanno partecipato al concerto su De Victoria, con sette prime esecuzioni assolute, e alla performance per l’inaugurazione del restaurato Museo della Montagna di Torino. Hanno eseguito in
prima assoluta il brano di Enrico Correggia Cantata della lontananza in occasione
del progetto per le Olimpiadi. Nel 2007 l’ensemble si è esibito in un concerto sulle
battaglie con due prime assolute di Giorgio Spriano e Domenico Giannetta e un
concerto sulle onomatopee con una prima assoluta di Guido Donati.
Guido Maria Guida ha lavorato dal 1982 al 1994 come assistente musicale di Giuseppe Sinopoli, partecipando attivamente a numerose produzioni operistiche e
sinfoniche presso alcune delle più importanti istituzioni internazionali. In questa
veste ha lavorato dal 1985 al 1994 presso il Festpielhaus di Bayreuth svolgendo il
ruolo di “Studienleiter”.
Ha diretto repertorio operistico e sinfonico presso importanti teatri e orchestre di
Italia, Germania, Giappone, Stati Uniti, Messico, Argentina, Francia, Olanda, Polonia, partecipando anche a prestigiosi festival internazionali. Nel gennaio 1995 ha
effettuato una grande tournée in Giappone con l’Orchestra Sinfonica Nazionale
della Rai. Ha collaborato con cantanti di grande rilievo internazionale, tra i quali
June Anderson, Sumi Jo, Luana De Vol, Veronica Villarroel, Placido Domingo, Juan
Pons, Francisco Araiza, Ramon Vargas, Rolando Villazon; con solisti come Maria
Tipo, Cyprien Katsaris, Laura De Fusco, Horacio Gutierrez, David Geringas, Giuliano Carmignola, Thomas Demenga. Dal marzo 2003 al marzo 2006 ha eseguito nel
Teatro di Bellas Artes di Città del Messico l’intero ciclo dell’Anello del Nibelungo di
Richard Wagner, ottenendo un entusiastico successo.
Mario Brusa, attore dal 1956 presso la Rai e diverse compagnie teatrali, tra cui
Teatro delle Dieci, Compagnia Macario, Farassino, Teatro Stabile di Torino, Erba
Ragazzi, si è diplomato nell’anno 1966 all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio
D’Amico” di Roma. Dal 1980 al 1990 ha fatto parte del cast della trasmissione radio
L’aria che tira e nel 1992 ha fondato e diretto la Compagnia Comica Piemontese e
la scuola di teatro “Sergio Tofano”. È autore del libro sulla dizione e la recitazione
La pésca con la pèsca (edito da Piazza), direttore artistico della società di doppiaggio Videodelta Telecittà e regista di opere liriche e operette, e da anni cura le regie
audio degli spettacoli pirotecnici della festa patronale della Città di Torino. Oltre
all’attività di speaker in documentari naturalistici e storici per Rai e Mediaset, coordina l’insegnamento di Arte Drammatica e dell’Adattamento all’interno del Corso
di laurea per Traduttori dialoghisti cine-televisivi presso l’Università di Torino.
Paolo Prete è nato a Roma nel 1976. Di formazione non accademica, ha studiato, tra gli altri, con Robert W. Mann a Roma. A parte una breve parentesi nel 2006
– anno in cui è risultato tra i finalisti del concorso Jeunesses Musicales Romania,
con il brano Tre Istanze in ES per flauto solo – ha ripreso l’attività di compositore
solo recentemente. Parallelamente è ingegnere elettronico, occupandosi di ricerca
e sviluppo nell’ambito dell’automazione; questa formazione scientifica gli ha permesso di ideare personalmente strumenti informatici di supporto alla composizione e alla notazione musicale, spingendosi fino alla creazione un sistema open-source (gratuito, di pubblico dominio e di prossima pubblicazione) in grado di fornire
quanti più strumenti possibile per il controllo di elementi tipici della scrittura contemporanea (trasformazione di campi armonici, tecniche seriali, diagrammi di
altezze e dinamiche).
Nato a Torino nel 1979, Gianluca Cascioli ha studiato pianoforte con Franco
Scala all’Accademia di Imola e composizione al Conservatorio della sua città con
Alessandro Ruo Rui e successivamente con Alberto Colla.
La sua carriera è iniziata nel 1994 con la vittoria del Concorso Pianistico Internazionale Umberto Micheli. Da allora si è esibito come solista nelle principali sale
d’Europa, Giappone, Nord e Sud America con le orchestre più prestigiose tra cui
Camerata Salzburg, Mozarteum Orchester, Berliner Philharmoniker, English Chamber Orchestra, London Philharmonic, Philharmonia Orchestra, Mahler Chamber
Orchestra, Royal Philharmonic, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Orchestra
Filarmonica della Scala, Orchestre Sinfoniche di Baltimora, Atlanta, San Francisco,
Chicago, Los Angeles e New York. Si è esibito sotto la bacchetta di direttori quali
Claudio Abbado, Vladimir Ashkenazy, Myung-Whun Chung, Valery Gergiev, Daniel
Harding, Riccardo Muti, Lorin Maazel, Zubin Mehta, Gianandrea Noseda, Yuri
Temirkanov e Mstislav Rostropovič.
Attivo anche come direttore d’orchestra e compositore, nel 2003 ha diretto, in
prima esecuzione e con notevole successo, la sua Sinfonia al Teatro delle Muse di
Ancona con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, registrata e trasmessa da RadioTre. La sua Sonatina (2004) per pianoforte è stata eseguita in prima mondiale nella
prestigiosa sede della Musikhalle di Amburgo e alla Wigmore Hall di Londra nel
2005 e trasmessa dalla BBC. Nel 2007 ha suonato più volte in Italia e Germania la
sua ultima composizione pianistica, In Memoriam Igor Stravinsky.
Ha inoltre inciso musiche di Beethoven, Busoni, Bach, Falla, Schumann, Chopin,
Debussy.