Critchley- Henson. La musica e il cervello

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Critchley- Henson. La musica e il cervello
Critchley MacDonald, & Henson R.A. (Eds.), Music and the
brain. Studies in the Neurology of Music, Wiliam Heinemann
Medical Books Limited, London 1977; tr. it. La musica e il
cervello. Studi sulla neurologia della musica, Padova, Piccin
1987; tr. di Tarquini Daniela, pp. 475
Recensione di Diana Olivieri – 30 gennaio 2007
Abstract
The relationships between mental operations, listening, and performing music was part of inquiry since
the early years of Neurology. Critchley and Henson are joined by a large group of neurological scientists
in writing Music and the Brain, a handbook that leads us to a deeper understanding of the neurological
determinants of music perception and cognition. For instance, the authors expose clinical observations of
patients with impairment of their musical abilities, including amusia, which reveals selective disturbances
in music with preserved language capacities or the reverse condition. They also examine the lives and
music of composers who suffered psychiatric disorders. The correlations with the underlying brain
pathology here emphasize the different role of right and left hemisphere damages in making music.
The authors also investigate the role of genetic factors for the acquisition of music, discussing about
biological roots of these specifically human ability.
Aimed at neuroscientists, psychiatrists, and psychologists, this book lies the foundations for cognitive
neurosciences of music.
Il rapporto tra operazioni mentali, ascolto e performance musicale è stato oggetto d’indagine fin dagli
albori della neurologia. Critchley e Henson si sono uniti ad un folto gruppo di scienziati neurologi nella
stesura di La musica e il cervello, un manuale che ci porta ad una più profonda comprensione delle
determinanti neurologiche della percezione e cognizione musicale. Per esempio, gli autori espongono
osservazioni cliniche di pazienti danneggiati nelle loro abilità musicali, compresa l’amusia, che rivela
disturbi musicali selettivi con capacità linguistiche conservate, oppure la condizione opposta. Vengono
inoltre prese in esame la vita e la musica di compositori che hanno sofferto di disturbi psichiatrici. Le
correlazioni con la sottostante patologia cerebrale enfatizzano il diverso ruolo dei danni agli emisferi
destro e sinistro nel fare musica.
Gli autori indagano anche il ruolo dei fattori genetici nell’acquisizione musicale, discutendo le radici
biologiche di questa abilità specificamente umana.
Rivolto a neuroscienziati, psichiatri e psicologi, questo libro pone le basi per le neuroscienze cognitive
della musica.
Recensione
Music and the brain è una pionieristica pubblicazione che indaga i legami tra musica
e sistema nervoso.
Nel 1977 Critchley e Henson, spettatori della crescente attenzione dedicata alla
neurologia della musica - disciplina nata a Vienna nel 1972 - decidono che i tempi
sono maturi per elaborare un volume che racchiuda un florilegio di interventi dei
massimi esperti in questo campo, tra i quali spicca Diana Deutsch, autrice del
magnifico volume The Psychology of Music, riferimento costante di ogni psicologo
che si interessi di cognizione musicale.
L’apertura mentale degli editors si evince dalla volontà di dare spazio non solo ad
amici musicisti, ma anche ad amici neurologi appassionati di musica, a psicologi e
patologi variamente competenti ed amanti della musica.
A parlare dalle pagine del fittissimo volume che ne verrà sono le voci competenti
dell’epoca che, meglio di tutte, possono dire la loro sul binomio musica-cervello.
Il libro si presenta lineare, progressivamente più analitico e dal taglio fortemente
specialistico: si procede da una trattazione generale dell’argomento all’esame di
1
singole aree del sistema nervoso implicate in vario modo nell’attività musicale, per
finire con il malfunzionamento di questi stessi settori e con l’effetto dei diversi
disturbi nervosi sulla funzione e cognizione musicale.
La musica può essere direttamente terapeutica o sedativa, agendo sul corpo e sulle
emozioni, ma può anche essere patogena, come ci riferiscono Critchley e Scott e
come era già noto fin dai tempi del mito di Orfeo ed Euridice.
Il testo procede in due direzioni: una percorre la musica, l’altra la medicina, ma le
due strade si incrociano spesso e volentieri.
Da quando esiste la neurologia, i suoi massimi esponenti si sono parallelamente
interessati di filosofia e letteratura, scrivendo pagine e pagine di trattati,
trascurando spesso una delle “nobili arti del quadrivio”, la musica, erroneamente
ritenuta “poco scientifica”. Che ciò sia da ascriversi a reale disinteresse, a timore
del giudizio o angoscia dell’ignoto poco importa.
Quello che importa davvero è non ignorare più un fatto: che la musica è una delle
espressioni più vive e tangibili del funzionamento cerebrale, dall’articolazione
fonatoria nel canto, alla stimolazione neurovegetativa prodotta dall’ascolto.
Di qualsiasi genere o stile musicale si parli, poi, il substrato neurologico
dell’esperienza rimane sempre lo stesso. Questo rende possibile una
generalizzazione ad ampio spettro, che abbraccia tutte le culture del mondo,
facendo della musica uno sconfinato veicolo di dialogo internazionale,
assolutamente senza pari e caratteristico della sola specie umana.
Ne Il Genio Ereditario (1869) Galton annovera i musicisti tra i cosiddetti “uomini
eminenti”.
Ma qual è, se esiste, il nucleo essenziale delle abilità musicali che accomunano gli
esseri umani e che possiamo attribuire al cervello umano? Esiste una dominanza
emisferica per le abilità musicali? Da cosa dipende il vero talento musicale?
Sono questi i principali interrogativi ai quali gli esperti di questo trattato cercano di
rispondere, o meglio, di far trovare la risposta al lettore interessato, portando una
serie di fatti incontrovertibili, per quanto incredibili.
Il genio infantile di Mozart fiorì in una maturità in cui egli poteva permettersi di dire
che ogni nuova opera rimaneva completamente e simultaneamente presente alla
sua mente, tanto da poterla contemplare a colpo d’occhio, proprio come si fa con
un fine dipinto o con una splendida statua.
Materiale biografico come questo può rivelare le modalità di sviluppo di precoci
talenti musicali, argomento di fondamentale importanza ai fini educativi dei bambini
musicalmente dotati di oggi.
Le caratteristiche individuali dei compositori variano enormemente e Scott & Moffett
scelgono di confrontare le biografie di quattro incredibili compositori, figure
eminenti e immortali del mondo musicale: Mozart (talento musicale per eccellenza,
definito dal padre stesso un “prodigio della natura”), Beethoven (un ragazzo rude,
difficile da gestire, serio ed ostinato, prodigioso nel superamento del suo noto
handicap), Händel (a lungo combattuto tra il suo desiderio di dedicarsi alla musica e
il desiderio del padre medico di vederlo avvocato, prodigioso per la complessità
della sua personalità già da bambino e da molti assimilato a Mozart per il precoce
talento musicale) e Bach (prodigio tra i prodigi in una famiglia musicalmente
dotata, a testimonianza della possibile influenza di fattori ereditari, considerato
abitualmente un compositore estremamente serio, mosso da profonda religiosità,
ma in cui non mancano affatto momenti di gioia irrefrenabile, alternati a momenti
di profondo dolore).
La prima parte della loro vita viene qui riferita in maniera particolarmente
minuziosa, com’è raro trovarne in testi squisitamente scientifici, ma che ci riporta
con la memoria alle dettagliatissime descrizioni fisiognomiche, ai limiti della
dissezione chirurgica, di Cesare Lombroso.
Non per altro fu proprio Lombroso a sostenere che il genio (termine spesso
utilizzato per indicare i compositori) è simile al folle. A causa dei loro interessi
2
unidirezionali, i musicisti – in particolare i compositori – sono stati spesso
etichettati come eccentrici.
Ed è proprio in questa direzione che si arrischia Music and the brain, affrontando
coraggiosamente il principale tabù presente nel mondo dei dotti: dove finisce il
genio musicale e dove inizia la degenerazione mentale tradotta in musica?
Alajouanine resoconta i terribili effetti di un’atrofia cerebrale, patologicamente non
identificata, sulle realizzazioni artistiche di Maurice Ravel, i cui giorni compositivi si
sarebbero conclusi per sempre con il Don Quichotte. Se un tempo Ravel affermava
di pensare e sentire i suoni, di essere “ un idrante musicale, la musica scaturisce da
me come fosse acqua”, in seguito la sua mente, ancora piena di idee musicali, non
sarebbe più riuscita ad esprimerle. Ma come scrive Alajouanine (1948) “concepire
non è nulla, esprimere è tutto”.1
Questa, più di qualunque altra, è una storia di tragedia musicale che tocca nel
profondo.
Il mistero della musica si infittisce se pensiamo ai suoi migliori rappresentanti, la
cui vita sembra troppo spesso esprimersi su versanti di anormalità: prodigi troppo
precoci, deterioramenti troppo repentini, umori troppo forti, temperamenti troppo
indomabili… è come se la normalità ostacolasse, in qualche modo, il fluire della più
sublime creatività musicale.
Della melanconia Eisler scrisse: “questa particolare afflizione spirituale dell’artista,
che rappresenta una minaccia tragica ricorrente nei tratti di maestri eccelsi come
Leonardo, Parmigianino, Rembrandt, Salvator Rosa, Watteau, Hogarth e Munch”.
Allo stesso modo, le periodiche fluttuazioni dell’umore di Schumann hanno conferito
un particolare colore ed un enorme potere di caratterizzazione alle sue
composizioni, così come il temperamento melanconico di Gesualdo Principe di
Venosa e le sue tendenze sadomasochistiche si sono riflesse nella sua
piacevolissima musica. Assassino sanguinario della sua prima moglie, colta in
flagrante in compagnia dell’amante, egli stesso traeva grande piacere dall’essere
maltrattato ed era solito assumere giovinetti per essere picchiato a dovere. Si narra
addirittura che mentre ciò avveniva, egli “era solito sorridere gioiosamente” (Gray &
Heseltine, 1926).2
I curatori dell’opera sembrano particolarmente inclini a privilegiare un’analisi
biografica che a tratti si fa cupamente morbosa, attribuendo all’esplorazione di vizi
e virtù dei più importanti compositori il ruolo di chiave d’accesso alle loro intenzioni
ed invenzioni artistiche.
Si passa così dalla tossicomania dell’eccentrico Bernard van Dieren, alla passione
per l’alcool di Bach, Beethoven e Tchaikovsky (ma la lista è davvero lunga), alla
ricerca, in una parola, dell’eventuale germe della follia, innestato in personalità
creative e geniali.
Trethowan sottolinea come le tendenze edonistiche dei musicisti da sempre siano
ben note a tutti e piuttosto frequenti: che una peculiare inclinazione per i piaceri
sensuali – compresi quelli della tavola e del letto – abbia conferito colore (se non
proprio impulso) a tanta creatività? Il bon vivant Delius non si sottrasse certo ai
piaceri parigini e la sua musica ha un carattere effettivamente molto sensuale.
Non mancano neanche i riferimenti ai frequenti disturbi dell’affettività sofferti da
molti musicisti, primo tra tutti la depressione ciclotimica.
Unica invece la diagnosi di schizofrenia, per il compositore Ivor Gurney.
Sappiamo che Johann Strauss era affetto da una grave forma di ansia fobica,
Mahler e Ravel, da parte loro, erano noti per le loro marcate tendenze ossessive,
come forse anche Chopin. Beethoven, Busoni, Lizst, Tchaikovsky e Wagner
avevano, invece, una forte tendenza alla malinconia, mentre di Robert Schumann
conosciamo le fluttuazioni periodiche dell’umore, di tipo maniaco-depressivo.
Anche Rossini era un distimico e soffrì di allucinazioni uditive, deliri e fobia
suicidaria che lo precipitarono spesso e volentieri in veri e propri stati di cupa
disperazione. Nel 1852 Lombroso, vedendolo, affermò che era “decisamente
3
matto”, mentre Morgani, quello stesso anno, notò che “dava sfogo a forti lamenti e
sospiri, inaspettatamente rompeva in singhiozzi e guardandosi allo specchio si
accusava di codardia”.
Paul Dukas, autore de L’apprendista stregone, era decisamente imprevedibile:
bruciò i suoi lavori non pubblicati, la fatica di un quarto di secolo. Un
comportamento che ancora oggi non trova una spiegazione plausibile.
Non sfugge alla carrellata neanche Richard Wagner, uomo dal carattere complesso
e colorito, di insolita estroversione e di mostruoso egoismo che nell’ampio ventaglio
dei disturbi della personalità si inserisce di diritto nella categoria degli istrionici.
Gustav Mahler era un ossessivo, come è possibile evincere dalle dettagliate e
minuziose istruzioni delle sue partiture. Era sicuramente un ipocondriaco,
insofferente ai rumori, con una tendenza alla meticolosità patologica.
Aleksandr Skriabin, da parte sua, era ossessionato dal sesso e si dice che il suo
“Poema dell’estasi” (Poème de l’Extase) sia una descrizione ampollosa e prolissa
che rappresenta chiaramente l’atto sessuale con voluttuosa sensualità (o “opulenta
volgarità”, come sostiene Constant Lambert parlando in generale delle sue opere).
Molti altri aspetti della funzione musicale sfuggono tuttavia a qualsiasi tentativo di
trovare un substrato anatomo-fisiologico adatto e ancora oggi non sappiamo nulla,
ad esempio, sulle connessioni tra un simile substrato e quello comunemente
definito come “talento musicale”.
Emerge un limite insormontabile, da parte delle scienze neurologiche, che si oppone
alla piena comprensione e spiegazione dell’esperienza musicale in tutte le sue
molteplici sfaccettature. Ed è un limite che vale per chiunque tenti di spiegare,
attraverso la neurologia, ogni forma di espressione artistica, sia essa uditiva, visiva
o cinestesica.
Come ha sottolineato Christopher Gilford3, esperto di acustica e mass media, la
principale difficoltà nello studio scientifico dell’arte sta nel fatto che la percezione
umana delle qualità e delle forme è anni luce più avanti rispetto a quanto la scienza
possa attualmente spiegare.
Allora meglio arrendersi all’evidenza dei fatti. Al di là della percezione, esiste una
risposta emozionale profonda e inconscia che ancora sfugge a una definizione
unanime in termini neurologici.
Meglio allora ascoltare in religioso silenzio e lasciarsi rapire da un’emozione che
forse non troverà mai parole.
Indice
Introduzione
PARTE I
Capitolo 1. Aspetti neurologici dell’esperienza musicale
Capitolo 2. L’ereditarietà del talento musicale
Capitolo 3. Aspetti psicologici e fisiologici dell’udito
Capitolo 4. Cervello e mano
Capitolo 5. Anatomia e fisiologia della produzione della voce: La Voce Fenomenale
Capitolo 6. Alcuni aspetti nervosi e meccanici del canto
Capitolo 7. Memoria e attenzione nella musica
Capitolo 8. Il timing e il tempo dei musicisti
Capitolo 9. Capacità musicale e dominanza cerebrale
Capitolo 10. Talento musicale: un’interpretazione neuropsicologica
Capitolo 11. Lo sviluppo di un talento musicale precoce in compositori famosi: una
rassegna bibliografica
Capitolo 12. Musica, emozioni e funzioni vegetative
Capitolo 13. Esperienze estatiche e sinestetiche durante la percezione musicale
4
Capitolo 14. Il linguaggio della musica
Capitolo 15. La ricerca di un substrato morfologico nei cervelli di persone eminenti
compresi i musicisti: una rassegna storica
Capitolo 16. Esiste una localizzazione anatomica per le facoltà musicali?
PARTE II
Capitolo 17. Disturbi neurologici in musicisti strumentisti
Capitolo 18. Deficit uditivi ed apprezzamento della musica
Capitolo 19. Epilessia musicogena. (I) Gli inizi
Capitolo 20. Epilessia musicogena. (II) La storia più recente: le sue relazioni con i
fenomeni uditivi allucinatori
Capitolo 21. Paralisi occupazionali negli strumentisti
Capitolo 22. Le amusie
Capitolo 23. La musica e i disturbi mentali
Capitolo 24. La terapia musicale in campo neurologico e psichiatrico
Autori
MacDonald Critchley (02/02/1900-15/10/1997) è stato un famoso neurologo
inglese che ha trascorso la sua vita professionale nel rinomato Queen Square &
Kings College Hospital di Londra. È stato presidente della Federazione Mondiale di
Neurologia ed autore di più di 200 articoli e di 20 libri nei quali ha trattato
argomenti quali struttura e funzioni dei lobi parietali, l’afasiologia, nonché alcune
biografie di celeberrimi personalità del mondo medico come James Parkinson e Sir
William Gowers. Famoso per il suo lavoro con pazienti epilettici e paralitici, la sua
influenza ha varcato i confini del Regno Unito per abbracciare tutto il mondo,
attraverso i suoi insegnamenti e i suoi scritti.
I suoi fondamentali contributi alle conoscenze nel campo della neurologia non
dipendono dalla tecnologia, ma dal suo potere di osservazione e dalla meticolosa
capacità di “sezionare” nei minimi dettagli il comportamento e la sensibilità umana.
Particolarmente interessato all’indagine delle origini del mal di testa, fu proprio lui a
fondare la Headache Clinic al King’s College Hospital di Londra.
Personalità eclettica e di grande fascino, i suoi colleghi italiani erano soliti riferirsi a
lui come a “Lord Critchley”. Il suo profondo e sincero interesse per le mille
sfaccettature della mente umana lo portò a studiarla per l’intero corso della sua
esistenza, anche nelle sue espressioni più feroci. Un episodio tra tutti. Recatosi in
Australia per un congresso, questo straordinario studioso incluse nell’intervento che
aveva in programma lo “Shark arm case”, uno studio sui serial killer che riguardava
un caso che lo aveva particolarmente colpito: si trattava delle sue ipotesi su chi
fosse il “legittimo proprietario” di un braccio tatuato, rinvenuto nello stomaco di uno
squalo.
Infine una curiosità: insieme al fisico e neurologo australiano William John Adie,
McDonald Critchley studiò una sindrome che oggi porta il loro nome: la sindrome di
Adie-Critchley (nota anche come sindrome di Fulton), un fenomeno provocato dal
tumore controlaterale della parte superiore del lobo frontale, per cui quando un
oggetto viene posizionato nella mano del paziente, egli lo afferra, ma non riesce a
lasciarlo andare perché non se ne rende conto.
R.A. Henson: ha lavorato come neurologo presso il dipartimento di Neurologia del
London Hospital. Come il collega Critchley, anche Henson si interessò molto alle
biografie dei suoi eminenti predecessori, raccogliendo, in particolare, moltissimo
materiale biografico sul neurologo Sir Henry Head (1861-1940), pubblicato nel
5
1998 (dopo la morte di Henson) da W.I. MacDonald nel Journal of Medical
Biography. Nel 1982, insieme alla collega Maria Wyke,
Henson si dedicò alla somministrazione del Timbre Test e alla revisione della
versione del 1960 del test di musica Seashore per adattarlo agli anni Ottanta. È
deceduto nel 1994. Sua è la famosa frase (e coraggiosa ammissione): “There is an
ultimate mystery of musical experience which is not susceptible to neurological
study” (1977).
Bibliografia essenziale di MacDonald Critchley
- Critchley, M. (1975). Silent Language. London: Butterworth.
- Critchley, M. (1970). Aphasiology and other Aspects of Language. London: E.
Arnold.
- Critchley, M. (1961). Head’s contribution to aphasia. Brain, 84, 551-560.
- Critchley, M. (1954). Discussion of volitional movement. Proceedings of the Royal
Society of Medicine, 47, 593.
- Critchley, M. (1953). The Parietal Lobes. London: Edward Arnold.
- Critchley, M. (1949). Sir William Gowers, 1845-1915. A Biographical Appreciation.
London: William Heinemann.
- Critchley, M. (1937). Musicogenic epilepsy. Brain, 60, 13-27.
- Critchley, M. (1935). Ueber Reflexepilepsie. Schweizer Archiv für Psychiatrie und
Neurologie, 35, 256.
- Critchley, M. (1933). On reflex epilepsy. Annual Report London County Council,
4(Part III), 133.
- Adie, W.J., & Critchley, M. (1927). Forced grasping and groping. Brain, 50, 142170.
Bibliografia essenziale di R.A. Henson
- Templin, J.L., & Henson, R.A. (2006). Measurement of psychological disorders
using cognitive diagnosis models. Psychological Methods, 11(3), 287-305.
- Henson, R.A. (1988). Maurice Ravel’s illness: a tragedy of lost creativity. British
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- Henson, R.A., & Wyke, M.A. (1982). The performance of professional musicians
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- Henson, R.A. (1977-‘78). Musical perception. Transactions of the Medical Society
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- Henson, R.A. (1978). In search of the lost chord. Nursing Mirror, 147(25), 30-33.
- Henson, R.A. (1978). Schumann's hand injury. British Medical Journal, 2(6129),
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- Henson, R.A. (1977). Further observations on the neurology of music: musical
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- Henson, R.A. (1965). Neurological training in the U.S.A. Lancet, 24(19), 172-174.
- Henson, R.A. (1964). Anticonvulsant Drugs. Practitioner, 192, 37-43.
- Henson, R.A. (1960). Advances in neurology. Practitioner, 185, 451-457.
- Henson, R.A. (1959). The pupils in health and disease. Practitioner, 182(1087),
124-126.
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Links
http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=1606704
[A questo link è disponibile, per un download gratuito, un classico articolo del Dr.
Henson sulla neurologia della musica].
http://www.fondazione-mariani.org/
[La fondazione Mariani promuove la ricerca scientifica – nazionale ed internazionale
- nell’ambito delle scienze neurologiche, soprattutto in relazione alla neurologia
infantile e rappresenta un punto di riferimento fondamentale per quanti vogliano
formarsi e specializzarsi nel campo della neuropsichiatria infantile.
Lavorando in stretta collaborazione con l’Istituto Neurologico Nazionale Carlo Besta
di Milano per lo studio delle patologie neurologiche dell’età evolutiva, la fondazione
Mariani si fa ormai da anni portavoce di numerose iniziative: la più recente è stata
la promozione dell’International Workshop on the Biology and Genetics of Music a
Bologna. Nel corso dell’evento si sono proficuamente confrontati studiosi di tutto il
mondo che si occupano di musica, educazione e neuroscienze, soprattutto sul
versante di interventi in caso di patologie gravi, quali l’autismo infantile.
Alla sezione del sito “Formazione” vengono indicati tutti i congressi e le conferenze
in programma per l’anno in corso: le tematiche vanno dalla genetica pediatrica, alle
neuroscienze cognitive dello sviluppo fino alla neuroprotezione. Particolare rilievo è
dato alle neuroscienze della musica].
1
Alajouanine, T.H. (1948). Aphasia and artistic realisation. Brain, 71: 17-241.
2
Gray, C., & Heseltine, P. (1926). Carlo Gesualdo, Prince of Venosa, Musician and Murderer. London: J.
Curwen & Sons.
3
Gilford, C.L.S. (1971). The Acoustical Foundations of Music by John Backus. The Musical Times,
112(1543), 863-864.
7