Incontri di testimonianza in attesa della Pasqua di Resurrezione

Transcript

Incontri di testimonianza in attesa della Pasqua di Resurrezione
ASSOCIAZIONE FAMIGLIA DI NAZARETH
Incontri di testimonianza in attesa della
Pasqua di Resurrezione
“Aprite, anzi spalancate le porte a
Cristo...solo Lui sa cosa è
dentro l'uomo!”
PADRE MIO
Padre mio, mi abbandono a Te, di me fai quello che ti piace.
Grazie di ciò che fai per me, spero solamente in Te.
Purché si compia il Tuo volere in me e in tutti i miei fratelli
niente desidero di più, fare quello che vuoi Tu.
RIT. Dammi che ti riconosca, dammi che ti possa amare sempre più,
dammi che ti resti accanto dammi d'essere l'Amor.
Fra le Tue mani depongo la mia anima, con tutto l'amore del mio cuore,
mio Dio, la dono a Te, perché ti amo immensamente.
Si, ho bisogno di donarmi a Te senza misura affidarmi alle Tue mani,
perché sei il Padre mio, perché sei il Padre mio. RIT. Dammi che... (2 volte).
Marco 12, 38-44
Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in
lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi
posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe
preghiere; essi riceveranno una condanna più grave». E sedutosi di fronte al tesoro,
osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte.
Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora,
chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel
tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece,
nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
“Anno 1972: ero entrato da poco al Beccaria, il carcere minorile di Milano, come cappellano. Un
ragazzo di nome Angelo doveva lasciare il carcere. Quando lo saluta, mi disse bruscamente: “Lei
dice che devo ricostruirmi una vita. Ma dove vado? Non ho casa, non ho neanche un posto dove
dormire stanotte” Condizione non rara nel dramma della fine pena. “Devi uscire” “Non voglio”.
Battute agghiaccianti. Angelo aggiunse: “L'unica soluzione è questa: rubo una macchina, mi faccio
arrestare e torno qui in carcere”. Io avevo due camere a disposizione. Lo invitai a venire da me. Fu
il primo della serie: le mie camere diventarono una sorta di comunità alloggio per i minori. Là
nacque l'idea dell'accoglienza che si è poi sviluppata sino alle grandi dimensioni attuali. Fuori dal
carcere, il primo centro nacque in via Gaetano De Castillia. Si sparse la voce e in breve ebbi l'aiuto
di dieci volontari. Tra loro c'erano persino magistrati del tribunale e della procura. E a far servizio
alcuni obiettori di coscienza. Hai visto? Gente buona se ne trova ovunque!”
“Non sono un missionario, ma un brutto prete di 72 anni che ogni mattina legge il suo Vangelo e
poi si butta al lavoro. Lo sai che Comunità Nuova ha 90 dipendenti? Pagati naturalmente, perché c'è
bisogno di professionalità se hai in mano la vita di migliaia di persone. Poi ci sono i volontari, un
esercito, che Dio li benedica. L'associazione è bene organizzata, ciascuno ha compiti e
responsabilità precisi. Ogni progetto ha un leader. Non mancano le controversi, gli scontri sulle
priorità delle iniziative, siamo immersi in una realtà dinamica e direi anche precaria, piena di
imprevisti. Ma la base è forte”
“Gaetano era un ragazzo violento, aggressivo con un atteggiamento da bullo. Tra rapine e spaccio,
entrava al Beccaria, vi usciva e vi entrava. Io lo trattavo con gentilezza esagerata, ma ogni tanto lo
provocavo: “Gridi, ma stai diventando un debole”. Alla fine, rientrò in carcere per una rapina come
un cane bastonato, meno arrogante. Lo conquistai durante una festa. “ci serve un chitarrista, so che
te la cavi: vuoi provare?” Lo coinvolsi e non l'ho più perduto. Nacque un'amicizia, lui ha studiato si
è diplomato, è entrato all'università e ha poi lavorato da informatore scientifico. Questo avveniva
tanto tempo fa, ai miei primi anni al Beccaria. Gaetano è morto a cinquant'anni. Si era portato dietro
l'Aids da quando era ragazzo. Il suo fegato non ha retto. Di Aids ho visto morire all'ospedale Sacco
di Milano un bambino di tre anni, figlio di una donna accolta nella nostra comunità. Tutto il
personale medico piangeva dinanzi agli ultimi soffi di vita di quel Bambino Gesù. Anch'io
piangevo”.
(tratto dal profilo di Don Gino Rigoldi in “Pretacci” - C. Cannavò 2008)
(riflessione silenziosa) Quante volte riesco a trasformare le mie azioni quotidiane in
PREGHIERA?
SAN FRANCESCO
O Signore fa di me un tuo strumento fa di me uno strumento della tua pace dov'è odio che io porti
l'amore dov'è offesa che io porti il perdono dov'è dubbio che io porti la fede dov'è discordia che io
porti l'unione dov'è errore che io porti verità a chi dispera che io porti la speranza dov'è errore che
io porti verità a chi dispera che io porti la speranza.
O maestro dammi Tu un cuore grande che sia goccia di rugiada per il mondo che sia voce di
speranza che sia un buon mattino per il giorno di ogni uomo e con gli ultimi del mondo sia il
mio passo lieto nella povertà nella povertà. O Signore fa di me il Tuo canto fa di me il Tuo canto
di pace a chi é triste che io porti la gioia a chi é nel buio che io porti la luce. E' donando che si ama
la vita é servendo che si vive con gioia perdonando si trova il perdono é morendo che si vive in
eterno. Perdonando si trova il perdono é morendo che si vive in eterno.
Ricordo un dialogo dei miei genitori, captato attraverso la porta chiusa. Si addormentavano sempre
dicendo il rosario, ogni sera, nel letto grande. Mio padre domandava: “Maria, sei riuscita a dire
qualche Ave senza distrarti?” e lei rispondeva “Neanche una” e mio padre: “neanch'io sai, ma il
Signore vede. Buona notte.” “Buona notte”. Filiale certezza di un sorriso benevolo di Dio su questi
figli dai pensieri come alveari insonni. Neanche un'Ave senza distrarsi. Eppure è preghiera, perché è
desiderio di Dio, perché dono a Dio non parole – che cosa può farsene delle parole, le conosce tutte
prima che salgano dalle labbra – ma dono un frammento di vita.... “Padre preghi per me perché io
non ho tempo” quante volte ho sentito queste parole. Ma c'è sempre tempo per pregare. Perché
pregare è come voler bene, e c'é sempre il tempo di voler bene. Nessuna madre, nessun innamorato
dice: “Adesso mi prendo trenta minuti per voler bene” L'amore è tra le fibre, nelle cellule, corre nel
sangue, irradia i pensieri, bussa alla superficie della coscienza di tanto in tanto. Alla madre basta un
istante per pensare al figlio e gli invia in modo misterioso un segnale d'amore; si produce uno
slancio, un'emozione, un nome pronunciato. Così è per la preghiera. Quando il pensiero di Dio
compare per un istante come il volto di un amato, come il ricordo di un nome, qualcosa parte da te.
Pregare non è dire parole, ma inviare questo segnale, questo desiderio, questo istante rubato
al cuore e al tempo (tratto da “Dieci cammelli inginocchiati” - Ermes Ronchi)
(Riflessione silenziosa) Quante volte nella giornata riesco ad “inviare questo segnale”?
Salmo 139 a cori alterni
Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, gia la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra.
Se dico: «Almeno l'oscurità mi copra e intorno a me sia la notte»;
nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come
luce.
Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia, se li credo finiti, con te sono ancora.
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita.
Padre Marcelo Rossi, 44 anni, un metro e 94 di altezza, stazza da atleta e sguardo soave è la figura
di punta del rinnovamento carismatico in Brasile, colui che è stato in grado di richiamare 3 milioni
di persone all'autodromo di S.Paolo in un raduno all'insegna della musica e della preghiera. Egli si
allontana dalla Chiesa nell'adolescenza, dedicandosi allo sport e ottenendo alla fine degli studi il
diploma di insegnante di educazione fisica. A 21 anni, turbato da una serie di lutti in famiglia,
meditando sulle vanità della vita, si riaccosta ai sacramenti, matura la vocazione al sacerdozio, entra
in seminario e viene ordinato nel 1994. “Quando ho ritrovato la fede ho capito che dovevo tornare
all'essenziale, ad annunciare il Vangelo, usando i mezzi di comunicazione, in particolare la musica,
per intercettare la sete di Dio e per risvegliare amore alla Chiesa, a Maria, all'Eucaristia”. Il risultato
è sotto gli occhi di tutti: vedere un sacerdote che galvanizza le folle cantando è uno spettacolo per
alcuni indigesto, per certe persone che non si capacitano di come una moltitudine interclassista
accorra al richiamo di un prete che parla SOLO di cose spirituali, dell'amore di Dio, del perdono dei
peccati, della gioia che il cristianesimo dà nelle durezze e ingiustizie della vita, dell'importanza di
seguire il magistero, di conoscere e difendere la dottrina cattolica. E l'atletico sacerdote cantante,
tanto amato dal popolo quanto problematico per la gerarchia, ha messo in piedi una struttura a
servizio della nuova evangelizzazione, fatta di un migliaio di collaboratori, crescendo altre figure di
sacerdoti-cantanti-scrittori con un largo seguito, tutti, o quasi, curiosamente , di origini italiane, che
magari saranno tra i protagonisti della prossima GMG di Rio
(tratto da Avvenire del 22 gennaio 2012)
A Dio non interessa la quantità delle parole ma la qualità. Così nel Vangelo, Gesù nel tempio
guardava come la gente faceva offerte. Come non quanto offriva. E i ricchi facevano ricche offerte.
Ma la vedova con due spiccioli ha dato più di tutti. Non c'è nessuna tirannia della quantità nel regno
di Dio; conta invece la verità dell'offerta, il suo rapporto con la vita, la quantità di vita, di interiorità,
di lacrime raggrumate nell'offerta. La vedova ha donato meglio perché c'era dentro tutta la sua vita.
Nella preghiera questo ci vuole: sapore di vita, di notte, di risurrezione, di lacrime, di riso. Perché si
possono moltiplicare formule e salmi senza che si oda un solo presagio di incontro tra noi e Dio.
Pregare è come pensare ad un amore: basta un istante, uno slancio, il cuore accelera un po'. Poi tutto
ritorna come prima. Ma in quell'amore senza parole sei stato nell'eterno e ne sei ritornato, come i
girasole, carico di sole. Sei andato nella stanza più segreta e il Padre è lì, e lì avviene l'incontro “E
tuo Padre che è nel segreto ti ascolterà” (Mt 6,6)
(tratto da “Dieci cammelli inginocchiati” - Ermes Ronchi)
(Riflessione silenziosa) Quante volte spalanco le porte a questo Amore senza parole?
VIVERE LA VITA
Vivere la vita con le gioie e coi dolori di ogni giorno, é quello che Dio vuole da te. Vivere la vita e
inabissarti nell'amore é il tuo destino, é quello che Dio vuole da te. Fare insieme agli altri la tua
strada verso Lui, correre con i fratelli tuoi... Scoprirai allora il cielo dentro di te una scia di luce
lascerai.//Vivere la vita é l'avventura più stupenda dell'amore, é quello che Dio vuole da te. Vivere
la vita e generare ogni momento il Paradiso, é quello che Dio vuole da te. Vivere perché ritorni al
mondo l'unità, perché Dio sta nei fratelli tuoi... Scoprirai allora il cielo dentro di te, una scia di luce
lascerai. Vivere perché ritorni al mondo l'unità, perché Dio sta nei fratelli tuoi... Scoprirai allora il
cielo dentro di te, una scia di luce lascerai, una scia di luce lascerai.
(Grazie a Marina per aver collaborato a questa preghiera)