Per una dieta adiuvante le terapie oncologiche-1

Transcript

Per una dieta adiuvante le terapie oncologiche-1
Per una dieta adiuvante le terapie oncologiche1
Franco Berrino, Aprile 2015
Che il nostro stile alimentare favorisca lo sviluppo dei tumori è provato da numerosi studi:
troppa carne, troppi cibi industrialmente raffinati, troppi zuccheri aumentano il rischio di ammalarci,
mentre cereali integrali e verdure ci proteggono. Ancora pochi studi hanno però affrontato gli
effetti del cibo sulla guarigione, o sulla progressione della malattia. Molti oncologi, alla domanda
dei loro pazienti su cosa dovrebbero mangiare, non sanno cosa rispondere. Taluni si preoccupano
esclusivamente che non perdano peso, perché quando i tumori sono in stadio avanzato finiscono per
consumare il corpo, soprattutto i muscoli.2 Nell’illusione che mangiando muscoli i pazienti possano
conservare i loro muscoli, molti ancora oggi raccomandano di mangiare carne, o prescrivono
integratori proteici con aminoacidi ramificati, pur senza prove scientifiche che aumentino la massa
muscolare3 né che migliorino la sopravvivenza, rischiando di peggiorare la situazione.4
Cosa si può consigliare dunque, in base a quel che si conosce oggi, a un malato di tumore?
Una delle conoscenze più solide, ripetutamente confermate, è che chi è in sovrappeso si ammala di
più di vari tipi di tumore e chi si è ammalato, se in sovrappeso, spesso ha più difficoltà a guarire.5
1
Questa nota non è una revisione sistematica della letteratura scientifica sul rapporto fra cibo e progressione dei tumori,
è piuttosto la narrazione di una tesi, supportata dalla citazione di studi clinici, che può aiutare oncologi e pazienti a
orientarsi nella scelta del cibo da raccomandare e, rispettivamente, da assumere.
2
I tumori producono sostanze proteolitiche che mobilizzano gli aminoacidi muscolari per la neoglucogenesi.
3
Una revisione di tutti gli studi sull’integrazione proteica arricchita di leucina per la prevenzione della perdita di massa
muscolare nelle persone anziane e nelle persone costrette a letto per lungo tempo (Ham DJ 2014 Clin Nutr 33:937)
conclude per una sostanziale inefficacia.
4
La supplementazione di aminoacidi ramificati può attivare l’oncogene mTOR: in un sistema sperimentale di cancro
del pancreas aumenta la crescita tumorale (Liu KA 2014 Cancer Metab 2:6); in cellule di melanoma coltivate in vitro la
carenza di leucina riduce la crescita (Sheen JH 2011 Cancer Cell 19:613); in sistemi sperimentali, cellule di tumori
mammari umani metastatizzati al cervello proliferano anche in assenza di glucosio ossidando aminoacidi ramificati e
utilizzandoli per la neoglucogenesi (Chen J 2015 Cancer Res 75:554). L’importanza degli aminoacidi ramificati per il
nutrimento delle cellule tumorali è confermata dall’uso di 11C leucina o 11C valina negli esami PET per le metastasi
cerebrali. In un sistema sperimentale di carcinoma epatocellulare, al contrario, gli aminoacidi ramificati inibiscono
l’angiogenesi e ostacolano la crescita tumorale, ma solo nelle fasi iniziali di sviluppo del tumore e non negli stadi
avanzati (Cha JH 2013 PLoS One 8:e77899); nei pazienti trattati per carcinoma epatocellulare l’integrazione proteica
previene l’ipoalbuminemia, migliora la funzionalità epatica e ridurrebbe le recidive dopo il trapianto di fegato
(Ichikawa K 2013 Surg Today 43:720).
5
Il ruolo prognostico dell’obesità è ben documentato per i tumori della mammella (Protani M 2010 Breast Cancer Res
Treat 123:627), dell’intestino (Dignam JJ 2006 JNCI 98:1647; Haydon AMM 2006 Gut 55:62; Shibakita M 2010
Hepatogastroenterology 57:62; ma non confermato da Meyerhardt JA 2008 J Clin Oncol 26:4109 e da Hines 2009
Cancer 115:5798), del pancreas (Yuan C 2013 J Clin Oncol 31:4229; McWilliams RR 2010 Cancer116:5054; Li D
2009 JAMA 301:2553), dello stomaco (Wu XS 2013 World J Gastroenterol 19:4596), della prostata (Gong Z 2007
Cancer 15:1192; Ma J 2008 Lancet Oncol 9:1039; Møller H 2014 Int J Cancer Epub ahead of print), della vescica
(Kluth LA 2013 J Urol 190:480), dell’endometrio (Arem H 2013 JNCI 105:342). Fra le donne operate di cancro della
mammella, quelle che hanno un’obesità di tipo maschile, con elevato rapporto vita/fianchi, hanno un rischio
significativamente superiore di morire per metastasi (George SM 2014 Breast Cancer Res Treat 146:647).
Essere magri, al contrario, comporta una prognosi peggiore nei pazienti con tumori del polmone (Fiorelli A 2014
Thorac Cardiovasc Surg 62:578; Luo J 2012 Oncol Nurs Forum 39:609), ma solo a breve termine, mentre a lungo
termine sono gli obesi che vanno peggio (Dalhberg SE J Thorac Oncol8:1121; Friedel G 2013 Anticancer Res 33:1609),
delle prime vie aerodigestive (Takenaka Y 2014 Head Neck epub ahead of print; Pai PC 2012 Int J Radiat Oncol Biol
Phys 83:e93; ParK SM 2006 J Clin Oncol 31:5017), dell’esofago (Scarpa M 2013 J Gastrointest Surg 17:218; Zhang SS
2013 Br J Cancer 109:2894; Watanabe M 2013 Ann Surg Oncol 20:3984; ParK SM 2006 J Clin Oncol 31:5017), ma
solo nei fumatori (Yoon HH 2011 J Clin Oncol 29:4561), del rene (Choi Y 2013 Int J Cancer 132:625; Inamoto T 2012
Int J Clin Oncol 17:256; Sunela KL 2013 Clin Genitourin Cancer 11:458). Anche il rischio di ammalarsi di cancro del
polmone, a parità di sigarette fumate, è maggiore nei magri che nei grassi (Yang Y 2013 Int J Cancer 132:1162); il
meccanismo non è noto ma è possibile che dipenda da alcuni polimorfismi del gene FTO, associati sia all’obesità sia a
un minor rischio di cancro del polmone (Brennan P 2009 Int J Epidemiol 38:971); è ipotizzabile che gli stessi
polimorfismi spieghino anche l’associazione negativa del sovrappeso con la prognosi.
Meglio quindi mantenersi snelli e, se non lo si è più, ritornare snelli. Paradossalmente, però, non
sono ancora stati fatti studi per valutare se aiutare i pazienti in sovrappeso a dimagrire migliora la
prognosi.6 Ci sono sempre più indicazioni che sia il grasso depositato all’interno dell’addome sia il
più pericoloso, piuttosto che l’obesità complessiva. Anche le persone magre con la pancia hanno un
rischio alto di ammalarsi di varie patologie croniche, compreso il cancro. Un sano obiettivo, quindi,
è di mandar giù la pancetta: si raccomanda che la circonferenza vita, a seconda della costituzione,
non sia più di 80-88 cm nelle donne e 94-102 cm negli uomini, ma, senza andare sottopeso, più
stretta è meglio è.
Naturalmente, se il malato è denutrito, occorre nutrirlo, cosa talvolta difficile perché i tumori
in stadio avanzato causano spesso anoressia. Gli interventi chirurgici maggiori per tumori
dell’apparato digerente, inoltre, possono causare difficoltà di digestione e di assorbimento.7 Spesso
si ricorre alla nutrizione parenterale (per via endovenosa), che però non ha mostrato vantaggi circa
la sopravvivenza né nei pazienti chirurgici (per i quali può però ridurre le complicazioni)8 né nei
pazienti in chemioterapia.9 In taluni casi, anzi, la sopravvivenza è stata inferiore.10 La nutrizione
artificiale enterale (con sondino nasogastrico) non migliora la sopravvivenza rispetto a quella
parenterale, ma ha meno complicazioni infettive. 11 La perdita di peso dei malati di tumore
dipenderebbe soprattutto dalla produzione di sostanze infiammatorie da parte del tumore: la priorità,
in questi pazienti, è ridurre lo stato infiammatorio. Molto si può fare con la dieta.
Un’altra conoscenza ripetutamente confermata, almeno per i tumori del colon e della
mammella, è che chi fa esercizio fisico si ammala di meno, e chi si è ammalato di cancro
dell’intestino12 o della mammella13, a parità di stadio della malattia, se fa esercizio fisico ha una
prognosi migliore. Per chi ha un lavoro sedentario si raccomanda di fare ogni giorno una
passeggiata con passo vivace per almeno 30 minuti consecutivi, oppure un’ora di palestra, con pesi
o elastici, o di sport almeno un giorno si e uno no. Per molte persone ritagliare questo tempo
nell’organizzazione della vita quotidiana sembra quasi impossibile, ma è tempo ben impiegato. A
volte il malato di tumore è molto affaticato, ma, se riesce, qualche breve passeggiata lo aiuterà,
fisicamente e psicologicamente. Ci sono indizi che una moderata attività fisica durante la
chemioterapia ne migliori l’efficacia.14 L’attività fisica all’aperto, inoltre, consente di avere più alti
livelli plasmatici di vitamina D, che più studi hanno riscontrato associati a migliore prognosi.15
I meccanismi con cui sovrappeso e sedentarietà aumentano il rischio di cancro, oltre che di
malattie di cuore e di diabete, sono abbastanza ben conosciuti. Un eccesso di grasso depositato
nell’addome determina, con meccanismi complessi, livelli più alti, nel sangue, di insulina, di
glucosio, di fattori di crescita, di fattori dell’infiammazione e, nelle donne, di ormoni sessuali.
Chi ha questi fattori alti, anche se ha una corporatura snella, si ammala e si riammala di più. Si tratta
di fattori che con diversi meccanismi stimolano la proliferazione cellulare. I fattori di crescita sono
indispensabili per la crescita dei bambini e per la riparazione di tessuti danneggiati da ferite o
malattie, ma se sono in eccesso possono favorire la crescita dei tumori. Il livello di questi fattori
6
Una sperimentazione clinica controllata per valutare se la riduzione del consumo di grassi in pazienti con cancro
mammario avrebbe ridotto le recidive ha mostrato effettivamente una riduzione significativa delle riprese di malattia
nelle donne del gruppo di intervento, che complessivamente avevano perso in media due Kg (Chlebowski RT 2006 J
Natl Cancer Inst 98:1767).
7
In questi casi sono utili i cibi predigeriti come la zuppa di miso, l’amasake, gli yogurt, la farina di orzo pregermogliata.
8
Heyland DK 2001 Can J Surg 44:102 e 1998 JAMA 280:2013.
9
McGeer AJ 1990 Nutrition 6:233; Klein S 1986 Cancer 58:1378; Levine AS 1982 cancer Res 42:774:
10
Koretz RL 1986 Gut 27 Suppl 1:85.
11
Gramlich L 2004 Nutrition 20:843.
12
Haydon AMM 2006 Gut 55:62; Meyerhardt JA2006 J Clin Oncol 24:3527 e 2009 Arch Intern Med 169:2102; Je Y
2013 Int J Cancer 133:1905.
13
Chlebowski RT 2013 Breast Suppl 2: S30; Ibrahim EM, Al-Homaidh A 2011 Med Oncol 28:753.
14
Contrastandone l’effetto di aumentare la resistenza insulinica (Ariaans G 2015 Cancer Treat Rev, Epub ahead of
print).
15
Mohr SB1 2014 Anticancer Res 34:1163.
dipende anche dalle nostre abitudini alimentari. Chi mangia regolarmente latte, ad esempio, e chi
ha una dieta ricca di proteine, ha più alti livelli nel sangue di IGF-1,16 uno dei più importanti fattori
di crescita, e più bassi livelli di IGFBP-2, una delle proteine che riducono la biodisponibilità di
IGF-I. Il latte, infatti, è un alimento per far crescere, e si sa che se mancano proteine nella dieta i
bambini non crescono. L’insulina è essa stessa un fattore di crescita, inoltre promuove una
maggiore disponibilità di altri fattori di crescita e, nella donna, di ormoni sessuali.17 Per tener bassa
l’insulina è meglio mangiar poco, evitando soprattutto i cibi che fanno aumentare molto la glicemia
(cibi a alto indice glicemico e cibi ricchi di grassi animali18) e inoltre lo zucchero e il latte.19
L’infiammazione è un meccanismo di difesa dell’organismo. Quando ci feriamo, ad esempio, le
cellule dell’infiammazione aiutano a contrastare eventuali infezioni e producono sostanze che
stimolano le cellule dei tessuti vicini a proliferare per riparare il danno. Ma quando è un tumore a
causare infiammazione queste stesse sostanze finiscono per stimolare ulteriormente la
proliferazione delle cellule tumorali.
Le cellule tumorali che si formano nei nostri organi, o che si disseminano quando un tumore
invade i vasi sanguigni o linfatici, sono come dei semi che germoglieranno e daranno origine a una
pianta solo se si trovano in un ambiente favorevole, nel terreno giusto, ricco del nutrimento
indispensabile alla loro crescita. Se invece il terreno è povero e arido, moriranno. Le nostre cellule
inoltre hanno la capacità di suicidarsi quando sono alterate e il suicidio sarà tanto più facile quanto
più il nostro ambiente interno, il nostro terreno, renderà più difficile la loro sopravvivenza.
Cosa possiamo fare quindi, in pratica, per aiutare le terapie oncologiche modificando il
nostro ambiente interno?
Tenere bassa la glicemia: le cellule tumorali consumano molto più glucosio delle cellule normali20
e sempre più studi evidenziano che chi ha la glicemia alta (pur nell’intervallo di normalità) si
ammala di più 21 (ad esempio di tumori della mammella, del cervello, del pancreas) e se si è
ammalato ha una prognosi peggiore. 22 Tenere bassa la glicemia, inoltre, aiuta a tener bassa
16
Norat T 2007 Eur J Nutr 61:91; Crowe FL 2009 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 18:1333.
Berrino F 2001 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 156:439.
18
Se le membrane cellulari sono ricche di grassi animali, saturi, che sono più rigidi rispetto ai grassi vegetali, insaturi,
l’insulina ha difficoltà a far entrare il glucosio nelle cellule (è la cosiddetta resistenza insulinica), per cui sale la
glicemia e il pancreas è costretto a produrre più insulina.
19
Ostman EM 2001 Am J Clin Nutr 74:96.
20
È il principio fisiologico alla base della PET, l’esame in cui si inietta in vena glucosio radioattivo per evidenziare
dove si è esteso il tumore.
21
È noto che i pazienti diabetici si ammalano di più di cancro, ma la condizione prediabetica, o quando la glicemia è
verso l’alto dei valori normali, è associata a rischi ancora più alti. La glicemia nella zona alta dei valori normali
(superiore a 100 mg/ 100 ml) è associata a un rischio di ammalarsi di cancro dell’ordine del 20% superiore rispetto a
chi sta nella zona bassa dei valori normali (< 90). Il rischio è particolarmente elevato per il cancro del fegato e delle vie
biliari e del pancreas, ma è stato riscontrato significativamente elevato anche per il cancro colorettale, per la mammella,
la vescica, la prostata, la tiroide, la cervice uterina e, ma non sempre, per i linfomi e le leucemie (Rapp K 2006
Diabetologia 49:945; Jee SH 2005 JAMA 293:194; Tulinius H 1997 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 6:863). Nella
coorte ORDET, pur basandoci su un’unica misurazione nel corso della vita, abbiamo riscontrato, nel corso dei
successivi 20 anni, un rischio doppio di cancro della mammella nelle donne che al momento del reclutamento avevano
la glicemia verso l’alto dell’intervallo di normalità rispetto a quelle che l’avevano verso il limite basso (Muti P 2002
Cancer Epidemiol Biomarkers Prev11:1361; Sieri S 2012 Int J Cancer 130:921).
22
La relazione della glicemia con la prognosi è ben documentata per i tumori della mammella (Contiero P 2013 Breast
Cancer Res Treat 138:951; Minicozzi P 2013 Eur J Cancer 49:3881) dell’intestino (Siddiqui AA 2008 Dig Dis Sci
53:2486; Yang Y 2013 Cancer 119:1512), del fegato (Hosokawa T 2013 World J Gastroenterol 19:249; Abe H 2013
world J Gastroenterol 19:78), dello stomaco, delle prime vie aerodigestive (Park SM 2006 J Clin Oncol 31:5017), del
polmone (Luo J 2012 Lung Cancer 76:242; Park SM 2006 J Clin Oncol 31:5017), del collo dell’utero (Lee J 2009
Gynecol Oncol 116:459), dell’ovaio (Lamkin DM 2009 Cancer 115:1021), della prostata (Wright JL 2013 Prostate
Cancer Prostatic Dis 16:204), per i linfomi di Hodgkin (Schilling RF 1984 J Clin Oncol 2:828), i linfomi non-Hodgkin
e i mielomi (Cai Q 2013 Br J Cancer 108:380; Chiu BC 2006 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:2348)), le
leucemie infantili (Sonabend RY 2009 J Pediatr 155:73) e per i glioblastomi cerebrali (Derr RL 2009 J Clin Oncol
27:1082; Seyfried TN 2010 Nutr Metab 7:7; Champ CE 2014 J Neurooncol 117:125; Mayer A 2014 Strahlenther Onkol
190:933). La prognosi dei carcinomi del pancreas è influenzata dai livelli di emoglobina glicata (Cheon JK 2014 Gut
17
l’insulina e quindi i fattori di crescita. Quindi evitare le farine raffinate (00 e 0), il pane bianco, i
dolciumi commerciali, le patate, il riso banco, i fiocchi di mais, la frutta molto zuccherina.23 Evitare
inoltre lo zucchero, ancor più lo sciroppo di glucosio e fruttosio, e abituarsi progressivamente a
gusti meno dolci. Evitare i cibi ricchi di grassi saturi (carni rosse, salumi e formaggi), che
aumentano la glicemia in quanto ostacolano il funzionamento dell’insulina. 24 Mangiare invece
regolarmente cereali integrali, meglio se associati a legumi, verdure, e moderate quantità di semi e
frutti oleaginosi; 25 se c’è infiammazione intestinale, come spesso durante la chemioterapia e
radioterapia, questi cibi possono essere passati al setaccio e ridotti in crema per togliere la
componente più fibrosa.
Tenere bassa l’insulina:26 oltre ai cibi ad alto indice glicemico di cui sopra è meglio evitare il latte
(anche scremato),27 che fa aumentare l’insulina anche se non fa salire la glicemia. Lo zucchero
(saccarosio) ha un effetto diretto sull’insulina indipendente dalla glicemia.
Tenere bassi i fattori di crescita:28 quindi evitare il latte e limitare i cibi molto ricchi di proteine,29
soprattutto le proteine animali; anche le proteine vegetali, tuttavia, sono da mangiare con
Liver 8:205; Fan KY 2014 J Natl Compr Cancer Netw 12:50). La prognosi dei pazienti diabetici operati per carcinoma
epatocellulare dipende dal controllo glicemico (Kaneda K 2012 J Surg Oncol 105:606). Cinquanta anni fa si erano
osservate regressioni clamorose di tumori avanzati in pazienti psicotici in cui era stato indotto un prolungato coma
ipogligemico con un trattamento insulinico (Koroljow S 1962 Psychiatr Q 36:261, citato da Krone CA 2005 Integr
Cancer Ther 4:25); si era inoltre osservato che togliendo lo zucchero la radioterapia per carcinomi della cervice uterina
era più efficace (Cheraskin E 1968 Acta Citologica 12:433).
23
Uno studio ha riscontrato che una dieta con elevato carico glicemico peggiora gravemente la prognosi dei pazienti
con tumori del colon in stadio avanzato, in particolare nei pazienti sovrappeso (Meyerardt JA 2012 J Natl Cancer Inst
104:1702).
24
Alcuni studi hanno suggerito che il consumo di grassi saturi sia associato alla progressione del cancro della prostata
(Fradet Y 1999 Eur J Urol35:388; Epstein MM 2012 Am J Epidemiol 176:240) e della mammella (Jain M e Miller AB
1994 J Natl cancer Inst 86:1390).
25
Legumi e semi oleaginosi hanno basso indice glicemico e riducono la velocità di assorbimento intestinale del
glucosio.
26
Il ruolo prognostico dell’insulinemia o dei livelli di C-peptide è ben documentato per i tumori della mammella
(Goodwin P 2002 JCO 20:42), del colon ( Wolpin BM 2009 J Clin Oncol 27:176) e della prostata (Ma J 2008 Lancet
Oncol 9:1039). L’insulina, inoltre, stimola la sintesi di ormoni androgeni, anch’essi associati a una prognosi peggiore
del cancro mammario (Berrino F 2005 Int J Cancer 113:499)
27
Alcuni medici prescrivono ai pazienti tumorali integratori a base di proteine del siero di latte (quelle che rimangono
dopo la coagulazione della caseina per fare il formaggio), ma pare che siano proprio queste lattoalbumine, o loro
prodotti di degradazione, a stimolare la sintesi di insulina (Melnik BC 2009 Medical Hypothesis 72:631).
28
Praticamente tutti i tumori sono sensibili agli effetti proliferativi e antiapoptotici dell’IGF-I; in molti casi è stato
dimostrato che la presenza di recettori per l’IGF-I nelle cellule tumorali e la concentrazione intratumorale di IGF-I sono
fattori di cattiva prognosi. Solo pochi studi hanno esaminato il ruolo prognostico della concentrazione plasmatica di
IGF-I e la prognosi. C’è un’indicazione che nei tumori della mammella la prognosi sia peggiore se sono alti sia l’IGF-I
sia il PDGF (Pasanisi P 2008 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 17:1719). Un’associazione con peggior prognosi è
stata segnalata nei tumori della prostata (Rowlands MA 2012Cancer Causes Control 23:347) e nei tumori del polmone
non a piccole cellule con metastasi (Vlachostergios PJ 2011 Oncology 81:113; Masago K 2011 Oncol Rep 26:795; Fu
SL J 2013 Huazhong Univ Sci Technolog Med Sci 33:224). A volte non è chiaro se l’IGF-I alto è solo un marker di
produzione autocrina da parte di un tumore più voluminoso o aggressivo o un fattore prognostico indipendente. Nei
tumori delle prime vie aerodigestive è stata segnalata l’associazione di alti livelli di IGF-I con l’incidenza di nuovi
tumori dello stesso distretto anatomico, uno dei fattori prognostici più rilevanti (Wu X 2004 Clin cancer Res 10:3988).
La concentrazione plasmatica elevata di IGFBP-1, una delle proteine che riducono la biodisponibilità di IGF-I, la cui
sintesi è inibita dall’insulina, è associata a migliore prognosi in pazienti con cancro del colon (Wolpin 2009 J Clin
Oncol 27:176). ). In alcuni studi su pazienti con carcinoma epatocellulare (Cho EJ 2013 Clin Cancer Res 19:4218;
Shao YY 2012 Clin Cancer Res 18:3992) e nei pazienti con epatite virale si è osservato, invece, che bassi livelli di IGFI sono associati a prognosi peggiore, ma bisogna tener conto che il fegato è la principale fonte di IGF-I plasmatico e che
bassi livelli dipendono dalla distruzione del parenchima epatico. Per i tumori dell’ovaio i dati sono contrastanti: L’IGF-I
libero (non legato alle sue proteine leganti IGFBP) è stato riscontrato associato a cattiva prognosi (Borkaw J 2007
Growth Factors 25:346), ma l’IGF-I totale, e il rapporto IGF-I/IGFBP2 sono risultati associati a prognosi migliore
(Huang YF 2014 Endocr Rel Cancer 21:217).
29
Norat T 2007 Eur J Nutr 61:91.
moderazione: la porzione di legumi, quindi, pur presente in ogni pasto, è bene che sia piccola.30 Le
proteine vegetali sono più povere di metionina, un aminoacido essenziale, da cui i tumori sono
dipendenti, 31 che stimolerebbe particolarmente la sintesi di IGF-I. 32 Ci sono studi clinici che
suggeriscono che una dieta parenterale povera di metionina associata a chemioterapia rallenti la
crescita tumorale.33 Anche alcuni vegetali, tuttavia, sono piuttosto ricchi di metionina, come le noci
del brasile e, in grado minore, il sesamo, i semi di girasole (che si mangiano comunque in piccola
quantità), la soia (va bene quindi la zuppa di miso, che comporta minime dosi di soia, ma è prudente
limitare le porzioni degli altri prodotti di soia e evitare le proteine isolate di soia, utilizzate per
produrre hamburger e wurstel vegani). La soia contiene fitoestrogeni, sostanze vegetali con una
struttura chimica che mima gli ormoni sessuali e che hanno effettivamente una debole azione
ormonale. Per questo gli oncologi raccomandavano alle donne con cancro al seno di non mangiare
soia, temendo che i fitoestrogeni stimolassero la proliferazione di eventuali cellule tumorali residue
o ostacolassero l’azione dei farmaci ormonali. In realtà studi su migliaia di pazienti hanno mostrato
che le donne operate di cancro al seno che mangiano cibi contenenti soia hanno meno recidive
rispetto a chi non ne mangia.34 Non ci sono quindi controindicazioni a un consumo moderato di
prodotti tradizionali di soia (miso, tofu, tempeh).
Tenere bassi i livelli di infiammazione35: favoriscono l’infiammazione i cibi animali, eccetto il
pesce (privilegiare però i pesci piccoli, perché quelli grandi sono molto più inquinati). Favoriscono
inoltre l’infiammazione lo zucchero e i cibi ad alto indice glicemico. Hanno invece azione anti30
I legumi, comunque, è bene che ci siano, quotidianamente: negli animali di laboratorio riducono la glicemia,
l’insulina e anche l’IGF-1; inoltre riducono la proteina C reattiva, attivano AMPK, il gene attivato dalla restrizione
calorica, e riducono l’attività di AKT, e quindi quella di mTOR , e di conseguenza la sintesi di grassi e proteine
indispensabili per la crescita tumorale; in sistemi sperimentali riducono l’incidenza e la dimensione di carcinomi
mammari (Thompson MD 2012 Cell Cycle 11:5835; 2012 Carcinogenesis 33:226). Nella coorte delle infermiere
americane seguite dagli epidemiologi di Harvard il consumo di legumi è associato a una minor incidenza di cancro
mammario: un quarto in meno per chi ne consuma almeno due volte alla settimana (Adebamowo CA 2005 Int J Cancer
114:628).
31
Cavuoto P, Fenech MF 2012 Cancer Treat Rev 38:726.
32
McCarty MF 2009 Med Hypothesis 72:125.
33
Goseki N 1995 Jpn J Cancer Res 86:484; Durando X 2010 Oncology 205:9.
34
Fritz H 2013 PLoS Med 8:e81968.
35
Livelli plasmatici alti di proteina reattiva C (PCR), pur all’interno dell’intervallo di normalità, sono espressione di
stato infiammatorio cronico e sono associati a cattiva prognosi dei tumori. Poiché citochine infiammatorie sono
immesse nel sangue dal tumore stesso e dai macrofagi associati al tumore, la loro presenza nel sangue e la presenza di
alti livelli di PCR potrebbero indicare semplicemente che il tumore è più aggressivo. Ci sono indizi, tuttavia, che anche
altri fattori che inducono un aumento di PCR influenzano la prognosi: infezioni nel corso delle terapie o dopo la fine
delle terapie per il cancro del colon peggiorano la prognosi (Attiê R 2014 World J Gastroenterol 20:13930);
complicazioni della ferita chirurgica peggiorano la prognosi del carcinoma mammario (Murthy BL 2007 Br J
Cancer97:1211); la mortalità per cancro del colon è significativamente più bassa se i pazienti sono trattati con aspirina
o inibitori di COX-2 (Sandler MS 2003 N Engl J Med 348:883; Chan AT 2009 JAMA 302:649; Fuchs C 2005 J Clin
Oncol 23 (16S) abstract 3530).
Alti liveli di PRC indicano cattiva prognosi dei tumori delle prime vie aerodigestive (Andersson BÅ 2014 J
Cancer Res Clin Oncol 140:515), del rinofarnge (Xia WX 2013 PLoS One 8:e76958), dell’esofago (Song ZB 2013
Kaohsiung J Med Sci 29:662), dello stomaco (Yu Q 2013 Asian Pac J Cancer Prev 14:5735; Baba H 2013 Anticancer
Res 33:5591; Nozoe T 2011 Surg Today 41:510), dell’intestino (Lin M 2013 Exp Ther Med 6:1369; Kersten C 2013
Acta Oncol 52: 1691), del pancreas (Alkhateeb A 2014 J Gastrointest Cancer 45:161; Szkandera J 2014 Br J Cancer
110:183), del polmone (Hong S 2012 Yonsei Med J 53:111), degli osteosarcomi ( Yi JH 2014 PLoS One 9: e94632),
dei sarcomi dei tessuti molli (Choi ES 2014 Ann Surg Oncol 21:778; Szkandera J 2013 Br J Cancer 109:2316), della
mammella (Pierce J J Clin Oncol 21:3437), dell’ovaio (Dobrzycka B 2013 Eur Cytokine Net 24:106; Ose J, progetto
EPIC, inviato in pubblicazione), della prostata (Liu ZQ 2014 Asian J Androl 16:1), delle vie urinarie (Dai J 2014 Asian
Pac J Cancer Prev 15:3369), del rene (Hu Q 2014 Urol Oncol 32:50), dei gliomi cerebrali ( Strojnik T 2014 Anticancer
Res 34:339), del melanoma (Tarhini AA 2014 J Transl Med 12:19), dei linfomi non-Hodgkin (Troppan KT 2014 Br J
Cancer 111:55). Livelli alti di granulociti neutrofili e del rapporto neutrofili/linfociti sono associati a cattiva prognosi di
molti tumori: del colon, dello stomaco, dell’esofago, del fegato, del polmone, del rene, della vescica, dell’ovaio
(revisione di Guthrie GJ 2013 Crit Rev Oncol Hematol 88:218), dell’epatocarcinoma sia in stadio resecabile (Xue TC
2014 PLoS One 9:e96072) sia in stadio avanzato (Li X 2014 Tumor Biol Epub ahead of print), del carcinoma del colon
con metastasi epatiche (Kishi Y 2009 Ann Surg Oncol 16:614).
infiammatoria i cereali integrali, in particolare il riso integrale,36 e molti altri alimenti vegetali, in
particolare quelli che contengono grassi omega-3 (come i semi di lino, la soia, le erbe selvatiche) e
inoltre le cipolle, le mele e in generale le verdure. Non sembra che abbiano azione antinfiammatoria
le solanacee (pomodori, melanzane, peperoni) che forse è meglio evitare. In caso di anoressia
suggeriamo la crema di riso integrale (molto cotto e passato al setaccio) e la zuppa di miso in cui le
proteine della soia, già digerite dalla fermentazione, sono facilmente assimilabili (si tratta
praticamente di una zuppa di aminoacidi). Più studi hanno suggerito che i fitoestrogeni della soia37 e
i prodotti di soia fermentati38 abbiano azione antinfiammatoria.
Potrebbe essere prudente, inoltre, evitare i cibi ricchi di poliamine (sostanze indispensabili alla
proliferazione cellulare);39 come agrumi (in particolare i succhi di arance),40 solanacee (pomodori,
melanzane, peperoni), 41 banane, kiwi, frutti tropicali. Anche l’altra frutta contiene poliamine, ma
in quantità minore, e i frutti di bosco non ne contengono che tracce. La frutta è raccomandata per la
prevenzione del cancro, ma non è detto che sia utile per chi si è ammalato. Altre fonti importanti di
poliamine sono i molluschi bivalvi e la putrefazione intestinale delle proteine in chi ha una dieta
ricca di cibi animali. Non sono stati fatti importanti studi clinici,42 ma poiché le cellule tumorali
sono avidissime di poliamine pare logico ridurne il consumo.43
La frutta, inoltre, è molto ricca di sostanze antiossidanti (vitamine e polifenoli), utili per
prevenire i tumori ma potenzialmente pericolose quando un tumore c’è già, perché potrebbero
impedire ai radicali liberi di uccidere le cellule tumorali. Sia la radioterapia sia molte chemioterapie
uccidono le cellule tumorali aumentando i radicali liberi. In alcuni ambienti si consiglia ai malati di
cancro di consumare in abbondanza centrifugati o estratti di frutta e verdura; togliendo le fibre e la
necessità di masticare i centrifugati consentirebbero di assumere grandi quantità di frutta e di
aumentare l’assorbimento delle sostanze potenzialmente protettive che contiene. Potrebbero essere
36
37
Wang O 2007Asia Pac J Clin Nutr. Suppl 1:295; Cai H Mol Cancer Ther 2005:1287.
Nicastro HL 2013 Cancer Causes Control 24:1185; Dong JY 2011 Menopause 18:1256; Hall WL 2005 Am J Clin
Nutr 82:1260.
38
Nanni A 2008 Am J Clin Nutr 87:1488 e Kataoka S 2005 J Biosci Bioeng 100:227 (nell’uomo); Malardé L 2015 J
Med Food 18:67, e Kim JH 2014 Phytother Res 28:1335 (nei roditori)
39
Si tratta della putrescina, della spermina e della spermidina. Derivano dall’arginina, che viene deaminata in ornitina e
decarbossilata in putrescina. Oltre a stimolare la proliferazione cellulare queste sostanze riducono le difese immunitarie
contro i tumori e favoriscono la migrazione metastatica delle cellule tumorali e l’angiogenesi (Soda K 2011 J Exp Clin
Cancer Res 30:95). .
40
Le arance, in particolare le arance rosse, hanno una forte azione antiossidante (Grosso G 2013 Oxid Med cell Longev
2013:157240), potenzialmente utile per prevenire i tumori, ma di dubbia utilità in presenza di un tumore, e antiinfiammatoria (Buscami S 2012 Am J Clin Nutr 95:1089). L’Istituto Europeo di Oncologia ha in corso uno studio
controllato e randomizzato per valutare l’eventuale effetto protettivo del consumo di spremute di arance rosse nelle
donne operate di cancro al seno.
41
Gli alcaloidi delle solanacee (α-solanina, α-ciaconina), inoltre, attivano l’ornitina-decarbossilasi (Caldwell KA 1991
Food Chem Toxicol 29:531).
42
Molti studi hanno dimostrato che la concentrazione di poliamine è alta nei tumori e che le cellule tumorali ne sono
avidissime. I malati di tumore hanno concentrazioni plasmatiche e urinarie di poliamine più alte rispetto ai sani e chi ha
concentrazioni alte ha prognosi peggiore. La concentrazione nel sangue dipende sia dalla sintesi da parte delle cellule
tumorali (asportando il tumore la concentrazione si abbassa) sia dall’assorbimento intestinale. Gli inibitori della
ornitina-decarbossilasi, un enzima essenziale per la sintesi delle poliamine, sono stati usati in clinica e si sono dimostrati
efficaci, ma sono molto tossici. Pochi studi hanno invece esaminato il ruolo delle poliamine nella dieta sulla crescita
tumorale: uno studio prospettico sui pazienti operati di polipi intestinali ha mostrato che chi ha una dieta ricca di
poliamine ha più frequentemente recidive (Vargas AJ 2012 Am J Clin Nutr 96:133); uno studio su tumori prostatici
avanzati che non rispondevano più agli ormoni ha mostrato un prolungamento della sopravvivenza con una dieta povera
di poliamine associata ad un trattamento antibiotico con neomicina per sterilizzare l’intestino e quindi abolire la sintesi
di poliamine da parte dei batteri intestinali (Cipolla BG 2010 Biomed Pharmacother 64:363). Si sa da molti anni che
una dieta senza poliamine riduce la crescita e la diffusione metastatica di tumori indotti sperimentalmente negli animali
e aumenta l’efficacia della chemioterapia (Sarhan S 1989 Anticancer Res 9:215; Quemener V 1992 Anticancer Res
12:1447).
43
La somministrazione di citrullina, precursore dell’arginina, a sua volta precursore dell’ornitina, fa aumentare la la
dimensione dei tumori in sistemi sperimentali murini (Ham DJ 2014 Clin Nutr 33:448).
utili per un breve periodo di disintossicazione, ma è meglio essere prudenti, perché si rischia di
aumentare troppo l’assunzione di sostanze antiossidanti e proteggere le cellule tumorali. È prudente
che i malati di tumore non assumano integratori con alte dosi di vitamine o minerali antiossidanti:
uno studio su 90 pazienti operate per cancro della mammella e trattate con cocktail di beta-carotene,
vitamina C, selenio, zinco, coenzima Q e vitamina B3 ha mostrato una maggiore frequenza di
recidive rispetto a pazienti identiche non trattate. 44 È un piccolo studio, ma anche in sistemi
sperimentali in cui si induce il cancro mammario con sostanze cancerogene la somministrazione di
antiossidanti (vitamina E) promuove la crescita del cancro mammario. 45 Una sperimentazione
clinica che somministrava vitamina E e beta-carotene a pazienti con tumori delle prime vie
aerodigestive trattati con radioterapia ha mostrato un aumento significativo delle recidive nel
gruppo che riceveva queste vitamine. 46
In sintesi le raccomandazioni coincidono con quelle formulate dai ricercatori del Fondo
Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), 47 che hanno valutato tutti gli studi scientifici sul
rapporto fra dieta e tumori e che oggi sono state riprese dal Codice Europeo Contro il Cancro:
Basate la dieta quotidiana prevalentemente su cibi di provenienza vegetale non industrialmente
raffinati, con un’ampia varietà di cereali integrali, legumi, verdure e frutta, magari con
un’attenzione a non esagerare con la frutta. Le raccomandazioni del WCRF, inoltre, recitano:
Limitate i cibi a alta densità calorica e evitate le bevande zuccherate (uno studio recente
dell’università di Harvard48 mostra che l’incidenza di metastasi nei pazienti operati per cancro del
colon cresce con il numero di lattine consumate al giorno), Limitate il consumo di carni rosse e
evitate il consumo di carni conservate (uno studio sull’influenza prognostica dello stile alimentare
dei pazienti operati per cancro del colon mostra che l’incidenza di metastasi cresce con il crescere
dell’aderenza a uno stile ‘occidentale’ caratterizzato da carni fresche e conservate, dolciumi e farine
raffinate, formaggi)49 e Assicurarsi un apporto sufficiente di tutti i nutrienti essenziali attraverso il
cib0: l’uso di integratori per la prevenzione del cancro è sconsigliato.
Questi suggerimenti in alcune persone evocano uno scenario di grande difficoltà, un
cambiamento radicale delle abitudini quotidiane. Spesso si tratta di suggerimenti dati in situazioni
di emergenza, ma l’esperienza è che in breve tempo ci si può innamorare di questo cibo, tanto da
proseguire, trasformandolo nel cibo quotidiano, a volte più rigoroso, a volte più permissivo,
aiutandoci a percorrere la via della conoscenza di noi stessi, rendendoci meno schiavi: l’uomo
libero sa stare nella semplicità.
Numerosi studi hanno dimostrato che la restrizione calorica senza malnutrizione (25-30%
di calorie in meno rispetto a una dieta ad libitum, ma con una dieta varia per garantire la presenza di
tutti i nutrienti essenziali) prolunga la vita e riduce l’incidenza del cancro negli animali. 50 Gli
esperimenti sull’uomo mostrano che effettivamente la restrizione calorica migliora vari parametri
metabolici di rischio cardiovascolare e neoplastico (riduzione dell’insulina, della glicemia, degli
ormoni sessuali, dello stato infiammatorio, dello stress ossidativo, della proliferazione cellulare,
44
Lesperance ML 2002 Breast Cancer Res Treat 76;137.
Bougnoux P 2006 Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 15:416.
46
Bairati I 2006 Int J Cancer 119:2221 e 2005 J Natl Cancer Inst 97:481.
47
Il Continuous Update Project del WCRF ha recentemente esaminato gli studi sull’influenza della nutrizione sulla
prognosi del cancro mammario: nonostante abbia ritenuto che le prove siano ancora limitate ha concluso che ci sono
indicazioni per mantenere un peso corporeo sano, mantenersi fisicamente attive, consumare cibi integrali, consumare
prodotti di soia, ridurre i grassi saturi (http://www.wcrf.org/sites/default/files/Breast-Cancer-Survivors-2014Report.pdf).
48
Fuchs MA 2014 PLoS One 9: e99816.
49
Meyerhardt JA 2007 JAMA 298:754. Uno studio recente ha segnalato una minore mortalità generale nei pazienti con
cancro del colon che consumano più calcio e più latte (Yang B 2014 J Clin Oncol 32:2335), ma non ha tenuto conto del
fatto che i pazienti che consumavano più calcio erano di classe sociale più elevata, facevano più attività fisica,
consumavano meno alcol, meno farmaci anti-infiammatori e, le donne, meno farmaci ormonali per i disturbi della
menopausa, tutti fattori associati a un minor rischio di cancro del colon.
50
Per una discussione sugli effetti della restrizione calorica e del digiuno si vedano Fontana L e Partridge L 2015 Cell
161:106 e Longo VD e Mattson MP 2014 Cell Metab 19:181.
45
aumento del cortisolo, dell’adiponectina, della sorveglianza immunitaria, del riparo del DNA, degli
enzimi detossificanti, dell’autofagia e dell’apoptosi). 51 La restrizione calorica, tuttavia, non è
sufficiente a ridurre i livelli plasmatici di IGF-I se non è associata anche a restrizione proteica.52
Questi esperimenti suggeriscono che la restrizione calorica e/o proteica possa essere un ausilio alla
terapia. Molto spesso, però, i tumori, specie in stadio avanzato, causano perdita di peso, per cui la
restrizione calorica sembra controindicata. Ci sono sempre più indicazioni, invece, che brevi
periodi di digiuno (un paio di giorni alla settimana), che riducono marcatamente il glucosio,
l’insulina e l’IGF-I nel sangue senza compromettere lo stato nutrizionale, possano aumentare
l’efficacia delle terapie oncologiche.53 Si tratta di studi su cellule coltivate in vitro e su animali di
laboratorio, ma sono in corso studi sull’uomo e dati preliminari suggeriscono che alcuni giorni di
digiuno prima e dopo i cicli di chemioterapia, o un digiuno a giorni alterni durante la radioterapia,
proteggano le cellule sane e mettano in difficoltà le cellule tumorali aumentando l’efficacia dei
farmaci e riducendone gli effetti collaterali.54 Il digiuno agisce sulle stesse vie molecolari su cui si
cerca di agire con i nuovi farmaci a bersaglio molecolare.55 Non è praticabile con pazienti denutriti
ma ci sono indicazioni che lo stesso effetto possa essere ottenuto con una dieta chetogenica (cioè
diminuendo i carboidrati e aumentando i grassi),56 anche se ipercalorica.
Il microambiente in cui crescono i tumori è acido57 e l’acidità favorisce la diffusione delle
cellule tumorali. 58 In modelli sperimentali di cancro della mammella trapiantato in roditori la
somministrazione orale di sostanze alcaline, in particolare bicarbonati, rialza il pH del
microambiente tumorale, riduce la metastatizazione, migliora la sopravvivenza 59 e aumenta
l’efficacia della chemioterapia60. La dose utilizzata negli esperimenti animali61 aumenta il pH nel
tessuto tumorale senza modificare quello del sangue, non causa quindi alcalosi metabolica. Sarebbe
importante condurre studi sull’uomo.
51
Queste alterazioni metaboliche sono associate all’inibizione della via PI3K/Akt/mTOR e all’aumentata espressione di
AMPK, SIT-1, FOXO, PTEN (Longo VD e Fontana L 2010 Trends Pharmacol Sci 31:89).
52
Fontana L 2008 Aging Cell 7:681.
53
Lee C, Longo VD 2011 Oncogene 30:3305.
54
Safdie FM 2009 Aging 1:988 e 2012 PLoS One 7:e44603; Klement RJ, Champ CE 2014 Cancer Metastasis Rev
33:217. Raffaghello L 2010 Cell Cycle 9:4474. Si ipotizza che il digiuno riduca gli effetti collaterali delle chemioterapie
in quanto riduce la proliferazione delle cellule della mucosa intestinale.
55
La restrizione proteica riduce la produzione di IGF-I, che, assieme all’insulina, attiva la via PI3K-AKT-mTORC1,
che promuove la proliferazione cellulare e la glicolisi aerobia (la fonte energetica principale dei tumori, alternativa alla
respirazione mitocondriale); la restrizione di carboidrati, oltre a ridurre glicemia e insulina, induce lipolisi con
conseguente attivazione di PPARα, che promuove l’ossidazione degli acidi grassi e inibisce la glicolisi indispensabile
per dare energia al tumore; la restrizione energetica attiva AMPK, che inibisce mTOR, inibisce la neoglucogenesi
epatica e promuove l’ossidazione di acidi grassi, con conseguente aumento del rapporto NAD+/NADH e amplificazione
dell’attività di SIRT1, che a sua volta attiva PGC1α, che coopera con PPAR nella promozione dell’attività
mitocondriale. La radioterapia induce nelle cellule la formazione di radicali liberi che causano rotture del DNA. La
restrizione calorica protegge le cellule sane da questi danni attraverso vari meccanismi, fra cui l’attivazione di FOXO
(un fattore di trascrizione che contribuisce alla riparazione del DNA) che è regolata positivamente da SIRT1 e
negativamente da AKT. L’attivazione costituzionale di AKT impedisce questa via di riparo del DNA nelle cellule
tumorali. Inoltre la restrizione calorica riduce la capacità di riparazione del DNA nelle cellule tumorali inibendo mTOR.
56
La sostituzione dei carboidrati con i grassi riduce la cachessia neoplastica in sistemi sperimentali (Beck SA 1989
Cancer Res 49:3800) e ottiene un aumento del peso corporeo e della massa magra in pazienti denutriti con tumori
pancreatici (Barber MD 2000 Clinical Sci 98:389) e gastrointestinali (Breitkreutz R 2005 117:685). Ci sono indicazioni
che la sola riduzione dei carboidrati sia sufficiente ad attivare AMPK (Draznin B 2012 Horm Metab Res 44:650).
57
Poiché la glicolisi aerobia delle cellule tumorali produce acido lattico, il pH extracellulare è tipicamente dell’ordine di
6,5-6,9, mentre i tessuti normali hanno pH 7,2-7,5.
58
Favorendo l’attività delle proteasi che fluidificano la matrice extracellulare (le metalloproteasi MMP1, MMP2 e
MMP9 e le catepsine lisosomiche). L’ambiente acido favorisce anche l’angiogenesi stimolando la produzione di VEGF
(Shi Q 2001 Oncogene 20:3751)
59
Robey IF, Nesbit NA 2013 Biomed Res Int 2013:485196; Robey IF 2009 Cancer Res 69:2260.
60
Raghunand N 1999 Br J Cancer 80:1005.
61
Corrispondente a circa due cucchiaini di bicarbonato in un uomo di 70 kg.