Documento PDF - Camera dei Deputati

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Documento PDF - Camera dei Deputati
Relazione al Consiglio Direttivo dell’Associazione degli ex-parlamentari
Roma, 21 luglio 2011
Secondo quanto stabilito dalla manovra economica, oramai diventata legge, a partire dalle
prossime elezioni il trattamento economico omnicomprensivo corrisposto ai titolari di
cariche elettive non può superare la media ponderata rispetto al PIL di analoghi trattamenti
economici percepiti nei sei principali Stati dell’area Euro.
Per trattamento economico omnicomprensivo si intende il complesso delle retribuzioni e
delle indennità a carico delle finanze pubbliche percepito dai titolari delle cariche elettive.
In queste disposizioni, oltre ai titolari di cariche elettive, vengono coinvolti anche i titolari di
incarichi di vertice, i componenti di organismi, enti, istituzioni elencati nell’allegato “A” del
decreto legge, i segretari generali, i capi dipartimento, i dirigenti generali o titolari di uffici
ad essi equiparati.
Le disposizioni costituiscono, inoltre, norme di principio per le Regioni, che debbono
adeguare la propria legislazione alle norme del decreto – legge n. 98/2011 entro 60 giorni
dalla sua entrata in vigore.
Il calcolo della media europea dei trattamenti economici omnicomprensivi dei titolari di
cariche elettive viene fatto da una Commissione, presieduta dal Presidente dell’Istat,
composta di quattro esperti di chiara fama, istituita con D.P.C.M..
La commissione entro il 1° luglio di ogni anno individua, con proprio provvedimento
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale , la media europea riferita all’anno precedente
aggiornandola all’andamento dei prezzi al consumo previsti dal Decreto annuale di
Economia e Finanza.
In sede di prima applicazione delle disposizioni la media europea per l’anno 2010 viene
individuata entro il 31 dicembre 2011, eventualmente rivista entro il 31 giugno 2012.
E’ evidente che il nuovo trattamento economico dei parlamentari in carica come ricalcolato
secondo le disposizioni ormai vigenti previste dalla manovra, potrebbe incidere, fermo
restando l’attuale rapporto tra indennità e vitalizio, sull’ammontare complessivo
dell’assegno vitalizio.
Come si può constatare, la manovra economica non interviene in modo diretto sulla
questione dei vitalizi.
La questione, invece, si porrà entro la fine di luglio-primi di agosto, in sede di discussione e
approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi interni di Camera e Senato.
In vista di queste scadenze, abbiamo già incontrato i Presidenti dei gruppi parlamentari del
PD e dell’IDV della Camera dei deputati. Siamo in attesa di una risposta del gruppo del PdL
e dei gruppi dell’opposizione del Senato.
Il quadro entro cui si svolgerà la discussione sui bilanci interni delle due Camere, è quello di
una durissima contestazione della cosiddetta “casta”.
Contestazione resa ancora più aggressiva dopo l’approvazione a tambur battente della
manovra economica del Governo che ha introdotto pesanti e immediati sacrifici per le
fasce più deboli della popolazione, rinviando la rideterminazione del trattamento
economico dei parlamentari a un procedimento di verifica dei trattamenti in altri Paesi
europei che si concluderà nella migliore delle ipotesi nei primi mesi del 2012.
A ciò si deve aggiungere la scarsa credibilità di un Parlamento figlio di una legge elettorale
che ha spezzato ogni rapporto tra eletto ed elettore, le vicende giudiziarie che hanno
coinvolto esponenti politici, anche di primo piano, il permanere di gravi tensioni finanziarie
, nonostante l’entità dei sacrifici chiesti al ceto medio, alle famiglie e alle fasce più deboli
della popolazione.
Per questo la pressione mediatica per mettere indiscriminatamente sotto processo la
classe politica passata e presente, sta crescendo ed è destinata a crescere almeno fino al
momento della discussione in aula dei Bilanci interni.
Giornali di destra, giornali di sinistra, potenti gruppi editoriali stanno dando in pasto
all’opinione pubblica, in un mix infernale e demolitorio, notizie vere e notizie false con il
fine evidente di fare dei parlamentari in carica e di quelli che non lo sono più il capro
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espiatorio di una politica iniqua ed inefficace che lascia intatti i veri privilegi presenti nella
nostra società.
Si tratta di un gioco molto pericoloso che non lascia presagire nulla di buono per le sorti
della nostra democrazia.
Di fronte alla crescente precarietà del lavoro, ai licenziamenti, all’impoverimento di fasce
estese di ceto medio, all’emigrazione forzata di ricercatori e laureati, alle difficoltà delle
famiglie ad arrivare alla fine del mese, noi non possiamo sottrarci al dovere di fare la nostra
parte di sacrifici: penso,ad esempio, all’applicazione ai vitalizi degli ex-parlamentari di un
contributo di solidarietà.
Non può, tuttavia, essere accettato che i nostri sacrifici siano utilizzati per coprire interventi
di macelleria sociale.
Ma, soprattutto, non può essere accettata la pura e semplice cancellazione o la
manipolazione d’istituti, sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, previsti,peraltro, anche se
in forme diverse, in tutti i Paesi democratici, che stravolgerebbero la natura della nostra
democrazia.
Autorevoli editorialisti che pontificano dall’alto dei loro redditi, movimenti politici dentro e
fuori il Parlamento, chiedono, a gran voce, l’abolizione pura e semplice per il passato, per il
presente e per il futuro, del vitalizio.
Altri, come hanno fatto con un loro emendamento alla manovra finanziaria i gruppi
parlamentari di opposizione PD, IDV, UDC del Senato, puntano, invece, a trasformare il
vitalizio in una vera e propria pensione.
Nel materiale che vi è stato consegnato vi è copia della lettera inviata ai suddetti gruppi con
la quale abbiamo espresso le nostre critiche e con la richiesta di un incontro chiarificatore.
A quanti propongono la pura e semplice abolizione del vitalizio parlamentare o a quelli che
ne propongono la trasformazione in un ordinario regime previdenziale, noi rispondiamo
con le parole contenute nella sentenza n.289/1994 e nelle successive ordinanze.
“ L’assegno vitalizio, viene a collegarsi ad una indennità di carica, goduta in relazione
all’esercizio di un mandato pubblico: una indennità che nei suoi presupposti e nelle sue
finalità, ha sempre assunto, nella disciplina costituzionale e ordinaria, connotazioni distinte
da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego”.
Per ragioni giuridiche e per la sua natura, nonostante alcuni profili di affinità, non vi può
essere alcuna equiparazione tra assegno vitalizio e pensione ordinaria.
In questa posizione estremamente chiara della Corte Costituzionale c’è un concetto, a
proposito di indennità parlamentare, che ,a mio avviso, merita una particolare
sottolineatura.
Viene affermata una differenza “nei presupposti e nelle finalità” dell’indennità
parlamentare rispetto alla retribuzione di un pubblico impiego.
La finalità dell’indennità, cui è strettamente connesso il vitalizio, non è il corrispettivo di
una prestazione lavorativa, ma una condizione per il libero esercizio della funzione
parlamentare.
Abolire i vitalizi, significa perdere un pezzo di quella libertà.
Vuol dire, penalizzare soprattutto quelli che dedicano interamente il loro tempo al lavoro
parlamentare e al rapporto con gli elettori, interrompendo ogni attività lavorativa.
Abolire il vitalizio significa non soltanto cancellare l’unica forma di reddito di cui gode un
numero importante di parlamentari, significa soprattutto costruire un Parlamento per soli
ricchi o per quanti, continuando la loro normale attività lavorativa,possono frequentare
solo saltuariamente le aule parlamentari.
Tutti questi ragionamenti non vogliono dire che ci rifiutiamo di introdurre le correzioni che
si rendono necessarie, correzioni, peraltro, già introdotte nei meccanismi di calcolo e nei
requisiti anagrafici per godere dell’assegno vitalizio.
Quello che chiediamo è che qualunque riforma si abbia in animo di portare avanti debba
essere rispettosa e coerente con i principi fissati dalla nostra Costituzione.
Deve essere, inoltre, una riforma rispettosa della verità. Circolano sulla rete internet,
rilanciate poi da organi di informazione anche importanti, troppe notizie false.
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Se non si vuole fare dell’agitazione qualunquistica e antiparlamentare, occorre sgombrare il
campo da queste falsità.
Abbiamo intenzione di farne un elenco dettagliato e di fornire copia a tutti gli organi di
informazione.
Abbiamo letto che l’assistenza sanitaria integrativa costa alle casse pubbliche 30.000 euro
al giorno. E’ falso: le spese sono interamente coperte dai contributi che versano
mensilmente i parlamentari in carica e gli ex-parlamentari.
Abbiamo letto che il Parlamento ha di recente votato all’unanimità e senza astenuti un
aumento di stipendio pari a circa 1135 euro al mese: è falso perché a partire dal 2006, ci
sono state la riduzione del 10% dell’indennità parlamentare e dei vitalizi, la sospensione
dell’aggancio alle retribuzioni degli alti gradi della magistratura, il taglio di mille euro
operato l’anno scorso sulle competenze accessorie.
Abbiamo letto che si ha diritto al vitalizio dopo 35 mesi in Parlamento: è falso. Occorre
almeno una intera legislatura per maturare questo diritto.
Potrei continuare nell’elenco ma mi fermo qui perché ci interessa soprattutto affrontare il
tema dei costi della politica partendo dalla verità delle cifre e non dalle invenzioni o dalle
manipolazioni giornalistiche.
A questo proposito l’Associazione ha intenzione di promuovere in coincidenza della
Assemblea nazionale di novembre un convegno sui “costi della politica” per offrire
all’opinione pubblica un quadro ragionato di informazioni e di proposte, distinguendo
nettamente questi costi dai costi della democrazia.
In questi giorni di campagna forsennata sulla cosiddetta casta, si sono voluti fare dei
raffronti, non sempre veritieri, con quello che accade sui trattamenti economici n altri
Parlamenti europei.
Anche su questo terreno ci sono state polemiche strumentali e prive di qualunque
oggettività.
Si è polemizzato, definendolo “un trucco” il fatto che nella manovra economica si sia scelto
di calcolare la media dei trattamenti economici dei parlamentari facendo riferimento, oltre
che al PIL, ai sei principali Paesi dell’area euro e non a tutti gli Stati della zona euro.
E’ possibile mettere sullo stesso piano Paesi come Cipro, Malta, Lussemburgo, Slovenia, con
Paesi come la Germania, l’Italia, la Francia, l’Inghilterra? Qualunque persona di buon senso
direbbe di No.
Molti autorevoli giornali si sono cimentati nel confronto dei costi dei parlamentari italiani
con quelli di altri Paesi europei di democrazia matura per ricavarne il giudizio che i
parlamentari costano più di ogni altro Paese.
Le cose non stanno così. I dati sono stati ricavati da quanto pubblicato sui siti Internet dei
Parlamenti presi in considerazione.
Se mettiamo insieme indennità parlamentari, diaria, spese di viaggio, spese di segreteria,
spese telefoniche, contributo eletto-elettore, retribuzioni dei collaboratori, il costo
complessivo mensile lordo di un deputato è il più basso rispetto a Francia, Germania, Gran
Bretagna, Parlamento Europeo. Al primo posto c’è il Parlamento europeo con un costo di
34.750 euro, seguito dalla Germania con 27364 euro, al terzo posto c’è la Francia con
23.067 euro, seguita dalla Gran Bretagna con 21090 euro, ultima l’Italia con 20487 euro.
La voce che porta molto in alto il costo complessivo del parlamentare negli altri Paesi è
quello relativa alle retribuzioni dei collaboratori. Si tratta di retribuzioni erogate
direttamente dalle amministrazioni dei Parlamenti sulla base di indicazioni nominative
fiduciarie fornite dai singoli parlamentari.
Per questa voce di spesa il Parlamento europeo eroga retribuzioni fino a 19.709 euro, la
Germania fino a 14.712 euro, la Gran Bretagna fino a 10581 euro, la Francia fino a 9138
euro. Per l’Italia questa voce di spesa ammonta a 3690 euro mensili utilizzabile, se il
parlamentare lo ritiene, anche per la retribuzione di eventuali collaboratori.
Questa importante differenza mette in luce un equilibrio tra spese di supporto all’attività
parlamentare ed erogazioni monetarie dirette che per gli altri Paesi europei è più spostato,
rispetto all’Italia, verso i servizi di supporto.
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Analizzando le singole voci di costo emerge il seguente quadro: l’indennità mensile lorda
per l’Italia ammonta a 11.704 euro, seguita dal Parlamento europeo con 7960 euro, dalla
Germania con 7668 euro, dalla Francia con 7100 euro e infine dalla Gran Bretagna con
6350 euro.
Se dal lordo si passa al netto delle ritenute previdenziali e delle imposte sul reddito, le
distanze si attenuano.
Va precisato per quanto riguarda le ritenute previdenziali i membri del Bundestag tedesco
e del Parlamento europeo non versano alcun contributo pur percependo una forma di
pensione.
L’indennità mensile al netto delle ritenute previdenziali e delle imposte sul reddito, per
l’Italia è di 5487 euro. Per la Francia è di 5678 euro su cui si applica l’imposta sul reddito.
Per la Germania, dove non ci sono ritenute previdenziali, il netto varia sulla base delle
imposte sul reddito che vengono applicate sull’indennità mensile lorda di 7668 euro. Per il
Parlamento europeo al netto dell’imposta comunitaria l’indennità è di 6201 euro, mentre
per la Gran Bretagna si applicano sull’indennità mensile lorda di 6350 euro ritenute
previdenziali e sul reddito variabili. Per fare i calcoli esatti occorrerebbe conoscere
dettagliatamente i relativi sistemi fiscali. Uno studio complesso che comunque andrebbe
affrontato.
Per quanto riguarda le spese di soggiorno, ci sono nei Parlamenti europei presi in
considerazione diverse modalità di erogazione.
Per l’Italia, per il triennio 2011/2013 l’importo mensile forfettario non imponibile è di 3.503
euro. Per la Germania è di 3984 euro aggiornato ogni anno in rapporto al costo della vita.
Questa cifra è destinata a coprire le spese per l’abitazione , per l’allestimento di uffici nel
collegio elettorale, per i viaggi relativi al collegio e per la cura del collegio elettorale . Per la
Francia alcuni parlamentari dispongono di uffici nei quali è possibile pernottare, mentre per
gli altri è possibile alloggiare, pagando una tariffa agevolata, presso un residence
convenzionato con l’Assemblea nazionale. Sempre per i parlamentari francesi è possibile
avere un prestito di 76.225 euro, rimborsabili in 10 anni al tasso del 2% per l’acquisto di
una abitazione o di un ufficio. Per il parlamentare europeo, invece, viene erogata una
indennità di soggiorno di 304 euro per ogni giorno di presenza. Per il parlamentare inglese
è previsto un rimborso mensile massimo di 1922 euro di cui 1681 destinato a spese per
locazioni per quelli che non provengono dalla zona di Londra. In alternativa si può chiedere
il rimborso delle spese di albergo fino a 151 euro.
Per quanto riguarda le spese di viaggio e di trasporto in Italia sono previsti, la circolazione
gratuita autostradale, ferroviaria, marittima e aerea su tutto il territorio nazionale, un
rimborso mensile per i trasferimenti dal luogo di residenza al più vicino aeroporto e
dall’aeroporto di Fiumicino a Montecitorio che va da un minimo di 1.108 euro ad un
massimo di 1332 euro. Per i membri dell’Assemblea nazionale francese è prevista la libera
circolazione ferroviaria, 40 viaggi aerei a/r tra il collegio e Parigi e 6 viaggia/r fuori collegio.
Sono a disposizione per gli spostamenti dentro Parigi o verso gli aeroporti una ventina di
auto o, in carenza di tali auto, il rimborso a piè di lista delle spese di taxi. In Germania, c’è
la gratuità dei viaggi ferroviari, mentre per i viaggi aerei e per i vagoni letto c’è un rimborso
dietro presentazione di ricevute giustificative. Dentro la città di Berlino si possono
utilizzare vetture di servizio. In Gran Bretagna sono rimborsati i viaggi in treno, aereo,
pullman, traghetto, autobus e metropolitana. Se si usano mezzi propri c’è un rimborso
forfettario per ogni chilometro percorso. Per il Parlamento europeo, infine, sono previsti,
dietro presentazione della documentazione, rimborsi delle spese di viaggio fino ad un tetto
massimo di tariffa predeterminata. Sono inoltre previste indennità fisse basate su distanza
e viaggio. Non ho ancora i dati relativi al loro ammontare.
Per quanto riguarda le spese di segreteria e di rappresentanza, ci sono contenuti diversi a
seconda dei Paesi. Per l’Italia tali spese comprendono 3690 euro mensili per il rapporto
eletto-elettore, un importo semestrale forfettario di 1549 euro e 258 euro mensili di spese
telefoniche. In Francia c’è un importo mensile forfettario di 6412 euro per le spese relative
al mandato a cui si aggiunge la messa a disposizione di 5 linee telefoniche fisse o mobili e
una connessione Internet nel limite compreso tra 5.000 e 8.000 euro a seconda della
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distanza del dipartimento nel quale si è eletti. In Germania è previsto un importo massimo
mensile di 1000 euro per l’allestimento dell’Ufficio nella sede del Bundestag e per le spese
telefoniche sostenute nel collegio elettorale. In Inghilterra è previsto un rimborso massimo
mensile di 2.237 euro per spese di gestione e di comunicazione di uffici nei collegi
elettorali. Infine per il parlamento europeo è previsto per le spese relative alla gestione
dell’Ufficio, ai telefoni, alle spese postali e alle attrezzature informatiche un rimborso
mensile di 4.299 euro.
Veniamo adesso al tema dei vitalizi. Tutti i parlamenti presi in considerazione prevedono la
corresponsione mensile, con forme giuridiche diverse, di un assegno mensile per i
parlamentari cessati dal mandato. Come già detto per l’Italia, la Francia e la Gran Bretagna
è previsto un contributo a carico del parlamentare in carica, mentre per la Germania e il
Parlamento europeo non è previsto nessun contributo. In Germania per tutta la durata del
mandato vengono versati contributi all’assicurazione pensioni obbligatoria. Per i dipendenti
pubblici il periodo di mandato non viene considerato periodo di servizio. In Francia, a
partire dalla prossima legislatura, i deputati non potranno acquisire, per lo stesso periodo
di contribuzione, il diritto alla pensione di due regimi differenti. In Italia, invece, durante il
mandato i deputati e i senatori possono versare, a loro carico, i contributi al regime
pensionistico di appartenenza. Nel Parlamento europeo il diritto alla pensione sussiste a
prescindere da altri trattamenti pensionistici. In casi predeterminati in Italia e in Francia
può essere sospesa l’erogazione del vitalizio.
Venendo al dettaglio in Italia per avere diritto al vitalizio bisogna aver compiuto 65 anni di
età e almeno un mandato parlamentare. Il limite di età si può abbassare a 60 anni in
relazione al numero di mandati svolti. L’importo dell’assegno varia da un minimo del 20%
ad un massimo del 60% in relazione al numero di mandati.
In Francia dal 2018 per godere della pensione occorrono 62 anni. Non esiste un limite
minimo di mandato. L’importo è predeterminato in base agli anni di contribuzione. Il limite
massimo è di 41,5 anni di contribuzione . A carico del parlamentare è previsto un
contributo mensile del 10,55%, pari a 787 euro mensili. A questa “pensione ordinaria” si
aggiunge, alzando contributo mensile a 1181 euro, pari al 15,82% della indennità
legislativa, una pensione integrativa.
In Germania i deputati non versano alcun contributo. Ricevono, a partire da 67 anni una
pensione pari al 2,5% dell’indennità parlamentare per ogni anno di mandato fino ad un
massimo di 27 anni per un importo pari al 67,5% dell’indennità.
In Inghilterra si può godere della pensione al 65° anno di età. L’importo viene calcolato col
metodo contributivo e varia a seconda dell’entità del contributo. Con un contributo del
5,9% hanno diritto ad 1/60 dell’ultima retribuzione moltiplicata per ogni anno di mandato.
Se,invece, si paga un contributo dell’11, 9% si ha diritto ad 1/40 dell’ultima retribuzione
moltiplicata per ogni anno di mandato.
Infine il Parlamento europeo che non prevede pagamento di contributi per la pensione. Si
può cominciare a godere della pensione al 63 anno di età. L’ammontare della pensione è
pari al 3,5% dell’indennità parlamentare per ogni anno di mandato fino ad un massimo del
70%.
Infine, qualche conto sul costo dei vitalizi in essere. La Camera dei deputati paga 1477
assegni vitalizi diretti e 623 assegni vitalizi di reversibilità. Il Senato, invece, ne paga 852
diretti e 420 di reversibilità. La spesa sostenuta dalla Camera è di 121,2 milioni di euro , di
cui 96,7 per vitalizi diretti e 24,5 milioni per assegni di reversibilità. Il Senato, invece,
spende per gli assegni vitalizi diretti 58 milioni di euro e per quelli di reversibilità, 17,5
milioni. Il costo complessivo dei vitalizi pagati dal Senato è di 75,5 milioni di euro.
Complessivamente , sulla base dei bilanci 2010 di Camera e Senato, si spendono per tutti i
vitalizi in essere, oltre 60 anni di vita democratica, 196,7 milioni di euro. Per i rimborsi
elettorali dei partiti solo per l’anno 2010 sono stati spesi da Camera e Senato 278,5 milioni
di euro.
Da questi dati si possono ricavare le cifre relative all’ammontare medio mensile lordo degli
assegni vitalizi: per un ex-deputato la media mensile lorda per gli assegni vitalizi diretti è di
5456 euro mensili, mentre per gli assegni di reversibilità è di 3277 euro. Per gli ex-senatori
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la media degli assegni vitalizi diretti è di 5673 euro lordi, mentre quelli di reversibilità sono
di 3472 euro lordi.
Considerando che questi assegni vitalizi sono tassabili per il 90,5% e che la ritenuta fiscale
applicata al valore medio del vitalizio, che come abbiamo detto per i deputati è di 5455,8
euro mensili lordi, è pari al 35,56 %, si ottiene un vitalizio mensile medio al netto delle
ritenute fiscali di 3700 euro a cui devono essere tolte le addizionali IRPEF regionali e
comunali che variano da regione a regione e da comune a comune. Qui nel Lazio, ad
esempio, per un residente a Roma l’ammontare di queste addizionali è di 247 euro. Il
vitalizio mensile netto, dunque, per un ex-deputato, oscilla tra 3700 euro e 3450 euro.
Ho voluto precisare le cifre perché è stato scritto da autorevoli giornali nazionali che gli exparlamentari godono mediamente di vitalizi superiori ai 6.000 mensili. Una cifra sbagliata
diffusa,peraltro, senza precisare che si tratta di un ammontare lordo.
Dal panorama di dati e di informazioni che mi sono sforzato di raccogliere emergono tutti
gli elementi che, nel rispetto dei principi della nostra Carta Costituzionale e dei diritti
quesiti, possono aiutarci a formulare un quadro di proposte di riforma dei meccanismi che
presiedono alla formazione del trattamento economico dei parlamentari italiani.
A titolo personale ne avanzo alcune in forma interrogativa: è pensabile una indennità
parlamentare diversificata a seconda che venga interrotta o meno la propria attività
lavorativa privata? E’ possibile stabilire che ai membri del Parlamento non possono essere
conferiti incarichi retribuiti né nella pubblica Amministrazione centrale e locale, né in enti
pubblici o soggetti al controllo dello Stato? E possibile parametrare l’ammontare dei
vitalizi al numero di anni di mandato svolto, abolendo la soglia minima del 20%
dell’indennità lorda che consente dopo un solo mandato di percepire un vitalizio che per un
qualsiasi cittadino richiede una intera vita di lavoro? E’ possibile rivedere l’entità del
contributo che i parlamentari in carica pagano per l’assegno vitalizio?
Si tratta di alcune idee che assieme alle altre che potranno venire dal dibattito che
apriremo in questi mesi, possono dare una risposta equilibrata e non demagogica
all’ondata che rischia di gettare via insieme all’acqua sporca anche il bambino.
Voglio chiudere questa mia relazione citando Piero Calamandrei che nell’ottobre del 1947
intervenendo all’Assemblea Costituente sull’articolo della Costituzione che stabilisce una
indennità per i parlamentari, pronunciò parole che mi hanno colpito.
Disse Calamandrei rivolto ai suoi colleghi costituenti: “io non so se voi abbiate una
impressione che io ho vivissima, cioè che l’opinione pubblica non ha, in questo momento ,
molta simpatia e molta fiducia per i deputati. Vi è intorno a noi una atmosfera , che tutti
avvertiamo, di sospetto e di discredito. Fondamentalmente al centro i questa atmosfera vi
è la convinzione diffusa che molte volte l’esercizio del mandato parlamentare, il quale è
conferito per scopi di pubblico interesse , possa servire a mascherare il soddisfacimento di
interessi personali; e diventi un affare, una professione, un mestiere.”
Si avverte in queste parole il riflesso delle invettive lanciate contro i parlamentari dall’allora
nascente Movimento dell’Uomo qualunque.
Ma allora la classe dirigente del Paese, uscito dalla guerra e dal fascismo, era autorevole e
stava fondando la democrazia italiana.
Oggi la democrazia è debole e l’autorevolezza di parlamentari che non si sono conquistati
sul campo del rapporto con gli elettori il seggio parlamentare. È molto bassa.
Teniamone conto se come Associazione degli ex-parlamentari vogliamo continuare a fare
la nostra parte, a dare il nostro contributo per superare la crisi democratica che il Paese sta
attraversando.
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