Il “quadrilatero romano”
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Il “quadrilatero romano”
SPECIALE PIEMONTE Il “quadrilatero romano”, centro della vita notturna e creativa di Torino di Monica Perosino Vinta la grande sfida per trasformare il più malfamato quartiere del capoluogo in un’area di intrattenimenti, spettacoli e cultura. Decuplicato, in pochi anni, il valore delle case. F ino a poco più di dieci anni fa non era che l’insieme delle case più antiche - e fatiscenti - di Torino, un cuore lastricato di pietre e percorso da vie strette e buie. Il Quadrilatero Romano, il quartiere delimitato da via Garibaldi, via XX Settembre, piazza della Repubblica e via Bligny, che si estende nello spazio dove sorgeva l’antico castrum romano, era il quartiere più povero e malandato della città, schiacciato dalla decadenza dei vecchi palazzi, dal silenzio delle strade e dalla criminalità nata dalla miseria: prostituzione, sfruttamento, spaccio, usura, racket. Fin qui la storia, che se non si facessero i conti con un calendario alla mano, sembrerebbe storia antica, remoto segno di un passato lontano. E invece sono ormai quasi dieci anni che quando si parla di Quadrilatero lo si associa al posto più ambito e “in” della città, dove vivere è un privilegio e passare le serate una garanzia: i locali non si contano, dallo storico ristorante Le Tre Galline (già esistente nel 1700, se non prima, come locanda per i viaggiatori), il raffinato tre Galli, i bistrot, i caffé letterari, i locali marocchini, i tapas bar messicani, le trattorie e le vinerie come il Pastis, l’Ab+, il Fusion cafè, l’Hafa Café, la taqueria Las Rosas, il Ristorante Siberiano e via così (davvero impossibile citarli tutti): in poche centinaia di metri quadrati una scelta incredibile di luoghi in cui divertirsi, ascoltare musica, cenare, consumare il rito dell’aperitivo, tra design minimale, atmosfere etniche, ricerca delle tradizioni enogastronomiche e innovazione. Il primo atto della trasformazione di questo straordinario gruppo di case e strade, comprese tra Porta Palazzo, il mercato all’aperto più grande d’Europa, e via Garibaldi, una delle vie chic dello shopping cittadino, avviene nei primi anni 80, un decennio prima della consacrazione del Quadrilatero come luogo eletto del divertimento, della creatività emergente, delle nuove tendenze in fatto di design, moda, arte. Nel 1980, infatti, si sigla la prima convenzione tra la Città di Torino e la società Cst - Centro Storico Torino, tra il sindaco di allora, Diego Novelli, e il presidente della Cst, Mario De Giuli. Sono loro a iniziare il progetto di recupero del primo cuore del Quadrilatero, quattro isolati degradati nel cuore del centro storico. Trentasei imprese del Collegio Costruttori e FinPiemonte si associano nel consorzio Cst, dunque, per dare il via all’operazione. Il primo problema è quello di svuotare le case degli inquilini per poterle ristrutturare: «Per dare l’idea della fatiscenza delle abitazioni - spiega Mario De Giuli, allora presidente Cst, oggi anima e motore del Quadrilatero - basta pensare che non fu necessario nessun esproprio: abbiamo stipulato duecento atti d’acquisto, nessuna protesta o remora. Erano tutti contenti di andare via». A fronte Una frequentata strada del “quadrilatero romano” (Archivio Fotografico Turismo Torino). 63 SPECIALE PIEMONTE Suggestivi spazi del “quadrilatero romano”. L’obiettivo era di creare abitazioni di edilizia convenzionata, sociale, spazi per servizi pubblici e nuove zone residenziali: «La molla del cambiamento è stata questa operazione dice Giorgio Mancon, ingegnere in staff all’assessorato all’urbanistica di Torino - poi gli imprenditori privati hanno proseguito con interventi di riqualificazione lasciati al libero mercato. Prima edilizia convenzionata, insomma, poi edilizia libera». I lavori sono iniziati ufficialmente nel 1982 con l’inaugurazione delle “Piramidi”, un esempio avveniristico di un nuovo linguaggio architettonico: il progetto di Gabetti e Isola, infatti, fu una prima dimostrazione di edilizia popolare, ideata nel segno di architettura integrata, dove si portava luce e vivibilità in un quartiere buio e oppressivo, senza peraltro snaturarne il tessuto e senza essere esteticamente invasiva. Da allora una serie di imprese private - prima in cordata la Dega, di De Giuli e Gallesio - assieme alle istituzioni, hanno fatto sì che uno dei quartieri più malfamati della città si trasformasse in una delle zone più eleganti e ambite. Fin qui la riqualificazione urbana ed edilizia. Ma il Quadrilatero come centro indiscusso della vita notturna e creativa della città, il luogo dove si respirano le tendenze internazionali e il cambiamento sociale, era ancora di là da venire. Se si volesse sancire una data, individuare il primo passo in questa direzione, si potrebbe guardare al 1991, quando lo storico ristorante Le Tre Galline viene ristrutturato da Gabetti, Isola e Fusari e riaperto al pubblico sotto la gestione di Riccardo De Giuli, figlio di Mario, il co64 SPECIALE PIEMONTE struttore, e fratello di Federico, architetto. La famiglia De Giuli decide di aprire anche I Tre Galli, nel 1997, primo locale di tendenza del Quadrilatero che diventa presto uno dei centri di aggregazione preferiti dai giovani, e non solo, della città. Sono I Tre Galli a contribuire al lancio della zona. L’anno dopo l’inaugurazione il Comune concede licenze commerciali considerando il Quadrilatero come zona speciale e, dunque, con meno limitazioni di densità o distanza tra esercizi. Le reazioni sono buone, sia da parte dei residenti, che vedono diminuire drasticamente i problemi legati all’ordine pubblico e alla vivibilità, sia da parte della Torino del divertimento, che scopre improvvisamente un tesoro pressoché sconosciuto nel cuore della città. Da allora il Quadrilatero è in continua crescita: un fiorire di nuovi locali, atelier, negozi esclusivi, che vivono accanto a trattorie a prezzo fisso, kebab restaurant, empori etnici, in un offerta crescente e sempre più diversificata, sotto il segno della multiculturalità, dell’integrazione sociale e della possibilità di scegliere. Al Quadrilatero, infatti, in pochi metri si può decidere di pranzare in un ristornate esclusivo, mangiare falafel a 2 euro o gustare cucina vegetariana e biologica. «In questo senso - spiegano Federico e Riccardo De Giuli - per non far sì che la varietà dell’offerta rischi di portare, paradossalmente, verso l’omologazione dei nuovi esercizi commerciali, il Quadrilatero, come del resto tutta la città, dovrebbe lavorare sulla sua vocazione turistica, puntare sulla qualità e sfruttare le caratteristiche più internazionali e legate al turismo». 65