il sistema fiscale spagnolo: un esempio di stato federale

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il sistema fiscale spagnolo: un esempio di stato federale
IL SISTEMA FISCALE SPAGNOLO: UN ESEMPIO DI STATO FEDERALE
Sommario: 1. Premessa: l’incerta natura giuridica del sistema istituzionale spagnolo – 2. Origine e sviluppo dello
Stato delle autonomie – 3. Dal federalismo cooperativo al federalismo competitivo: ruolo dell’asimmetria – 4.
Verso il federalismo fiscale? Dalla L. n. 14 del 1996 alla L. n. 40 del 1998 ovvero la riforma dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche – 5. Un nuovo processo di riforma fiscale: caratteristiche ed obiettivi della riforma
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche – 6. Conclusioni: possibili scenari futuri.
1. PREMESSA: L’INCERTA NATURA GIURIDICA DEL SISTEMA ISTITUZIONALE SPAGNOLO
Secondo Elazar “oggigiorno, tanto gli specialisti spagnoli quanto gli stranieri descrivono il sistema
spagnolo delle Comunità Autonome come un sistema federale” . Per Munoz Machado, invece, esso appare come
uno “Stato semifederale, semiregionale o semicentralizzato o tutto questo nello stesso momento” . Trujillo lo
definisce “Stato federo-regionale” mentre Jesus Leguina lo chiama “Stato unitario regionalizzabile” . In ultimo è
interessante riportare la posizione di Oscar Alzaga, secondo cui “è quasi federalista per Catalogna e Paesi Baschi
e moderatamente regionalizzabile per determinate zone del paese, passando attraverso zone intermedie . Come si
vede, dunque, la dottrina spagnola non è pienamente concorde circa la natura giuridica da attribuire al sistema
istituzionale spagnolo. Tutt’altro. Occorre, tuttavia, sottolineare che la mancanza di uniformità nella definizione
non dovrebbe sorprendere più di tanto il lettore, se pensiamo agli innumerevoli condizionamenti che negli anni
settanta influirono sul processo costituente. A tal riguardo possiamo citare alcuni fattori come la portata dei
problemi che si volevano risolvere, l’incertezza delle diverse posizioni riguardo al livello di autonomia che si
voleva conseguire, la difficile situazione interna dovuta alla forte eterogeneità presente nonché la presenza di
nazionalismi che costituiscono un ulteriore problema da affrontare in termini della nazione spagnola. Non a caso
è stato evidenziato da più parti che “il modello delle autonomie opera una sorta di decostituzionalizzazione della
forma territoriale dello Stato nel senso che, in linea teorica, la rende compatibile con un ventaglio di possibilità di
ripartizione territoriale del potere in grado di abbracciare tutti i gradi di decentralizzazione che separano lo Stato
unitario dallo Stato federale”.
2. ORIGINE E SVILUPPO DELLO STATO DELLE AUTO NOMIE
Secondo Tomàs Font i Llovet, “l’ organizzazione territoriale della Spagna stabilita nella Costituzione del
1978 si può qualificare come un sistema autonomico di transizione verso il federalismo” . Infatti, a più di
vent’anni dalla approvazione della Costituzione, lo stadio evolutivo a cui è giunta la struttura territoriale dello
stato è notevole a tal punto che il livello di decentramento delle Comunità autonome è simile a quello di molti
stati federali. Per cercare di comprendere in modo approfondito la peculiarità del livello a cui si è giunti occorre
ricostruire il processo storico-politico sottolineando le tappe fondamentali per l’esistenza e lo sviluppo dello stato
delle autonomie. A tal riguardo possiamo indicare cinque momenti decisivi: la transizione verso la democrazia, la
Costituzione spagnola del 1978, gli accordi del 1981, gli accordi del 1992 e i governi di coalizione nel 1993 e nel
1996.
A)
LA TRANSIZIONE VERSO LA DEMOCRAZIA
Durante il suo regime, Franco ha sviluppato un programma di omogeneizzazione e omologazione
nazionale dove la concezione franchista dell’unità nazionale ha implicato la scomparsa delle diversità culturali e la
repressione delle speranze e pretese autonomistiche. Tuttavia se da un lato ciò ha provocato l’effetto di rafforzare
le identità comuni aumentando il grado di mobilitazione e proliferazione dei movimenti indipendentisti, dall’altro
si è palesato un certo grado di incertezza relativamente alla definizione del modello da adottare in sede
costituzionale. Infatti, la maggioranza rivendicava forme di autogoverno per le organizzazioni territoriali non
indicando al contempo il grado di autonomia che si voleva accettare. Come è stato notato , la principale
incertezza consisteva nel decidere se adottare il modello della Seconda Repubblica del 1931, nella quale soltanto
tre territori avevano ottenuto uno statuto autonomo oppure estenderlo a tutta la Spagna. La soluzione finale fu
poi trovata nel mezzo delle due alternative. Infatti, se è vero che la Spagna mostra un decentramento molto
marcato è altrettanto vero che non tutte le Comunità autonome possiedono lo stesso livello di autonomia. Ma
per poter chiarire ulteriormente quanto appena detto occorre analizzare la costituzione del 1978.
1
B)
LA COSTITUZIONE DEL 1978
La Costituzione del 27 dicembre nel suo secondo articolo dichiara che “riconosce e garantisce il diritto
all’autonomia delle nazionalità e regioni che la integrano e la solidarietà tra le stesse”. Come si vede, l’iniziale
condizione di favore attribuita al principio di autonomia non tiene in considerazione il principio dell’unità della
Nazione spagnola che appunto completa il secondo articolo: “La Costituzione si basa sulla indissolubile unità
della Nazione spagnola, patria comune ed indivisibile di tutti gli spagnoli”. All’organizzazione territoriale dello
Stato è dedicato il Titolo VIII (artt. 137 – 158). L’art. 137 afferma che lo Stato è diviso in “Municipi, Province e
Comunità autonome” e si sottolinea che tutti questi enti godono di autonomia nella gestione dei propri interessi.
La solidarietà di cui si parla all’art. 2 viene richiamata nell’art. 138 che ripropone il ruolo dello stato nel garantire il
principio della solidarietà, nel sorvegliare gli equilibri economici fra le diverse parti del territorio spagnolo, con
particolare attenzione alla situazione insulare. Si sancisce poi che le differenze fra gli statuti delle varie Comunità
autonome non potranno in nessun caso implicare privilegi economici o sociali. Si può osservare, dunque, come il
carattere “aperto” del modello spagnolo debba tenere in considerazione i limiti stabiliti dai principi di solidarietà,
uguaglianza ed unità che circoscrivono il carattere decentralizzato dello stato all’interno del disegno
costituzionale. L’art. 137, relativo all’organizzazione territoriale, viene poi ripreso e sviluppato nell’art. 143 da cui
emerge l’aspetto volontaristico del diritto all’autonomia. Infatti, esso afferma che “nell’esercizio del diritto
all’autonomia di cui all’art. 2 della Cost., le Province limitrofe con caratteristiche storiche, culturali , economiche
comuni, i territori insulari e le Province d’importanza regionale storica potranno accedere all’autogoverno e
costituirsi in Comunità autonome, conformemente a quanto disposto in questo Titolo e nei rispettivi Statuti”. In
tal senso, la Costituzione ha stabilito due procedimenti attraverso cui esercitare il diritto all’autonomia: il
procedimento ordinario ovvero la via lenta (art. 143) e quello aggravato, ovvero la via rapida (art. 151).
Conseguentemente, in relazione alla scelta del procedimento utilizzato la dottrina ha opportunamente distinto le
comunità in due categorie: quelle di primo grado e quelle di secondo grado. Flessibilità e gradualità hanno
accompagnato il processo formativo delle diciassette Comunità e due città autonome di Ceuta e Melilla che oggi
integrano il territorio spagnolo. Un altro aspetto interessante della Costituzione spagnola va rintracciato nella
relazione che c’è tra le competenze attribuite e il procedimento di accesso all’autonomia. Infatti, mentre il
procedimento rapido ex art. 151 assicura la massima attribuzione delle competenze fissate nell'art. 149, l’altro
garantisce un livello di competenze minore (art. 148) che tuttavia può essere ampliato, trascorsi cinque anni, e
attraverso la riforma degli Statuti (art. 148 comma 2). La Costituzione, inoltre, non disegna la mappa delle
Comunità autonome e neppure l’assegnazione del titolo di nazionalità e regioni . Quindi l’appartenenza delle
comunità all’una e all’altra categoria viene determinata dalla libera determinazione delle collettività interessate che
si sono espresse nella fase di elaborazione degli statuti di autonomia. Per concludere, la lettura di alcuni articoli
della Costituzione ci consente la formulazione di alcune osservazioni. Prima di tutto, la Costituzione riflette
molte tensioni esistenti durante il dibattito costituzionale. Giustifica l’ambiguità di alcune espressioni, come la
possibilità di avere delle “differenze” negli Statuti di autonomia (art. 138) o la clausola “senza pregiudizio a” così
frequentemente utilizzata nell’art. 149. L’incertezza che traspare dal testo costituzionale, per le lacune che se ne
possono trarre, non è stata abbandonata al suo destino. Una serie di accordi autonomici ha completato
definitivamente il lungo processo che ha contraddistinto lo Stato autonomistico. Qual è il loro contenuto?
C)
GLI ACCORDI AUTONOMICI DEL 1981
Al fine di completare la regionalizzazione del paese, i partiti maggioritari UCD e PSOE firmarono un
accordo che definiva una mappa delle Comunità autonome e le rispettive competenze che avrebbero raggiunto.
Tutto ciò si tradusse in una legge organica per l’Armonizzazione del Processo autonomico (LOAPA, Ley
Organica del Proceso Autonomico) basata sull’omogeneità e la solidarietà: tutte le Comunità avrebbero avuto le
stesse competenze e nessuna regione avrebbe goduto di un particolare status. La reazione dei baschi e dei
catalani, come si può immaginare, non si fece attendere. Il Tribunale Costituzionale diede loro ragione
dichiarando l’incostituzionalità di alcuni articoli della legge , anche se tale precedente sottolineò come il desiderio
era il raggiungimento di una certa omogeneità fra le diverse Comunità autonome .
D)
GLI ACCORDI DEL 1992
La firma dei patti autonomistici fra il Governo Centrale e i due grandi partiti di maggioranza, PSOE e
PP, sanciscono l’ampliamento del tetto competenziale delle Comunità autonome di livello ordinario equiparate di
fatto a quelle di livello elevato.
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E)
GOVERNI DI COALIZIONE NEL 1993 E NEL 1996
L’ingresso nell’area di governo nazionale dei partiti nazionalisti , specialmente basco e catalano, assume
un significato particolare per lo sviluppo dello Stato autonomico. Infatti, tale presenza si traduce inevitabilmente
nella rivendicazione di particolari trattamenti a loro favore che aumenta il carattere asimmetrico del sistema
politico spagnolo e la corrispondente rottura delle tendenze omogeneizzanti delle Comunità autonome .
3. DAL FEDERALISMO
DELL’ASIMMETRIA
COOPERATIVO
AL
FEDERALISMO COMPETITIVO:
RUOLO
Come abbiamo appena visto non tutte le Comunità autonome hanno le stesse competenze. D’altro canto
la disuguaglianza di competenze è insita nell’asimmetria. Secondo Francisco Caamano e Dirceo Torrecillas
Ramos , tra i principali teorici del federalismo asimmetrico, esso si presenta come un modello la cui caratteristica
principale è il consenso vincolante sulla necessità di garantire una disuguaglianza nell’esercizio del potere in
funzione dei territori. In questo modo la differenza tra le componenti territoriali viene considerata una soluzione
flessibile per gestire la diversità territoriale mantenendo nel contempo l’unità. Vediamo nel prosieguo gli ambiti
principali in cui essa si manifesta.
A)
LIVELLI COMPETENZIALI
Come abbiamo visto, i livelli competenziali delle Comunità autonome sono diversi in base alle diverse
modalità di costituzione (artt. 143 e 151 ). Conseguentemente, alcune comunità hanno raggiunto un livello di
competenze più elevato e in maniera più rapida rispetto ad altre comunità. Tuttavia, l’ampliamento competenziale
attuato negli anni ha permesso una sostanziale uniformità competenziale che si completerà con il trasferimento
delle competenze sanitarie su cui si sta ancora discutendo.
B) SISTEMA DI FINANZIAMENTO
La riforma del 1996 ha introdotto quattro sistemi di finanziamento: in primo luogo quello comune
applicato solo ad una parte delle Comunità autonome; quello comune-residuale che interessa le tre comunità che
non hanno accettato il nuovo sistema ovvero Andalusia, Castilla-La Mancha ed Estremadura; quello di concerto
che riguarda il Paese Basco e Navarra; infine il regime speciale che contraddistingue le Canarie. La disciplina
generale ha permesso la cessione alle comunità del 30% del gettito dell’ IRPEF concedendo potestà normativa
anche attraverso la definizione dell’aliquota, dell’imponibile e delle deduzioni ammesse . La risposta delle
Comunità in questa direzione non fu di aumentare le aliquote, ma aumentare le deduzioni esistenti o la creazione
di nuove. Questa riforma si deve inserire nel contesto costituzionale che, come sappiamo, parte dal presupposto
dell’esistenza di un’autonomia finanziaria delle Comunità (art. 156) stabilendo, inoltre, la creazione di un Fondo
di Compensazione la cui funzione è “correggere gli squilibri economici interritoriali e rendere operante il
principio di solidarietà” (art. 158). Come si può osservare, l’obiettivo costituzionale di raggiungere un certo grado
di omogeneità tra le diverse Comunità si scontra inevitabilmente con il sistema asimmetrico di finanziamento
delle autonomie.
C)
BILINGUISMO
La questione delle lingua è un aspetto molto importante, essendo intimamente collegata alla natura
plurinazionale del territorio spagnolo. In tal senso, la Costituzione ha stabilito il castigliano come lingua ufficiale
dello Stato consentendo alle diverse Comunità autonome di riconoscere come ufficiali altre lingue spagnole (art.
3). Partendo da questo dato di fatto, l’aspetto che qui ci preme sottolineare è un altro. Il principio di autonomia
politica, infatti, consente per la realizzazione delle proprie politiche, la creazione di proprie amministrazioni.
Conseguentemente, le Comunità autonome possono stabilire le condizioni di accesso alle funzioni pubbliche. Si
capisce, dunque, come l’elemento linguistico possa creare un’enorme difficoltà qualora la sua conoscenza sia
considerata un requisito determinante per l’accesso alla funzione pubblica. Se a questo aspetto aggiungiamo altri
connessi a benefici relativi a precedenti lavori effettuati nelle Comunità autonome si capisce come l’accesso alla
funzione pubblica sia per certi versi riservato a coloro che risiedono nelle Comunità autonome. Un altro aspetto
interessante è la differenza retributiva che contraddistingue l’esercizio delle funzioni pubbliche nelle diverse
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Comunità autonome. Giova rilevare, per esempio, come un funzionario dei Paesi Baschi guadagna quasi il
doppio rispetto al suo collega di Estremadura o di altre Comunità autonome.
D)
ALTRE DISPOSIZIONI SPECIALI (CONTENUTE IN STATUTI O STABILITI PER LEGGE )
Possiamo indicare, per esempio, come la Catalogna e i Paesi Baschi possiedano dei corpi di polizia
autonoma. La Catalogna, sebbene non abbia il pieno controllo delle istituzioni finanziarie, ha ottenuto la
regolazione congiunta con il governo centrale. Infatti, il quoziente di tassazione nazionale pari al 35% è stato
diviso con il governo centrale. Del 17.5% la Generalitat lascia il 7.5% alle merci industriali e la parte rimanente,
10%, è devoluta in fondi di sviluppo per piccole imprese, cooperative ed altri attori dello sviluppo economico.
Inoltre, la Catalogna e la Galizia hanno un proprio diritto civile. Al contrario, per le altre tredici Comunità sono
stabiliti dei limiti che consistono, per esempio, nella composizione dell’esecutivo limitata a 10 membri, nel voto
sfiducia costruttivo della maggioranza assoluta con indicazione di un candidato alternativo su petizione del 15%
di ciascuna assemblea, nello stesso giorno in cui si tengono le elezioni legislative, ecc .
La seguente tabella mostra, in forma schematica, le diverse manifestazioni dell’asimmetria e riassume i
concetti fin qui esposti.
Livelli di
competenza
ALTO
Paesi Baschi
Catalonia
Galizia
Andalusia
Valencia
Isole Canarie
Navarra
BASSO
Finanziamento
Lingua
REGIME SPECIALE
Paesi Baschi
Navarra
BILINGUISMO
Paesi Baschi
Catalonia
Galizia
Isole Baleari
Navarra
Valencia
REGIME COMUNE
UNIPROVINCIALE
Asturie, Cantabria, Madrid
La Rjoja
Disposizioni
speciali
FORZE DI
POLIZIA
AUTONOME
Paesi Baschi
Catalonia
DIRITTO
CIVILE
PROPRIO
REGIMECOMUNE
UNILINGUISMO
Aragona
Catalonia
MULTIPROVINCIALE
Asturie
Galizia
Aragona
Isole Baleari
Andalusia, Aragona, Isole
Andalucia
Cantabria
DIVISIONE
Baleari, Isole Canarie,
Asturie
Castiglia-La Mancha
NELLA
Castiglia-Leon, Castiglia-La
Isole Canarie
Castiglia-Leon
TASSAZIONE
Mancha, Catalonia, Galizia,
Cantabria
Estremadura
DELLE CASSE
Estremadura,
Valencia
Castiglia-La
Madrid
DI RISPARMIO
Mancha
Murcia
Catalonia
Castiglia-Leon
La Rioja
FORMA E
Estremadura
OPERAZIONE
La Rioja,
DEI GOVERNI
Madrid,
REGIONALI
Murcia
Aragona,
I.Baleari,
I.Canarie,
Valencia,
Cantabria,
Navarra, CastigliaLa Mancha,
Castiglia-Leon,
Estremadura ,
Murcia, La Rioja,
Madrid
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Concludendo, l’autonomia si traduce in diversità che rappresenta l’esatto contrario di uguaglianza. I
nuovi scenari di tensione che vengono delineandosi sono amplificati dal ruolo svolto dall’asimmetria. Essa si
manifesta in una costante tendenza all’eguagliamento, in quanto la presenza di autonomie porta ad una nuova
richiesta di autonomie che, a loro volta, ne producono altre. È il cosiddetto “gioco della gallina” in base al quale
nessuno cerca di rimanere in coda agli altri. Ciò su cui bisogna porre attenzione è che si viene a realizzare il
passaggio dal federalismo cooperativo, basato su una divisione stabile di competenze, al federalismo competitivo,
caratterizzato da una continua ricerca di affermazione. Certamente a tutto questo c’è un limite rappresentato,
come è evidente, dall’uguaglianza sostanziale, ovvero l’ambito dei diritti fondamentali e doveri costituzionali.
4. VERSO IL FEDERALISMO FISCALE? DALLA L. N. 14 DEL 1996 ALLA L. N. 40 DEL 1998
OVVERO LA RIFORMA DELL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
Dobbiamo preliminarmente osservare che con la legge 14/1996 si è avuto un sostanziale allargamento
della cessione dei tributi non solo dal punto di vista quantitativo ma anche da quello qualitativo. Infatti, oltre alle
competenze di gestione come la liquidazione, raccolta del gettito, verifica e ispezione e procedimenti di revisione,
vengono ora concesse alle Comunità autonome delle rilevanti competenze normative sui tributi ceduti. Sebbene
l’IRPEF, come pure le altre imposte cedute, rimanga di titolarità statale nell’esame delle competenze normative
per la determinazione dell’aliquota si riscontra una modesta ma indubbia volontà di superare il centralismo fiscale
promuovendo invece un assetto di federalismo fiscale. Più in particolare, la base imponibile dell’ IRPEF (base
liquidable) al netto delle deduzioni è gravata da due aliquote: l’aliquota statale e l’aliquota regionale approvata
dalle Comunità autonome nell’esercizio delle proprio competenze normative. Qualora le Comunità autonome
non utilizzino la propria capacità normativa si applica l’aliquota complementare prevista dallo Stato. Dal primo
gennaio 1997 le Comunità autonome godono di una certa potestà normativa sulla parte regionale dell’aliquota
dell’IRPEF (TIR). Tuttavia, il gettito (quota) che deriva dall’applicazione dell’aliquota regionale alla base
liquidable generale (base imponibile al netto delle deduzioni) non può essere superiore o inferiore del 20% al
gettito che risulterebbe dall’applicazione alla stessa base dell’aliquota complementare stabilita dallo Stato (pari al
15%). Come se non bastasse vengono fissati altri due limiti. Il primo consiste nella progressività dell’aliquota e il
secondo nel fatto che la parte di IRPEF di spettanza delle Comunità autonome deve essere positiva.
Relativamente alle detrazioni la l. 14/1996 prevede la possibilità di stabilire, da parte delle singole Comunità
autonome, detrazioni per circostanze personali e familiari, per investimenti non imprenditoriali e per determinati
tipi di spese ( determinadas aplicaciones de renta) mentre non possono intervenire sulle detrazioni stabilite e
regolate dalle norme dello Stato. Dalla quota regionale si sottrae il 15% delle detrazioni statali e il 100% di quelle
stabilite dalle proprie Comunità autonome in modo da pervenire all’IRPEF netta regionale.
Già a partire dal 1998 le Comunità autonome si sono avvalse della loro capacità normativa fissando
alcune detrazioni per carichi familiari, per spese personali, per investimenti e per donazioni. È da notare, infine,
che le competenze di gestione, liquidazione, raccolta del gettito, ispezione e revisione non essendo state delegate
alle Comunità autonome, continuano ad essere esercitate dai relativi organi statali. Con la legge 40/1998 di
Riforma dell’IRPEF, il governo ha inteso attuare la completa integrazione del Paese all’interno del contesto
europeo mediante il raggiungimento della stabilità economica e le riforme strutturali. Ciò ha comportato una
riduzione della pressione fiscale finalizzata ad aumentare la capacità economica dei cittadini spagnoli e a favorire
l’occupazione e la crescita del paese. Più in particolare, attraverso la riforma dell’IRPEF, si è avuto un incremento
del valore della base imponibile soggetta ad aliquota zero (da 467000 Ptas a 612000 Ptas), una riduzione degli
scaglioni (da 8 a 6), una riduzione dell’aliquota marginale massima (dal 56% al 48%), una variazione delle
detrazioni e un incremento delle deduzioni (introduzione del “minimo vitale” e incremento delle spese deducibili
dal reddito da lavoro). A tal riguardo si deve precisare che la modifica delle aliquote è riferita esclusivamente alle
entrate statali “caricando” di conseguenza il peso delle riforma sull’Amministrazione centrale. Dato che la
diminuzione degli scaglioni non può causare una diminuzione delle risorse a disposizione delle Comunità
autonome, la quota regionale o complementare dell’IRPEF aumenta per tutti gli scaglioni di reddito poiché
l’aliquota regionale aumenta a valori compresi tra il 15.40% e il 17.70% dell’aliquota totale. Si garantisce a tutte le
Comunità autonome che le entrate derivanti dall’IRPEF crescano almeno al saggio di crescita del PIL. Si
compensa in questo modo la possibile perdita di entrate derivante dalla riduzione delle base imponibile
dell’IRPEF. Infine, si stabilisce che la PPE (Percentuale di Partecipazione nelle entrate dello Stato per le imposte
non cedute) cresca come minimo allo stesso saggio del PIL.
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5. UN NUOVO PROCESSO DI RIFORMA FISCALE: CARATTERISTICHE ED OBIETTIVI DELLA
RIFORMA DELL’IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE
Come abbiamo appena visto, l’obiettivo della summenzionata riforma è stato quello di ridurre la
pressione fiscale al fine di aumentare la capacità economica degli spagnoli e favorire l’occupazione e la crescita
del paese. Oltre a tale obiettivo, il nuovo processo di riforma fiscale, entrato in vigore il 1° gennaio 2003, ha
tenuto in considerazione altri fattori quali l’invecchiamento della popolazione, la necessità di favorire il risparmio
e la promozione del processo di internazionalizzazione del paese. Tralasciando gli effetti della riforma sulle
Imposte delle Società (Impuesto sobre sociedades – IS) e la tassazione dei non residenti ( Impuesto sobre la
Renta de no Residentes – IRNR) concentriamo la nostra attenzione sull’ Imposta sul reddito delle Persone
Fisiche (Impuesto sobre la Renta de las personas fisicas – IRPF). In particolare si è proceduto ad una riduzione
degli scaglioni che viene mostrata nel seguente prospetto:
SCAGLIONE DI REDDITO IN EURO
ALIQUOTA
Fino a 4.000
4.000 – 13.800
13.800 – 25.800
25.800 – 45.000
sopra i 45.000
9.06%
15.84%
18.68%
24.71%
29.16%
Fonte: adattato da IBFD
Quanto alle singole Comunità autonome saranno applicate le seguenti
aliquote:
SCAGLIONE DI REDDITO IN EURO
ALIQUOTA
Fino a 4.000
4.000 – 13.800
13.800 – 25.800
25.800 – 45.000
sopra i 45.000
5.94%
8.16%
9.32%
12.29%
15.84%
Fonte: adattato da IBFD
L’aliquota relativa alla base imponibile speciale comprendente i capita gain e le perdite da attività
finanziarie possedute da almeno 1 anno è ridotta dal 18% al 15%.
Uno degli obiettivi principali che questa riforma vuole raggiungere è il miglioramento delle condizioni
delle famiglie che si realizza attraverso l’aumento delle detrazioni a carico del contribuente. In concreto, la
detrazione minima personale viene aumentata del 2.85% (da 3.305.57 a 3.400 Euro) mentre quella per carichi di
famiglia è così riformulata:
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NUMERO
DEI FIGLI
RIFORMA
DEL 1998
ATTUALE
RIFORMA
PERCENTUALE DI AUMENTO
1° FIGLIO
2° FIGLIO
3° FIGLIO
4° FIGLIO E
SUCCESSIVI
1202.02
1202.02
1803.02
1803.03
1400
1500
2200
2300
16.47%
24.78%
22.01%
27.56%
Sono aumentate le detrazioni per i figli minori di tre anni del 299.32% (da 300.51 a 1200 Euro), per le
persone sopra i 65 la detrazione è aumentata del 33.10% (da 601.01 a 800 Euro) e per i portatori di handicap a
carico del contribuente è aumentata del 10.92% (da 1803.03 a 2000 Euro). Viene introdotta in aggiunta una
nuova detrazione di 1000 Euro per i contribuenti sopra i 75 anni ed è introdotto un credito di imposta pagabile,
per le donne che lavorano e che hanno figli in età inferiore ai tre anni. Altre misure di sostegno sono previste per
i lavoratori specialmente per quelli basso reddito nonché misure atte ad incentivare la mobilità geografica dei
lavoratori e il prolungamento dell’attività lavorativa. La detrazione per il lavoro dipendente per i redditi non
superiori a 8200 Euro è aumentata del 16.67% (da 3005.06 a 3500 Euro). Viene aumentata del 10% l’esenzione
per i redditi da contratti a tempo determinato percepiti da almeno due anni e si incrementa per un ammontare
pari al 100% la detrazione per i lavoratori che prolungano la loro attività lavorativa oltre i 65 anni. Quanto alla
mobilità lavorativa è prevista una detrazione personale aumentata del 100% nel primo anno di trasloco.
Analogamente viene diminuita la tassazione dei proventi di locazione nella misura del 60% quando il canone
d’affitto è conseguito da almeno due anni. Un ulteriore esenzione del 15% prevista per coloro che affittano a
scopo abitativo è aumentata al 40% nel caso in cui il contratto di affitto venga firmato tra il 19 aprile 2002 e il 31
dicembre 2004. Infine merita un accenno il Borrador de Declaracion. Si tratta di un modello contenente il calcolo
dell’imposta ai fini dell’IRPEF che viene inviato al contribuente dietro sua richiesta. Tale modello può essere
richiesto dai contribuenti con redditi da lavoro, redditi di capitale soggetti a ritenute, redditi da proprietà
immobiliare per un massimo di due immobili e redditi soggetti a ritenuta da acconto. Il contribuente, se concorda
con quanto dichiarato all’interno del modello, deve debitamente sottoscriverlo e rinviarlo all’amministrazione
finanziaria.
6. CONCLUSIONI: POSSIBILI SCENARI FUTURI
La Costituzione spagnola presenta tre aperture significative al fine di un potenziale processo di
federalizzazione :
a) La natura “bottom-up” del processo di autonomia. Il significato particolare di tale processo si desume
dal confronto con la Costituzione italiana. Infatti, mentre in Italia l’accento è stato posto sul protagonismo dello
Stato centrale che istituisce le Regioni dall’alto verso il basso (top-down), la Costituzione spagnola sottolinea il
carattere volontario del processo di autonomia delle Comunità autonome che conseguentemente nascono con
una propria identità, al di fuori dell’interferenza dello Stato centrale, facendo assumere alla relazione che
intrattengono con esso, carattere “contrattuale” molto simile al Patto federativo che unisce le unità costitutive di
un sistema federale.
b) La variabilità delle competenze attribuite alle Comunità autonome. Accanto alle competenze ordinarie
(art. 148), la Costituzione spagnola indica delle competenze libere, ossia non attribuite né allo Stato né alle
Comunità autonome (art. 149) e delle competenze esclusive (art. 150) dello Stato che pur tuttavia possono venire
da questo delegate alle Comunità. Questo aspetto spinge la nostra attenzione ancora sulla natura “contrattuale”
delle relazione fra lo Stato e le Comunità autonome denotando l’evoluzione federale del processo.
c) L’asimmetria fra le Comunità autonome. Abbiamo osservato in precedenza la diversa relazione che
certe comunità (in particolare quelle storiche) intrattengono con lo Stato centrale sulla base di negoziazioni
bilaterali attraverso cui rafforzano le loro richieste particolaristiche. Se consideriamo la favorevole congiuntura
politica venutasi a creare nel 1993 e nel 1996, possiamo affermare che la tendenza si è spostata verso la
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differenziazione che si è tradotta, in pratica, in concessioni asimmetriche. A titolo esemplificativo si ricordi che la
Catalogna ha ottenuto competenze speciali in materia di regolazione del traffico, in materia di politica del lavoro
ed in particolare la cessione dell’INEM – l’istituto statale di intermediazione nel mercato del lavoro – che
comprende gli uffici di collocamento e quelli di registro dei contratti, le politiche attive per l’occupazione
professionale, il trasferimento dell’Istituto sociale della Marina, la gestione dei porti di Tarragona e Barcellona e
finanziamenti speciali per opere pubbliche (es. treno ad alta velocità e ampliamento dell’aeroporto di Barcellona).
Nel caso spagnolo, il processo di federalizzazione è stato sviluppato attraverso l’attivismo dei partiti
regionali che hanno avuto i rappresentanti nel parlamento nazionale . Tuttavia appare alquanto arduo valutare se
lo sviluppo futuro dello Stato autonomistico conoscerà o meno un’evoluzione compiutamente federale sul piano
costituzionale. Certamente, tale evoluzione non potrà lasciare completamente irrisolti questioni capitali che
necessitano di soluzioni definitive. In particolare, occorre procedere attraverso:
1) Territorializzazione del Senato. Il Senato altro non è che una seconda opportunità per i partiti di
governo e dell’opposizione per trovare consenso ai grandi progetti legislativi della Camera Bassa rivelando in
questo modo un carattere esclusivamente strumentale. In questo senso, bisognerebbe rivedere la composizione
territoriale che vede la sovrarappresentanza attribuita alle province al posto del ruolo primario svolto dalle
Comunità autonome. Un passo in avanti si è compiuto con la riforma del regolamento parlamentare del 1994 che
ha istituito la Commissione Generale delle Comunità Autonome (Comision General de las Comunidades
autonomas) a cui partecipano i senatori nominati dai parlamenti regionali. Scopo della Commissione è ampliare la
presenza delle Comunità nel Senato e la partecipazione delle medesime ai lavori parlamentari. Inoltre possiede
funzioni informative e legislative per le proposte di legge relative alle questioni regionali.
2) Ridefinizione dei ruoli politici delle province. Le province sono state create nel 1833 con lo scopo
centralizzante di coordinare l’organizzazione periferica dello Stato. Con la Costituzione del 1978, la
sovrapposizione territoriale tra le Comunità e le province ha determinato un elemento di discriminazione politica
poiché sette delle diciassette Comunità sono uniprovinciali e dunque capaci di combinare ed armonizzare
l’amministrazione provinciale e autonomica così che, de facto, è presente un governo tripartito locale, regionale e
centrale. Al contrario nelle altre dieci Comunità, il livello provinciale di governo è artificiale ed è imposto dal
centro, per esempio, come accade in Catalogna.
3) Divisione dei poteri e amministrazione periferica dello Stato. Il progetto di riforma punta ad una
progressiva riduzione dell’amministrazione periferica statale che ridurrebbe il peso del governo centrale nelle
Comunità autonome. In altre parole, si vogliono evitare delle inutili duplicazioni ed interferenze con le
Amministrazioni regionali. A tal riguardo, la proposta riguardante la trasformazione dei governatori civili
(prefetti) in sottodelegati provinciali dotati di minor competenza si inserisce nel progetto dell’Amministrazione
unica. In breve, riducendo il peso dell’amministrazione centrale, le Comunità autonome eserciterebbero la quasi
totalità delle funzioni esecutive rendendo il sistema spagnolo simile al cd. federalismo amministrativo che
caratterizza il modello tedesco.
4) Riforma della finanza pubblica e solidarietà interregionale. Le riforme, che abbiamo visto più
specificatamente in precedenza, devono perfezionare i diversi sistemi fiscali che caratterizzano la realtà delle
Comunità proseguendo in maniera ancora più determinata lungo la linea del federalismo fiscale. Occorre poi
potenziare il meccanismo di solidarietà economico-finanziario fra le Regioni al fine di ridurre le differenze
infraregionali (horizontal equalization).
In conclusione, gli scenari futuri devono tenere in considerazione tutti questi aspetti che devono essere
contestualizzati nella situazione politica spagnola. In particolare, il PSOE si è manifestato a favore del modello
federale, mentre il PP difende il primato dello Stato centrale. I partiti nazionalisti propendono per un modello
federale marcatamente asimmetrico. Dunque, se i partiti regionali saranno determinanti nel tempo per assicurare
un governo di maggioranza al paese, è possibile intravedere un ulteriore processo di federalizzazione ma in
direzione asimmetrica. Al contrario, lo sviluppo dello Stato autonomistico potrebbe giungere ad una federazione
oppure ad un allontanamento del modello federale.
Amedeo Tea
Consulente del lavoro
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