C`era una volta la trasgressione
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C`era una volta la trasgressione
ARTE &SESSO C’era una volta la trasgressione COME IL NUOVO CAPITALISMO HA TRASFORMATO IN MERCE DI CONSUMO I VALORI D’UNA GENERAZIONE Pubblicato dal mensile Re Nudo settembre/ottobre 2003 Ve la ricordate, la trasgressione artistica? Era forte, giovane e bella. Ebbe successo, si affermó nella politica, nei bouduoir, vinse premi e riconoscimenti. Fu collocata in gallerie d’arte inodori e post-moderne. Vinse premi letterari, un paio di Oscar. Prevedibilmente, divenne la nuova norma da seguire, e il nuovo establishment artistico lo introdusse nei curriculum di studio. Negli istituti d’arte inglesi non si insegna più a disegnare e dipingere, ma c’è una grande enfasi sulla personalitá dell’artista: ognuno sembra venire incoraggiato ad emulare Dalí, anche senza il baffetto che non è più di moda. L’artista è prima di tutto un pubblicista, deve sapere come vendere se stesso, come esporre la sua vita privata alla pubblica adulazione e, prima o poi, alla lapidazione. Artisti di grande successo come Damien Hirst, Tracey Emin, i fratelli Chapman, hanno trovato discutibili emulatori ai quattro angoli dell’universo, fra tutti l’esempio indigesto dell’artista cinese Zhu Yu che ha mangiato un bambino nato morto per Channel 4, un canale televisivo britannico, per una trasmissione di fine d’anno. Intervistato, ha affermato che la sua è un’arte religiosa, ispirato nientemeno che al Cristo: “Gesù è associato al sangue, alla morte ed alle ferite, e ció si riflette nella mia arte.” Il suo esempio è estremo, ma in molti in Gran Bretagna avevano da tempo avvertito che la nuova arte iniziata dalla mostra Sensation dei suddetti Emin e Hirst aveva in qualche modo oltrepassato i limiti del buon senso. La provocazione artistica di un Marcel Duchamp, dei dadaisti, dei surrealisti, affermano molti critici, aveva scopo e ragione d’essere, ma agli albori del ventunesimo secolo la provocazione fine a se stessa è oramai divenuta la nuova linea ufficiale, e non scandalizza più nessuno. Gli artisti stessi sembrano incastrati in un nodo scorsoio: a un tempo stufi d’essere blandamente classificati in categorie che li rendono vendibili, ma anche ansiosi di vincere il tombolone e divenire nuove celebritá. Dopo lo choc di Sensation, una sarabanda di letti sfatti e squali imbalsamati (ad esprimere, beninteso, la ‘transitorietá della vita’ ecc), il frutto della mente iperattiva di Charles Saatchi, si era passati ai New Neurotic Realists, un fenomeno effimero giá scomparso dalla memoria collettiva dei consumatori d’arte. Ed ora è il turno della New Gentleness: la prima mostra collettiva di vari artisti che la Tate Britain ospiterá dal 27 febbraio al 26 maggio di quest’anno con il titolo Days Like These (giorni come questi),e che comprende anche artisti affermati. I curatori Judith Nesbith e Jonathan Watkins hanno scelto 23 artisti che secondo loro rappresentano, aldilá di piccole gangs faziose’, lo zeitgeist. E cosí abbiamo Dexter Dalwood, i cui quadri hanno in passato rappresentato Jimi Hendrix, Kurt Cobain, assieme a figure come Gorbachev e Che Guevara, e che ora rivolge la sua attenzione a momenti di storia: uno dei suoi due quadri esposti alla Tate mostra La Partenza di Nixon, che ritrae l’attimo in cui l’allora presidente lasció la Casa Bianca nell’agosto del 1974. Nick Relph e Oliver Payne, gli artisti più giovani della mostra (25 e 23 anni) esplorano la psico-geografia di Londra con un proiettore camcorder e una Travelcard: un lavoro in sintonia con le opere letterarie di due Dickens moderni quali gli scrittori londinesi Peter Ackroyd e Ian Sinclair. Shizuka Yokomizo esplora temi quali la fiducia, il pedinamento, la solitudine nelle grandi cittá: ha mandato lettere a sconosciuti scelti a caso: ‘Dear Stranger, caro sconosciuto, firmate semplicemente ‘Artist’, e domanda ad ognuno di stare in piedi nel loro soggiorno e di posare per una fotografia. Ventiquattro fotografie, scattate a Londra, New York, Tokyo, Berlino. Prima d’ogni foto, c’è un momento di attesa, perchè sorga un sentimento di fiducia ed osservazione reciproca. Molte amicizie durature sono nate da tale processo. Un’altra artista, Gillian Carnegie, dipinge vita morta, paesaggi, mentre Kutlug Ataman fa film-documentari sui londinesi: uno di questi, dal titolo ‘The 4 Seasons of Veronica Read’, ritrae una donna che mantiene nel giardino del suo piccolo appartamento di Londra la collezione nazionale di amaryllis. Ció che tali artisti illustrano in modi diversi è un cambiamento in atto nel gusto collettivo, con un’enfasi sulla condizione umana, sull’ispirazione (ve la ricordate, l’ispirazione?) più che sul sensazionalismo. Giá le opere in lista per il Turner Prize sembrano stranamente antiquate: era solo di qualche mese fa l’apertura della suddetta mostra alla Tate Britain dove una delle opere, ‘Arsewoman in Wonderland’ (Culona nel Paese delle Meraviglie) era la riproduzione del testo della ‘sceneggiatura’ di un filmino porno. Al tempo il regista inglese a luci rosse Ben Dover, invitato a commentare, dichiaró, davanti all’orrore e al fastidio di stagionati consumatori d’arte moderna presenti, che l’unico stimolo dell’opera era tuttalpiù masturbatorio, e che nessuno nel suo settore si illude mai di creare ‘opere d’arte’nel nome del dio Onan. Ve la ricordate, la trasgressione sessuale? La coppia aperta, l’amore di gruppo, l’esperimento bisessuale? Le ‘nuove frontiere’ si sono tramutate in nuove barriere, mentre l’avventura dell’amore continua a sfuggirci. L’ideologismo cerebrale della cosiddetta ‘rivoluzione sessuale’ è simboleggiata alla perfezione da Teorema, romanzo e film di Pasolini. L’Ospite, il divino ermafrodita entra nella famiglia borghese e ne scardina le convenzioni, convertendo ognuno all’ebbrezza e alla pericolositá del vivere: v’è un’ingenuitá in tale visione, un ottimismo commovente ma purtroppo senza fondamento. L’irrompere della saggezza nel mondo caotico degli affetti, somiglia forse più all’arrivo del principe Myskin, il protagonista de L’Idiota di Dostoevsky, nei salotti d’una Pietroburgo novecentesca, in un mondo d’aristocratici, giovani nichilisti, donne perdute e donne ritrovate. La sua apparizione ha l’aspetto di meteora, eppure ogni cosa rimane al suo posto. Il principe Myskin, a differenza dell’Ospite di Teorema, fá da puro specchio alla sarabanda di gioie e crudeltá del mondo. Ne è coinvolto, ma la sua scomparsa è altrettanto perentoria quanto la sua apparizione. La sua presenza non catalizza alcun processo di trasformazione nele persone che incontra. Nel romanzo ognuno va incontro al proprio destino da solo, senza un profeta nè un redentore laico. Tale è forse la differenza fra l’ideologia e la saggezza. La prima, sovrana del ventesimo secolo, è sempre stata coercitiva, non importa quanto libertari e umanitari i suoi stendardi: erede dell’Illuminismo e di Hegel, si adopera a modificare l’umanitá secondo i propri schemi da letto di Procuste. Nella sfera sessuale ha il suo profeta in de Sade. Sopravvalutato nel secolo scorso dai surrealisti, il buon marchese è stato riesumato per noi moderni da due donne francesi: Catherine Millet è l’autrice di uno ‘scandaloso’ diario erotico di dubbio valore artistico che ha peró venduto molto sia nella sua nativa Francia che in Gran Bretagna. Dalle colonne dell’Espresso (1 gennaio 2003) la mademoiselle esalta la valenza liberatoria delle ‘120 giornate di Sodoma’ ed asserisce di voler essere in grado di ‘comunicare sessualmente con tutti, con la stessa facilitá con cui si parla.’ Buona fortuna, Catherine. Un’altra francese, un’altra Catherine (Breillat), regista di ‘Romance’ (diario, anche questo di disavventure sessuali d’una ragazza confusa) esalta il Pasolini di ‘Orgia’ paragonandolo a un tragico dell’antica Grecia. Ho letto per intero l’opera di de Sade: credetemi, non v’è lettura più noiosa. E leggere Pasolini senza percepirne la compassione laica non è un degno epitaffio alla sua memoria. Entrambi gli autori, particolarmente de Sade, rivelano un fatto interessante: il libertino è in fondo un moralista. Chi ha partecipato ad un’orgia sa che la passione vi è assente. Rimane il sesso, la gamma di mentule, seni ed orifizi con cui trastullarsi per ‘ammazzare il tempo’. La rivoluzione sessuale è stata forse un fallimento? La trasgressione è arrivata fin dove poteva, e invece di aprirsi all’estasi ed alla conoscenza, s’è asfissiata negli appartamenti dei sobborghi, nel facile edonismo dell’era virtuale. Nelle metropoli d’Europa si lavora sodo durante la settimana, e al week-end s’ingolla una pilloletta o due, si balla fino a tardi, si va alla festicciola spinta. Ma al lunedí si ritorna in ufficio, a perpetrare l’illusione della felicitá efficientista. E nuove industrie sorgono ad alimentare il bisogno d’evasione, alimentato dalla nostra disperazione: traffico di droga, pornografia e prostituzione, pirateria cibernetica. Il volto del nuovo capitalismo indossa la maschera della trasgressione, ed all’avanguardia di tale modello è la Russia: dalle ceneri del sogno comunista e dell’incubo sovietico è nata una nuova economia di industrie illegali orchestrate dalla criminalitá organizzata. Il sentiero avventuroso della trasgressione si è interrotto nella selva oscura della manipolazione e della paranoia. In un mondo dove vanitá, ignoranza ed aggressione costituiscono la norma, e occupano persino sedie ministeriali, la trasgressione autentica è muoversi oltre la prigione dell’aviditá e dell’ego, aldilá del bene e del male, della moralitá e della cosiddetta ‘liberazione’. Se a trasgredire è l’ego, rimaniamo nella prigione dei nostri condizionamenti, dove ‘trasgressione’ non è aprire nuovi orizzonti alla conoscenza, ma equivale invece alla corruzione meschina dei politici, all’istrionismo narcisista degli ‘artisti’, allo sbadiglio del libertino annoiato. Bisognerá reinventarsela, la trasgressione, farla complice dell’integritá, del coraggio e della compassione.