Una cartolina dalla Norvegia. Visita ad un museo dell`intercultura a

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Una cartolina dalla Norvegia. Visita ad un museo dell`intercultura a
Una cartolina dalla Norvegia. Visita ad un museo dell’intercultura a Oslo
Nel quartiere lungo la Grönlandgatan, a due passi dalla stazione ferroviaria, è aperto dal 1998
il Museo dell’intercultura, che si propone di presentare le grandi religioni che con le odierne
migrazioni si sono diffuse in Norvegia. In un palazzotto recentemente restaurato uno spazio
accogliente offre al pubblico anzitutto - nel senso fisico del termine - l’occasione per rilassarsi e
consumare insieme agli altri cibi e bevande, prima - o dopo - essere passati per le sale di
esposizione, situate su due piani. Piccolo, ancora in fase di completamento, il museo allinea le sue
sale dove sono rappresentate le religioni musulmana, ebrea, cattolica, induista, buddista, sikh,
attraverso i loro simboli e i luoghi di culto aperti nel Paese. Sono le “chiese” per così dire “nuove”,
i cui fedeli sono on the move. Vi si apprendono i dati essenziali sulla consistenza delle comunità
quanto a numero di membri, data di nascita dei gruppi, edifici per il culto (con relative foto),
principali cerimonie. Sullo sfondo di pareti uniformemente bianche, le colorate riproduzioni di
oggetti sacri, statuette, icone, offerte di cibo, decorazioni, sono esposte al visitatore e ordinate a
comporre ambienti di preghiera e meditazione, con l’accompagnamento di musiche suggestive e
lettura di testi. Solo le sale destinate alla religione cattolica sono ricoperte da una carta che simula i
mattoni a vista della chiesa di Oslo scelta per rappresentarla, la francescana Chiesa di St. Hallvard,
del 1966, situata poco lontano ed opera di Lund e Slaatto nello stile di Le Corbusier. In alcuni casi i
luoghi di culto sono edifici recuperati, nati per altri scopi, in altri sono costruzioni apposite, dalla
linea semplice ma decorosa.
Contando come stranieri tutti coloro che sono immigrati di prima generazione o hanno
entrambi i genitori stranieri, si arriva nell’intero Paese a 460.000 persone, pari al 9,7% della
popolazione totale. Arrivati da 213 Paesi diversi, gli immigrati vivono soprattutto nella contea di
Oslo, dove formano il 25% degli abitanti, e in altre contee meridionali. Ma la loro presenza rende
oggi molto più varia la popolazione di tutte le contee. Un aspetto importante di tale varietà è la
crescita di gruppi religiosi non appartenenti alla Chiesa di Norvegia. Comprendendo le “nuove
religioni” e le comunità per la life-stance (il complesso dei valori di base) che ricevono sussidi dal
governo, i membri di religioni diverse sono circa 404.000 (Statistics Norway, 2007): i più numerosi
sono gli “altri cristiani” (225.000), seguiti dai musulmani (ufficialmente 79.000, cioè il 20%,
secondo un’altra fonte invece 115.000), e, a distanza, dai buddisti (il 3%), dagli induisti (1,59%) e
dai sikh (0,6%).
I musulmani sono per lo più sunniti e hanno 100 moschee, la prima aperta nel 1974. I più
numerosi sono i pakistani, accolti per lavorare nelle fabbriche di pesce. Nel 2007 sono circa 28.000,
cui si aggiungono 21.000 irakeni, poi somali, afgani, nordafricani e tante altre nazionalità
prevalentemente musulmane. C’è qualche limitazione: non hanno il permesso di chiamare i fedeli
alla preghiera con l’altoparlante. Vengono poi i buddisti (5.000), gli induisti, circa 2.000, che sono
soprattutto sri-lankesi di etnia tamil,venuti qui per lavorare all’industria del pesce fin dal 1980. Il
loro luogo di culto si trova ad Ammerud. Seguono gli ebrei, 1.300 membri, tornati oggi al livello
del 1920, quando si aprì la sinagoga di St. Hanshaugen a Oslo, e i sikh. Nonostante l’immagine di
una donna in preghiera sia il logo sul pieghevole del museo, le sale appaiono povere di immagini
femminili: solo una statuetta della Madonna e qualche foto di donne sikh in riunione. Chissà se in
futuro se ne aggiungeranno altre. Gli officianti sono sempre maschi e così il pubblico dei fedeli.
Sembra improprio annoverare tra le “nuove religioni” i cattolici, i quali sono una presenza
storica in Norvegia sin dagli anni intorno al 900 A.D. Dichiarata fuori-legge con la Riforma, la
chiesa sopravvisse in alcune parti del Paese fino al 1700. Dal 1537 a quasi metà ‘800, quindi per tre
secoli, la società locale è stata quasi compattamente luterana. Il re è tuttora il capo della chiesa. Il
pluralismo religioso si è affacciato in Norvegia solo a metà ‘800, con la riabilitazione dei cattolici,
l’affermarsi di vari gruppi e poi l’arrivo degli ebrei, ma è ’immigrazione degli ultimi venti anni che
ha aperto il Paese alle altre grandi religioni asiatiche e ha ravvivato due religioni tradizionali, quella
cattolica e quella ebraica.
I cattolici furono ufficialmente riammessi solo nel 1843, quando poterono aprire la prima
parrocchia a Oslo e poi altre parrocchie ad Alta, Tromsø e Bergen. I gesuiti erano i più malvisti,
tanto che furono riammessi solo nel 1956. Le antiche chiese di St. Olav e di St. Hallvard, che
esistevano nel XII secolo, sono state ricostruite. Così, anche la religione cattolica figura tra le
religioni derivate, in questo caso rafforzate, dall’immigrazione: infatti, i suoi membri erano 27.000
nel 1990, ma sono diventati 59.000 nel 2007, il 62% nati all’estero. Ma le autorità cattoliche locali
avvertono che ci sono migliaia di cattolici nel Paese che non si sono registrati: comunque, polacchi
(la terza nazionalità straniera), altri esteuropei, tamili, vietnamiti, affollano le cerimonie religiose.
Anche gli ebrei, diminuiti durante la persecuzione nazista, sono ritornati in buona posizione, grazie
all’immigrazione più recente di profughi dai Paesi dell’Europa centro-orientale. La Norvegia è stata
generosa in passato con i permessi di asilo, in particolare negli anni 1993, 1999 e 2000.
Un museo rivolto dunque agli immigrati in primo luogo, perché si sentano rappresentati,
sappiano di esistere e di essere riconosciuti nel loro principale tratto culturale, la religione.
Nell’insieme, il museo si inserisce bene nel quartiere, molto frequentato da giovani, soprattutto la
sera, e a due passi dai quartieri etnici di Grünerlokka, Alna, Gamle, Nordstrand. In città gli stranieri
sono i principali clienti dei negozi etnici di abbigliamento e di tessuti colorati e dorati, delle
friggitorie, delle rivendite di dvd stile Bollywood che si incontrano nelle strade vicine. Ad essi si
collega la presenza del museo, anche se, ovviamente, i visitatori sono soprattutto i turisti, in genere
e gli stessi cittadini norvegesi che vogliano apprendere sulle nuove religioni.
Nelle sale, la religione luterana sembra la grande assente, pur accogliendo l’82% della
popolazione norvegese: non c’è modo - durante la visita - di fare confronti, sapere quanti sono i suoi
fedeli, le informazioni di base sui luoghi di culto, le tradizioni. In compenso, la lingua usata per la
comunicazione con i visitatori è quasi sempre il norvegese, cosa non troppo gradita da molti
visitatori, che hanno scritto qualche protesta sul registro loro dedicato.
(Maria Luisa Gentileschi, agosto 2008)