pdf - Liceo Scientifico Statale Einstein Milano
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Editoriale Greta Maltecca (4E) Storia dei Cessi in Europa (?) Riccardo Meli (4E) Figli del Consumo The Tallest Man On The Earth (non c'entra il Guinness Wolrd Record) Fiammetta Morandi (3G) Come Distruggere i Propri Risultati Scolastici: The 100 Ludovica D'Orsa (4F), Vittoria Tutucci (5B) Progetto Cogestione Federico Marcolongo (5B) How I Told My Mother Greta Maltecca (4E) Le Scienze Umane Devono Dire La Loro Progetto Ciclofficina Eva Ronchi (4E) Se Una Notte d'Inverno Un Giocatore Bianca Beltramello (5C) Vecchio ed Ipocrita Continente Alla maniera e l'utilità delle soluzioni Anonimo Redattori: Davide Campagna (5B), Ludovica D'Orsa (4F), Greta Maltecca (4E), Francesca Martelli (4F), Fiammetta Morandi (3G), Otto Scaccini (4G), Matteo Truffo (4E), Vittoria Tutucci (5B) Autori: Cecilia Alberti (1E), Bianca Beltramello (5C), Riccardo Cavallari (1L) Ludovica D'Orsa (4F), Vitttorio Leonardo Fagone (1L), Klevis Gjoka (1L), Francesca Giuzio (1L), Greta Maltecca (4E), Federico Marcolongo (5B), Riccardo Meli (4E), Fiammetta Morandi (3G), Eva Ronchi (4E), Leonardo Spreafico (1L), Vittoria Tutucci (5B) Disegnatori: Otto Scaccini (4G), Matteo Truffo (4E) Impaginazione: Matteo Truffo (4E) Contributi: prof. Anna Del Viscovo (Progetto Cogestione), prof. Paolo Quaglia (Progetto Cogestione), Tommasillo Sakamoto (Cruciverba) Nelle acque torbide e vorticose delle idee, considerato che la realtà attuale non perde occasione di immettere sempre nuove opzioni e varianti, ognuno cerca di tenersi a galla come può. Vi sono coloro che, col sangue che arde nelle vene, saldi nelle loro adamantine convinzioni (religiose o politiche che siano, poco importa) si scagliano contro tutto ciò che macchia la loro piccola grande utopia personale. Ahimè, a chi il cuore brucia troppo in petto, spesso il fumo impedisce di vedere la realtà; un lapidario Foscolo, per bocca del vecchio Parini svela la cruda verità: 《Un giovine dritto e bollente di cuore, ma povero di ricchezze ed incauto d'ingegno [...] sarà sempre l'ordigno del fazioso, o la vittima del potente.》 Palese esempio, senza andare a scavare più di tanto indietro nel tempo, sono i recenti avvenimenti relativi alle manifestazioni NoExpo, anche se -la stupidità umana davvero è infinita- non sono stati propriamente i cuori ad essere in fiamme. Si possono poi osservare certi individui tanto pomposamente formali e rigidi nel ripetere a menadito, con malcelato orgoglio, ogni virgola e minuzia teorica della fede (anche qui l'ambito è indifferente) che hanno scelto -o dovuto scegliere? Ai posteri l'ardua sentenza- di professare, quanto assolutamente e totalmente incapaci di prendere una qualsivoglia posizione a livello pratico. Loro, certo, sono anime libere, superiori alle quisquilie della banale realtà, il loro è un impegno psicologico, del tutto intellettivo, loro si librano senza sforzo al di sopra della materiale prosaicità di questo mondo che non li capisce e non li capirà mai. Le loro riflessioni sono uniche ed iridescenti perle di indispensabile saggezza, mica per nulla hanno studiato tanto, e l'umanità intera dovrebbe essere loro grata di tali meravigliosi parti culturali che, generosamente, condividono con noi poveri mortali. Però, per quanto necessarie in partenza, spesso le speculazioni in astratto diventano vacue e cervellotiche se non integrate all'esperienza del quotidiano, e si riducono a complessi vaneggiamenti, elaborati soffi di vento, adorni gracidii di rane che si gonfiano per somigliare al bue. In perenne aumento, tristemente, sono infine quelli caduti nel torpore dell' indifferenza o in procinto di cadervi. Seduti davanti all'ennesima portata, saturi, forzano qualche boccone, spugnoso ed insapore a questo punto, giù per la gola. Siamo commensali di un banchetto lauto, fastoso, oggigiorno: principi per tutti i gusti, in tutte le taglie, ci vengono offerti ovunque. Grasso che cola. Vetrine scintillanti, traboccanti di leccornie variopinte e succulente. Abili venditori dalla lingua sciolta che sciorinano elegantemente ideologie da supermercato, glassate e lucide nelle loro confezioni elaborate. Eppure, mentre si ingozzano di una nuova, golosa pietanza, sembra loro di sentirne meno il gusto: le spezie si fanno meno piccanti, lo zucchero meno dolce, e si lasciano scivolare addosso, piatto dopo piatto, la serie interminabile di punti di vista e visioni sul mondo, priorità e grandi ingiustizie, che vengono loro propinate. Sempre meno però sentono l'urgenza di effettivamente avere un'opinione o si prendono la briga di riconoscersi in una qualche corrente di pensiero: l'abbondanza varia ed opulenta del carosello multicolore in cui sono immersi, che dona in potenza infinite possibilità, si traduce di fatto in una crescente indifferenza alle crescenti offerte. I concetti più vari, le promesse più allettanti, i progetti più promettenti: tutto acquisisce le caratteristiche insapori di ciò che si mastica meccanicamente, con la sensazione di aver già sperimentato qualcosa di simile, ma migliore, che ora è irrimediabilmente perso, ombra sbiadita nel ricordo di qualcun altro. Siate fiamme, vulcani in eruzione, lava bollente, ma mai ciechi o burattini; analizzate le cose, elaborate più che potete, siate sempre attenti, ma non lasciate che ciò che c'è nella vostra testa prenda completamente il posto di ciò che c'è fuori; siate avidi, abbuffatevi, afferrate l'afferrabile, carpite ogni pagliuzza che vi capita a tiro, ma non lasciate che la quantità di informazioni vi soverchi, rendendovi recettori passivi di una gelatinosa massa inscindibile di dati; selezionate, masticate, assimilate ed assemblate, testate la qualità di ciò che trovate, confrontatevi con voi stessi, con gli altri e con la realtà: pensate, criticamente pensate, criticamente pensiamo, perché da voi, da noi germoglia il futuro. Greta Maltecca ( “Se io, andando al gabinetto, cominciassi a orinare per terra fuori dalla tazza e lo stesso facessero Zina e Dar’ja Petrovna, nel gabinetto comincerebbe lo sfacelo. Quindi vuol dire che lo sfacelo non è nei gabinetti, ma nelle teste.” (“Cuore di cane”, Michail Bulgakov). Ebbene sì ... Nel gabinetto potete vedere il vostro riflesso, quello della vostra anima, e di tutti i millenni di storia e civilizzazione che stanno dietro a quei cinque minuti di “pausa WC”. Nonostante questo, purtroppo il suo valore è spesso stato trascurato; non solo quello meramente ‘organico’, ma anche quello storico, simbolico, filosofico (sono convinto di non esagerare), e per molti, sicuramente, anche affettivo. La sua importanza va invece riconosciuta. Preparatevi quindi ad un clistere di conoscenza: da oggi il bagno sarà per voi un mondo nuovo in attesa di essere esplorato, dal soffione della doccia fin dentro alla fossa biologica ... PARTE I : “Un mondo senza gabinetto” Alcune decine di migliaia di anni fa, l’uomo espletava i propri bisogni fisiologici (sapete a cosa mi riferisco) in maniera semplice e naturale: si assumeva una posizione consona all’espulsione del malloppo e ci si esprimeva senza pudore davanti ai propri simili. Tuttavia, poiché in momenti simili l’organismo si trovava in uno stato di maggiore vulnerabilità fisica, alcuni uomini avrebbero sviluppato l’abitudine di ritirarsi in “luoghi appartati” dove alleggerirsi (es: cespuglio) ... Inoltre, quando si formarono le prime comunità sedentarie, la quantità di materiale fecale aumentò in proporzione alla popolazione: i “luoghi appartati” non sarebbero bastati ed il territorio circostante sarebbe diventato un campo minato; si decise quindi si raccogliere tutte le scorie in un unico “luogo appartato”, dove non potessero nuocere all’olfatto (e all’igiene), prima della piccola comunità, poi dei singoli nuclei familiari. Erano queste le prime latrine... PARTE II: "La genesi del gabinetto" Trascorsero i millenni e l’umanità si avviò ad uno straordinario progresso culturale, sociale, e tecnologico che, almeno in età antica, vide il proprio apice nella ) civiltà greco-romana. Non a caso è proprio nella civiltà romana imperiale (di quella greca ci rimangono pochi reperti), che troviamo i precursori del gabinetto moderno. I gabinetti pubblici erano in genere riccamente decorati, collocati sotto a dei portici oppure in ambienti chiusi, ma ben areati (per ovvi motivi); essi erano costituiti da una fila di sedili marmorei o lignei disposti a rettangolo o a semicerchio, sotto ai quali scorreva un canale idraulico che raccoglieva gli escrementi per poi trasportarli fino alla cloaca più vicina. Qui i cittadini potevano sedersi e chiacchierare liberamente durante l’evacuazione. Questa mancanza di intimità potrebbe sorprenderci, ma al tempo l’atto di defecare era considerato con molta più naturalezza di oggi; basti ricordare fra l’altro l’uso dei re, perdurato fino all’ottocento, di defecare in apposite sedie davanti ai membri della corte... I gabinetti privati invece, all’epoca un vero e proprio ‘status symbol’, erano normalmente collocati nella cucina della domus (evidentemente per l’utilizzo delle stesse tubature di carico e scarico). PARTE III; "L'accessorio primo" Davanti alla fila di gabinetti passava inoltre una canaletta d’acqua in cui era possibile lavarsi le mani e ripulire un particolare strumento (rimasto quasi invariato fino ad oggi) che il grande epigrammista Marco Valerio Marziale definirà come una «spugna miserabile su un bastone disonesto» con la quale si rimuovono i resti del pranzo ... Mi riferisco allo xylospongium, antenato del moderno spazzolone del W.C. (o scopino che dir si voglia) e di fatto il primo accessorio con cui l’uomo abbia arricchito un ambiente tanto eccezionale quale è il gabinetto. Esso era costituito da un semplice bastone alla cui estremità era legata una spugna; si ritiene tuttavia che avesse una funzione leggermente diversa da quella del suo corrispondente odierno: sarebbe servito infatti non per nettare la superficie interna del “vaso sanitario”, ma per detergere il luogo in cui il nostro pasto torna a vedere la luce una seconda volta . PARTE IV: "Il Medioevo del gabinetto" Sotto molti aspetti il Medioevo rappresenta il declino della civiltà, e con essa decade anche uno ( dei suoi simboli più rappresentativi: il gabinetto, ovviamente. Sebbene in fase di estinzione, vi sono ancora alcune latrine pubbliche; nelle case private erano in genere all'ultimo piano e collegate alla rete fognaria (ammesso che ce ne fosse una). Come ben noto, le condizioni igieniche erano deplorevoli: non solo l’usanza di farsi il bagno era trascurata dalla maggior parte del popolo, ma era denigrata dalla Chiesa, la quale la considerava indice di vanità, e perfino sconsigliata dalla Scienza, perché avrebbe esposto il corpo all’attacco di agenti patogeni (disse Leonardo in proposito che l’acqua«penetra tutti li porosi corpi»); tuttavia questo sembrò non impedire la diffusione della Peste... In questo frangente storico, in cui il volgo prediligeva la deiezione en plein air o vuotava il vaso da notte dalla finestra, il gabinetto divenne sempre più un lusso per nobili, i quali solevano ostentare il loro elevato tenore di vita ricevendo gli ospiti comodamente seduti sulla loro elegante poltrona dotata di un funzionale buco al centro. Questa usanza continuerà fino all’età moderna: lo stesso Luigi XIV annuncerà il proprio matrimonio sedendo sul suo sontuoso “tronogabinetto”. PARTE V: "Il Rinascimento del gabinetto" Dopo secoli di decadenza, finalmente la società si incammina verso una rinascita, ma in ambito sanitario il progresso avviene in maniera graduale e ancora dai piani alti delle abitazioni di città piovono liquami a ciel sereno. Comunque, a seguito di iterate epidemie di tubercolosi, febbre tifoide, dissenteria, colera ed altre malattie dai nomi simpatici, alcuni ‘blasfemi’ cominciarono ad obiettare che il Battesimo non fosse l’unico atto purificatore di cui l’uomo avesse bisogno in tutta la sua vita. Un passo fondamentale nella battaglia per l’igiene intima verrà fatto a Londra (dove tuttavia il colera mieterà vittime fino alla seconda metà del XIX secolo); qui il figlioccio della regina, un certo John Harrington, realizzerà il primo prototipo di water con flusso di scolo, denominato Ajax (dal nome greco di Aiace che in inglese suona simile a “a jakes” ovvero “una latrina”). Purtroppo l’orgoglioso sir Harrington ne farà menzione in un suo libro usando termini troppo ‘vivaci’, ed Elisabetta I, ) indignata, ne proibirà l’uso. PARTE VI: "I Lumi del gabinetto" L’età moderna, nella fattispecie la sua parte finale, fa da proscenio alla prima effettiva comparsa della toilette come la intendiamo oggigiorno. Già sull’onda del crescente interesse per la salute pubblica e del ritorno in auge (almeno nelle fasce sociali medioalte) dell’abitudine alla pulizia, nel ‘600 era stata intensificata la produzione di sapone (noto in Europa dall’Alto Medioevo e conosciuto in Mesopotamia dal III millennio a.C., ma spesso ignorato...). In Inghilterra il commercio del sapone divenne così redditizio da spingere nel 1622 il re Giacomo I a concedere il monopolio della sua produzione per l’equivalente di 100.000 euro l’anno. Ma sarà nel ‘700 che, con l’avvento dell’età dei Lumi, uomini illuminati, pionieri dell’evoluzione, eroi dell'igiene, risponderanno ai bisogni ormai incontenibili (ottima scelta di parole) di una società in pieno sviluppo. Fra questi guerrieri della scienza, J.F. Brondel riprenderà lo sfortunato progetto di Harrington nel 1738, proponendo alcune modifiche. Modifiche poi apportate dall'orologiaio inglese Alexander Cummings nel 1775 e successivamente da Joseph Praiser nel 1777. Come saprete il XVIII secolo è anche quello delle mode: i nobili d'Europa e del mondo trovano modi sempre più raffinati di fare ogni cosa, compreso andare al gabinetto. Un esempio eclatante di toilette alla moda sarà quella di Maria Carolina d'Asburgo, che nella seconda metà del '700 farà installare nella reggia di Caserta il primo bidet d'Italia. PARTE VII: "L'accessorio secondo" Originariamente il termine bidet era usato per indicare il pony, ma prima i francesi e poi tutti gli abitanti della terra cominceranno a servirsene per indicare quell'”oggetto per uso sconosciuto a forma di chitarra” che si stava faticosamente diffondendo negli arredi dei bagni settecenteschi. In effetti la posizione che si assume per cavalcare un pony o un bidet è pressoché la stessa. Pur non conoscendo di per certo il nome del suo inventore, il più gettonato sarebbe un certo Christophe des Rosiers , il quale installò nel 1710 il primo esemplare nella casa della ( famiglia reale di Francia. Un centinaio di bidet decorarono Versailles per pochi anni, prima di venire smontati e trasferiti nei bordelli parigini... Forse è stata questa cattiva reputazione (durata fino al secolo scorso) a rendere questo pony di ceramica poco apprezzato in alcuni stati; s ta di fatto che nell'Europa odierna l'uso del bidet è piuttosto eterogeneo: l'Italia è al primo posto (97% di utilizzatori), seguita dal Portogallo (92%) e dalla Francia (42%)... Fra i paesi più 'ostili' troviamo la Germania (6%)e l'Inghilterra (3%, no comment...). PART VIII: "Il gabinetto oggi" A Parigi cade la Bastiglia e si entra nell'età contemporanea, un'epoca in cui il WC completa la sua straordinaria metamorfosi, raggiungendo nel 1883, sempre in Francia, la sua forma definitiva: un superbo trono d'avorio di bellezza paragonabile ai marmi di Canova, che ad ognuno è stato democraticamente concesso di possedere, al fine di potere espletare nel lusso più sopraffino l'atto più quotidiano. Il WC, in tutte le sue forme, è il fulcro su cui si muove tutto l'affascinante universo del gabinetto ed ha ispirato, in virtù della sua ineguagliabile amenità, alcune opere d'arte indimenticabili, come la “Fontana”(1917), readymade di Marcel Duchamp, in cui l'artista illuminato rivisita un orinatoio e lo ripresenta, per l'appunto, come una fontana. Negli ultimi anni il bagno è diventato fonte di estro creativo per maestri del cinema, della letteratura, della musica! Il gabinetto è sempre all'ordine del giorno, e per tenere il passo con i tempi che avanzano un pool di ingegneri ) giapponesi di Inex ha realizzato un WC high-tech capace di connettersi a Internet e controllabile attraverso lo smartphone. Il suo nome è Satis e potrete averne uno alla modica cifra di 380000 yen (circa 3400 euro). Ma l'avventura del gabinetto non si è ancora conclusa, l'impero della toilette deve ancora coprire vaste aree del mondo ed il wc con il paraschizzi sembra ancora un sogno... Comunque sia, io continuo a sognare. PARTE IX: "L'accessorio terzo" Non manca qualcosa? Qualcosa a cui il nuovo millennio ci ha abituati e di cui non possiamo fare a meno (ma a quanto pare i bagni di certi licei sì...). Indubbiamente a ognuno di voi sarà capitato di stringere fra le dita un foglio, due, tre, quarantacinque, di carta igienica; bianca, colorata, trapuntata, firmata Armani (è successo). Ebbene, questo prodigio dell'ingegno umano viene per la prima volta prodotto su scala industriale da un certo Joseph Gayetty a partire dal 1857, ma per la prima volta in rotoli dalla Scott Paper Company di Philadelphia nel1879. Eppure le prime tracce di utilizzo di carta igienica risalgono al XIV secolo, ad opera della famiglia imperiale cinese. I loro vicini nipponici avevano un metodo diverso di lucidare la bassa carrozzeria: si servivano infatti di alghe (raro) o di chūgi, assicelle piatte di legno, poi sostituite (con grande sollievo di tutto il Giappone) dalla particolare carta washi, prima del “periodo Edo”. Grazie per la vostra invidiabile pazienza, Edmund Come criticare un sistema mentre ci si affoga? Liquido, tutto liquido, tutto si scioglie qui intorno, troppe cose, troppo caos. Troppi colori, troppi valori, tutto sbava in grigio, voglio altri colori, altri valori, ecco nuovo grigio. Nuovo, qualcosa di nuovo, inseguo il nuovo. Basta colori, ne voglio uno, rosso, solo rosso, non vedo che rosso. Rosso e non-rosso, rosso e grigio, non voglio il grigio, il rosso è Mondo. Nessuna sfumatura, vero solo il rosso: l’ho scelto io. Il grigio è falso, non lo voglio, è falso o non lo voglio? E il blu, non voglio il blu? Niente più rosso, il rosso è solo rosso. Mi sono stancato, mi sono annoiato, il rosso è parziale, è banale, la realtà non è rossa, è anche blu, verde, gialla, grigia. Grigio, nuovo e solo grigio, tutto si risolve nel grigio. Affogo. Complessità Come ignorare questa nuova realtà, che si impone ai nostri occhi, alle nostre menti? Poche immagini sono più azzeccate della società di Bauman. Ma più che la turbolenza, l’instabilità e la vorticosità del liquido, è la sua regressione in indefinito, la vera protagonista. La nostra risposta, immediata, al caos, è l’uniformità. Non che ce ne accorgiamo, si tratta di un fatto di mera percezione, più che di una reazione attiva: il dettaglio si fa così piccolo, rispetto alla totalità, che scompare alla vista. Basta prendere una tavolozza, e iniziare a mischiare tutti i colori, senza criterio. Il risultato è il grigio, ma è un grigio ingannevole: quello che ci sembra un colore, e che ci sembra omogeneo, è, e rimane, il caos degli altri colori, presi singolarmente. In questo consiste la relativizzazione della società moderna: i colori sono tutti uguali, e tutti falsi, alla percezione, nel grigio. Ma la nostra unica realtà è il grigio, e come possiamo noi dire quali siano i colori originari, gli ingredienti della realtà? Consumo e semplificazione C’è chi scende sempre più nel piccolo, e dei colori li trova. Nell’esaltazione della scoperta induce, e si illude, che siano quei pochi colori a comporre tutto il resto della realtà, che più non vede, avendolo perso nel viaggio. C’è chi predica sui colori della tradizione, veri perché raccontati, o chi sguazza nel grigio, aggravando il caos con le sue felici e vorticanti bracciate. Due forze emergono in questo caos, un po’ le solite, e un po’ rinnovate. Una di queste è la sete di semplificazione, ormai una necessità naturale dell’individuo, che cerca e crea contorni netti là dove tutto è ineluttabilmente sfocato, e che porta la cultura e la conoscenza a regredire in favole; tesi e analisi a regredire in opinioni. Eppure è futile e presuntuoso considerare il semplificazionismo un problema: un problema presuppone una soluzione. La realtà e l’informazione del nostro secolo sono troppo estese e al contempo troppo dense, e il nostro cervello, e soprattutto la nostra attenzione, troppo limitati. Siamo al limite dell’incomunicabilità tra specialisti, e, trovandoci in una società che favorisce la specializzazione, siamo in procinto di oltrepassare questo limite, sempre che di limite si possa parlare. Il semplificazionismo è una risposta quasi fisiologica a un mondo troppo grande per l’individuo, una condizione necessaria al tenere aperto un canale con la realtà esterna. L’altra forza è il consumo. Il consumo condizione dell’esistenza. Una condizione che non si limita, infatti, alla dialettica consumatore-prodotto, ma che incarna l’esigenza dell’individuo di consumare informazione. Consumiamo come palliativo all’indefinito del mondo che ci circonda, indefinito che percepiamo uniforme e noioso, come il grigio sulla tavolozza. Questo consumo investe ogni fonte di informazione, che siano banalmente nuovi prodotti o nuove notizie, o che sia la cultura stessa. Perfino il pensiero critico cade schiavo della necessità di consumare, e si erge a paladino della rottura di schemi che vengono facilmente a noia. Il consumo è, a sua volta, una diretta reazione al caos, regredente nel grigio, di un mondo troppo esteso. Consumo e semplificazione si alimentano facilmente a vicenda: l’uno spesso incurante della qualità dell’informazione, l’altra generatrice di un’illusione di facilità di appagamento. Quanto detto finora non intende che descrivere, per natura di cose dall’interno, le condizioni in cui chi appartiene alla società di oggi si trova ad esistere, senza possibilità di scappare da questo immenso mondo, a meno di rinchiudersi in una realtà ristretta, semplificando così la realtà esterna. Storia tendenze, ma a un più frammentato livello di analisi, Come intendere, allora, la Storia, in una tale società? Se ne può ancora fare Storia o se ne può solo trarre una storia? Senza bisogno di mettere in discussione la possibilità e la capacità di analizzare fatti e di legarli tra loro in causa-conseguenza, ma dando peso alle sempre più difficili pretese di scientificità dell’analisi storica. Già il Novecento ha messo a dura prova queste capacità, e tuttavia dove racimolare le fonti necessarie era ancora piuttosto chiaro. Con il volgere del millennio passiamo dalla Storia nella seconda guerra mondiale alla Storia del mondo. Con informazioni che non vengono create nello Stato e poi raccolte nei suoi archivi, ma che circolano su reti esterne e allo stesso tempo materiali, in quantità prima inimmaginabili, e ancora oggi incommensurabili. Qui non si esclude che si continuerà a stilare una storia dell’Italia, una storia degli armamenti chimici, una storia dei provvedimenti ambientali: si esclude, per motivi di quantità e al contempo di limitatezza di risorse e capacità umane, che queste storie possano essere integrate in una visione di insieme coerente, non più al livello, relativamente semplice, della storiografia novecentesca, ancora capace di determinare a grandi linee delle in cui la legge dei grandi numeri, applicata ai dati e alle fonti, genera, in qualunque caso, dati opposti. Credo che questa situazione permarrebbe fino al momento in cui la società si polarizzasse nuovamente in grandi blocchi, periodo in cui un’analisi della totalità potrebbe risultare nuovamente abbordabile: le culture locali sono ancora troppo forti per permettere una vera polarizzazione culturale che non sia ideologica, e sembra mostrato dall’esperienza che un polarizzazione ideologica non porti con sé un effettivo superamento delle strutture sociali. D’altra parte una vera polarizzazione culturale, una fusione di molte microculture nel corso del tempo, non farebbe che aumentare l’entropia, ingrigendo la ricchezza culturale ereditata nei secoli. Non v’è dubbio che apparteniamo a un tempo di profonda crisi delle categorie tradizionali, ma non è affatto scontato, data la complessità del mondo che abbiamo contribuito a creare, che esista una soluzione, un nuovo ordine, che non sia l’entropia culturale. Per quanto riguarda la Storia, potremmo ricorrere al vecchio adagio per cui è l’evento ad esistere, ed ogni sua modellizzazione è sempre più falsa, man mano che ci si allontana da esso. Federico Marcolongo Negli infiniti anni del vostro liceo potrà capitarvi di dover affrontare la più grande disgrazia scolasticamente concepibile: il famigerato 3 secco in matematica. Una volta ripresivi dallo shock causato dal numero infame, vi ritroverete di fronte ad un'impresa epica, titanica, rischiosissima: parlarne con la vostra minacciosa genitrice, comunemente conosciuta come 'mamma'. Noi cercheremo di offrirvi qualche collaudata* strategia: I) Pesce d'Aprile Una volta giunti alla vostra domus, prima che vi venga posta la fatidica domanda [ndr. "Come è andato il compito di matematica?"], sparate la più grossa, colossale, impressionante balla che la vostra mente sarà riuscita a partorire nel trauma post-votaccio. Grandi classici sono "Mamaaa, I just killed a maaan", particolarmente scenografico con accompagnamento musicale, e "Sono incinta", efficacissimo, specialmente se siete maschi. Poi, nello sbigottimento generale, allargate uno stregattesco sorriso a 777 denti ed esclamate con nonchalance: "Pesce d'aprile!". Vi consigliamo, nelle ore precedenti, di allenare i vostri riflessi per schivare eventuali oggetti che potrebbero esservi lanciati da membri della famiglia infuriati. N.B. La frase ad effetto può essere usata anche se non è aprile: il mese sbagliato aggiungerà verve alla vostra performance. II) Monsieur Argan (o Il Malato Immaginario) [Questa tattica richiede una certa quantità di tempo e pazienza] Arrivati a casa, entrate trascinandovi e gemendo nel vostro miglior stile fantasma medioevale; se volete proprio strafare, procuratevi delle catene e dei ceppi da sbattere lamentosamente. A tavola ignorate con somma determinazione ciò che vi viene messo davanti (in caso di bacon siete autorizzati a rompere le righe e sacrificare il piano, è una causa di forza maggiore). Dopo pranzo avvolgetevi in strati su strati di maglioni e, mentre fate magistralmente finta di studiare, deliziate l'intero condomino con raffinatissime esecuzioni di concerti per naso e trombone. Alle domande sul vostro stato di salute che cominceranno logicamente ad arrivare, rispondete inizialmente con stoici "Sdo bedissibo", ma badate bene a cedere gradualmente fino ad ammettere, verso sera, la vostra terribile, terribilissima -poveri cari- malattia. A questo punto, una volta a letto, con le coperte rimboccate, la minestrina di pollo con le stelline scaldata ad 80°C mangiata, i denti lavati, le preghierine dette e "Soft Kitty" cantata, reclamate lattenzione materna con la scusa della buonanotte (la cosa la intenerirà oltre ogni dire), poi mormorare velocemente la fatale notizia appena prima di cadere in un improvviso e profondissimo sonno, dal quale nulla sarà in grado di destarvi fino al giorno dopo. III) Vodkamikaze [Da utilizzare quando la vostra rettitudine morale entra in collisione con un poco ardente ardire] Se, prima di gettarvi nella più alta delle vostre res gestae, vi manca il coraggio e non osate presentarvi con tale marchio d'infamia e disonore, ma la vostra ferrea coscienza vi spinge a compiere l'incompibile, potrete avvalervi della più antica fonte di coraggio a memoria d'uomo. È assicurato che, dopo aver debitamente tracannato ingenti quantità di qualunque cosa abbia una gradazione degna di questo nome, se non sarete impegnati a vomitare l'anima nell'abbraccio affettuoso di qualche water, osereste fare i funamboli sull'Everest con in braccio Maurizio Costanzo in tanga leopardato: cosa sarà mai, quindi, annunciare un 3 in matematica? N.B. La possibilità che vi vengano fatti dei glutei di dimensioni garguantesche è statisticamente pari al 99.9%, ed è molto probabile che mater non apprezzi la vostra sincerità se la accoppiate con una sbronza delle dimensioni dell'ego di Napoleone [o della sottoscritta]. IV) Probabilmente l'unica utilità di questo articolo Se tutti i suggerimenti vi sono sembrati fino ad ora soluzioni estreme o puttanate scritte a pene di canide, questo è il momento di mettere a frutto questo articolo: abilmente dissimulando il vostro tormento interiore, porgete con fare scherzoso il giornalino, strategicamente aperto su questa pagina, alla temibile mamma e lasciate che legga la precedente sfilza di idiozie fino ad arrivare circa qui; a quel punto avvicinatevi alla via di fuga, che avete precedentemente approntata, e cominciate a scappare (con ogni probabilità ci incontreremo per strada). Ci vediamo all'inferno. * La redazione declina ogni responsabilità per qualsiasi eventuale conseguenza Greta Maltecca [ ] Sembra che la via del successo, oggi, si ottenga solo con formule, numeri e teoremi. L'importante è saper fare conti, usare i linguaggi informatici e scientifici, poco male se non si è in grado di scrivere qualche riga in Italiano corretto. Ormai "quando entra in campo la scienza, il resto del mondo tace, perché è lei che ci dice le cose più 'vere' " [1]. In questa prospettiva tutto ciò che è letterario ed artistico resta chiaramente in secondo piano, trascurato e sminuito. Lo studio delle discipline ritenute 'culturali' ed 'umanistiche' viene avvertito come inutile, non idoneo a formare le qualità necessarie per sentirsi in sintonia coi tempi. Invece le discipline 'scientifiche' godono di un certo favore da parte dell'opinione comune, soprattutto se mettono in mostra dei risultati che concorrono non tanto ad ampliare il nostro sapere quanto a produrre tecnica e tecnologia. Perché bisogna riconoscere che la nostra vita ormai dipende dagli strumenti tecnologici, che danno una soluzione ad ogni nostra difficoltà, correggono errori grammaticali, svolgono calcoli, ci aiutano coi lavori di casa. Non va dimenticato, però, che per dare una soluzione ad un problema bisogna anche capire che quel problema esiste. Il sapere umanistico ha proprio questo vero, primo compito del pensare, che non è offrire solo soluzioni ai problemi, ma innanzitutto riflettere sulla forma e la natura di quei problemi. Motivo per cui sarebbe impossibile continuare a sviluppare la Scienza senza basi filosofiche o letterarie. Un sapere puramente scientifico, se scisso da un progetto educativo più ampio, rischierebbe di alienare l'essere umano dalle sue vocazioni più alte per assoggettarlo alle leggi pure e semplici dell'economia e della tecnologia, con grave danno per quanto riguarda il governo stesso dei processi economici e dei successi scientifici. E non solo: la letteratura è necessaria anche per permettere la diffusione delle nuove scoperte e conoscenze. Non si tratta soltanto di comunicare il sapere convincendo e seducendo l'altro affinché ascolti, utilizzando a questo scopo la retorica letteraria, ma anche di trascrivere in una vera e propria forma letteraria l'insegnamento scientifico, in modo da permetterne la diffusione più ampia possibile. Per questo la sottovalutazione degli studi umanistici che si sta verificando nelle scuole di tutti i Paesi avanzati è estremamente pericolosa. Si corre il rischio non tanto di perdere la memoria di fonti preziose, ma addirittura di non rintracciare più l'uomo che è in noi, che invece va ricercato ogni giorno, riscoperto, valorizzato. Come affrontare le sfide che giorno dopo giorno ci vengono imposte, le difficoltà della globalizzazione, le sempre più massicce immigrazioni, se i sistemi di istruzione non riescono a porre al centro delle loro attività la costruzione di un soggetto che il mondo moderno rischia di vanificare e di disperdere? "Dobbiamo riconoscere che la scienza si autolimita e non invade campi che esulano dalla giurisdizione dei rapporti causali e quantificabili. Significa anche che il sapere scientifico non ha validità rispetto ad alcune delle nostre maggiori ansie" [2]. La letteratura, così come l'arte, potrebbe anche non servire a nulla, ma avrebbe ugualmente un posto importante nella vita degli individui per il semplice diletto che procura, per l'evasione che assicura, per il [1] Da M. Luzzatto, Le inossidabili due culture, Linus, A. XLVI, n. 9, sett. 2010 [2] Da J. Starobinski, Dentro le acque di Scienza e Poesia, La Repubblica, 15, maggio 2002 [ ] paesaggio interiore che coltiva e la nota segreta che lascia dietro di sé. La letteratura, così come l'arte e la musica, serve per vivere. Nell'esperienza dei giovani, in particolare, fin dalla prima infanzia, il mondo immaginario creato dalle favole, dai racconti, dai romanzi, dalle poesie, ha un ruolo fondamentale per crescere, è un nutrimento della mente e del cuore, una chiave per leggere il mondo, per stare al mondo, per far fronte alle prove inevitabili che conducono all'età adulta. L'immaginario accumulato, allora, sedimentandosi costituisce un serbatoio di immagini, di figure, di luoghi indimenticabili, più veri di quelli reali, più efficaci nel costituire percorsi stabili della memoria, legami indelebili tra età e momenti diversi della vita. La letteratura così vissuta poi continua ad accompagnare l'adulto, lo riconduce alla fantastica disponibilità infantile, lo trascina oltre la realtà grigia del quotidiano, offre rifugi a portata di mano, apre gli orizzonti di infinite altre vite. In un mondo che moltiplica le reti di comunicazione e le occasioni fittizie di svago, la letteratura offre argini preziosi alla banalità e strumenti efficaci per penetrare la crosta del consumo culturale. “La lunga tradizione dei saggisti […] costituisce un patrimonio di contributi e di riflessioni sulla condizione umana. Ma anche il romanzo così come il cinema ci offrono ciò che è invisibile alle scienze umane [e naturali]" [3]. Come i sassolini di Pollicino seminati nel bosco, può servire a ritrovare la via nella foresta intricata del vivere contemporaneo, delle moderne tecnologie e dei media. Bianca Beltramello [3] Da E. Morin, La testa ben fatta, Cortina, Milano 2000 L'Occidente non è in grado né tantomeno vuole affrontare i problemi sorti negli ultimi anni al'interno dei rapporti con gli stati che non rispettano i diritti umani. Ciò che impedisce un intervento significativo europeo (e non intendo marce parigine, l'apoteosi dell'ipocrisia negli ultimi mesi) contro il calpestare i diritti dell'uomo, il terrorismo, il folle integralismo religioso è la mentalità ipocrita, debole, ed opportunista dell'Europa e dell'Occidente in generale. Rapporto Europa - Stati che non rispettano i diritti dell’uomo L'uomo europeo si considera progressista, tollerante e di larghe vedute. Vive, nonostante la crisi (non solo economica) degli ultimi anni, nella parte ricca del mondo. Soddisfa i più capricciosi desideri ed ogni tanto si affaccia dall'altra parte del Mar Mediterraneo, puntando il dito contro la disumanità delle condizioni di vita in Africa, in Asia, in Sudamerica. Ma l'europeo ama, dall'alto della sua auto dichiarata superiorità, essere aperto a quello che chiama diverso, nuovo, lontano. Zygmunt Bauman afferma che "Le nostre vite hanno messo radici in un multiculturalismo superficiale, una fascinazione per la diversità che si esprime nel gusto per i cibi etnici o per i festival del weekend, semplici flirt con ciò che ci appare esotico". L'europeo accetta e prende ciò che gli fa comodo delle altre culture, ma rifiuta categoricamente tutto quello che è veramente diverso dalla propria cultura ma soprattutto identifica un popolo: la morale, l'etica, e anche la religione. L'europeo non può non inorridire davanti a un governo che impone l'obbligo di dare alla luce soltanto un figlio, a una donna che è obbligata ad azzerare la sua femminilità e ad essere declassata a proprietà di un marito molto spesso non scelto da lei, però il suo cellulare è fabbricato in Cina e le automobili che vengono prodotte dalla sua nazione sono esportate in Arabia Saudita. Ciò non significa che bisogna chiudersi in sé stessi e inneggiare all’autarchia, ma semplicemente fermarsi e chiedersi quanto si è coerenti e difensori dei diritti umani. Cecilia Strada, durante la cogestione di quest'anno, ha detto che l'unico modo per evitare questa contraddizione in termini è interrompere i rapporti, diplomatici ed economici, con quegli stati che non rispettano i diritti dell'uomo: questo significa che l'europeo dovrebbe rinunciare a soddisfare i propri piccoli capricci, ridimensionando il proprio stile di vita. Medioevo islamico Prendiamo in esame gli stati governati da un governo integralista islamico. Sembra assurdo che, per esempio, viga ancora la pena di morte, ma non ci rendiamo conto di quello che, ora, gli stati islamici stanno vivendo. Non è altro che un Medioevo, esattamente come quello che l'Europa ha vissuto dopo il crollo dell'Impero Romano. Un medioevo non certo economico e commerciale, ma sociale. Piero Ostellino sostiene infatti che "L'Islamismo è ancora immerso nel Medioevo ed è soprattutto incapace di uscirne", non solo perché la mentalità dei paesi islamici è oggettivamente arretrata, ma anche perché l'Europa è connivente: acquistando petrolio, vendendo armi. E se le popolazioni oppresse da un integralismo religioso non riescono, non possono o non vogliono cambiare il proprio status quo, che l'Europa dia un segnale decisivo: le decapitazioni, i sequestri e gli attentati non possono essere tollerati. Ma che questo segnale sia vero, concreto e non ipocrita come le manifestazioni di Parigi a cui erano presenti i rappresentanti di Egitto, Emirati Arabi, Russia e Turchia, non di certo dei bonaccioni nei confronti dei giornalisti o campioni di democrazia. Thomas Mann scriveva che nel 1944 l'errore fu "esercitare con troppa magnanimità il rispetto, mentre non trovava nella parte avversaria altro che insolenza e resolutissima intolleranza", esattamente come l'Occidente si sta comportando con gli stati islamici negli anni 2000. Je ne suis pas Charlie Il 7 gennaio 2015 sono morti i disegnatori di Charlie Hebdo, settimanale francese satirico, uccisi da due attivisti fondamentalisti islamici. In tutta Europa e in tutto il mondo ci sono state manifestazioni al grido di "Je suis Charlie", per rivendicare la libertà di espressione, la libertà di criticare, il valore della satira. Ma abbiamo mai preso in mano un numero di Charlie Hebdo? Sfogliando in rete le vignette dell'hebdomadaire parigino ci si può imbattere in un "Le Coran, c'est de la merde!" che non è esattamente una battuta satirica ma un insulto, e anche banale. Non si tratta di libertà di espressione ma di calpestare il credo di un'intera comunità che vive al nostro fianco, comunità che pone la propria fede religiosa su un piano diverso rispetto ad un occidentale, magari anche ateo, o non praticante. Ovviamente ciò non giustifica un attentato terroristico, ma che non si inneggi alla libertà di espressione, se intendiamo la libertà come chiusura in sé stessi e disprezzo dell'altro. Per questa debolezza ed ipocrisia di fondo l'Europa non è capace di imporsi nella questione Islamica e continua a guardare, impotente, donne che vengono lapidate perché adultere e giornalisti che vengono decapitati perché occidentali. Il silenzio europeo non è altro che un grido di indifferenza, menefreghismo e falsità. Anonimo ( ' Il suo nome è Kristian Matsson, ma chi lo ha ascoltato lo conosce col nome di Uomo Più Alto Della Terra. The Tallest Man On Earth è un ironicamente basso ragazzo svedese, che ha passato metà della sua vita a suonare un chiassoso rock nei più disparati garage di Dalarna con la sua band Montezumas, prima di innamorarsi della musica di Bob Dylan; da allora la sua produzione musicale ha subìto una svolta, passando dallo stile rockeggiante dei Montezumas ad un folk più rustico, composto solamente da una chitarra e dalla sua voce. Fin dagli inizi ha cominciato a ritagliare consensi nella critica svedese col suo primo album, nonostante sia riuscito a puntare i riflettori su di sè solo dopo The Wild Hunt, album firmato Dead Oceans che gli ha assicurato un biglietto per il successo e un pubblico in continuo aumento. Matsson, con le sue capacità musicali degne di un One Man Band, ha sempre composto da solo tutte le sue canzoni, che possono vantare testi sia allegri che malinconici, accompagnati da banjo, chitarra o pianoforte, tranne nel suo terzo album “There's No Leaving Now” dove per la prima volta compare una band di accompagnamento. The Tallest Man On Earth si può dire che tragga ispirazione dalla natura; è a tutti gli effetti un moderno figlio dei fiori, appassionato di tutto ciò che possa esistere di hippie; dalle passeggiate a cavallo nei boschi ai pomeriggi passati a suonare seduti sulla ) cima di qualche collina, magari con una corona di margherite in testa a completare il quadretto di un cantautore nato nell'epoca sbagliata. Probabilmente la natura svedese lo ha favorito non poco nel portare avanti questo stile, e forse è proprio per questo che la Svezia può vantare talenti simili, mentre noi italiani dobbiamo accontentarci di gente convinta che la neve cada ad agosto. Come ogni hipster che si rispetti, Matsson è un personaggio dall'animo tormentato, che si sente in dovere di cantare di morte e di perdite, nonostante nell'ultimo album sembri che la sua bipolarità musicale si sia placata, stabilizzandosi su un mood che, visti gli standard dell'individuo in questione, può essere definito gioiosa euforia. Il suo ultimo album, “Dark Bird Is Home”, è frutto di una produzione itinerante, tutte le tracce sono state registrate in luoghi diversi, dai granai agli studi di registrazione di differenti Paesi, seguendo un viaggio simbolico attraverso la mente di Matsson che, alla fine, condurrà a casa. Ovviamente, per restare in linea con il suo stile, la vitalità trasmessa dal titolo è paragonabile a quella che potrebbe esprimere la playlist preferita di un emo autolesionista, ma, come già accennato,l'intero disco è caratterizzato da arrangiamenti molto più allegri e rilassati, che hanno spiazzato tutti i critici che si aspettavano gli stessi toni malinconici che hanno distinto lo svedese in buona parte dei suoi precedenti lavori, forse addirittura accentuati dal recente divorzio del cantante. Per chi già conosce The Tallest Man On Earth, “Dark Bird Is Home”rende omaggio ai suoi vecchi cavalli di battaglia, portando avanti lo stile semplice e pulito dello svedese, con qualche piccola novità che contribuisce a non rendere monotona la sua discografia. Per chi non ha idea di chi sia l'Altissimo: bene! Godetevi tutte le tracce, con la consapevolezza che ci sono altri 40 gioiellini ad aspettarvi negli EP ed album precedenti. Fiammetta Morandi Data la recente deadline per la consegna dell’articolo e il crollo del nostro rendimento scolastico, abbiamo deciso di utilizzare questo spazio per spiegarne la ragione: the 100 (letto the hundred, you n00b). Creata dalla rete televisiva statunitense The CW, conosciuta principalmente per Supernatural, Arrow e The Flash, e tratta da un romanzo che non merita menzione, la serie è andata in onda nel 2014 in America, e recentemente ha iniziato ad essere trasmessa anche in Italia, che come è noto è il nuovo terzo mondo della tv (coughcough qualcuno ha detto Netflix?). E’ ambientata in un futuro post apocalittico, nel quale la Terra è stata sconvolta da una guerra nucleare globale, e l’umanità si è rifugiata in una stazione spaziale, l’Arca, equipaggiata per la sopravvivenza della specie. Cento anni dopo, in seguito a una falla del sistema per il riciclo dell’aria, le normali misure di controllo della popolazione, come la riduzione delle nascite e l’esecuzione dei criminali maggiorenni, non bastano più. Ecco allora la necessità di adottare misure straordinarie: mandare sulla terra cento prigionieri sotto i diciotto anni per verificare l’abitabilità del pianeta. Nonostante la premessa da teen drama, e per i primi episodi sembra quasi esserlo, gli sceneggiatori sono riusciti a sviluppare trama e personaggi in modo davvero incredibile: chiunque appaia in scena, anche per pochi episodi, ha una caratterizzazione che lo rende subito credibile e riconoscibile, senza tener conto della perfettamente calibrata evoluzione della personalità coerente con gli avvenimenti (ricordiamoci che stiamo parlando di adolescenti scaricati in un mondo di cui si sa ben poco, che devono sopravvivere autonomamente: praticamente “Il signore delle mosche” con l’aggiunta di radiazioni). Ognuno agisce seguendo il proprio interesse, e non ci sono eroi, solo protagonisti dalla dubbia moralità. La serie sembrerebbe già perfetta, ma riesce ancora a migliorare: badass female leads, non so se mi spiego. Buona parte dei ruoli principali è affidata a donne, che non sono lì per decorazione, ma hanno una personalità, non sono fatte per essere salvate e molto spesso risolvono la situazione. Sono perfettamente alla pari con i personaggi maschili (cosa rara in televisione), ed è proprio questo a rendere le dinamiche del telefilm estremamente interessanti e imprevedibili. Altra grande novità per la tv americana: essendo l’Arca composta da più stazioni spaziali internazionali, si hanno attori di diverse etnie, cosa che sorprendentemente non ha (ancora) scatenato rivolte in Louisiana e Texas. Questo rende ancora più credibile il tutto. Oltre alla grande diversity (ndr: ci siamo spaccati la testa a cercare un sinonimo ma non c'è quindi vi arrangiate), c'è un altro elemento che rende lo show credibile: ottimi effetti speciali, soprattutto a partire dalla seconda stagione tanto che la serie ha ricevuto una nomination per gli outstanding special effects. Le occasioni per la manipolazione digitale non mancano certo, dato che si va da cervi a due teste e farfalle radioattive a esplosioni di tutti i tipi e epiche battaglie, che di notevole hanno anche la grande attenzione ai costumi, che non sono solo adatti alla situazione e verosimili, ma anche ben realizzati e studiati perché contribuiscano all'ambientazione post-apocalittica. Alcune delle poche note negative sono la lentezza della storia e l'affidarsi a uno scandirsi dell'episodio quasi determinato nella prima stagione, che però viene completamente superato nel finale e lascia spazio a una season 2 completamente imprevedibile e incalzante. Scusate, ma ora che lo spot è finito ci tocca andare a recuperare tutte le medie precipitate nei più profondi abissi causa serie tv. Ludovica D'Orsa, Vittoria Tutucci In seguito alla cogestione di quest'anno (magistralmente organizzata dai nostri irriducibili rappresentanti e dal resto della commissione cogestione) il professor Quaglia e la professoressa del Viscovo hanno chiesto ai loro alunni di prima di esprimersi sulle attività che hanno scelto, in modo da permettere a tutti, dato che i posti nelle singole aule erano limitati, di scoprire di cosa si è parlato nei collettivi cui non hanno potuto partecipare. Ecco alcune delle loro esperienze. Come dovrebbe essere la scuola pubblica? Sarebbe bene che tutti si ponessero questa domanda. È doveroso che se la ponga chi nella scuola pubblica insegna. Di una cosa sono certo: non dovrebbe essere la scuola chiusa e ottusa che, vecchio profosauro qual sono, ho fatto a tempo a sperimentare sulla mia pelle: una scuola dove gli insegnanti avevano sempre ragione a prescindere, gli studenti non avevano diritto di parola, ogni stimolo proveniente dalla qualità andava evitato come un pericoloso contagio. Ma la situazione è davvero cambiata? Troppi insegnanti pensano tutt'ora di avere sempre ragione a prescindere, guardano con pregiudiziale fastidio a tutto ciò che dicono gli studenti, considerano le proprie ore di lezione una proprietà privata, sacra e inviolabile, che non può essere impiegata per altro che non siano le loro scolastiche lezioni. Per fortuna, però, certi diritti rappresentativi degli studenti, e dei loro genitori, sono ora sanciti per legge e non pochi insegnanti sono aperti al confronto, capaci di mettersi in discussione, disponibili a lasciare spazio a questioni non strettamente scolastiche. È fondamentale, comunque, a quest'ultimo proposito, il ruolo svolto dalla Cogestione. È ufficialmente previsto dal nostro liceo che ogni anno tre giornate siano dedicate a tematiche di vario genere che spesso non vengono toccate a scuola. La Cogestione vive se un gruppo di studenti e di insegnanti la organizza e trova persone disponibili. La Cogestione vive se la maggior parte degli studenti vi partecipa in modo serio e responsabile. Fa' in modo anche tu che la Cogestione viva, se vuoi una scuola viva. prof. Paolo Quaglia " " Lo studente è in costante caduta, dall'iscrizione alle superiori fino alla maturità. Caduta libera. Ognuno sceglie l''aereo' che più gli aggrada o l'altezza dalla quale vuole lanciarsi, ma il passo nel vuoto, prima o poi, lo devono fare tutti. All'inizio i buchi nello stomaco si fanno sentire, altro che farfalle! Poi, col tempo, la situazione si stabilizza, le correnti d'aria fredda ci vengono sempre incontro, ma sono ormai piacevoli,ci si gode il sole, il paesaggio. L'impatto: alla fine giungerà il momento nel quale toccheremo terra, la paura che qualcosa vada storto c'è, ma l'arrivo è sempre l'arrivo. Si ricorda il volo, fantastico, ma ora bisogna camminare. Caduta libera, cinque anni di liceo. L'iscrizione come un passo nel vuoto, i buchi nello stomaco come i primi tre o le prime lettere per le insufficienze, la 'tregua' quando ci si stabilizza relativamente sulla sufficienza, i 'drammi adolescenziali' come le correnti d'aria fredda; gli amici, le passioni, le emozioni forti o gli amori come il sole e il paesaggio; la maturità come l'impatto. Che siamo paracadutisti esperti o inesperti, possiamo dire che gli attimi in cui si chiudono gli occhi e non si sente niente fanno sempre comodo. Che siano 365 secondi, metri, o quello che volete, oppure i giorni, si è quasi sempre in travaglio: avremo dunque diritto ai nostri attimi ad occhi chiusi! Per questi vi sono svariate soluzioni, ma una delle più produttive potrebbe essere la cogestione. In vacanza si può oziare o meno, ma la cogestione garantisce all'incirca tre pomeriggi senza equazioni, disequazioni o algoritmi, Dante, Boccaccio o Ungaretti, papiri di vocaboli in lingua straniera da imparare a memoria o registrazioni di cinquanta minuti da sbobinare e, nel frattempo, ci consente (esonerati i 'balzoni') di apprendere e acculturarci su ciò che più ci interessa. Noi Einsteiniani godiamo della scelta tra una gamma alquanto vasta di film, che variano da quelli drammatici a quelli storici, dibattiti, che spaziano da quelli sulla violenza sulle donne a quelli filosofici, e presentazioni, che vanno da quelle riguardanti i viaggi studio a quelle su Milano e l'Expo. La nostra piccola 'società scientifica', ch si potrebbe definire ben organizzata nella <<partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa in cui lavorano>>, è anche riuscita a portare nelle sue aule personaggi come i The Show, Zanetti e Pisapia (che afferma che vi sia un grande affluire di gente, per l'Expo, "dalla Russia, dalla Cina e dalla New Yorka" e non ama molto i congiuntivi). Per garantire tutto ciò, questo acculturarsi in maniera differente dalle solite cinque ore giornaliere statici su sedie di legno, bisogna però collaborare, a partire dalle iscrizioni, dall'ordine e da un minimo di diligenza: come studenti (o insegnanti) facciamo parte della nostra piccola società e ne siamo in primis responsabili, dobbiamo fare le piccole ed insignificanti gocce che, però, vanno tutte assieme a costituire l'oceano. Lo studente è in costante caduta, dall'iscrizione alle superiori fino alla maturità. Caduta libera. Ognuno sceglie l''aereo' che più gli aggrada o l'altezza dalla quale lanciarsi, ma il passo nel vuoto, prima o poi, devono fare tutti. Dunque, caro studente, ormai ci sei dentro. Se vuoi i tuoi attimi ad occhi chiusi, se vuoi apprendere ciò che ti piace senza essere incollato alla sedia, composto, minacciato da crocette, interrogazioni o "Extra Homework", sii un doppio cittadino, italiano e Einsteiniano. Cecilia Alberti Mare Dentro è un film del 2007 diretto dal regista spagnolo Alejandro Amenabar. Il protagonista, Ramon, è costretto a letto da trent'anni, accudito dalla sua famiglia. Il suo sguardo sul mondo passa attraverso una finestra, quella della sua stanza, dalla quale immagina di poter tornare a quel mare per cui ha tanto sofferto e nel quale ha avuto l'incidente che ha troncato la sua giovinezza. Da allora, il suo unico desiderio è quello di mettere fine alla propria vita in maniera dignitosa. Per questo motivo intenta una battaglia legale per il riconoscimento del diritto all'eutanasia. Nella sua vicenda, Ramón viene assistito dalla famiglia del fratello, che ormai da 28 anni si prende cura di lui. In questo periodo conosce Julia, un'avvocatessa affetta da una malattia neurodegenerativa. I due finiscono per innamorarsi, e quando si rendono conto di non poter ottenere il consenso dei giudici meditano il suicidio insieme. All'ultimo momento, tuttavia, la donna si rifiuta di compiere il gesto, lasciando Ramón solo e sempre più afflitto. Interviene a questo punto una seconda donna, Rosa, un'amica di Ramon che, malgrado la sua avversione per l'eutanasia, decide di aiutarlo nei suoi propositi. Sarà lei a porgergli il bicchiere in cui è stata sciolta la dose letale di cianuro. Finalmente Ramon può liberarsi di quella vita che da anni non sopportava più, non prima però di aver registrato il suo ultimo appello sul diritto all'eutanasia volontaria per quanti soffrono. Il film ci mette a contatto non solo con una richiesta determinata (il diritto all'eutanasia), ma con un'intera visione del bene; Ramon ritiene che la morte corrisponda all'annullamento completo, ossia il ritorno al niente dal quale tutti proveniamo. In particolare il protagonista concepisce il suicidio come il compimento di qualcosa che il mare ha lasciato a metà, un gesto paradossalmente 'bello' di fronte all'umiliazione quotidiana alla quale è costretto dal suo handicap. La vicenda non vuole tuttavia elogiare l'individuo autarchico e padrone di se stesso, poiché Ramon in realtà obbedisce ad una sorta di richiamo alla morte determinato dalla sua condizione: un 'mare dentro' impetuoso, che gli impone un dovere assoluto. Ramon resta dunque fedele alla sua dignità, e non prende mai neanche lontanamente in considerazione la legittimità di posizioni diverse dalla sua. Lui reputa la morte, anche per suicidio, naturale: essa tocca a tutti e fa parte della vita dell'uomo. Saranno invece i suoi cari a soffrire per la dolorosa separazione finale. "Mare Dentro" è un film che prende posizione, cercando tuttavia di evitare l'apologia del suicidio. Esso vuole piuttosto sollecitare una riflessione complessiva su un tema poco dibattuto, sul quale spesso si finisce per avere posizioni discordanti, un tema che molti preferiscono evitare. L'eutanasia è un argomento che ha fatto molto discutere non solo in Spagna, ma anche in Italia con il caso di Eluana Englaro. Dopo 17 anni di coma vegetativo ed estenuanti battaglie legali, la sua famiglia ha finalmente ottenuto il diritto al 'suicidio assistito'. Hanno dovuto sostenere 11 anni di processi,15 sentenze della magistratura italiana,1 sentenza della Corte Europea, l'opposizione del governo in carica,le proteste, le manifestazioni e gli appelli di numerose associazioni cattoliche. Se davvero la vita ci appartiene allora dovremmo poter decidere per essa. Klevis Gjoka Durante l'incontro "Antico e moderno possono convivere?", tenuto dal dott. Filippo Andreoli, è stato trattato il tema delle trasformazioni architettoniche della nostra città. Negli ultimi anni sono state costruite nuove strutture che hanno in parte modificato alcune zone di Milano, in particolare quella di Porta Nuova e quella dell'ex fiera. Queste trasformazioni in realtà non sono le prime perché già negli anni '30 edifici, monumenti e anche interi quartieri sono stati demoliti per ospitare edifici che erano per l'epoca all'avanguardia. Dal relatore sono stati citati diversi interventi, fra i quali i tre riportati sono i più significativi. Il primo riguarda piazza Missori, che fino agli anni '60 ospitava una grande chiesa in stile romanico che fu demolita perché ritenuta 'ostacolo alla circolazione'. Oggi ne rimangono solo parte dell'abside a lato della piazza, la cripta sotterranea (che è possibile visitare) e la facciata, che fu ricollocata sul Tempio Valdese nella vicina via Francesco Sforza. Il secondo ha interessato piazza San Babila, nella quale fino agli anni '30 era presente l'unico complesso di edifici in stile neogotico veneziano della città, che fu brutalmente smantellato, perché considerato 'vecchio' e non in linea con il progresso architettonico della zona. Infine l'ultimo, forse il più 'drammatico', è quello al Palazzo Reale. Nel 1936 inizia la costruzione del Palazzo dell'Arengario (oggi sede del Museo del Novecento) che avrebbe reso Piazza del Duomo uniforme alla vista creando un asse fra la Galleria Vittorio Emanuele e i nuovi edifici. La costruzione però prevedeva la demolizione di un'ala e di un cortile del Palazzo; quest'ultima fu effettuata e la costruzione terminò. Queste trasformazioni nel corso del secolo scorso (e non solo) sono state in gran parte causate dalla convivenza non sempre armoniosa di strutture antiche e moderne. Da qui il titolo 'Antico e moderno possono convivere', perché in città metropolitane come la nostra, dove imponenti grattacieli sorgono di fronte a vecchie case di ringhiera, una simile riflessione è d'obbligo. Vittorio Leonardo Fagone È importante sapersi immedesimare negli altri? Il dibattito inizia con una spiegazione sull'importanza del saper comprendere i punti di vista altrui. Come cambia il modo di vedere un'aula da varie angolazioni, così si modifica il modo di vedere un prodotto sul mercato in base alle esigenze degli eventuali compratori e a come esse vengono soddisfatte. Ecco il tema centrale dell'intervento sulle strategie del marketing e della comunicazione svoltosi durante la cogestione. La commercializzazione di un prodotto è un processo elaborato e gestito da ricercatori che si occupano di individuare e selezionare i prodotti. Fondamentale è anche la pubblicità; questa determina, infatti, il successo o meno del prodotto. Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione di massa usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine ovvero per conseguire i propri obiettivi di marketing. La caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria è di diffondere messaggi attraverso i mass-media. L'obiettivo è che il consenso si trasformi in atteggiamenti o comportamenti positivi da parte del pubblico o consumatore che non consistano solo nell'acquisto del prodotto o servizio. Attorno al quesito se essa funzioni veramente o se aiuti solo in minima parte, ci sono opinioni contrastanti. Ma sta di fatto che ovunque vi è occasione di vederne manifestazioni (a livello statistico dai 300 ai 3000 al giorno). Edward Bernays, pubblicitario del secolo scorso, ammette nel suo libro "Propaganda": "Coloro che hanno in mano questo meccanismo(...) costituiscono (...)il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, in nostri gusti formati, le nostre idee suggerite(...) loro tengono i fili". A riguardo,la relatrice espone come esempi le campagne pubblicitarie, una fallita e una di grande successo, di due yogurt condotte da due grandi aziende: la Kraft e la Müller. La prima, nonostante il grande successo in altri paesi, in Italia è fallita a causa di una pubblicità poco accattivante: per ironizzare sull'abbondanza di prodotti analoghi sul mercato sceglie uno slogan come : "Un altro yogurt! Ce n'era veramente bisogno?". Invece, la Müller ha proposto una campagna pubblicitaria vincente parallelamente alla produzione di uno yogurt più gustoso, ha creato lo slogan diventato celebre "Fate l'amore con il sapore" [ndr: questa frase ha provocato un attacco epilettico collettivo all'interno della redazione del giornalino], che nel giro di pochi mesi è diventata una frase cult. Leonardo Spreafico, Riccardo Cavallari ’ Il Papilloma virus è la principale causa del tumore al collo dell'utero, ecco perché con gli anni si è diffusa la pratica, per le ragazze dai 9 ai 26 anni, di fare il vaccino contro questa malattia(anche se è più consigliato per una fascia di età dagli 11 ai 15 anni). In Sud America, Africa e India si conta un'altissima percentuale di tumori al collo dell'utero, poiché queste nazioni non possiedono programmi di prevenzione a causa della loro povertà. La ginecologa Daniela Fantini, durante il suo intervento per illustrare i benefici della vaccinazione contro il Papilloma virus, ha sostenuto che chi ha la possibilità di fare la vaccinazione e non ne approfitta ha un rischio di contrarre il tumore pari a quello di una donna di questi paesi; inoltre il vaccino non ha controindicazioni: su 3500 casi di contagio da Papilloma virus l'anno si registrano 1500 decessi, e di questi nessuno è riconducibile ad effetti collaterali collegati al vaccino. La dottoressa, nel corso dell'incontro, ha spiegato che il virus HPV va ad annidarsi in determinati punti, come il collo dell'utero ed altre parti degli organi riproduttivi maschili e femminili, ma anche nella tiroide. Esistono due test che si eseguono a distanza di dieci anni dalla vaccinazione, intorno ai venticinque anni, il PAP-TEST e l'HPV-TEST: il primo serve per sapere se ci sono infezioni o se c'è il tumore al collo dell'utero, mentre il secondo indica la presenza del Papilloma virus. In Australia il vaccino è stato reso obbligatorio, infatti si è verificata una netta riduzione dei casi di tumori all'utero. È importante far capire che il vaccino opera per tutelare la donna non, come sostengono in tanti, per penalizzarla. La dottoressa ha ribadito che bisogna tutelarsi in tutti i modi possibili, con prevenzioni, ma soprattutto agendo lucidamente in ogni occasione. Francesca Giuzio 1 2 3 4 5 6 7 8 10 11 12 13 14 15 16 18 17 19 20 21 22 23 25 26 29 32 9 30 33 27 24 28 31 34 35 36 37 ORIZZONTALI 1. Compose la "Sonata al chiaro di luna" - 10. Castello di... in un romanzo di Walpole - 11. Ninfa ridondante - 12. Arabo letto di piume - 13. Confini di Antonio - 14. Lena senza pari - 15. Città tedesca resa celebre da un trattato del 1122 tra Papa II e Enrico V - 17. Como sulle auto - 18. Vado in latino - 19. Dea messaggera degli Dei - 20. Possono passarne infinite per un punto - 23. Nave a metà - 25. A quello gentile rempaira sempre amor - 26. Gioachino, re di Napoli - 29. Mare senza consonanti - 31. Ne era la divinità Mithra per i romani - 32. Nilde, Presidentessa della Camera dei Deputati - 35. Gemelle in moma - 36. John, bassista dei Queen - 37. Tipo di farina VERTICALI 1. Assemblea ateniese - 2. Alcol etilico - 3. Città ungherese - 4. Isola conosciuta anche con il nome di Formosa - 5. Hacker news - 6. Animali simili alle foche - 7. Voce...spezzata - 8. Macchia della pelle - 9. Altro nome con cui è conosciuto l'album Led Zeppelin IV - 13. Divinità norrena - 16. Abbreviazione di mister 17. È famosa l'ultima - 21. Arrabbiata - 22. Metà Enna - 24. Società statunitense produttrice di hardware e videogiochi - 26. Coda di Como - 27. Divinità marina del mondo tolkieniano - 28. Fratello di Romolo - 30. Ecc... a Londra - 32. Pronome determinativo latino singolare nominativo neutro - 33. Kore senza consonanti Colui che in Arda recuperò un Silmaril e navigò fino a Valinor per invocare l'aiuto dei Valar contro Morgoth 3 13 28 11 23 36 32 20